Giovanni 2.23-3,36
DALLA FEDE SUSCITATA
DAI SEGNI
ALLA FEDE NELLA
PAROLA DI VITA
Dovremo richiamare parecchie
volte questo titolo nella lettura del Vangelo. In questa pagina
però ha già uno sviluppo esaustivo. Si tratta infatti
di una pagina che vuole aiutarci ad approfondire la nostra fede,
perché non sia un semplice credere che nasce dai segni
(prodigi, miracoli), ma una fede veramente autentica che sia
segno di adesione personale e intima alla Parola di Gesù
e alla sua persona.
Lintroduzione (2,23-25)
è molto importante:
Mentre era
a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo
i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Gesù
però non si fidava di loro, perché li conosceva
tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse informazioni
sulluomo. Egli infatti sapeva quello che cera nelluomo.
Il versetto 23 ci informa che
cosa è avvenuto in quella Pasqua in cui ha scacciato i
venditori dal Tempio e in cui ha compiuto molti prodigi. La frase
significativa è che molti credettero nel suo nome
vedendo i segni
che faceva. La loro fede era fondata in Gesù taumaturgo
e basta, e allora non stupisce quanto segue: Ma Gesù
non si fidava di loro perché li conosceva tutti.
Gesù era dotato di quella tipica prerogativa divina, che
oramai continueremo a costatare nel Vangelo, che gli faceva conoscere
a fondo ogni uomo. Ebbene è questa verità che viene
drammatizzata nel dialogo.
Gesù
e Nicodemo (3,1-15)
Tra i farisei
cera un uomo chiamato Nicodemo, uno dei capi dei Giudei.
Egli andò da Gesù di notte e gli disse: «Rabbì,
sappiamo che sei venuto da Dio come maestro, nessuno infatti
può compiere questi segni se Dio non è con lui».
Il testo qualifica Nicodemo
come uomo per dirci che Gesù già lo
conosceva a fondo. Poi si aggiunge che era un fariseo,
cioè un individuo meticoloso osservante della Legge di
Dio; e siccome Gesù poi (1,10) lo chiamerà Maestro
è anche uno che insegna con la parola e la vita come si
vive nella pratica quanto Mosé e i profeti hanno detto.
Viene pure chiamato capo dei Giudei, forse membro del Sinedrio.
È probabile che cera anche lui quando chiesero a
Gesù un segno; ed era certamente uno che credette nei
segni che Gesù faceva.
Comunque va di notte da Gesù;
forse perché secondo i rabbini è di notte che si
può riflettere meglio sulla Legge. Il plurale sappiamo
dice che parla anche a nome di altri, e forse pensa che da Gesù
si potrebbe sapere come preparare meglio il popolo allattesa
messianica mediante losservanza della Legge. Per i farisei
contavano i meriti. Gesù rispondendo gli parla di unaltra
strada:
In verità,
in verità ti dico: Se uno non nasce dallalto non
può entrare nel regno di Dio.
Il pensiero di Gesù
è chiaro: è necessario cambiare radicalmente, rinascere,
e questo da Dio. Impossibile dice Nicodemo (v. 4), non posso
rientrare nel seno di mia madre e rinascere. E Gesù:
«In verità,
in verità vi dico: se uno non nasce da acqua e da Spirito
Santo non può entrare nel regno di Dio».
Cioè non si può
avere la vita eterna, quella che ha il carattere della definitività,
se non si cambia radicalmente, se non accogliamo il dono di Dio.
Chi è nato solo dalla carne rimane un essere debole, deperibile,
mentre chi nasce da Dio vive per sempre della vita di Dio stesso.
Senza un intervento di Dio luomo non ha accesso alla vita.
Lo dice a un fariseo che tutto pensa di ottenere con i propri
meriti. Nicodemo non accoglie la parola di Gesù; gli dice:
«Come può accadere questo?». E Gesù
gli dice: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?».
Insegnava la Scrittura, ma non conosceva queste realtà.
