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Giovanni 4,1-54
          
  DOVEVA ATTRAVERSARE LA SAMARIA

A una prima lettura, il capitolo quattro del Vangelo di Giovanni presenta una sequenza di tipo biografico, che narra episodi diversi nel corso di un trasferimento. Gesù è costretto ad abbandonare la Giudea per la Galilea (vv. 1-4).

Attraversa la Samaria dove accoglie la fede dei Samaritani (vv. 5-42), quindi dopo due giorni si reca a Cana dove guarisce il figlio di un funzionario di Cafarnao (vv. 43-54). Leòn-Dufour spiega l’intero capitolo in 96 pagine. A noi non è dato tanto spazio. Comunque cercheremo di dare ai lettori una panoramica completa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù. Iniziamo leggendo la piccola introduzione.

*** Il Signore venne a sapere che i farisei avevano sentito dire che egli faceva più discepoli e battezzava più di Giovanni, sebbene non fosse lui a battezzare ma i suoi discepoli. Lasciò allora la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea. Doveva però attraversare la Samaria. Giunse così ad una città della Samaria, chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo che aveva scavato il patriarca Giacobbe. Gesù dunque affaticato sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.

Il brano è tutto centrato su Gesù che decide di passare dalla Giudea alla Galilea. Il motivo è politico-religioso. Gesù venne a sapere che i farisei avevano sentito parlare della sua attività e, prevedendo un intralcio alla sua missione parte per la Galilea. Erano varie le strade per andarvi, ma non per Gesù. Egli doveva attraversare la Samaria. Chi è abituato a leggere il Vangelo, quando sente risuonare un “deve” che riguarda Gesù, sa già che c’è di mezzo il compimento di una missione che viene dal Padre. E ora i destinatari sono i Samaritani, un popolo odiato dai Giudei perché giudicato scismatico ed eretico.

Gesù invece non disdegnava i Samaritani. Per dimostrarlo basterebbe la parabola del Buon Samaritano (Lc 10,29-37) o quella dei dieci lebbrosi (Lc 17,11-19): uno solo, un Samaritano, tornò indietro per rendere gloria a Dio, cioè scoprì Gesù come l’unico luogo di incontro con Dio. E poi c’è il fatto di cui fu protagonista il nostro evangelista. Gesù con i suoi discepoli stava attraversando la Samaria e i Samaritani di un villaggio non vollero riceverlo perché era diretto verso Gerusalemme... Giacomo e Giovanni gli dissero: «Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?».

Ma Gesù si voltò e li rimproverò e secondo alcuni codici aggiunse: «Non sapete di che spirito siete, il Figlio dell’uomo non è venuto per far perire le vite degli uomini ma per salvarle» (Lc 9,51-56). Ebbene Gesù è giunto in Samaria per salvare, per buttar giù le frontiere perché il Padre chiama tutti a salvezza.
Ora noi contempliamo Gesù, unico protagonista di tutto il racconto, nel compimento della sua missione. Essa ha inizio presso un pozzo. Gesù è lì seduto e stanco: è in attesa.

Interessante è il termine “pozzo”. Biblicamente esso suscita tanti richiami. Nel libro della Genesi (29,1-15) si narra che Giacobbe, dopo un lungo viaggio, arrivò nel paese orientale e si fermò vicino a un pozzo dove si incontrò con Rachele che poi divenne sua moglie. Anche il servo di Abramo trovò Rebecca, la madre di Giacobbe e moglie di Isacco presso un pozzo (Gn 24); e così pure Mosè presso un pozzo trovò Zippora, che poi divenne sua moglie (Es 2,16-22).

Nella letteratura patriarcale il pozzo è, a volte, unito all’idea del fidanzamento, dell’incontro dello sposo con la sposa. Ora Gesù, indicato già due volte sotto l’immagine dello sposo (2,1-11; 3,29-30) è lì seduto presso un pozzo e sta per incontrarsi con una donna rappresentante di un popolo. Sono i primi testi dell’Antico Testamento che affiorano nel nostro racconto. E ne affioreranno molti in tutto il racconto. È logico che lo spazio non ci permette di citarli e tanto meno di spiegarli. Limitiamoci a leggere il racconto con semplicità: è tanto ricco, soprattutto se osserviamo Gesù educatore che cerca di portare a poco a poco una donna samaritana a un atto di fede in lui.

