CAMMINARE CON CRISTO NELLA STORIA / 6:
OLTRE GERUSALEMME

La sezione precedente si è chiusa con il racconto del martirio di Stefano. Là si diceva che gli uccisori depositarono i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo, il quale «era fra coloro che approvavano la sua uccisione». Il racconto così continua: «In quei giorni si scatenò una furiosa persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme e tutti, a eccezione degli Apostoli, furono dispersi nelle regioni della Giudea e Samaria. Intanto Saulo devastava la Chiesa ed, entrando nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione. Quelli invece, che erano stati dispersi, andavano per la regione e diffondevano la Parola» (8,1-4).
Qui c’è il negativo e il positivo. Il negativo è la persecuzione con tutte le sue sofferenze, causate da Saulo che “devastava la Chiesa”. Il giovane Saulo è diventato il “superpersecutore; poi diverrà Apostolo, un salto da “mozzafiato”, dicono alcuni. Il positivo è l’ubbidienza dei discepoli al Signore: «Se vi perseguitano in una città fuggite in un’altra...» (Mt 10,23).
Il superpositivo – ed è ciò che conta e che ci tocca come discepoli – è che i “dispersi, forti della catechesi ricevuta dai testimoni oculari, annunziavano la Parola”, un termine assai adatto per indicare un messaggio annunciato. Più tardi si capirà che la “Parola” è Gesù stesso. «Il Verbo, cioè Colui che è la Parola, si è fatta carne» (Gv 1,14).
Finora la Parola è stata annunciata solo a Gerusalemme; ora, invece, ha inizio la seconda tappa della testimonianza. Gesù aveva detto: «Mi sarete testimoni in Gerusalemme, in Giudea e Samaria». Iniziamo dalla Samaria, continuando il lato superpositivo.

Filippo evangelizza la Samaria (8,4-13)

Come Stefano, anche Filippo è tutto dedito al ministero della “Parola”. Fuggendo da Gerusalemme, va verso spazi nuovi, verso i Samaritani, cioè gli eretici, gli scismatici che non volevano riconoscere Gerusalemme come l’unico luogo di culto. Però anch’essi aspettavano il Messia. E Filippo quando arriva «cominciò a predicare loro il Cristo, il Messia”. Da buon catecheta si sintonizzò subito con le loro aspettative e «le folle erano tutte tese verso quello che Filippo diceva; lo ascoltavano e osservavano i prodigi che compiva... e vi fu un’immensa gioia in quella città», che fino allora era stata incantata da un mago che si spacciava per un grande personaggio. «Tutti gli davano ascolto perché era forte l’impressione che esercitava su di loro con le sue arti magiche» (8,11). Ma quando Filippo cominciò a insegnare loro il regno di Dio e il nome di Gesù Messia, la fede in Gesù vinse la magia. Come prima c’era incompatibilità tra magia e spirito profetico, così ora c’è incompatibilità con il messaggio evangelico.
Anche Simon Mago capì la superiorità di Filippo e anche lui si fece battezzare. Ma c’è una differenza profonda tra le folle e lui. Le folle sono battezzate per aver accolto l’annuncio del Regno e del nome di Gesù, Simon Mago invece perché “era fuori di sé nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano”. Era impressionato del potere che aveva Filippo. La sua fede nel messaggio non sembra chiara.

Pietro e Giovanni in Samaria (8,14-23)

