CAMMINARE CON CRISTO NELLA STORIA:
PIETRO

Siamo al punto cruciale della storia della Chiesa prImitiva. Stiamo per contemplare Dio che finalmente può incominciare a vincere le resistenze della Chiesa giudaica, chiusa in se stessa, per aprirla all’universalità. Sono forse passati più di una decina d’anni da quando Gesù disse: «Mi sarete testimoni sino agli ultimi confini della terra» (At 1,8). È logico che sia Pietro il primo ad ubbidire a Dio, vincendo innanzi tutto in se stesso le chiusure della Chiesa. L’evento è preceduto da due miracoli di stile evangelico (9,32-43). Essi fanno da sutura tra il racconto su Saulo, “strumento eletto” per la missione ai pagani, e l’inizio ufficiale di questa missione per mezzo di Pietro.

Nei due racconti Pietro appare in intimità con Gesù, conscio che Gesù cammina con lui nella storia e perciò lascia agire Gesù. A Lidda, città della costa, vede un paralitico e gli dice: “Gesù ti guarisce”. Questo fa capire che l’origine del potere miracoloso è Gesù che sana e, secondo miracolo, che ridona la vita, cioè è il Figlio di Dio che è già stato proclamato “Autore della Vita” (3,15). Infatti, come Gesù nella casa di Giairo, fece uscire tutti, e poi disse alla fanciulla morta: «Ragazzina alzati» (Mc 5,41), così Pietro a Ioppe, dove i discepoli lo hanno chiamato perché era morta una donna amata dalle vedove, fa uscire tutti dalla camera e, dopo aver pregato, chiama la morta per nome dicendole: «Tabità, alzati». È chiaro che tutto è opera di Gesù. A questo punto il racconto delle due visioni parla di Dio che apre ai pagani la via della salvezza. Destinatario della prima visione è un pagano di nome Cornelio (10,1-8); destinatario della seconda è Pietro (10,9-16).

Visione di Cornelio (10,1-8)

Il racconto è molto semplice ed è colmo di serenità e di pace. Si ha quasi paura a toccarlo. Inizia con la presentazione di Cornelio «uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia. Faceva molte elemosine al popolo e con perseveranza pregava Dio». Era, come tanti altri pagani, un simpatizzante della fede ebraica senza passare formalmente al giudaismo. Si limitava a osservare alcune prescrizioni come la preghiera e l’elemosina. Un giorno, seguendo l’abitudine ebraica, alle tre del pomeriggio era in preghiera «e vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo dicendo: “Cornelio!”. Ed egli, fissandolo con timore, disse: “Che c’è, Signore?”. Rispose: “Le tue preghiere e le tue elemosine sono un memoriale (cioè: un ricordo) davanti a Dio”». È in questa situazione che Dio lo elegge per essere la primizia tra i pagani dei credenti in Cristo. Infatti per mezzo dell’angelo gli dice: «Manda dei messaggeri a Ioppe e fa venire un certo Simone, chiamato Pietro». Non gli dice perché deve fare così, ma lui ubbidisce e subito, chiamati due servitori e un soldato timorato di Dio, racconta loro la visione avuta e li manda a Ioppe.

Visione di Pietro (10,9-23)