Aveva sete

Dalla vicina città di Sicar esce una donna samaritana; viene ad attingere acqua dal pozzo. Gesù assetato le dice: «Dammi da bere». La donna risponde: «Come mai tu che vieni dalla Giudea chiedi da bere a me che sono una donna samaritana? Sai bene che i Giudei non trattano con i Samaritani». L’atteggiamento di Gesù non coincide con quello della donna. Gesù non fa caso a ciò che lo divide dai Samaritani, perché è venuto per un incontro: “doveva” incontrarsi con loro. Lo esigeva la sua missione. La Samaritana invece fa forza su ciò che la divide da quel Giudeo, e non è disposta a dissetarlo. Ma ecco che Gesù continua il dialogo e le dice: «Se tu conoscessi il dono di Dio, se tu conoscessi chi è colui che ti dice: “dammi da bere”, saresti tu a chiederlo a lui ed egli ti darebbe un’acqua viva, di sorgente».

Gesù cerca di fargli capire che è lei l’assetata. E la donna non lo nega: è venuta per questo al pozzo; però lei può attingere l’acqua viva, di sorgente, che è in fondo al pozzo, ma quel Giudeo no. Gli dice: «Non hai uno strumento per attingere e il pozzo è profondo, come fai a darmi acqua viva?». Tuttavia le parole di Gesù avevano qualcosa di misterioso e la donna si accorge che dovrebbe capire qualcosa di più di quell’uomo, ma l’unico paragone che le viene in mente è quello di Giacobbe, che aveva fatto scavare quel pozzo. Perciò gli dice: «Sei tu forse più grande del nostro antenato Giacobbe...?».

Gesù non le risponde direttamente, ma le dice che l’acqua del pozzo è diversa da quella che lui le vuole dare: quella del pozzo può dissetare per un momento; chi invece beve l’acqua che lui darà, non avrà più sete perché “diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”. La donna si entusiasma di questo nuovo tipo di acqua, non perché le interessi la vita eterna, ma perché le toglierà il fastidio di venire ogni giorno al pozzo. Per questo gli dice: «Signore, dammi sempre di quest’acqua così non continuerò a venire qui ad attingere». La frase della donna sa di chiusura. Gesù non ha ricevuto da bere, né la donna è stata dissetata da Gesù. Eppure Gesù “doveva” trovare un punto di incontro. Era venuto per questo. Ed eccolo...

Esigere verità

In modo imprevedibile rilancia il dialogo e cerca di obbligare la donna a porsi davanti a lui nella “verità” o nella “falsità”. Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito. Non ho marito», risponde la donna. E Gesù: «Hai detto bene: non ho marito; infatti ne hai avuti cinque e quello che ora hai non è tuo marito; in questo hai detto la verità».
Ora chi sceglie la verità e solo chi sceglie la verità si lascia illuminare da Gesù-Luce; chi fa chiarezza dentro se stesso; chi accetta la sua parola senza se e senza ma, può davvero incontrarsi con lui, o meglio, permettere a Gesù un vero incontro.
La donna sceglie di essere leale, sincera di fronte a lui, ed ecco che le barriere tra Giudei e Samaritani incominciano a cadere. La Samaritana ora crede che Gesù è un profeta, un inviato da Dio. Ora è lei che cerca il dialogo e ritorna al tema iniziale dell’opposizione Giudei e Samaritani, ma per essere illuminata da Gesù. Si cammina verso l’incontro; il “doveva” sta per realizzarsi.