Bastava ricordare un solo testo che parla del rinnovamento che
Dio avrebbe realizzato nelluomo: «Vi laverò
con acqua pura e sarete purificati... metterò dentro di
voi il mio spirito... cambierò il vostro cuore
di pietra in un cuore di carne... e sarete il mio popolo e io
il vostro Dio». (Ez 36,15-28).
Questo testo non è solo
lannuncio di un cambiamento radicale, equivalente a quella
rinascita di cui parla Gesù; qui si parla anche di un
cambiamento radicale del popolo, perché sia in pienezza
il popolo di Dio. Poi Gesù continua, introducendosi
di nuovo con la formula solenne: «In verità, in
verità ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo
e testimoniamo ciò che abbiamo veduto (si noti che in
greco è un perfetto che dice continuità nel presente),
cioè di quello che noi continuiamo a contemplare, ma voi
non accogliete la nostra testimonianza» (v. 11). Il noi
opposto al voi, unespressione che ci richiama
quello che si è detto nel Prologo: «È venuto
tra i suoi ma i suoi non lhanno accolto».
Gesù non prova nulla di ciò che ha detto; Gesù
esige la fede nella sua parola, nella sua testimonianza.
La fede in lui è adesione alla sua persona che rivela
il Padre da cui proviene: «Nessuno è salito al cielo
se non il Figlio delluomo che è disceso dal cielo»
(v. 13). Comunque Gesù è colmo di speranza e sa
che un giorno lo accoglieranno; dice infatti:
«Come
Mosé innalzò il serpente nel deserto, così
bisogna che sia innalzato il Figlio delluomo, perché
chiunque crede abbia in lui la vita eterna» (v. 14s).
Il dialogo con Nicodemo si
è concluso, ma non si può dire che si sia concluso
con un rifiuto. Pensiamo che Nicodemo continui a credere che
Gesù è stato mandato da Dio e che continui il suo
cammino per giungere a unadesione vera a Gesù, e
noi lo ritroveremo quando in una riunione dei dirigenti Giudei
difenderà Gesù (7,50) e costateremo che sarà
lui con Giuseppe di Arimatea a seppellire Gesù (19, 38ss).
Forse come Giuseppe di Arimatea anche lui era un discepolo nascosto
di Gesù, per paura dei Giudei.
Meditazione
dellevangelista (3,16-21)
È una pagina fantastica;
di per sé non ci sarebbe bisogno di spiegarla; sarebbe
sufficiente che il lettore leggendola si chieda: «Ma da
che parte sto?». Comunque anche una piccola riflessione
va bene ed è sempre un aiuto. Perciò suddividiamola
in due parti e riflettiamo prima sui vv. 16-18:
Dio ha tanto
amato il mondo da dare il suo Figlio, lunico, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio
non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma
perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede
in lui non è condannato, ma chi non crede è già
stato condannato perché non ha creduto nel nome dellunico
Figlio di Dio.
Sia il versetto 16 che il 17
iniziano con la parola Dio come soggetto. È
la prima volta in questo capitolo. Sì, si è parlato
indirettamente del suo regno (3,3.5) e del suo
spirito (3, 5.6.8). Qui però è direttamente
presentato allorigine del movimento di salvezza a motivo
del suo amore insondabile. Al cuore di tutto e specialmente del
ruolo del Figlio delluomo e del suo cammino verso la croce,
si trova Dio che ama il mondo. Laffermazione pone Dio e
il suo amore come la realtà fondante, assoluta. Nessuna
reciprocità da parte del mondo viene suggerita. Lamore
precede tutto e il Dio che ama ha come progetto esclusivamente
la salvezza e la vita.
Per quanto riguarda il mondo
è evidente che esso ha bisogno di salvezza; ciò
significa che la sua condizione è minacciata. Già
dal Prologo il lettore sa che il mondo fu fatto mediante Colui
che è la Parola
e che il mondo non lha conosciuto. Su questo sfondo lamore
di Dio appare quasi raddoppiato di fronte alla situazione di
pericolo del mondo.
Si noti che nei vv. 16.17 si
parla di donare; non si usa il verbo consegnare
che permetterebbe di fare rientrare il tema morte;
si mette solo in rilievo la finalità del dono: nel v.
