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Giovanni c. 9
          
  IN CAMMINO VERSO LA LUCE

“Presero le pietre per lapidarlo, ma Gesù si nascose e uscì dal Tempio (8,59). Ora, mentre passava vide un cieco fin dalla nascita” (9,1). Le prime frasi concludono il capitolo 8, l’altra dà inizio al capitolo 9. Come si vede non c’è alcun stacco letterario: è solo passare dal negativo al positivo, cioè da un Gesù circondato da gente furiosa, a un Gesù di fronte a un uomo cieco fin dalla nascita. Così inizia il capitolo 9 che non ha più le difficoltà dei capitoli precedenti.

Ora il racconto è facile e piacevole, anche se la situazione del Cieco nato (è il nome che acquista nella storia) a prima vista dà un senso di tristezza: non ha mai visto la luce; fisicamente è nelle tenebre. Questa nota però, nel Vangelo fa già trasparire che la situazione si cambierà radicalmente. Sotto la penna dell’evangelista infatti quest’uomo diventa il tipo di ogni uomo che vuole incontrarsi con Gesù, “Luce del mondo”. Nel suo cammino il lettore scoprirà il proprio cammino di fede. Confrontiamoci dunque con il nato cieco che non ha mai visto Gesù e vediamo se sappiamo con la stessa convinzione parlare di “Gesù assente”, che però la fede afferma presente come Risorto nella nostra vita.

Introduzione (9,1-7)

«E, mentre passava vide un uomo cieco fin dalla nascita». Gesù stava uscendo dal Tempio per sfuggire a chi lo voleva lapidare (8,59), ma vedendo il cieco, non poteva nella sua bontà continuare il suo cammino. Si soffermò e allora i discepoli, scomparsi sin dal capitolo 6, gli dissero: «Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori per essere nato cieco?». Parlano secondo l’opinione che ogni sofferenza presuppone un peccato. Ma Gesù sfata per sempre una simile opinione e risponde: «Né lui né i suoi genitori; è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio».

Dicendo questo non intende in nessun modo Gesù affermare che quest’uomo fosse cieco perché Dio potesse manifestare la sua potenza. Gesù osserva semplicemente la situazione del cieco e vede che è una buona occasione per manifestare Dio all’opera per mezzo suo. Infatti aggiunge: «Finché è giorno dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato, poi viene la notte e nessuno può operare, ma finché sono nel mondo io sono la Luce del mondo». Gesù sente che prima che venga la notte (la sua morte) deve continuare a compiere le “opere di Dio” e noi sappiamo che l’opera di Dio è una sola: “credere in lui” (6,29).

Ed eccolo all’opera. A prima vista sembra compiere un gesto strano: «sputò per terra, fece del fango con la saliva e lo spalmò sugli occhi del Cieco nato». Si ha l’impressione che aggiunga “cecità a cecità”. Quell’uomo è doppiamente nelle tenebre. «Gesù gli dice: Va’ e lavati nella Piscina di Siloè (che significa Inviato). Quello andò, si lavò e tornò: ci vedeva».

Più laconico di così lo scrittore non poteva essere. Eppure ci ha detto cose importanti. Con il suo gesto Gesù sottolinea che quell’uomo è prigioniero delle tenebre; dandogli l’ordine di andare a Siloè, cioè dall’Inviato che è lui, Gesù manifesta che la sua missione è compiere l’opera di Dio, agire con il Padre e liberare quell’uomo dalle tenebre. Solo a Siloè il fango cade e il Cieco nato acquista la vista: ci vedeva.

Il dubbio serpeggia (9,8-12)

Il racconto è semplice e il suo significato magnifico. Gesù mandando il Cieco nato a Siloè, lo rende un “inviato” e là si incontra con l’Inviato e i suoi occhi sono colmati di luce e torna come un testimone: «Ci vedo, ci vedo!». Ma subito si accorge che il dubbio serpeggia. È difficile ammettere un miracolo quando non lo si è visto. Solo alcuni lo riconoscono «come colui che stava seduto a chiedere l’elemosina»; altri dubitano della sua identità: «è uno che gli assomiglia». E lui ripeteva: «Sono io, sono io». Altri gli chiedono: «Come ti sono stati aperti gli occhi?», un passivo che richiama Dio. Il Cieco nato risponde: «Quell’uomo che chiamano Gesù mi ha spalmato del fango sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a lavarti alla Piscina di Siloè. L’ho fatto e ora ci vedo».

Con questo il fatto passa in secondo ordine: l’oggetto primario del dibattito è ora Gesù. È assente, ma presente nel pensiero di tutti. Ma dov’è? Il Cieco nato non lo sapeva, non l’aveva mai visto. Invece gli interlocutori vogliono saperlo per poterlo consegnare ai farisei. Ma non sapendo dove cercarlo conducono loro il Cieco nato che subito si accorge che mettersi dalla parte di Gesù non è facile.