I due sono stati inviati dagli Apostoli, dopo aver saputo che la Samaria aveva accolto la “Parola”. Si tratta di un fatto molto importante e lo ritroveremo in continuità. Nascono nuove comunità sparse ovunque, ma la comunione con la Chiesa Madre è indispensabile. La Chiesa è Una e il garante della comunione ecclesiale è Pietro che arriva in Samaria insieme a Giovanni. Lo scopo è di “imporre le mani sui Samaritani perché ricevano lo Spirito Santo”. «Infatti non era ancora sceso su nessuno di loro, ma erano stati battezzati soltanto nel nome di Gesù» (8,16). C’è qualcosa di incomprensibile in questo testo. Ma è possibile ricevere il Battesimo nel nome di Gesù, come accoglienza di Gesù, come inserimento nella comunità di Gesù, senza lo Spirito Santo? Lo studioso Fabris, spiegando 2,38 che parla del “Battesimo amministrato nel nome di Gesù, dice: «La novità del Battesimo è proprio in questo intimo legame con il dono dello Spirito Santo che rinnova interiormente i credenti per fare di essi i membri della comunità messianica». Quando però spiega la frase «lo Spirito Santo non era ancora sceso su nessuno di loro» (8,16) si limita a dire che «Luca ridimensiona il Battesimo di Filippo per fare risaltare il ruolo insostituibile degli Apostoli». Non ci convince; non è questo lo stile di Luca. È meglio prendere atto delle difficoltà che sentono tutti gli interpreti e accettare quanto dice Kürzinger: «In ogni caso l’imposizione delle mani opera un perfezionamento in chi era già in possesso dello Spirito per il Battesimo ricevuto nel nome di Gesù, tanto che la tradizione ecclesiastica vede in questo testo il fondamento per il sacramento della Cresima».
Ritorniamo agli Apostoli che impongono le mani perché i Samaritani ricevano lo Spirito Santo. Simon Mago, quando vide ciò, «offrì loro del denaro, dicendo: “Date anche a me questo potere perché a chiunque imponga le mani riceva lo Spirito Santo”» (8,19). Qui si rivela il mago che vuole soggiogare a sé lo Spirito per disporne come vuole. La reazione di Pietro è dura: «Va’ alla malora tu e il tuo denaro, perché hai pensato di poter comperare con il denaro quello che è dono di Dio. Tu non puoi aver parte alcuna in queste realtà, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio» (8,20 s). L’insegnamento è chiaro: le realtà spirituali, i doni di Dio non sono in vendita. Chi vuole mercanteggiarle non ha parte alcuna in esse; è escluso dalla fede cristiana. L’annuncio del Vangelo rifiuta la magia e chi la esercita. La superiorità del Vangelo è fuori discussione.

Sul cammino di Gaza (8,26-40)

Il racconto inizia dicendo: “L’Angelo del Signore”, e noi sappiamo che si tratta di un’antica espressione per indicare la potente presenza di Dio nella storia. È Dio che comanda a Filippo di lasciare il Nord e di andare verso il Sud, “sulla strada deserta che da Gerusalemme scende verso Gaza”. Nord-Sud: la parola di Dio è in grado di lanciarsi su tutte le strade. E quel giorno sulla strada di Gaza viaggiava un grande ministro della regina di Etiopia che tornava a casa dopo essere stato in pellegrinaggio a Gerusalemme. Filippo si avvicinò al carro e si accorse che stava leggendo un passo del profeta Isaia, «Gli chiese: “Comprendi quello che leggi?”. E l’etiope rispose: “Come potrei se nessuno me lo spiega?”. E invitò Filippo a salire sul carro». Il passo che stava leggendo era questo: «Come pecora fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la sua posterità chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita» (Is 53,7-8).
Non poteva esserci un passo migliore della Scrittura per poter parlare del modo con cui Gesù, il Servo di Dio sofferente, visse la sua passione e, da questa, continuando a leggere lo stesso Canto del Servo, passare a parlare anche del suo trionfo: «Ecco il mio servo avrà successo, sarà innalzato, onorato, esaltato grandemente» (Is 52,13). Sono parole che introducono assai bene l’annuncio della glorificazione di Gesù: “Dio lo ha risuscitato dai morti; lo ha esaltato alla sua destra, ecc. Ma Filippo deve anche aver insistito molto sull’identità di Gesù e sul come si entra, mediante il battesimo, nella comunità di Gesù. Infatti appena giungono a un luogo dove c’era acqua, l’etiope chiede il Battesimo e fa quest’atto di fede: «Credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio». Filippo allora lo battezzò e – come dice un codice molto importante – «lo Spirito Santo scese sull’etiope, mentre l’Angelo del Signore rapì Filippo perché fosse presente nella città di Azoto».
Filippo parte da ciò che l’etiope stava meditando e lo introduce alla conoscenza di Gesù come Colui che porta a compimento le Scritture, annunciandogli la sua morte e Risurrezione e insiste sull’identità di Gesù. È questo il punto fondamentale di una vera catechesi.

