HOME PAGE - ITALIANO

 FORMAZIONE CRISTIANA

 FORMAZIONE MARIANA

  INFO VALDOCCO

        Giovanni c. 13-17
        
  IL DISCORSO DI ADDIO


Panoramica del discorso

In questi meravigliosi capito- li, in cui Gesù appare solo con i suoi discepoli, siamo invitati ad entrare in intimità con lui. Non sono certo capitoli facili, ma neppure troppo difficili: sono un continuo stimolo a esaminare la nostra relazione con Gesù. Li suddividiamo in cinque capitoletti non di uguale dimensione e diamo loro come titolo la frase per noi più significativa.

“Li amò sino alla fine”: 13,1-32: Gesù si presenta come “servo” e cerca di costruire la sua comunità-comunione, ma perché sia tale deve allontanare il traditore.
“Io sono la via, la verità e la vita” 13,33-14,31: la “via”, perché traccia il cammino da percorrere; la “verità” perché la sua dipartita sarà il culmine della sua opera rivelatrice; la “vita” perché dopo la sua dipartita ritornerà ed essi potranno fare esperienza della vera vita.
“Io sono la vera vite, voi i tralci” 15,1-16,4a: qui Gesù precisa quale sia la vera identità del discepolo.
“E meglio per voi che io me ne vada” 16,4b-33: non è un abbandono, ma sarà un tempo nuovo e di preghiera.
“Che siano una cosa sola” 17,1-26: è la frase più importante per quanto riguarda la comunità, ed è la frase più significativa della più bella preghiera di Gesù.

Immergiamoci quindi nella meditazione delle nostre relazioni con il Signore.

Li amò sino alla fine (13.1-32)

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine.

Siamo “prima della festa di Pasqua”, perciò qui non si parla dell’Ultima Cena, ma di un incontro di Gesù con i suoi discepoli, un incontro che avviene quando “l’Ora” è già in atto. È quel tempo in cui Gesù compie il suo passaggio da questo mondo al Padre.

Quindi si passa a parlare della situazione di Gesù con “i suoi”, che in questo contesto possono essere solo i suoi discepoli e si dice: “avendo amato i suoi”, al passato perché la sua relazione con loro è sempre stata una relazione di amore. Poi si aggiunge come vuole comportarsi: “Li amò sino alla fine”.

Questa frase esprime come nell’Ora, durante il suo passaggio da questo mondo al Padre, ha continuato a donarsi sino alla fine: la sua morte è stata un atto di amore.

A questo punto è chiaro che si può affermare che questo lo ha fatto non solo per quelli con cui era lì riunito, ma per tutti i credenti di ogni secolo, anche per noi.

Gesù servo (13,2-11)

Si passa ora a raccontare ciò che è avvenuto “durante quella cena”. Si parla ancora della coscienza di Gesù usando per la seconda volta il participio “sapendo”. Ecco il testo:

Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda Iscariota di tradirlo. Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, si tolse la veste, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.

Ora sappiamo che stanno cenando, un momento ideale per costruire comunità – comunione. Ma poi ci accorgiamo che è presente “il diavolo”, il grande antagonista ed è lì perché oramai ha in suo potere Giuda, il traditore. Forse la lotta per gettarlo fuori è iniziata (12,31). Ma il testo non ci fa perdere di vista Gesù che compie un altro gesto assai importante per i discepoli.

Si veste da servo e si mette a lavare loro i piedi: l’amore in lui si fa servizio. Venne dunque da Simon Pietro. E Pietro, a cui non va giù un Messia servo, gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me?” Rispose Gesù: “Quello che io faccio tu ora non lo capisci, lo capirai dopo”. Si intende dopo la sua glorificazione. Ma Pietro non vuole capire e gli dice: “Tu non mi laverai mai i piedi”. E Gesù di rimando: “Se non ti laverò non avrai niente da spartire con me”.

E allora Pietro chiese di essere lavato totalmente, ma Gesù soggiunse: “Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro, e voi siete puri, ma non tutti”. A questo punto per la seconda volta (vedi v. 2) parla del traditore: Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: “Non tutti siete puri”. Poi Gesù tornò a tavola. È il momento ideale per riflettere sull’accaduto.

Vi ho dato l’esempio (13,12-16)

È importante per la vita comunitaria quello che ora “dice Gesù: Capite quello che ho fatto per voi?”. Com’è difficile tradurre questa frase. Si è soliti renderla come se tutto fosse già un passato. Qui però c’è un perfetto nell’originale greco e il perfetto indica la continuazione nel presente, almeno nei suoi effetti, di un atto compiuto nel passato. Per questo abbiamo detto: “dice”. Infatti si potrebbe tradurre così: “Comprendete quello che io ho fatto e faccio (e farò) per voi?” Li sta cioè amando servendo e continuerà a farlo sino alla fine. Il servizio è una legge permanente della sua comunità e questo non contraddice il suo essere Signore e Maestro.

Autorità e umiltà non si contrappongono, purché la prima sia intesa come servizio reale e non come un privilegio. Insegnando questo il Signore e il Maestro rovescia il senso di ogni gerarchia terrestre. Con il suo servizio Gesù travolge ogni autorità intesa come “rango” ed è questo che impone ai suoi discepoli. Non sta dando dei consigli, ma dei comandi: “Se io il Signore e il Maestro ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni agli altri”.

“Dovete”: il servizio, il mutuo amore che diventa fatica, è ciò che costruisce la comunità, ed è in questi gesti che la comunità ricorda e si unisce al suo Signore. “Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io, così facciate anche voi”. L’imitazione di Gesù nell’amore, nel servizio, è ciò che regge la comunità: mette il servo alla pari del suo Signore, e rende l’inviato simile a colui che lo ha mandato.

