HOME PAGE - ITALIANO  / FORMAZIONE CRISTIANA   / FORMAZIONE MARIANA  /  INFO VALDOCCO

         
       
 Giovanni c. 6
          
  IL MISTERO DEL PANE DI VITA

Se una similitudine c’è tra il capitolo 5 e il 6, è che anche qui si inizia con un miracolo e qualche appendice e poi segue un lungo e non facile discorso-dibattito sul pane di vita. Il miracolo viene chiamato segno e questo dice che ci vuole indicare qualcosa d’altro simbolizzato dal racconto. L’inizio è molto strano: “Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea”, ma da dove partì e dove approdò sull’altra riva? Silenzio assoluto. Poi si crea l’atmosfera per il racconto miracoloso. La narrazione è molto diversa da quella dei Sinottici, ma assai piacevole (6,5-15).

La riassumiamo: l’iniziativa è tutta di Gesù, il quale, vedendo una grande moltitudine, dice a Filippo: «Dove possiamo comperare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Poi si fa avanti un ragazzino con cinque pani e due pesci. Allora Gesù fa sdraiare la gente, rende grazie, e distribuisce il pane; ce n’era in sovrabbondanza.

La gente si entusiasmò e voleva prendere Gesù per farlo re, ma egli riuscì a sfuggire solo sul monte, mentre i discepoli presero la barca e si diressero verso Cafarnao. Durante la notte il mare era molto agitato. Ma a un certo punto venne verso di loro Gesù, camminando sull’acqua. Si avvicinò e disse: «Non abbiate paura». E con lui la barca raggiunse presto la riva (6,16-21). Anche la gente al mattino si diresse con le barche verso Cafarnao, dove incontrarono Gesù. A questo punto (6,25) ha inizio il discorso-dibattito sul pane che dà la vita.

“Discorso-dibattito” sul pane che dà la vita (6,26-59)

Nella spiegazione seguiamo il metodo usato nel capitolo 5: inserire il testo in corsivo nel commento. L’importante è di non perdere mai di vista il testo. Una prima parte è racchiusa da due frasi: dalla parola di Gesù:

«Cercate il cibo che dura per la vita eterna» e dalla domanda del popolo: «Signore, donaci sempre questo pane».

Gli interlocutori diretti sono le folle, ma l’evangelista sta parlando alla comunità cristiana che deve assumere le sue responsabilità di fronte a Gesù.
“Gesù rispose alla gente che gli chiedeva come era giunto a Cafarnao:

«In verità, in verità vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Cercate non il cibo che perisce, ma quello che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà, perché su di lui il Padre ha messo il suo sigillo».

Il fatto che la gente non lo cerchi perché ha visto dei segni è spiegabile. L’hanno appena proclamato come “Il Profeta che deve venire nel mondo” (6,14). Ora lo cerca perché si sono saziati. Un inviato di Dio che risolve la materialità della loro vita: assicurare il pane, è più che sufficiente, ma non per Gesù che è venuto per donare la vita eterna. Perciò subito eleva il suo linguaggio e fa guardare in alto: «Datevi da fare non per il cibo che perisce, ma per quello che dà la vita eterna, che sazia per sempre». Solo questo cibo è un vero dono di Dio e ve lo darà il Figlio dell’uomo. “Ve lo darà”, al futuro perché si tratta di una promessa. Il compimento viene spiegato nel discorso. Però il Padre con il miracolo, compiuto da Gesù, ha messo il suo sigillo sull’agire del Figlio, cioè assicura che si compirà.
Allora gli dissero:

«Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio che crediate in colui che lui ha mandato».

“Le opere”. La gente di solito educata dai farisei pensa alla vita eterna come a una conquista personale, frutto del proprio agire, non come a un dono. E invece Gesù fa guardare al dono: “l’opera di Dio” singolare; e poi dice che consiste nel “credere in colui che Egli ha mandato”.

L’opera è fatta dall’uomo, ma è allo stesso tempo “un’opera di Dio”, compierla significa aderire totalmente a Gesù per un dono che non può dare ora, ma che darà quando sarà innalzato sulla croce.

Allora gli dissero:

«Quale segno compi perché vediamo e crediamo in te? Che cosa fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane venuto dal cielo”».

Rispose loro Gesù:

«In verità, in verità vi dico: Non è Mosè che vi ha dato un pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà ora un pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».

Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane» Gesù ha chiesto la fede in lui, un’adesione totale alla sua persona. Ma la gente non ci sta. Ci vuole ben altro; per credere in lui, non basta il miracolo del pane. Quindi, come i farisei, chiedono un segno più strepitoso e citano quello che avvenne nel deserto, quando Dio con la manna diede loro un pane disceso dal cielo.

Gesù cambia il soggetto e dice: «Non è Mosè che ve lo ha dato» e poi passando dal passato al presente aggiunge: «Ma il Padre mio vi dà ora un pane dal cielo, quello vero». E, definendo se stesso dice che il pane vero è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo, cioè “è sorgente di vita per tutti, non solo per un popolo”. A questo punto come la samaritana, quando ha sentito parlare di un’acqua che disseta per sempre, anche loro rispondono in modo simile: «Signore, dacci sempre questo pane». La samaritana ha detto così per togliersi il fastidio di attingere ogni giorno al pozzo. Ora hanno risposto per un simile motivo non perché vogliono credere. La risposta verrà.