Gesù chiama Saulo (9,1-9)

Stiamo per leggere uno dei più importanti racconti della storia cristiana, ma non gli diamo il solito titolo: “Conversione di Saulo”. Un simile titolo suppone come protagonista Saulo, mentre il vero protagonista è Gesù. Solo all’inizio Paolo funge tristemente da protagonista. Ecco la traduzione letterale del brano: «Saulo, che continuava a respirare minacce assassine contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne che appartenevano a quella Via» (9,1-2).
È impressionante l’atteggiamento di Saulo: “respirava minacce assassine”. Queste minacce erano per lui l’aria che gli dava tanta energia. Era odio? No! Per lui i discepoli del Signore erano degli apostati e traditori della Legge e della Tradizione dei Padri; minavano la struttura stessa di Israele. Secondo la sua coscienza dovevano essere eliminati. La vera Via è solo quella della fedeltà alla Legge. Per noi discepoli invece la “vera Via” è la “Parola” che dà alla nostra vita il senso di essere sempre in cammino con Cristo nella storia. Ancor più Gesù è la Via: «Io sono la Via, la verità e la vita» (Gv 14,6).
Ecco ora l’incontro di Saulo con Gesù: «Mentre Saulo era in cammino e si stava avvicinando a Damasco, improvvisamente lo folgorò una luce dal cielo e, mentre cadeva a terra, una voce gli disse: “Saulo. Saulo, perché mi perseguiti?”. Rispose: “Chi sei, Signore?”. “Io sono Gesù che tu perseguiti”». Ecco il vero protagonista che entra da dominatore nella vita di Saulo e gli dice parole che si incideranno in lui profondamente: Gesù si identifica nella vita dei suoi discepoli. Saulo non le dimenticherà più queste parole e nella sua vita di discepolo – è quello che dobbiamo fare anche noi – si sforzerà di imitare Gesù fino a dire: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). La parola di Gesù lo ha già trasformato e ora è in attento ascolto. Gesù gli dice: «Alzati ed entra in città. Là ti sarà detto che cosa devi fare». Il racconto continua: «Gli uomini che erano con lui in cammino si fermarono ammutoliti: udivano la voce ma non vedevano nessuno. Saulo si alzò, aprì gli occhi, ma non ci vedeva. Guidandolo per mano lo condussero a Damasco, dove rimase tre giorni privo di vista senza mangiare né bere». Furono però giorni in cui meditò su quello che gli era capitato. Gesù aveva vinto e lui aspettava chi doveva dirgli cosa fare.

Saulo è battezzato (9,10-19)