Questo è il titolo che di solito si dà a questo racconto, ma se si osserva attentamente Pietro, lo si potrebbe intitolare: “la conversione di Pietro”. Il testo afferma che un giorno, «mentre quelli (i messaggeri di Cornelio) si stavano avvicinando alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare». Qui ci si aspetterebbe la preghiera e, invece, si dice qualcosa che sembra banale, ma non lo è, poiché introduce il tema “cibo”, molto importante nel testo. Perciò si dice «che gli venne fame e voleva prendere cibo, ma mentre glielo preparavano entrò in estasi». Era il cielo che gli offriva da mangiare. «Vide infatti una grande tovaglia che scendeva dal cielo piena di ogni sorta di animali e sentì una voce che gli diceva: “Su, uccidi e mangia”». Pietro inorridito esclamò: «Non sia mai, Signore. Io non ho mai mangiato qualcosa di profano e di impuro». Sono già passati parecchi anni, ma Pietro non ha ancora assimilato l’insegnamento di Gesù che diceva: «Non quello che entra nell’uomo lo rende impuro… dichiarando così puro ogni alimento» (Mc 7,15.19). È difficile abbandonare una tradizione umana imparata fin da piccolo e vissuta con costanza.
La visione si ripeté tre volte. Quindi, per tre volte Pietro si sentì dire: «Ciò che Dio ha reso puro, tu non dichiararlo immondo». Pietro non riusciva a capire. Il testo dice che «stava lì titubante sul senso da dare alla visione». E quando arrivarono i messaggeri di Cornelio, il testo ripete che «mentre Pietro rifletteva sulla visione, lo Spirito gli disse: “Ecco tre uomini ti cercano, alzati, scendi e va’ con loro senza esitazione perché sono Io che li ho mandati». Queste parole dello Spirito sono una vera luce per Pietro. Egli capisce che lo Spirito è in azione, mentre l’incontro con i messaggeri di Cornelio gli fa capire la grande conversione culturale a cui Dio lo chiama. La legge sui tabù alimentari e sociali è abolita perché Dio tutto ha purificato e a Dio bisogna ubbidire. Difficile dire quante ritrosie e tentennamenti abbia sentito nel suo cuore. Però sa che quei messaggeri non li ha mandati Cornelio, ma lo Spirito. Vince così il tabù della separazione giudei-pagani e accoglie, anzi ospita, i messaggeri, i quali gli dicono di andare con loro a Cesarea, perché Cornelio, ubbidendo a un angelo, «ti invita nella sua casa per ascoltare ciò che hai da dirgli». Pietro capisce che è invitato ad annunciare la Parola e si rende disponibile ad entrare nella casa di un pagano, abbandonando le tradizioni dei suoi padri. Il tutto in obbedienza a Dio.

L’incontro con Cornelio (10,23-33)

Pietro va, ma vuole che con lui vadano anche alcuni discepoli di Ioppe. Quello che sta per accadere ha bisogno di testimoni oculari. Da Ioppe a Cesarea ci sono 50 km, perciò giungono il giorno dopo. E mentre Pietro stava per entrare in casa, gli venne incontro Cornelio che si gettò ai suoi piedi. Il verbo usato indica una prostrazione davanti a una persona che ha qualcosa di divino. Pietro gli toglie subito quest’idea dicendogli: «Alzati, io sono un uomo come te».
Le distanze sono cadute e come due amici entrano in casa chiacchierando. C’era molta gente, quasi tutti pagani. Forse era la prima volta che Pietro entrava in una casa pagana e per i presenti era una cosa insolita vedere un ebreo entrare in casa loro. Pietro allora spiegò: «Voi sapete che è proibito a un giudeo frequentare o avere qualche contatto con uno di un’altra razza, ma Dio mi ha fatto capire che non si deve dichiarare profano o immondo nessun uomo. Per questo sono venuto senza esitazione quando mi avete fatto chiamare». Qui si sente Pietro libero da ogni tabù che vieta l’incontro tra le persone. Si vede che sta facendo un cammino di liberazione e, forse, un lungo cammino (vedi Gal 2,11-13). Comunque è deciso a compierlo fino in fondo.
Ci stupisce che chieda «perché mi avete fatto venire?». Lo sapeva già. Gli inviati a Ioppe gli avevano detto: «per ascoltare ciò che tu hai da dirgli». E stupisce anche sentire Cornelio che gli risponde raccontando per la terza volta la sua visione. Ma questa è un abitudine di Luca: ripetere le cose importanti (10,29-33). La ripetizione mette meglio in evidenza che i due ubbidiscono a un ordine divino. Cornelio conclude la sua risposta ringraziando: «È stata una tua cortesia venire qua». Quindi gli passa la parola dicendo: «Ecco siamo tutti qui davanti a te per ascoltare ciò che il Signore ti ha ordinato».

