Giovanni c. 10
IL BUON PASTORE
Il capitolo
10 si aggancia senza interruzione al capitolo 9; il discorso
diretto infatti si concluderà in 10,21. Solo le immagini
cambiano: prima cera Gesù, Luce del mondo, ora quella
del Buon Pastore.
La metafora
del Pastore e del gregge è frequente nellAT per
esprimere il legame che descrive Israele come gregge di Dio condotto
con premura nel deserto e poi attraverso le vicissitudini della
sua storia verso un atteso compimento (Is 49,95). Mosè,
Giosuè, i Giudici e Davide sono chiamati pastori.
In tempi posteriori i profeti risuonano di invettive contro i
pastori infedeli (Ger 22,25; Ez 34). Questi testi contengono
lannuncio di un misterioso pastore che Dio susciterà
secondo il suo cuore come un nuovo Davide.
Una singolare
similitudine (10,1-6)
Ora levangelista
ha radicato il suo testo sul terreno biblico, ma la sua opera
rimane profondamente originale: il Pastore è unico e dona
la sua vita per le sue pecore. Il discorso si articola in due
parti di lunghezza disuguale, separate da una annotazione sullincomprensione
degli ascoltatori (10,6). La prima (10,1-6) presenta un quadro
pastorale di stile impersonale (egli, il pastore). La seconda
si sviluppa in stile personale (io), due temi ripresi dal quadro
iniziale (101-10; 15-18). Il brano termina con una nota del narratore
sulla divisione provocata da Gesù sulluditorio
(10,19-24).
In verità,
in verità vi dico: Chi non entra nel recinto delle pecore
dalla porta, ma vi sale da unaltra parte, è un ladro
e un bandito. Chi invece entra dalla porta è pastore,
il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli
le chiama per nome e le conduce fuori.
Allinizio
si è soliti, da alcuni, descrivere il recinto degli ovili
che sono sparsi sulle colline della Giudea. Queste descrizioni
però a nulla servono per capire il testo nel quale ci
sono due parole che in una lettura giusta ci immettono nelle
istituzioni religiose di Israele. Il termine recinto (in greco:
aulé) non indica mai il recinto di un ovile, ma il cortile
adiacente a un edificio. Nei LXX per 115 volte su 177, si tratta
dellarea antistante alla Tenda del Convegno, usata durante
lEsodo, o al cortile del Tempio, cioè il cortile
del Tempio dove si riunivano gli Israeliti. E il termine portinaio
(in greco: turoròs) è una parola che non è
mai usata per indicare il custode di un ovile, ma assai usata
per indicare il custode delle porte del Tempio. Sembra perciò
inevitabile pensare che il parlare di Gesù faccia riferimento
alle istituzioni religiose di Israele. Ed è questo che
esige il contesto.
Ebbene, Gesù
entra nei cortili del Tempio dove cè un solo gregge,
quello di Israele. Molti accolgono la sua parola e Gesù
vede in essi le sue pecore, cioè i suoi discepoli, quelli
che il Padre gli ha dato. Però la situazione con i farisei
degenera e le guide spirituali del popolo causano la disunione
e lo scontro con Gesù. Ora levangelista descrive
il comportamento di Gesù nei riguardi di coloro che credono
in lui.
A un certo
punto egli chiama le sue pecore, i suoi discepoli, le fa uscire
dal recinto e cammina davanti a loro. Non si dice dove vada,
ma il verbo camminare (poreuomai) indica in Giovanni il ritorno
di Gesù al Padre. In una parola conduce i suoi verso la
salvezza. Si dice anche che le conduce fuori, meglio
che le spinge fuori, cioè fuori dal giudaismo.
È lesperienza che la prima comunità ha dovuto
fare. Ebbene, ci sembra che sia questo il senso di tale similitudine
o parabola.