Gesù rispose loro:

«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà mai più fame e chi crede in me non avrà mai più sete. Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete».

Si è parlato della manna, “un pane venuto dal cielo”; E Gesù allegorizzando dice: «Io sono il pane della vita» o come si è detto: «Sono colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo» (6,33) «Sono io il pane dal cielo, quello vero che il Padre vi darà». Il pane che sazia per sempre è Gesù nella totalità della sua persona.

Egli è quel nutrimento che solo può sostenere e saziare e dare quella vita che ha il carattere della definitività; egli è davvero per l’uomo sorgente di vita. Non è quindi possibile avere la vita senza Gesù. Il Padre infatti lo ha mandato affinché chi crede in lui abbia la vita eterna.

I cristiani della comunità di Giovanni che spezzavano insieme il pane eucaristico, gioivano nell’udire Gesù definirsi: «Sono io il pane della vita». Invece a quelli che l’ascoltavano Gesù diceva: «Mi avete visto e non credete». Gesù si sente rifiutato, eppure continua a rivelarsi con parole incisive.

«Tutto ciò che il Padre mi dà verrà a me: colui che viene a me non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna e io lo risusciti nell’ultimo giorno».

Ci sembra di essere di fronte a un meraviglioso riassunto di quanto finora si è detto su Gesù, Figlio di Dio, Inviato del Padre, Sorgente di vita eterna. Gesù ora parla in prima persona del Padre come Mandante, di sé come l’Inviato e degli uomini come destinatari della sua opera.
L’iniziativa è come sempre del Padre il quale vuole che tutti gli uomini abbiano la vita eterna e siano salvi per mezzo del Figlio suo. Ma ci sono coloro che vedono il Figlio e non credono in lui (6,36); però ci saranno, soprattutto nel futuro, anche coloro che vedono Gesù e lo accoglieranno e crederanno in lui (6,40); e lo accoglieranno come “dono del Padre” (3,16). In questi Gesù vede il “dono” che il Padre fa a lui.
È meraviglioso: come credente sono per Gesù un “dono” del Padre. La comunità che sta con Gesù sa che gli uni sono per gli altri “dono di Dio”. Questa è l’opera del Padre che, mediante la fede, ha reso i discepoli capaci di appartenere al Figlio. Ma ora osserviamo il Figlio, colui che come apprendista alla scuola del Padre si è reso soggetto capace della sua missione. Egli dice di ciascuno: non lo caccerò via, farò sì che non si perda, lo risusciterò nell’ultimo giorno. E farà tutto questo perché il suo cibo è “fare la volontà del Padre”. Sono parole che infondono nel cristiano un senso di sicurezza della sua futura salvezza.

Una dura controversia (6,41-59)

Se vogliamo leggere rettamente questa difficile pagina di Vangelo dobbiamo collocarci nella comunità cristiana di allora e nella sua prassi eucaristica. Essi spezzavano il pane come Gesù aveva loro insegnato: “Prendete, questo è il mio corpo... prendete questo è il mio sangue...”. Assumere il corpo e il sangue del Signore dava loro la possibilità di entrare nella più intima comunione con lui. Leggendo o ascoltando in questa situazione il racconto non capivano perché tanti giudei sentendoli parlare suscitavano polemiche a non finire.
È questa situazione ecclesiale che traspare da tutto il racconto e che si sovrappone a quello che Gesù ha detto. Certamente Gesù ha parlato di sé come “pane” e della necessità di essere mangiato. Leggiamo il testo:

«I giudei mormoravano contro di lui perché aveva detto: “Io sono il pane disceso dal cielo” e dicevano: Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe del quale conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Io sono il pane disceso dal cielo?”».

Innanzitutto si parla dell’identità di Gesù e si presenta la sua carta d’identità: egli è questo e non si può aggiungere altro. Perciò come può dire: “sono disceso dal cielo?”. Sembra di risentire Nicodemo che dice: “Come può accadere questo?”. Sono parole che sanno di chiusura. Gesù sente le loro difficoltà e perciò torna a parlare del Padre.

«Non mormorate tra di voi. Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato e lo risusciti nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”.

Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre.

Solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità vi dico chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I padri vostri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo disceso dal cielo.

Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Gesù sente le loro difficoltà e perciò torna a parlare del Padre. Il credere in lui è “opera di Dio” è dono del Padre. E, spiegando l’agire del Padre dice loro che debbono aprirsi a Dio, lasciarsi istruire dal Padre che ha già parlato per mezzo dei profeti. Ascoltino la sua parola e l’accolgano; allora capiranno chi è Gesù, andranno da Gesù senza aver visto Dio, la cui educazione avviene nell’intimo dell’essere e porta a poco a poco a convinzioni di fede che il Padre si rivela definitivamente in Gesù che viene dal Padre come pane e sorgente di vita.
Poi riafferma di essere il “Pane disceso dal cielo” e di nuovo richiama il dono della manna che non può dare la vita. Mentre il pane che viene dal cielo dà la vita eterna. E finisce dicendo: «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Non l’avesse detto...