Discorso di Pietro (10,34-43)

La piccola introduzione ribadisce quello che Pietro oramai sta costatando sul modo di agire di Dio. Dice: «Ora mi sto rendendo davvero conto che Dio non mostra alcuna parzialità, anzi in ogni nazione chiunque lo teme e agisce rettamente è a Lui gradito». Questa l’introduzione. Ora ha inizio il vero discorso tutto centrato su Gesù, tenendo conto dei destinatari, a cui è inutile parlare di Antico Testamento. Quello che interessa è far conoscere Gesù. La prima catechesi ai pagani parla solo di Gesù, e lo costateremo in continuità negli Atti. Ebbene, questo ha un grande valore anche oggi. La gente deve conoscere Gesù, deve sapere chi è e imparare ad entrare in comunione con Lui.
La prima evangelizzazione ha come testo il solo Vangelo. Pietro fa proprio così ed inizia il suo annuncio facendo risalire tutta l’opera di Gesù a Dio. Dice: «Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, recando loro la buona novella della pace per mezzo di Gesù Cristo che è il Signore di tutti».
Prima agli Israeliti, anche se dal contesto appare chiaro che l’annuncio della pace per mezzo di Gesù vale per tutti perché Egli è il Signore di tutti. Forse, pronunciando quest’ultima frase Pietro ha fatto sussultare Cornelio e i suoi ospiti, abituati a considerare il dominio dell’Imperatore romano come la base di ogni potere politico e religioso. Dopo di questo, passa direttamente all’evento “Gesù”, appellandosi a quello che i suoi destinatari già sanno o hanno sentito. Per due volte dice: “Voi sapete”. Ecco interamente il testo: «Voi sapete ciò che è avvenuto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni, cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con Lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da Lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse non a tutto il popolo, ma a testimoni da lui prescelti, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con Lui dopo la sua Risurrezione dai morti. Ed egli ci ha ordinato di annunciare al popolo e di attestare che egli è stato costituito giudice dei vivi e dei morti».
Abbiamo letto la testimonianza di coloro – Pietro usa il “noi”– che «furono sin dall’inizio (battesimo di Giovanni) testimoni oculari e che poi divennero ministri della Parola» (Lc 1,2). Luca l’ha vagliata diligentemente questa testimonianza e ora, con gioia e sincerità, ce la presenta, esprimendola, come è logico, con il suo stile, e ce la riferisce raccontando un evento in cui Pietro non solo è testimone oculare, ma ora anche ministro della Parola. Quello che dice è prezioso e offre a tutti lo schema di una vera catechesi. Parla della vita pubblica di Gesù e poi della sua passione e morte dicendo – già varie volte lo ha fatto – che i responsabili sono i capi del popolo. L’espressione «Essi lo hanno ucciso appendendolo alla croce» scotta, anche se lo hanno fatto per ignoranza (3,12).
Infine, parla dell’agire di Dio che glorifica Gesù risuscitandolo dai morti e facendo sì che apparisse «a testimoni scelti, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo che fu risuscitato».
A questo punto Pietro ricorda il mandato ricevuto: «Ci ha ordinato di predicare a tutti che Dio lo ha costituito giudice dei vivi e dei morti. A lui tutti i profeti rendono testimonianza perché chiunque crede in lui ottenga il perdono dei peccati invocando il suo nome».
Un ebreo come Pietro non poteva non citare l’Antico Testamento, ma appena lo ha fatto fu interrotto.

Il dono dello Spirito (10,44-48)