Gesù
spiega come intende essere Pastore (10,7-18)
La spiegazione
si suddivide in due parti. La prima riprende i temi fondamentali
del discorso parabolico (10,7-13); la seconda precisa meglio
il concetto di Pastore (10,14-18).
1ª
parte:
il Pastore
dà la vita (10,7-13). Gesù qui ci offre tre definizioni
di se stesso: Io sono la porta delle pecore (v. 7);
Io sono la Porta (v. 9); Io sono il Buon Pastore
(v. 11). A ognuna di queste definizioni si oppongono coloro che
sono un pericolo per le pecore. Scendiamo ai particolari: Io
sono la porta delle pecore. Già sappiamo che la
porta è quella del Tempio.
Perciò
subito sappiamo che nessuno può entrare nella casa di
Dio e incontrarsi con Dio se non per mezzo di Gesù.
Oramai, come si è già affermato (1,51 e 2,25) Gesù
è il vero e unico luogo di incontro con Dio. Io
sono la Porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo,
entrerà e uscirà e troverà pascolo.
La salvezza è possibile solo per mezzo suo; solo con lui
si può fare esperienza di libertà, questo è
il senso dellespressione entrerà e uscirà.
Solo per mezzo suo si può accedere alla vita simboleggiata
dalla parola pascolo.
E che vita!
Dice infatti: Io sono venuto perché abbiano la vita
e labbiano in abbondanza. Ciò è possibile
perché Egli è il Buon Pastore. Buono
(in greco: kalòs). È una parola che esprime la
qualità di una persona o cosa che risponde pienamente
alla sua funzione. Perciò Gesù è il vero
e autentico Pastore, perché fa del suo vivere, di tutta
la sua esistenza un dono che è vita per gli
altri.
A queste tre
definizioni che Gesù dà di sé si oppongono
tre antitesi che presentano i dirigenti giudei, già suoi
accaniti persecutori, come ladri, banditi, ecc. il
cui comportamento può essere descritto con le parole di
Ezechiele che condanna i pastori del suo popolo perché
hanno pasciuto se stessi senza curarsi del gregge (Ez 34).
2ª
parte:
Il Pastore
ha cura del gregge (10,14-18). Gesù di nuovo si definisce
come Il buon pastore che dà la vita per le pecore.
Qui però la relazione con le pecore è più
personalizzata. Dice infatti: Io conosco le mie pecore
ed esse conoscono me. Sono parole che esprimono una profonda
esperienza di vita, un rapporto intimo, personale, fatto di amore
e comprensione. E Gesù per farlo capire meglio lo paragona
al rapporto che esiste tra lui e il Padre: come il Padre
conosce me e io conosco il Padre, e io offro la mia vita per le pecore.
Tra Gesù
e i suoi discepoli cè la stessa esperienza della
vita divina e da parte di Gesù unesperienza dono.
Io dò la mia vita per le pecore, anche per quelle che
non appartengono a Israele. Ho altre pecore che non sono
di questo ovile, anche quelle io debbo guidare. Sono gente
di ogni razza, lingua e nazione; anchesse io debbo
condurre e ci sarà un solo gregge e un solo Pastore.
Ciò avverrà nel futuro, cioè solo dopo la
sua morte in cui riuscirà a fare dei due, giudei e pagani,
un solo popolo (Ef 2,14-18). Limmagine dellovile
ora è caduta, il popolo di Dio è unico. Infatti
ci sarà un solo gregge e un solo Pastore. Gesù
è lunico principio di vita.
I vv. 17-18
sono molto importanti: Per questo il Padre mi ama, perché
io offro la mia vita per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me
la toglie, ma la offro da me stesso. Ho il potere di offrirla
e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando
che ho ricevuto dal Padre mio.
