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 FORMAZIONE CRISTIANA

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        Giovanni c. 11
          
 IO SONO LA RESURREZIONE E LA VITA
   

Dopo tanti segni operati da Gesù, ora parleremo del segno più spettacolare: Gesù ridona la vita a uno che è nel sepolcro da quattro giorni. Il risultato sarà che il Sommo Sacerdote deciderà che è meglio far morire Gesù, uno per tutti (11,49). Questa è in poche parole la sostanza del capitolo 11 che è la chiusura della grande sezione iniziata nel capitolo 5.

Lo dimostra il fatto che nel capitolo 5 si annota che i dirigenti giudei cercavano di ucciderlo (5,18), mentre alla fine del c. 11 si parla di una vera sentenza di morte: “Da quel giorno decisero di ucciderlo” (11,53). Il tutto si struttura in tre tempi, separati da tre località. Nel primo siamo oltre il Giordano (11,1-16), nel secondo presso Betania (11,17-44), nel terzo nel Sinedrio (11,45- 53) a cui segue una nota su Gesù. Il discorso è oltremodo facile e comprensibile, anche se qualche nota non fa mai male.

Oltre il Giordano (11,1-16)

“Un certo Lazzaro era malato”: così inizia il racconto, ma la parola “malato” nel Vangelo già dice che la situazione sarà capovolta. E come! Lazzaro è un personaggio nuovo, ma subito si annuncia la sua provenienza: Era originario di Betania, il paese di Maria e di Marta sue sorelle. Le due saranno protagoniste del racconto di 12,1-8. Si dice questo per anticipare quello che farà Maria che qui viene definita come “quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli”; poi si ripete che “il malato era suo fratello Lazzaro”.

Ora viene il nuovo:

“Le sorelle mandarono a dire al Signore: Signore, ecco, il tuo amico è malato”. Come Maria a Cana non chiedono nulla, solo informano Gesù sulla situazione di Lazzaro. Ma Gesù non agisce mai per pura amicizia, egli agisce per amore. Comunque c’è una pausa prima del suo intervento. In unione, come sempre, con il Padre dice: “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato”.

A questo punto si dice che “Gesù amava Maria e sua sorella e Lazzaro”. È l’amore che unisce Gesù ai suoi discepoli e, sottinteso, al Padre. Gesù però non si muove; rimane altri due giorni dov’era. Solo dopo dice ai suoi discepoli: “Andiamo di nuovo in Giudea”. I discepoli gli risposero: “Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?”.

E Gesù, riassumiamo, (vv. 9-13) dice loro chiaramente: “Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate. Andiamo da lui!”. Allora Tommaso, chiamato Didimo, disse ai condiscepoli: “Andiamo anche noi a morire con lui”. Il discepolo è colui che si lascia coinvolgere totalmente nel destino di Gesù.

Presso Betania (11,19-44)

Tre scene strutturano il brano: l’incontro Gesù-Marta (11,17-27); l’incontro con Maria e i giudei (11,28-36); e poi al sepolcro dove Gesù agisce di fronte a una moltitudine di giudei.
Gesù e Marta. Marta appena seppe che Gesù era in arrivo, gli andò incontro, mentre Maria rimase là a farsi consolare dai giudei, tutta ripiegata sul suo dolore. Quello che Marta dice a Gesù non è un rimprovero, caso mai esprime un po’ di fede nel suo potere di vita. Infatti, dopo aver detto a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”, subito aggiunge: “ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”.

Il Figlio infatti agisce sempre insieme al Padre. Gesù le dice: “Tuo fratello risorgerà”. E Marta ribatte, secondo la fede del giudaismo ortodosso: “So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno”, ma dentro di sé deve aver detto: “Però mio fratello ora non c’è più”. E allora Gesù le dice: “Io sono la risurrezione e la vita” e subito completa con due sentenze: “Chi crede in me anche se muore vivrà; Chiunque vive e crede in me non morrà in eterno”. Il “vivrà” ha il senso forte di vita eterna, di quella vita che la morte non può annullare. È questo che intende Gesù; e aggiunge: “Credi questo?”. Rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che deve venire in questo mondo”. È un perfetto atto di fede, ma dà l’impressione che sia una risposta evasiva alla domanda.

Gesù e Maria. Maria è sempre là in casa a farsi consolare dai giudei. Tutto porta il segno del lutto. Quando Marta le dice che Gesù la chiama subito le va incontro e i giudei la seguirono pensando che andasse al sepolcro, ma appena arriva da Gesù si getta ai suoi piedi piangendo, ripiegata sul suo dolore e gli dice: “Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”.

Come si deve comportare Gesù di fronte a gente che piange? Si turbò, capì che la parola non serviva e che era meglio allungare il lutto e portarla al sepolcro. Le dice: “Dove l’avete posto?”. Gli dissero: “Signore vieni a vedere”. E Gesù incominciò a piangere, a unirsi alle sofferenze di Maria. E i giudei dissero: “Guarda come lo amava”. Ma alcuni di loro dissero: “Lui che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?”. Gesù fu scosso da un fremito, forse di indignazione non vedendo nessun segno di speranza o di fede.

