UN ANNO CON MARIA
LA NASCITA DI GESU'

Il racconto di Luca, in cui si accenna alla nascita di Gesù, trova poco spazio nei grandi trattati di Mariologia. Infatti si parla di Maria solo nei vv. 5-7.16.19. Eppure è qui dove il Figlio di Dio, per mezzo di Maria, appare per la prima volta nella sua umanità. Luca ne sente tutta l’importanza: per lui la nascita di Gesù è l’evento che ha la più grande importanza nella storia dell’umanità e per questo cerca in qualche modo di evidenziarla sin dall’inizio:

“In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra”. In 1,5 si introduce l’annuncio a Zaccaria dicendo: “Al tempo di Erode re della Giudea...”.

Era un fatto limitato alla Palestina, la nascita di Gesù invece riguarda la storia del mondo. Per questo Luca usa il termine divino di Augusto per creare un contrasto con i titoli che userà per Gesù: Signore, Cristo, Salvatore. Qui è il signore della terra e quello del cielo che si oppongono.

Dal testo appare chiaro che Gesù è nato nel tempo di Cesare Augusto. Ma quando si tratta di precisare bene il tempo si cade in un’enorme confusione. È certo che è nato prima dell’anno 4 a.C, anno della morte di Erode, ma di più non si può dire. C’è poi un’altra serie di nomi e di notizie. È impossibile stabilirne la cronologia. Luca sembra colmo di difficoltà, ma forse a lui interessava soprattutto collocare la nascita di Gesù sullo sfondo della storia universale e presentare Maria e Giuseppe in un concreto ambiente storico non solo sottomessi alle leggi ebraiche ma anche a quelle dell’impero. Ed è per ubbidire a queste ultime che si recano a Betlemme.

La nascita di Gesù (vv. 6-7)

“Mentre si trovavano a Betlemme si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia perché non c’era posto per loro altrove”. I commenti in genere accentuano la sofferenza di Maria in cerca di un luogo adatto e solitario per lei necessario. Sentiva che non c’era posto per lei altrove, un’espressione che non significa rifiuto. E trovò in una grotta un posto adatto per partorire.

Oggi si soavizza molto questo aspetto. Benedetto Prete dice che l’accenno alla mangiatoia non indica che il locale era abitualmente adibito ad accogliere animali. In ogni abitazione c’era sempre un locale in cui a volte ci poteva essere un animale. Giuseppe e Maria hanno accolto volentieri questa ospitalità offerta loro da parenti e conoscenti. Trovarono per loro una certa riservatezza. La mangiatoia d’altronde, debitamente preparata, si prestava a fare da culla al neonato.

È lì che diede alla luce il figlio concepito nella verginità; è lì che apparve per la prima volta il Figlio di Dio nella sua umanità e che si realizzò: “Il Verbo di Dio si fece carne e abitò in mezzo a noi”.
“Lo avvolse in fasce”: un gesto tanto abituale, ma qui dal significato profondo. Il Figlio dell’Altissimo (1,32), ora divenuto Figlio di Maria, assume la condizione umana, quella comune a noi tutti: una condizione segnata dal limite e dall’incompiutezza, una condizione che ha bisogno delle cure di mamma e papà per crescere e svilupparsi; una condizione infine destinata a concludersi con la morte. In una parola: la Gloria del Signore, che compete al Figlio di Dio, si nasconde nella povertà delle fasce; lì e non altrove bisogna riconoscerlo.

Le fasce: un segno

Maria è lì sola con Giuseppe e il bambino. Sa che è il Messia, ma vede anche la povertà in cui è nato. A Nazaret aveva certo preparato tante cose per accoglierlo. Ora non può non essere triste e farsi tanti “perché” a cui non riesce a rispondere. Ebbene in sincronia con questa situazione di Maria, avviene qualcosa di meraviglioso, da cui si capisce che solo la rivelazione può spiegare il senso dell’evento, e questa viene fatta non a Maria ma a dei pastori.

“Essi di notte stavano facendo la guardia al loro gregge, quando si presentò loro l’angelo del Signore e la gloria del Signore li avvolse di luce”.

Dopo Zaccaria (1,11), dopo Maria (1,26) l’angelo ora appare a umile gente.

La novità è che ora l’angelo non si presenta da solo perché “la gloria del Signore avvolse i pastori” i quali subito percepirono la presenza tangibile del Signore e furono colti come una volta i profeti e i veggenti da quel sacro timore che il mistero di Dio ispira a un mortale, ma che è sempre colmo di grazia e di salvezza. Si tratta però ora di una rivelazione che non butta in faccia la realtà, ma che va a piccoli passi. Inizia dicendo che è una bella notizia che è fonte di una grande gioia per voi e poi per tutto il popolo. E poi con parole ben dosate rivela loro il mistero di un neonato “Oggi nella città di Davide è nato per voi il Salvatore che è Cristo Signore”. È un testo carico di storia e di significato. È probabile che i pastori abbiano capito la parola “Salvatore” e ora sentono dire che sarà per loro fonte di gioia. Presto approfondiremo.