Questi due versetti permettono di approfondire il primo atto
di fede: Dio lo ha risuscitato dai morti. Infatti
lappropriarsi da parte di Gesù della sua vita viene
illuminato dallinterno come un atto di libertà fondata
sul potere sovrano che il Figlio ha ricevuto dal Padre. Il Padre
ama Gesù non soltanto per il suo dono a favore delle pecore,
ma perché attraverso questo dono, si manifesterà
pienamente che il Figlio possiede in se stesso la vita, avendola
ricevuta dal Padre (5,26). Perciò egli ha il potere di
risuscitare se stesso, cioè di riedificare quel Tempio
che è stato distrutto: Io lo ricostruirò
in tre giorni (2,19).
Epilogo
(10,19-21)
Sorse di nuovo
dissenso tra i giudei per queste parole. Molti di loro dicevano:
È un indemoniato, perché state ad ascoltarlo?.
Altri invece dicevano: Queste parole non sono di un indemoniato;
può forse un demonio aprire gli occhi ai
ciechi?.
Come si vede
cè dissenso tra i farisei e, sembra che non ci sia
nessuno che accolga le parole di Gesù. Però molti
sembrano che continuino nella ricerca e che si chiedano: Chi
è? È lui o non è lui il Messia atteso, il
Figlio di Dio?. Nel brano seguente ci accorgeremo che molti
continuano a farsi queste domande.
Lultimo
scontro (10,22-42)
Lultimo,
non ce ne saranno altri, perché Gesù continuerà
a fuggire davanti al pericolo. Andrà decisamente e volontariamente
a Gerusalemme solo quando sentirà che la sua ora
è veramente giunta. Leggiamo linizio: Ricorreva
in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era
dinverno. Gesù camminava nel Tempio sotto il portico
di Salomone. Allora i dirigenti Giudei gli si fecero attorno
e gli dicevano: Fino a quando ci terrai nellincertezza?
Se sei tu il Cristo, dillo a noi apertamente.
Dalla festa
delle capanne siamo passati a quella della Dedicazione del Tempio,
cioè da settembre a dicembre. Levangelista annota:
era dinverno. Subito percepiamo che anche umanamente cera
unatmosfera gelida attorno a Gesù. Infatti i dirigenti
Giudei, appena lo videro, lo circondarono.
È lultimo
incontro-scontro che hanno con Gesù prima della sua sentenza
di morte. Gli dicono: Se tu sei il Cristo dillo a noi apertamente.
La risposta di Gesù si suddivide in due parti: nella prima
parla della sua messianicità (10,25-31); nella seconda
della sua figliolanza divina (10,32-38).
Sei
tu il Cristo?
Ve l'ho
detto, ma non ci credete. Le opere che io compio nel nome del
Padre mio, queste danno testimonianza di me; ma voi non credete
perché non fate parte delle mie pecore.
Già
molte volte abbiamo ripetuto che Gesù fa quello che fa
il Padre. Perciò le sue opere sono il segno che egli viene
da Dio, che Dio lo ha mandato. Lo ha riconosciuto anche Nicodemo
che esse dimostrano che Dio è con lui (3,2)
e lo hanno riconosciuto alcuni farisei dicendo: Un indemoniato
non può aprire gli occhi a un cieco. Ma allora perché
non credono in lui? Perché in loro non si compie lopera
di Dio (6,29). Gesù dice lo stesso quando afferma:
non credete perché non fate parte delle mie pecore. Levangelista
dice ai suoi che solo la rivelazione fatta dallo stesso Gesù
fa capire che egli è il Messia. Quindi parla delle sue
pecore e della loro relazione con il Padre. Sono parole che infondono
nel credente la certezza dellamore di Dio e di Gesù
e la sicurezza della salvezza.
Le mie
pecore ascoltano la mia voce ed io le conosco ed esse mi seguono.
Io dò loro la via eterna e non andranno mai perdute e
nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio che
me le ha date è più grande di tutti e nessuno le
può strappare dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo
una realtà unica.
Di nuovo i dirigenti Giudei presero delle pietre per lapidarlo.