16 la vita eterna dei credenti, nel 17 la salvezza del mondo
intesa come salvezza definitiva. La finalità dellagire
di Dio è tutta positiva. Al versetto 18 si afferma che
la salvezza è possibile solo mediante la fede nel
nome del Figlio unico di Dio e si accenna alla possibilità
del rifiuto.
Passiamo alla seconda parte della meditazione in cui si parla
delluomo di fronte alla Luce. Gesù è la Luce.
E il giudizio
è questo: la luce (= Gesù) è venuta nel
mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché
le loro opere erano malvagie. Chiunque fa il male odia la luce
e non viene alla luce perché le sue opere non vengano
biasimate. Invece chi fa la verità va verso la luce, verso
Gesù, perché appaia chiaramente che sono state
fatte in Dio.
Dal versetto 18 già
abbiamo capito che cosa è la vera fede, in opposizione
a quella dei molti che credettero in lui vedendo i segni (i prodigi)
che faceva (2,23). La vera fede è adesione alla persona
di Gesù, accolto come il Figlio unigenito di Dio e come
il definitivo Rivelatore di Dio. Avere fede significa accogliere
la sua Parola. Ma questo non è di tutti.
Gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce; e già
si sa che chi opera il male odia la luce (3,20) perché
la luce è sempre una forza giudicante e a
nessuno piace sentirsi rinfacciare le sue opere cattive. Ma non
sono tutti così. Tra loro cè chi permette
alla luce di mettere a nudo la sua situazione di peccato, chi
si lascia totalmente penetrare dalla luce fino a sperimentare
e a desiderare la vita e la salvezza proposte dalla luce. Il
testo definisce chi si comporta così con lespressione:
chi fa la Verità. Perché fa la Verità chiunque
rinnega la sua situazione di peccato e accoglie la Parola di
Gesù, aderendo a lui nella fede. E le opere della fede
sono quelle che luomo può compiere solo con laiuto
di Dio, quelle che sono fatte in Dio (3,21). Infatti quanto vi
è di buono nelluomo prima di essere un atto umano
è un dono di Dio che tanto ha amato il mondo.
Nel territorio
della Giudea (3,22-24)
Usciamo da Gerusalemme, cambiamo
aria non per dire cose nuove, ma per riflettere e approfondire
quanto fin qui si è detto. E perciò è logico
che si parli ancora di Giovanni Battista. Si racconta che:
Gesù
andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea e
là si tratteneva con loro e battezzava (4,2: non era Gesù
che battezzava ma i suoi discepoli). Giovanni battezzava a Ennon
vicino a Salim e la gente andava a farsi battezzare; Giovanni
infatti non era ancor stato gettato in prigione.
Qui si parla di un fatto sconosciuto
dai Sinottici: cè stato un periodo di contemporaneità
tra lattività battesimale di Gesù e quella
di Giovanni. Agli storici discutere di questo. A noi interessa
linsegnamento dellevangelista. Dal fatto dei due
battesimi nacque
una discussione
tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione
rituale. Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: «Colui
che era con te dallaltra parte del Giordano e al quale
hai dato testimonianza, ecco sta battezzando e tutti vanno da
lui».
La discussione sulla purificazione
è per capire quale battesimo era più efficace,
se quello di Giovanni o quello di Gesù. Per risolvere
il problema vanno da Giovanni e gli dicono quello che fa Gesù,
concludendo: Tutti vanno da lui. Ma la questione
della purificazione salta, perché lultima frase
fa scoppiare di gioia Giovanni. I suoi discepoli si accorgono
che non potevano dargli una notizia più bella. Giovanni
infatti disse loro:
«Nessuno
può prendersi qualcosa (un incarico) se non gli è
stato dato dal cielo, da Dio. Voi stessi mi siete testimoni che
io ho detto: Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato
davanti a lui».
È chiaro che parla di
Gesù che ora definisce come lo sposo delle nozze messianiche
e dice: «Lo sposo è colui a cui appartiene la sposa,
ma lamico dello sposo che è presente e lascolta,
esulta di gioia alla voce
dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere,
io invece diminuire».