Per ora ascoltiamo il resto:

“Questo è per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce adagiato in una mangiatoia”.

Ed essi andarono, ma che cosa trovarono? Trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato in una mangiatoia. Colui che è stato loro rivelato come il Salvatore è nato come si nasce tra i pastori.

Forse è per questo che l’angelo ha loro detto: “Una gioia per voi”, ma vi è una novità nell’ultimo versetto citato (v. 16): le fasce non sono più ricordate, al loro posto si menzionano Maria e Giuseppe. Perché? Forse come si ricava da testi dell’Antico Testamento (Es 16,4) si vuole indicare che un bambino avvolto in fasce fin dalla nascita non è un trovatello, un abbandonato, ma è una creatura custodita con tenerezza da persone intime, prima fra tutte la mamma.

Lo Pseudo-Salomone dice: “Anch’io appena nato fui allevato in fasce e circondato da cure”. Un neonato avvolto in fasce è l’espressione della sollecitudine prestata dalle persone più care sin dalla culla, qui da Maria e Giuseppe. Le loro cure in quanto genitori erano tutte per Gesù, lo custodivano in modo che potesse crescere in sapienza e grazia.
L’ultima riflessione sulle fasce viene dalla predicazione apostolica che ha abbinato due testi: 2,7 e 23,53: Maria diede alla luce il figlio lo avvolse in fasce e lo depose nella mangiatoia. Giuseppe di Arimatea calò il corpo di Gesù dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in un sepolcro. La lezione che ne deriva è ineccepibile: il Messia di Dio, una volta che ha rivestito la condizione umana, assume di noi anche quella della morte. Venendo tra i suoi (1,11) viene nel nostro mondo per morire.

Torniamo ai pastori

Dopo aver visto il bambino riferirono tutto ciò che del bambino era stato detto loro, cioè furono loro ad annunziare a Maria quanto il Signore aveva rivelato loro, cioè il senso della nascita di suo figlio. E quello che ora si dice di Maria è molto importante: “Maria custodiva tutti questi fatti meditandoli nel suo cuore”. Qui c’è molto da riflettere, ma prima parliamo dell’allontanamento dei pastori, che pure è importante: “Se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto com’era stato detto loro”. Sono in atteggiamento di annuncio, un annuncio che risuona sulle montagne di Giuda, ma che poi si è diffuso per la Palestina, ha attraversato i mari, gli oceani e i secoli ed è giunto fino a noi. Ora tocca a noi trasmetterlo alle generazioni future sino alla fine dei secoli.

Maria meditava per la comunità

Del v. 19 ciò che innanzitutto interessa è la traduzione. Le versioni sono molto varie: “Maria conservava tutti questi fatti”; custodiva tutte queste cose... o queste parole. Nessuno traduce bene la parola greca “remata” che può essere resa esattamente solo se si usano due parole: “parole-fatti” o “parole-eventi”. Tutto ciò che capita o si dice è “remata”. Per esempio Maria ha ascoltato questi “eventi” ha ascoltato le “parole” che l’angelo ha detto ai pastori.

Si è sentita dire: “È nato nella città di Davide il Salvatore che è Cristo Signore”. Maria guarda il piccolo avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Tanta povertà e piccolezza unite alle parole dell’angelo esigono da lei un atto di fede. Le conserva nel suo cuore e cerca di capire. Ma il cammino per capire qualcosa sarà lungo e si concluderà quando con la comunità del Risorto, chiamerà suo figlio che conosce come discendente di Davide, Messia e Signore. Ma forse quello che più l’ha impressionata è che Dio ha fatto nascere suo Figlio nell’estrema povertà, indicando una delle sue scelte: “tra i poveri”, preannuncio delle scelte che Gesù farà nel suo apostolato.

Luca quando dice che Maria “conservava-ricordava” forse vuole presentare una delle sue fonti sui racconti dell’Infanzia. Una cosa però è certa: Quest’immagine di Maria è per Luca il vero Modello del discepolo non solo degli eventi avvenuti all’inizio ma anche durante la vita terrena di Gesù. Maria è il modello di un vero e continuo cammino di fede e Luca 2,19 e poi 2,51 che chiude i racconti dell’infanzia, dipingono quell’immagine di Maria che ogni discepolo deve avere sempre presente nella comunità.
Luca vuole che si ricordi in continuità tra i cristiani Maria che conserva, ricorda e confronta le “parole-eventi” che essa ha udito e vissuto per farli incidere nella propria vita in modo da capire sempre di più il mistero del Figlio. È quel cammino che gli Apostoli e la comunità hanno fatto sin dall’inizio quando “assiduamente ascoltavano l’insegnamento degli Apostoli”.