«Stava ancora parlando quando lo Spirito Santo discese su tutti quelli che ascoltavano la Parola». È l’Amen di Dio alle parole del suo messaggero, un “Amen” inaspettato da coloro che accompagnarono Pietro. Infatti, «rimasero sconcertati nel vedere che Dio effondesse anche sui pagani il dono dello Spirito. Li sentivano parlare in lingue e celebrare la grandezza di Dio». “Parlare in lingue”, cioè pregare, lodare, ringraziare Dio ciascuno in modo altamente personalizzato. Lo Spirito infatti li ha aperti a Dio e ognuno parla con Dio, dice la sua esperienza usando parole incomprensibili per gli altri. Per questo Paolo diceva ai Corinzi (1 Cor 14) che nelle riunioni comunitarie se c’è chi parla in lingue ci dev’essere chi le spiega, altrimenti non c’è nessuna utilità per i presenti.
La reazione di Pietro al dono dello Spirito è più che logica. Capisce che Dio ha fatto saltare ogni differenza tra ebrei e pagani e che unisce tutti in comunione perfetta. Perciò non si può negare loro il Battesimo che ufficialmente li aggrega alla comunità dei credenti in Cristo. Per questo dispone che siano battezzati nel nome di Gesù. Quindi rimase tre giorni in una convivialità perfetta. Gli scrupoli sui cibi impuri e sul convivere con i non ebrei non hanno più senso. Dio li ha aboliti ed essi possono davvero godere della libertà che si ha in Cristo.
Ma la Chiesa giudeo-cristiana è disposta a questo passo?

Pietro torna a Gerusalemme (11,1-18)

Il comportamento di Pietro a Cesarea fu qualcosa di inaudito per la Chiesa di Gerusalemme, ancora imbrigliata nelle tradizioni giudaiche e poco disposta ad abbandonarle. Perciò quando Pietro giunse da loro «si misero a litigare con lui, lo rimproverarono, gli rinfacciarono di essere entrato in casa di persone non circoncise e di avere mangiato con loro». È sempre la questione del “puro-impuro”che continua a tormentare quella Chiesa e che continuerà a tormentare tanti gruppi giudeo-cristiani i quali saranno sempre di ostacolo all’apostolato di Paolo.
Però è strano che Pietro, sempre apparso come portavoce della comunità, sia rimproverato e dia l’impressione che debba difendersi. Ma è una difesa la sua? Non sembra. Pietro ama la sua comunità e capisce le sue difficoltà. Perciò cerca di far capire alla comunità che bisogna ubbidire a Dio. Lo ha detto davanti al Sinedrio, lo ripete implicitamente alla sua comunità. E a questo tende il suo lungo discorso che è un riepilogo di quanto abbiamo letto nel capitolo 10. La conclusione è ovvia: «Chi ero io da porre impedimento a Dio?». Quando udirono questo, smisero di obiettare e glorificarono Dio dicendo: «Dunque Dio ha concesso anche ai pagani il pentimento che dà la vita». Ma tutti i credenti in Cristo di quella Chiesa sono davvero disposti a vivere questa verità con convinzione? Nessuno infatti può fermare Dio. E noi costateremo nel brano seguente che l’agire di Dio in favore dei pagani è già andato oltre Cesarea e ha raggiunto Antiochia di Siria dove i giudeo-cristiani si sono aperti ai pagani e con loro, senza distinzioni di sorta, hanno formato vere e ferventi comunità. Anzi, per mezzo di Barnaba, sono riusciti a ricuperare “Saulo, lo strumento eletto per portare il nome di Gesù ai pagani” (9,15). Perciò l’avventura missionaria in grande stile sta per iniziare.

Preghiamo

Come è grande il tuo cuore e il tuo amore, o Padre. Tu sei davvero il Dio di tutti e senti tutti come figli. Per questo ti opponi a ogni chiusura razzista e chiami tutti a vivere in comunione perfetta. Apri anche le nostre comunità a una vera universalità, ma soprattutto fa’ che vivano gli insegnamenti della “Tradizione Apostolica”, e sentano che l’unico scopo della Catechesi è l’annuncio del Signore Gesù e quello di aiutare le persone ad entrare in comunione perfetta con Lui. Togli dai nostri catechismi l’ignoranza di Cristo e fa’ che si colmino di Vangelo. Allora sì, che i cristiani, educati nella conoscenza di Cristo, impareranno che solo Gesù può riempire la loro vita e solo l’annuncio di Gesù può dare senso all’attività cristiana. Donaci, o Padre, questa gioia. Amen.

                                                                                      Mario Galizzi SDB


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-6
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