Ma Gesù, forse con un gesto della mano riuscì a
fermarli e a dire loro:
Vi ho
fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio, per quale
di esse volete lapidarmi?. Risposero: Non ti lapidiamo
per lopera buona, ma per la bestemmia perché tu
che sei uomo ti fai Dio. Disse loro Gesù: Non
è forse scritto nella vostra legge: Io ho detto: Voi siete
dèi? Ora, se ha chiamato dèi coloro a cui fu rivolta
la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata)
a colui che il Padre ha mandato e consacrato, voi dite: Tu bestemmi
perché ho detto: Sono Figlio di Dio. Se non compio le
opere del Padre mio, non credetemi, ma se le compio, non credete
a me, credete alle opere, perché sappiate e riconosciate
che il Padre è in me e io sono nel Padre.
Allora cercavano
nuovamente di catturarlo ma egli sfuggì dalle loro mani.
Dopo questa lettura ci si può solo mettere in contemplazione
dellagire insieme del Padre e del Figlio per la nostra
salvezza. Essa infonde in noi tante certezze, ma soprattutto
quella di non sentirci mai abbandonati, perché se rimaniamo
fedeli nessuno potrà mai strapparci dalle mani del Padre
e del Figlio.
Diverso latteggiamento
degli avversari; forse rimanevano lì solo per cogliere
Gesù in fallo su qualche parola. Infatti appena disse:
Il Padre è in me e io sono nel Padre, una
frase che equivale allaltra: Io e il Padre siamo
una realtà unica, subito cercarono di catturalo,
ma egli sfuggì dalle loro mani.
E ritornò al di là del Giordano, nel luogo dove
prima Giovanni battezzava e qui rimase. Molti andarono da lui
e dicevano: Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto
quello che Giovanni ha detto di costui era vero. E in quel
luogo molti credettero in lui.
Al di
là del Giordano: siamo in terra pagana. I
molti che credono in lui, certamente si riferisce a un
evento storico, ma riletto nella speranza. Siamo nel mondo pagano
ed è lì, che dopo la Pasqua, molti accoglieranno
la fede e aderiranno a Gesù. Il racconto si conclude quindi
con un segno di speranza.
D. Mario Galizzi sdb
+
La mattina
del 27 febbraio 2007, il Signore ha chiamato a sé Don
Mario Galizzi nostro valente
collaboratore.
Don Mario aveva 81 anni, da 57 era Salesiano e da 50 Sacerdote.
La sua competenza
in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare,
profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano
un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna
della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione
e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati
e diffusi in molti Paesi.
Studioso,
predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don
Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere
presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato
già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre
continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni,
ricordiamolo nelle nostre preghiere.
IMMAGINI:
1 © G. B. Conti
/ Elledici / Gesù
è il pastore che dà la vita e che ha cura del suo
gregge. Su questo amore si fonda labbandono del cristiano
alla Provvidenza di Dio.
2 I termini recinto
e custode usati da Giovanni, non si riferiscono tanto allovile,
quanto al Tempio di Gerusalemme, nei cui cortili si trovano gli
ascoltatori di Gesù.
3 © Maurilio Sacchi / Elledici /
Gesù
è il pastore che conosce le sue pecore per nome. Laffermazione
ha un valore profondissimo, poiché indica che solo Gesù
conosce la nostra vera identità.
4
©
Nino Musio / Elledici / Il Figlio che dona la vita, manifesta il Padre
da cui ha ricevuto la vita. In qusta continua e reciproca donazione
di vita consiste il potere di Dio e la centralità di Cristo
quale reggente della creazione.
5 Gesù Buon Pastore,
(particolare). Mausoleo di Galla Placida (V secolo), Ravenna. / Gesù è il pastore buono
in quanto è lunico vero e autentico pastore, poiché
il dare la vita è lesistenza stessa di Gesù.
Questo dare la vita è la voce di Gesù quella voce
che le pecore ascoltano.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2007 - 10
VISITA Nr.