I Giudei si misero a discutere aspramente tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre che ha la vita ha mandato me e io vivo per mezzo del Padre, così anche colui che mangia me vivrà per mezzo di me. Questo è il pane disceso dal cielo non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Per i Giudei la parola di Gesù è un assurdo. Impossibile fare i cannibali e mangiare la carne di un uomo e tanto meno bere il suo sangue. Ancora oggi gli Ebrei non mangiano il sangue, perché il sangue è vita e la vita appartiene a Dio. Perciò il linguaggio di Gesù è inaccettabile e nei loro dibattiti con i cristiani mettevano in evidenza quello che per loro era un assurdo. Per i cristiani invece la rivelazione di Gesù è meravigliosa e chiara. Si intende per i cristiani che leggono nella luce pasquale.
Essa richiama loro quanto è avvenuto nel Cenacolo. Gesù continua a dire loro: «Prendete e mangiate: questo è il mio corpo... Prendete e bevetene: questo è il mio sangue».

Corpo e sangue separati; ciò significa che è intervenuta la morte; che Gesù può diventare “cibo e pane che dona la vita” solo nel dono totale di se stesso. Cibarsi di lui era quello che i cristiani facevano e fanno celebrando e spezzando insieme il pane, come Gesù ha loro insegnato nel Cenacolo. “Insieme” perché ogni partecipante deve imparare a imitare Gesù e a farsi come Gesù dono totale per gli altri. Mangiare Gesù “pane” significa già fin d’ora possedere la vita eterna. Il dono eucaristico è il dono più bello che Gesù ci ha fatto; esso ci fa entrare nella più intima comunione con lui e con il Padre: ci fa vivere la sua vita e ci insegna a donare la nostra.
Il v. 59 è un versetto isolato. Dice che Gesù disse queste cose nella sinagoga di Cafarnao. Ma quando vi entrò?

Gesù e i discepoli (6,60-71)

Quanta tristezza traspare dal volto di Gesù in questa pagina di Vangelo. Oramai i Giudei lo hanno rifiutato e i discepoli non riescono a capirlo. Dicono: «Questo discorso è duro, chi può ascoltarlo?» (6, 60). Nella situazione che si è creata le parole di Gesù sono per loro uno “scandalo”. Com’è possibile vedere in Gesù, il figlio di Giuseppe, il Messia, il Figlio di Dio “disceso dal cielo” e per di più uno che cammina verso la morte per diventare “pane che dà la vita eterna”?

Gesù, che “sa quello che c’è nell’uomo” (2,25), li guarda e si accorge che stanno mormorando contro di lui e dice: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire in cielo dov’era prima?» (6,62). Annuncia loro quell’evento che darà la pienezza della rivelazione del suo mistero, ma che può essere accolto soltanto da coloro che si lasciano guidare dallo Spirito Santo, perché «le sue parole sono spirito e vita» (6,63). Bisogna lasciarsi “ammaestrare dal Padre” e non chiudersi in ragionamenti puramente umani: «la debolezza umana (la carne) non giova a nulla» (6, 63). Ma Gesù si accorge che anche queste parole non dicono nulla: «Da quel momento infatti molti dei suoi discepoli si allontanarono e non andavano più con lui» (6,66).

Gesù, rimasto solo con i Dodici, dice loro: «Volete andarvene anche voi?» (6,67). Per non concludere l’articolo nella tristezza la risposta di Pietro sia il nostro atto di fede e la nostra preghiera:

«Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (6,68s).


                                                                   D. Mario Galizzi sdb


                                                                            +

La mattina del 27 febbraio 2007, il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente collaboratore.
Don Mario aveva 81 anni, da 57 era Salesiano e da 50 Sacerdote.

La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi.

Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghiere.


 IMMAGINI:
1
© Elledici / G. Schnoor / Andrea conduce da Gesù un ragazzo e poi si ritira. Lascia che Gesù incontri personalmente questo giovane. In questo modo diventa il modello di ogni apostolo: condurre a Gesù rimanendo liberi dinanzi ai propri impegni e progetti.
2  Il luogo in cui Gesù ha moltiplicato i pani e i pesci si trova nelle vicinanze del lago di Tiberiade. Il periodo in cui Gesù pose questo segno, era la primavera, in prossimità della Pasqua.
3   © Elledici / G. Schnoor / Nel Vangelo di Giovanni, Gesù stesso distribuisce i pani e i pesci alla folla che sta attorno a Lui. È Gesù che dirige l’azione e mantiene la regia di quello che sta avvenendo.
Mosaico raffigurante il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci

        RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 6  
       HOME PAGE - ITALIANO  /  FORMAZIONE CRISTIANA   /  FORMAZIONE MARIANA  /  INFO VALDOCCO

         VISITA Nr.