Gesù assente sotto giudizio (9,13-34)

Questo lungo brano è una continua presa di posizione contro Gesù e descrive il travagliato cammino del Cieco nato, simbolo del cammino del catecumeno verso l’atto di fede in Gesù.

Nella prima parte (9,13-18)

abbiamo i farisei e il Cieco nato a confronto. L’inizio è indicativo: “Era sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango (azione proibita dalla legge) e aveva aperto gli occhi del cieco” La seconda frase afferma chiaramente che là alla Piscina di Siloè aveva agito l’Inviato, Gesù, compiendo le opere di Dio finché è giorno. È però la prima frase l’oggetto della discussione: Gesù non solo permetteva di violare il sabato (5,9b-18), ma egli stesso lo violava: fece del fango. Di qui i primi giudizi: “Quest’uomo non viene da Dio perché non osserva il sabato”.

Ma altri, sempre farisei, si chiedevano: “Come può un peccatore compiere simili segni miracolosi? È difficile decidersi, le loro sicurezze farisaiche vacillano. E allora si rivolgono al Cieco nato per conoscere meglio il “come” e quello con semplicità risponde: “Ha messo del fango sui miei occhi, mi sono lavato e ora ci vedo”. Qui possiamo toccare con mano che Gesù assente continua ad agire. Il Cieco nato illuminato da Gesù penetra a poco a poco nel suo mistero. E quando i farisei gli chiedono: “Tu cosa dici di lui”, egli risponde: “È un profeta, un inviato da Dio”. I farisei non sanno cosa dire e allora negano il fatto: “Non è nato cieco”; però decidono ulteriori indagini.

Seconda parte (9,18b-223).

Chiamano i genitori del Cieco nato e chiedono loro: “È questo il vostro figlio che voi dite sia nato cieco?”. Risposero positivamente e aggiungono: “Ma come mai ora ci veda non lo sappiamo e nemmeno chi gli ha aperto gli occhi. Solo lui può dirlo. Ha l’età”. Ora il Cieco nato si accorge che stare dalla parte di Gesù significa fare scelte radicali: è la rottura con tutto ciò che fino allora era il suo mondo e ciò significa perdere tante sicurezze umane. I primi lettori cristiani di origine ebraica rivedono in tutto ciò la loro strada.

Terza parte (9,24-34).

Ora è di nuovo solo con i farisei che gli chiedono appunto scelte radicali e lui, sostenuto dall’Inviato le sa fare. Oramai è il discepolo che crede in Gesù e che gode della beatitudine: “Beati coloro che senza aver visto credono” (Gv 20,29); è il discepolo che dà la sua testimonianza, che dice la sua fede in Gesù davanti ai capi dell’ebraismo. Stiamo per leggere una pagina fantastica che inizia con un pressante invito a rinnegare Gesù. Le parole dei capi risuonano con un’autorità indicibile. Tutti comprendiamo che non trovano una via d’uscita se non nella malafede e nell’abuso del loro potere.

L’inizio è solenne, ma il Cieco nato sa rispondere a tono. Gli dicono: “Dà gloria a Dio. Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore”. Ma lui, illuminato da Gesù, oramai sa scoprire il senso vero della legge e dice: “Non so se sia un peccatore. Però so una cosa: ero cieco e ora ci vedo”. Non posso rinnegare chi mi ha guarito. E allora si azzardano a chiedere un’altra volta che cosa gli ha fatto Gesù e lui, stufo, li prende in giro. Risponde: “Ve l’ho già detto e non mi avete ascoltato. Perché volete udirlo un’altra volta? Volete forse anche voi diventare suoi discepoli?”. “Lo insultarono e gli dissero: Suo discepolo sei tu, noi siamo discepoli di Mosè. Sappiamo che a Mosè ha parlato Dio, ma costui non sappiamo di dove sia”.

Rispose quell’uomo:

“Proprio questo è strano che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Ora sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo non si è mai sentito che uno abbia aperto gli occhi a uno nato cieco. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto fare nulla”.

Gli replicarono: “Sei tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?”. E lo cacciarono fuori.

Quel che sappiamo del v. 31 dice che sta parlando a nome dei cristiani. Dalla Legge su cui si fondano con spasimo i dirigenti giudei, egli ha saputo cogliere l’essenziale: tutto dipende dal compimento della volontà di Dio. Per lui Gesù ha agito in modo tale perché ha saputo compiere ciò che nessuno prima di lui ha saputo fare e ciò che più sorprende il miracolato è il fatto che le autorità non sappiano da dove venga Gesù: “Se costui non venisse da Dio non avrebbe potuto compiere nulla”. “Lo cacciarono fuori”: molti interpretano queste parole come una scomunica. È un anacronismo, ma è una realtà per la Chiesa proveniente dall’ebraismo. Per questo l’evangelista fa del Cieco nato un modello per i membri della sua comunità sollecitata in continuità a scegliere tra l’insegnamento della sinagoga e la fedeltà a Gesù.