Con questa gioia perfetta il quarto evangelista conferisce a
Giovanni la statura di un credente. È colui che crede
davvero in Gesù, nella sua persona, non nei segni o miracoli
che compie. Questa è vera fede.
Meditazione
dellevangelista (3,31-36)
Chi viene dallalto
è al di sopra di tutti. Chi è dalla terra, dalla
terra è e parla delle cose della terra. Chi invece viene
dallalto è al di sopra di tutti, e dà testimonianza
di ciò che ha visto e udito, ma nessuno accoglie la sua
testimonianza. Chi però laccoglie attesta che Dio
è veritiero. Colui infatti che Dio ha inviato pronunzia
le parole di Dio, perché dà lo spirito senza misura.
Il Padre ama il Figlio e ha posto tutto nelle sue mani. Perciò
chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non ubbidisce al
Figlio non vedrà la vita ma su di lui rimane lira
di Dio.
Levangelista senza ripetersi
troppo riflette sulla trascendenza di Gesù e, come nella
precedente meditazione (3,16-21), ci parla del Padre quale mandante,
del Figlio quale inviato e degli uomini in relazione alla missione
di Gesù, il Figlio.
La frase chiave è: «Dio
ama il Figlio e ha posto tutto nelle mani». Il Figlio vi
appare rivestito di ogni potere e dotato dalla pienezza dello
Spirito. È perciò qualificato per la sua missione
messianica. Tanto più che egli, a differenza di coloro
che sono dalla terra, viene dal cielo e quale Figlio di Dio è
davvero al di sopra di tutti. Venendo dal cielo può davvero
dare testimonianza di ciò che ha visto e udito; quale
inviato può davvero comunicarci le parole di Dio. Egli
infatti quale Figlio unigenito è sempre rivolto verso
il Padre ed è lunico che può raccontarci,
rivelare il Padre (1,18).
Levangelista lo contempla
in questa sua attività e, osservando gli uomini si accorge
che nessuno accoglie la sua testimonianza, ma subito, come ha
già fatto in 1,11-12, si corregge e dice: Chi però
laccoglie dichiara con certezza che Dio è veritiero.
Allora appare chiaro che la fede non è solo adesione e
accoglienza di Gesù, lInviato, ma è anche
riconoscimento dellamore del Padre, dichiarazione solenne
che Dio è veritiero, cioè leale, fedele, perché
in Gesù rivela pienamente la sua fedeltà alle promesse
e si rivela come un Dio di vita: «Chi infatti
crede nel Figlio ha la vita eterna», cioè partecipa
fin dora alla vita divina. Colui invece che rimane nella
disubbidienza non vedrà mai la vita perché totalmente
separato da Dio.
Il Figlio perciò non si presenta soltanto come lunico
e definitivo Rivelatore, ma anche come lunico Salvatore.
Preghiamo
Signore, da
chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna. Effondi su di
me, o Signore, la pienezza dello Spirito Santo, affinché
la mia fede sia sempre una sincera e leale adesione a Te come
unico Rivelatore del Padre e unico Salvatore. Signore, donami
la grazia di sentire che tu sei lunico che dà senso
alla mia vita e al mio apostolato. Amen!
D. Mario Galizzi sdb
IMMAGINI:
1 Lo Spirito di Dio è sommamente
libero. Non si riesce a fermarlo. Per questo Gesù lo ha
paragonato al vento: imprevedibile, dinamico, forte e indomabile.
2 Cristo e Nicodemo, Mathias Stomer (1600-1650),
Darmstadt, Hessiches Landesmuseum. / Luomo da sé non ha accesso
alla vita eterna. Questo è un dono che Dio offre a coloro
che accolgono il Figlio suo
3 ©
Elledici / G. Schnoor / Nicodemo non rifiuta Gesù. Continua a
credere che è stato mandato da Dio. Lo ritroveremo presso
la croce quando prenderà con Giuseppe dArimatea
il corpo di Gesù per seppellirlo.
4 Chi opera il male non
desidera la luce. Preferisce restare nelle tenebre. Ma la luce,
che è Gesù, simpone ad ogni uomo, almeno
al termine della vita.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2007 - 3
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