Un dialogo sincero

Osservando il Garizim, che era lì vicino, la Samaritana dice a Gesù: «Noi adoriamo Dio su questo monte e voi dite che è a Gerusalemme dove si deve adorare Dio. Adoriamo lo stesso Dio e siamo separati, divisi. Perché? Tu che sei profeta devi saperlo». E Gesù risponde indicando la via che supera le contrapposizioni. Dice con chiarezza che i Giudei hanno una più profonda conoscenza di Dio, non si limitano al Pentateuco, sanno che Dio ha continuato a rivelarsi e perciò la salvezza viene dai Giudei. Ma non dice che i Giudei sono i veri adoratori di Dio, anzi afferma che la contrapposizione di quelli che vanno ad adorare Dio a Gerusalemme e quelli che lo adorano sul Garizim sta per essere superata dai veri adoratori di Dio, che possono essere di qualsiasi nazione. Dio si può adorare in qualsiasi luogo, purché lo si adori in spirito e verità. E questi sono tutti coloro che sono nati da “acqua e Spirito Santo” e che hanno accolto la sua parola.

Difficile dire che cosa ha capito la Samaritana, però ha capito che Gesù stava parlando dei tempi messianici: «So che deve venire il Messia; quando egli verrà ci annunzierà ogni cosa». Gesù le dice: «Sono io che parlo con te». Non se l’aspettava; fuggì dimenticando che era venuta ad attingere acqua. E andò a dire alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Messia?». Non dice né sì né no, rimane nel dubbio.

Gesù e i discepoli

«Quando giunsero i discepoli si meravigliarono che parlasse con una donna, ma nessuno di loro gli chiese perché discutesse e parlasse con lei». Quando poi la donna se ne andò i discepoli insistevano con lui e gli dissero: “Rabbì, mangia”. Ma egli disse loro: “Io ho un cibo da mangiare che voi non conoscete”. La donna si era messa a discutere con Gesù sull’acqua; i discepoli invece preferiscono continuare nel loro incomprensibile silenzio e discutere tra di loro: «Forse qualcuno gli ha portato da mangiare». Gesù allora prende l’iniziativa e si spiega: «Il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e di portare a termine la sua opera».

Non ha preso l’acqua chiesta e non ricevuta dalla Samaritana, non prende il cibo che i discepoli gli offrono. Egli vive, come si legge nel racconto delle tentazioni secondo Matteo (4,4) «di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». La volontà di Colui che lo ha mandato è che i Samaritani non periscano ma abbiano la vita eterna... e siano salvati per mezzo di lui (3,16-17). Gesù li vede e li paragona ai campi che già biondeggiano, anche se i suoi discepoli dicono che mancano ancora quattro mesi alla mietitura. Ma non è così per quella mietitura di cui parla Gesù, che secondo le Scritture pre½gura la gioia o la salvezza (Sal 126; Gl 4,12-14).

In questo senso la mietitura è oramai giunta. Perciò colui che ha seminato e faticato nel gettare il seme può gioire insieme al mietitore e riscuotere il suo salario e raccogliere un frutto per la vita eterna. Gesù gioisce perché l’opera che il Padre gli ha affidato si sta compiendo. I Samaritani lo accoglieranno e si salveranno per mezzo di lui, e avranno la vita eterna.

*** Molti Samaritani infatti credettero in Gesù per quel che diceva la donna... E quando giunsero da lui gli chiesero di rimanere presso di loro, ed egli rimase lì due giorni; e molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: “Ora non crediamo più per quello che tu racconti, perché noi stessi lo abbiamo udito e ora sappiamo che costui è veramente il Salvatore del mondo”.

Il testo non dice se abbiano discusso con Gesù sul divario Samaritani-Giudei, ma è certo che qui ogni contrapposizione scompare. Gesù rimase con loro due giorni. Ma che cosa avvenne in quei due giorni? Non lo sappiamo, come non sappiamo quel che successe quando si incontrò con Andrea e il suo compagno (1,35-39) e neppure che cosa disse di speciale a Filippo prima che questi si incontrasse con Natanaele (1,41-45). Conosciamo però sempre il risultato di un incontro con Gesù.