Maria meditava con la comunità

Ma c’è una cosa tanto bella in questo inizio di un cammino di fede compiuto da Maria e dalla comunità. Ricordando l’annuncio dei pastori già si intravede quello che sarà l’interpretazione dell’intera vicenda di Gesù. L’esegesi cristiana primitiva parte dal fatto che Gesù è il perfetto compitore di tutte le promesse, colui che porta a compimento la Legge e i Profeti. Ebbene questa linea di interpretazione ha inizio, se possiamo dirlo, con il ricordo-confronto dell’annuncio dell’Angelo la notte di Natale. Solo a poco a poco si andava approfondendo e lo si comprendeva sempre meglio. Presentiamone il cammino. “Oggi è nato per voi un Salvatore nella città di Davide”. È un oggi vero spartiacque della storia. Il tempo dell’attesa è finito.

Il Salvatore promesso, discendente da Davide, è nato oggi non a Gerusalemme, perché la vera città di Davide è Betlemme, perché Dio ritorna alle sorgenti per dare definitivamente compimento alla storia della salvezza e perché così aveva promesso: “Da Betlemme uscirà colui che sarà il dominatore in Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni” (Mi 5,1). La salvezza non può venire da Gerusalemme, la città che uccide i profeti (Lc 13,34), ma da Betlemme dove solo può spuntare “il germoglio dalla radice di Jesse” (Is 11,11). E chi non vede questo germoglio nel neonato da Maria avvolto in fasce? È lui il germoglio che ridà la vita a un tronco inaridito, a una radice secca. È in lui che si realizza la profezia di Isaia 9,5: “Un bambino ci è nato; ci è stato dato un figlio. Il dominio riposerà sulle sue spalle”.

Si può aggiungere: “e si chiamerà Gesù”. Egli è per noi un Salvatore. Per i cristiani era bello proclamare di fronte agli imperatori romani che si fregiavano di questo titolo, che solo Gesù è il Salvatore. L’annuncio dell’angelo la notte di Natale si conclude dicendo: “che è Cristo-Signore”. Nessuna difficoltà per Maria e la prima comunità a chiamarlo “Cristo, Messia”. Ma quando è arrivata la prima comunità a dire che Gesù è il Signore, “il Figlio di Dio” in senso pieno? Che cosa è successo a Maria quando a forza di ascoltare e meditare le “parole-evento” ha capito che il volto umano di Gesù era il volto dello stesso Dio?

La Scrittura dice che “nessuno può vedere Dio e continuare a vivere”. Ebbene noi pensiamo che quando Maria ha capito questo, la sua materialità ha ceduto ed è stata assunta in cielo.
Ebbene, è su questa linea di interpretazione che si è sempre mossa l’interpretazione primitiva delle prima comunità con lo scopo di conoscere sempre di più il mistero di Cristo figlio di Maria. E Maria ha fatto parte di quella comunità e continua ancora oggi a essere parte della comunità cristiana.

Preghiamo

Maria, quando la notte di Natale hai udito l’annuncio dei pastori hai subito sentito di essere di fronte a un grande mistero e hai immediatamente fatto una scelta: “conservare nel cuore e confrontare le parole-evento che hai udito e visto. Hai iniziato, anche con la comunità, un lungo cammino e a poco a poco hai capito. Maria, sei un vero modello per noi. Aiutaci, mediante lo Spirito a approfondire sempre di più la Parola-evento. Abbiamo bisogno di conoscere sempre di più il Figlio tuo, perché la vita cristiana è imitazione di Lui. Aiutaci, Maria, ad ascoltare assiduamente la Parola che deve trasformare la nostra vita e renderci simili al figlio e sempre di più figli tuoi. Amen!

                                                                                    Mario Galizzi SDB


IMMAGINI:
 
© Andreas Lothar / Maria contemplava gli avvenimenti della sua vita, anzitutto nella custodia del cuore: non lasciandosi travolgere ma sapendo che ogni accadimento era un dono che riceveva da Dio.
 © Elledici / G. Schnoor / Gli angeli annunziano ai pastori l’avvenuta nascita del Salvatore. È un avvenimento cosmico che coinvolge la totalità della creazione.
3  © Elledici / G. Schnoor /  L’adorazione dei pastori, gli ultimi del popolo d’Israele, è anzitutto stupore dinanzi alla visita di Dio, l’evento che sorprende il giorno dell’uomo e lo trascina nel vortice della pace divina.
4  © Andreas Lothar / Maria offre il Figlio al mondo con la stessa gratuità con cui il Padre lo darà a noi sulla croce e nell’Eucaristia.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2006 - 5
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