«C’era a Damasco un discepolo chiamato Anania e il Signore gli parlò in visione: “Anania”. Gli rispose: “Eccomi, Signore”. E il Signore a lui: “Va’ subito nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un uomo di Tarso, chiamato Saulo; è lì in preghiera”» (9,11).
Da questo testo sappiamo che Saulo era un ebreo della Diaspora e perciò uno che conosce bene il mondo pagano a cui, come discepolo, viene subito destinato. Conosciamo anche due giudei cristiani di Damasco, anche se non sappiamo chi sia stato a fondare quella comunità. Ma quello che più conta è che il vero protagonista è sempre Gesù che comanda ad Anania di andare da Saulo. Gli dice: “è in preghiera e ha visto in visione un uomo di nome Anania venire e imporgli le mani e perché recuperi la vista”. Anania disse: “Ma Signore, sai quanto male ha fatto ai tuoi santi in Gerusalemme? E ora è qui per arrestarci». E il Signore gli rispose: «Per me è uno strumento eletto perché porti il mio nome ai pagani, ai re e ai figli di Israele». Quando Paolo si definirà “Apostolo dei pagani” (Rm 11,13) si dimostra cosciente di aver ricevuto questo incarico dal Signore.
Anania ubbidì, «andò, entrò nella casa e gli impose le mani dicendo: “Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù che ti è apparso sulla via per cui venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo”. Subito caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista. Fu subito battezzato, poi prese cibo e le forze ritornarono». È così che Saulo, per la mediazione di Anania, fu aggregato a pieno titolo alla comunità dei discepoli. E tutto questo è opera del Signore Gesù. Anania è sempre apparso in atteggiamento di ubbidienza e Saulo come il destinatario dei doni del Signore. È il Signore che lo ha chiamato a sé e lo ha costituito Apostolo, anche se Luca tarderà a chiamarlo così. Per ora sono i Dodici che contano.

Paolo predica ai Giudei (9,19-31)

Ora il racconto presenta Saulo che subito si dà da fare nell’annuncio del Vangelo: prima ai Giudei. Così hanno fatto gli Apostoli a Gerusalemme e così fa lui. Ma come gli Apostoli sono stati perseguitati, così anche i Giudei di Damasco decidono di uccidere Saulo che riesce a fuggire facendosi calare in una cesta dalle mura della città. Dopo questo evento Luca parla di Saulo a Gerusalemme (9,26-31). Forse non sapeva che prima di recarsi a Gerusalemme si recò per tre anni in Arabia (Gal 1,13-18; anni 36-39).
A Gerusalemme non gli fu facile prendere contatto con la comunità dei discepoli. Ci volle l’intervento di Barnaba, il figlio della consolazione. Fu Barnaba che lo presentò agli Apostoli dicendo che Gesù gli era apparso e che lui lo aveva già annunciato a Damasco. Paolo parlò soprattutto con Pietro (Gal 3,18), ma non mancò di predicare agli Ellenisti, quei Giudei della Diaspora, con i quali aveva congiurato contro Stefano. Lo scontro fu duro e gli antichi amici decisero di farlo fuori. Allora i discepoli lo condussero a Cesarea e lo fecero partire per Tarso, la sua città natale. Lo rivedremo nell’anno 46.
La nota finale di Luca è molto significativa: «La Chiesa fu in pace per tutta la Giudea, la Samaria e la Galilea». “Fu in pace”. Saulo con la sua irruenza dava l’impressione di cercare lo scontro; gli Apostoli, pur annunciando la Parola con franchezza e coraggio, hanno sempre evitato lo scontro. Cercavano di convivere con gli irriducibili del popolo. È nella pace infatti che la Chiesa «si edifica nel timore del Signore e nel conforto dello Spirito Santo». Fabris annota che “Luca non perde l’occasione per ricordare a tutti i discepoli che né l’organizzazione né le risorse umane possono sostituire l’impulso originario”. La Chiesa cammina con Cristo nella storia unicamente perché è sostenuta dalla potenza dello Spirito Santo.

Preghiamo

Quale entusiasmo ci infondono, Signore, i tuoi discepoli. Fuggono perché perseguitati, ma forse, come Tobia (13,3), sentono che sei Tu che li disperdi perché annuncino la Parola. Non riescono a tenerla per sé, capiscono che debbono dirla ad altri con la loro vita e con la loro parola umana. Davvero si sente che sono spinti dalla forza dello Spirito. Signore, dicendo questo non posso non pensare alle nostre comunità di oggi disperse in un mondo plurietnico e plurireligioso. Fa’ che non siano mute. Dona a noi, tuoi discepoli la forza dello Spirito Santo perché con franchezza e audacia riusciamo ad annunciare il tuo Vangelo al mondo. Risvegliaci, o Signore, e facci capire che è bello testimoniarti con la vita e la parola. Amen!

                                                                                                Mario Galizzi SDB


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-5
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