I Samaritani passano da una fede fondata sulla testimonianza di una donna, a una fede fondata sulla parola stessa di Gesù. Non conosciamo questa parola, ma solo il loro atto di fede: «Sappiamo che costui è veramente il Salvatore del mondo». Qui tutte le barriere sono superate. Ora ci viene confermato che Dio non solo ha amato i Giudei o i Samaritani, ma che ha tanto amato il mondo, cioè l’intera umanità. È l’umanità sposa, chiamata all’incontro con lo Sposo per dare inizio alla nuova e definitiva Alleanza.

Di nuovo a Cana di Galilea (4,43-54)

*** Dopo due giorni Gesù partì dalla Samaria e si diresse verso la Galilea. Egli stesso aveva dichiarato che nessun profeta è onorato nella sua patria. Ma quando giunse in Galilea, quei Galilei che si erano recati a Gerusalemme per la festa lo accolsero perché avevano visto quello che egli aveva fatto durante la festa.

Gerusalemme, Giudea, Samaria, Galilea... Non sono forse queste le tappe che Gesù prima dell’Ascensione indicherà ai suoi discepoli, dicendo: «Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in Giudea, Samaria e fino...» (At 1,8). Gesù ha fatto lo stesso. Però arrivando in Galilea era cosciente che «nessun profeta è onorato nella sua patria», un detto che ricorda l’esperienza fatta da Gesù a Nazaret (Lc 4,24) che però non sembra avverarsi ora. I Galilei, quelli che erano stati con lui a Gerusalemme e avevano visto i segni che aveva compiuto lo accolsero. Ma qui vale un altro detto di Gesù: «Egli non si fidava di loro» (2,23)

Quanto segue è interessante. Da Cafarnao giunse un ufficiale regio che si mise a supplicare Gesù affinché scendesse e gli guarisse il figlio che stava per morire. Era venuto perché sapeva quanti segni e prodigi aveva fatto Gesù; anche lui credeva fondato nei segni. Gesù lo mette alla prova: «Se non vedete segni e prodigi non credete» e l’ufficiale regio gli dice: «Signore, scendi prima che mio figlio muoia». E Gesù: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo accolse la parola di Gesù e subito se ne andò. Durante il cammino si incontrò con i suoi servi che gli venivano incontro e che subito gli dissero: «Tuo figlio vive». Ciò avvenne la stessa ora in cui Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive». Aveva accolto con fede la parola di Gesù e tutto si compì. Perciò credette lui e la sua famiglia.

La fede è accoglienza piena della “parola di Gesù”, è un riconoscerlo come donatore di vita. Si dirà poi: «Come il Padre risuscita i morti e dona la vita, così ha dato anche al Figlio il potere di donare la vita» (5,21). Gesù è la vita e lo è per tutti perché egli, come Figlio di Dio, è venuto perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Preghiamo

O Signore, fa’ che mi metta sempre di fronte a te con sincerità e lealtà e che abbia il coraggio di un vero confronto di vita. Che la tua parola, o Signore, penetri in me come una spada a doppio taglio ed elimini tutto ciò che si oppone alla tua parola. Che essa sia sempre per me fonte di vita e che tu sia l’unico che dà vero senso alla mia esistenza. La tua parola mi doni pure tanta voglia di annunziarla perché anche altri entrino in comunione con te e si salvino. Amen!

                                                        D. Mario Galizzsdb


                                                               +

La mattina del 27 febbraio 2007, il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente collaboratore.
Don Mario aveva 81 anni, da 57 era Salesiano e da 50 Sacerdote. La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi. Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghiere.


 IMMAGINI:
© Elledici / G. Schnoor / La donna dai molti mariti è il segno dell’umanità che adora i molti idoli senza mai trovare il Dio dell’amore vero.
2  L’attuale chiesa in cui si venera l’antico pozzo di Giacobbe in Samaria. Presso questo pozzo, secondo il Vangelo di Giovanni, Gesù avrebbe incontrato la Samaritana.
3 Un gruppo di Ebrei Samaritani mentre celebra la Pasqua sul Monte Garizim.
Il Monte Garizim come appare oggi. Facendo riferimento a questo monte, la donna samaritana chiese a Gesù quale fosse il luogo giusto per adorare Dio.

        RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 4  
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