Al sepolcro (11,38-44). Era una grotta su cui era stata posta sopra una pietra. Dice Gesù: “Togliete la pietra!”. Gli rispose Marta: “Signore, manda già cattivo odore, è lì da quattro giorni”. Questa sua reazione è in contrasto con quello che ha detto prima: “So che qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la concederà” (11,22). Gesù appare così ancor più solo di fronte al potere della morte. Ora in senso di rimprovero risponde a Marta: “Non ti ho detto che se crederai vedrai la gloria di Dio?”. L’ultima espressione rimanda i lettori alla parola rivolta all’inizio ai discepoli (11,4).

Alla fine tolsero la pietra.
Ora l’immagine di Gesù si fa solenne. Gesù alzò gli occhi e disse: “Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta intorno, perché credano che tu mi hai mandato”. Poi urlò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori”. Il morto uscì con i piedi e le mani legate dalle bende e il viso avvolto in un sudario. Ed è una specie di miracolo che possa uscire legato in quel modo. In ciò vi è un’allusione in senso contrario alla risurrezione di Gesù che se ne va dal sepolcro lasciando le bende e il sudario (20,2). Il racconto si chiude dicendo che Gesù disse loro: “Liberatelo e lasciatelo andare”. Gesù lascia che il miracolato se ne vada per la sua strada. Dopo ciò, nonostante la grandiosità del miracolo, Gesù si mette da parte. Scompare dalla scena e l’evangelista passa a raccontare la reazione al miracolo.

La riunione del Sinedrio (11,47-53)

Quanto ora si dirà è l’esempio più chiaro delle parole con cui Gesù chiude la parabola del Ricco Epulone: “Anche se uno risorgesse dai morti non crederanno”. Nel contesto di Giovanni questo racconto sembra un assurdo: vogliono mettere a tacere quello che è avvenuto davanti a molti testimoni.
Quelli che videro la rianimazione di Lazzaro con i loro occhi non erano tutti dalla parte di Gesù; alcuni di loro andarono subito dai farisei e riferirono quanto Gesù aveva fatto.

Ci fu una riunione del Sinedrio in cui si dicevano: “Che cosa facciamo?”. Sono troppi i segni miracolosi che egli compie e il suo movimento è in crescendo. Questo può provocare urti con il giudaismo fedele e potrebbero intervenire i Romani e giungere ad annullare tutte le nostre istituzioni. Per loro si tratta di un pericolo politico più che religioso Non sapevano cosa fare.

Allora ecco intervenire Caifa, sommo sacerdote che dice: “Voi non capite nulla; non vi rendete conto che è conveniente per voi che uno solo muoia per il popolo e non vada in rovina la nazione intera?”. L’evangelista interpreta le parole di Caifa come una profezia di Dio la cui parola va sempre oltre la semplice parola umana. Il senso vero è che “Gesù doveva morire non soltanto per la nazione ma anche per riunire insieme i figli di Dio dispersi”.

L’insegnamento è che Gesù, donando la sua vita, diventa vita e salvezza non solo per la nazione, ma per tutti coloro che accolgono la sua parola. Infatti riunisce in uno tutti i figli di Dio dispersi in modo che ci sia un solo gregge e un solo pastore. Tutti uniti in piena comunione con il Padre e il Figlio nello Spirito Santo.

Il racconto si chiude con due notizie: la prima è che da quel giorno decisero di ucciderlo. La seconda è che Gesù si rifugiò in una città chiamata Efraim con i suoi discepoli. Così finisce la vita pubblica di Gesù. Quanto segue è l’ora di Gesù. Il capitolo 12 infatti avrà come titolo: “È giunta l’ora”.


                                                                              D. Mario Galizzi sdb


                                                                            +

La mattina del 27 febbraio 2007, il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente collaboratore.
Don Mario aveva 81 anni, da 57 era Salesiano e da 50 Sacerdote.

La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi.

Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghiere.



 IMMAGINI:
1  © Elledici / Maurilio Sacchi / La tomba di Lazzaro ai tempi di Gesù poteva essere simile a questa che oggi è offerta alla visione dei pellegrini che si recano in Terra Santa.
2  © Elledici / G. Pera / Il paese di Betania come si presenta ai giorni nostri.
3   © Elledici / G. Schnoor / La rianimazione di Lazzaro, nel Vangelo di San Giovanni, è l’ultimo dei segni operati da Gesù per dimostrare la sua divinità e la sua intimità con il Padre.

Marta e Maria incontro a Gesù, Giotto (1267-1337), Cappella degli Scrovegni, Padova./ Le sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, esprimono la fede ortodossa degli Israeliti nella risurrezione finale e al contempo Marta rinnova la sua fede in Gesù vero Figlio di Dio..
5 Interno della cosiddetta tomba di Lazzaro. / Il miracolo di Betania attira su Gesù la condanna del Sinedrio, nonostante la grande quantità di testimoni.



        RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2007 - 11  

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