L’incontro con Gesù (9,35-38)

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori e trovatolo gli disse: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?”. Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto, è colui che parla con te”. Ed egli disse: “Credo, Signore” e si prostrò davanti a lui.
Non è il Cieco nato che cerca Gesù, non l’aveva mai visto. Cacciato fuori (9,34), vaga come un emarginato, con la sola gioia di non avere rinnegato chi l’aveva guarito; anzi colui che aveva confessato come “profeta”; Colui che viene da Dio (9,33), una confessione nata da quella luce che aveva dentro di sé da quando fu guarito.

L’incontro avviene per iniziativa di Gesù. È Gesù che l’ha cercato e, trovatolo, gli disse: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?”. Con la sua domanda Gesù vuole ottenere quell’opera di Dio (6,29), cioè quell’atto di fede che Dio suscita in ogni uomo e che si concretizza nell’abbandonarsi a lui. Il Cieco capisce dalla voce che è Gesù, ma gli chiede: “Chi è il Figlio dell’uomo?”. E appena Gesù dice: “È colui che parla con te”, allora il Cieco compie l’opera di Dio e dice: “Credo, Signore”. E si prostrò in adorazione davanti a lui. La sua ricerca è finita. Ora è in contemplazione, in adorazione.
Con l’espressione “Figlio dell’uomo” l’evangelista parla di Gesù in tutto l’arco della sua vita terrena, cioè della sua umanità, come Figlio di Dio fatto uomo.

Gesù salvatore di tutti (9,39-41)

Gesù disse: “Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che pensano di vederci diventino ciechi”. Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli chiesero: “Siamo ciechi anche noi?”. Gesù rispose loro: “Se foste ciechi non avreste nessun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane”.

Dalla sola lettura ci accorgiamo che tutto sa di conclusione. Ai piedi di Gesù c’è il Cieco nato che è passato dalle tenebre alla luce. Poi ci sono i farisei gonfi della loro scienza, pieni di sicurezze: hanno la Legge, Basta! Eppure non sanno dove li vuole portare la Legge, sono chiusi in se stessi. Gesù, osservandoli, si accorge che si sta realizzando la sua missione: coloro che non ci vedono, passano dalle tenebre alla luce, cioè a lui, Luce del mondo e ci vedono; i farisei invece che pensano di vederci chiaro diventano ciechi perché rifiutano lui “Luce del mondo” e si rinchiudono nelle tenebre, nel peccato.

Alcuni farisei osano chiedere a Gesù: “Forse siamo ciechi anche noi?” E Gesù: “Se foste ciechi, non sareste nel peccato, ma siccome rifiutate di accogliere me, Luce del mondo, pensando di vederci, il vostro peccato rimane, continuate a vivere nelle tenebre senza la vera luce. Con tristezza constata che la sua missione disunisce, ma dice queste cose non per condannare. Egli si sente Salvatore di tutti: quanto dice è un invito che fa a ciascuno a pensare sulla propria relazione con Lui, portatore di salvezza.

Così finisce il racconto sul Cieco nato, ma non c’è alcun stacco letterario tra questa finale e il capitolo 10,21. Cambiano solo le immagini: da Gesù “Luce” a Gesù “Buon Pastore” un tema bellissimo che mediteremo il mese prossimo.

                                                                   D. Mario Galizzi sdb


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La mattina del 27 febbraio 2007, il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente collaboratore.
Don Mario aveva 81 anni, da 57 era Salesiano e da 50 Sacerdote.

La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi.

Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghiere.


 IMMAGINI:
1  © La guarigione del cieco, Severino Baraldi / Elledici. / I discepoli interrogano Gesù sull’origine del male e Lui si rivela quale luce del mondo.
2  © La guarigione del cieco, Severino Baraldi / Elledici. / Il gesto che Gesù compie sugli occhi del cieco ha un sapore sacramentale: viene utilizzata della materia che serve come mediazione della salvezza.
3   © La guarigione del cieco, Severino Baraldi / Elledici. / La piscina dove il cieco si lava si chiama Siloe, che significa Inviato un chiaro riferimento a Gesù, l’Inviato del Padre.

© La guarigione del cieco, Severino Baraldi / Elledici. / Solo dopo questa profonda purificazione il cieco prende coscienza della libertà di cui è dotato e riconosce davanti alle autorità che Gesù è l’Inviato da Dio.
5 © La guarigione del cieco, Severino Baraldi / Elledici. / Il distacco dai genitori è segno che il cieco ha ora una sua completa autonomia sociale e individuale.
 © La guarigione del cieco, Severino Baraldi / Elledici. / L’allontanamento dalla Sinagoga indica che il cristiano subirà persecuzioni e umiliazioni in nome di Gesù.
7-8  © La guarigione del cieco, Severino Baraldi / Elledici. / Dopo i segni sacramentali che hanno cambiato la vita del cieco, ora lui è chiamato ad incontrare personalmente Gesù e a prestargli sincera adorazione.

        RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 9  
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