È la legge che regola l’annunzio e che deve realizzarsi sullo stile di Gesù: fare, servire e poi dire la buona notizia del regno. Solo in quest’ottica vale: “Sapendo queste cose, sarete beati se farete così”. La beatitudine non è legata al parlare, ma al fare. Non tutti però lo capiscono.

Gesù, Satana e Giuda (13,18-32)

Nel versetto secondo si è già accennato al diavolo che aveva già messo in cuore a Giuda di tradirlo. Ora vuole parlare della presenza del traditore a tutti i discepoli, ma lo fa con frasi generiche, chiare solo all’interessato. Gesù non svela ad altri chi è; nella sua bontà tenta contro ogni speranza di richiamare Giuda al bene.

Però è certo che quando tutto si sarà compiuto gli altri capiranno che egli camminava coscientemente e liberamente verso il suo destino e crederanno che davvero è quello che si è rivelato: il Messia, la Luce del mondo, il Figlio di Dio, l’inviato del Padre. È questo il senso dei vv. 18-19. Ecco ora la parola che svela il Traditore: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. È tolta dal Salmo 41,9 e dice, ancora una volta, che in lui si compiono le Scritture.

Poi si afferma che “si turbò” come là davanti alla tomba di Lazzaro; è la sua reazione all’incredulità, la sua sofferenza per quanto sta per avvenire, però non può tacere e, usando la formula solenne dice: “In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà”. I discepoli si guardarono l’un l’altro incerti di chi stesse parlando. Più nessuno si sentiva tranquillo. Pietro cerca di saperlo e dice al “discepolo che Gesù amava” di chiederlo a Gesù.

La frase non dice che Gesù aveva delle preferenze. Essa però caratterizza un profondo rapporto personale. Quello di questo discepolo con Gesù è simile a quello di Gesù con il Padre e, siccome il rapporto di Gesù con il Padre è caratterizzato dall’amore (10,17; 15,10), così si dice che Gesù “lo amava”, come più tardi dirà agli altri: “Voi siete miei amici” (15,13.15). È inutile chiedersi chi sia. Si rimarrà sempre in un’ipotesi. Quello che interessa è che questo discepolo funge da tipo di ogni vero discepolo, che per l’amore vive in intimità con il suo Maestro.

Ebbene al discepolo che Gesù amava, Pietro fa cenno per conoscere il traditore. Questi lo chiede a Gesù che gli risponde: “È colui per il quale intingerò un boccone e poi glielo darò”. Lo dà a Giuda, gli dà il suo pane, simbolo della sua carne, cioè di sé nella sua debolezza. È Gesù che si dona. Il gesto infatti di offrire un boccone intinto ha un senso di amicizia, di deferenza, di onore verso un ospite gradito al di sopra degli altri.

Questo gesto è riservato a Giuda ed è un gesto di amore. Gesù non esclude nessuno dal suo amore, neppure i nemici. Qui è l’ultimo richiamo che fa a Giuda, perché ama anche lui, e lo fa perché ritorni a lui. Giuda prese il boccone, e si allontanò da Gesù.

Ed ecco che cosa avvenne: “Dopo quel boccone Satana entrò in lui”. Giuda cessa di essere se stesso: è un indemoniato. Quello non è più il suo posto e Gesù lo aiuta a lasciare la sala senza vergogna. Gli dice: “Quello che devi fare, fallo presto”. Quelli non capirono e noi non riusciremo mai a capire fino in fondo la bontà di Gesù.

Ritornando a Giuda leggiamo una frase sconcertante: Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte. Si immerge nelle tenebre. È difficile prendere in senso materiale questa parola. La sua portata simbolica posta sull’uscita del traditore è evidente. In Luca all’arresto sul monte degli Olivi Gesù dichiara: “Questa è l’ora vostra e del potere delle tenebre” (Lc 22,53), cioè di Satana. È lui che nella notte guida Giuda. Lasciando Gesù, il discepolo ha preferito le tenebre alla luce. “Giuda stesso era notte” (Agostino). È anche il regno della morte, a cui Gesù ha fatto allusione evocando la notte che avrebbe messo fine al suo ministero (9,4). Nel nostro testo la notte è il tragico regno del rifiuto. “Era notte”, dice il testo. Una finale che rappresenta una pausa lasciando al lettore il tempo di fissare l’oscurità sulla quale subito sorge (vv. 31-32) un esplosione di gloria.

Appena uscì Giuda ci fu come un senso di liberazione e Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito”.

Alcuni dicono che questi due versetti danno inizio al lungo discorso della Cena. A noi, invece, sembra che essi chiudano quel discorso sulla “glorificazione” che è iniziato quando Marta e Maria avvisarono Gesù della malattia di Lazzaro e Gesù disse: “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio affinché per mezzo di essa il Figlio dell’uomo venga glorificato” (11,4).

La similitudine delle frasi da il senso di chiusura al tema della “glorificazione” abbondantemente usato fin qui.

I due versetti suonano come il grido di vittoria di chi, comandando a Giuda di realizzare presto i suoi piani ha affrontato la morte. Qui si parla al passato perché Gesù vede la morte dietro a sé ed ormai si sente nella gloria del suo Dio. Come tante volte nella Bibbia è così certo che la glorificazione avverrà, che se ne parla al passato. Comunque esaminiamoli.

In azione non è solo il Figlio, c’è anche il Padre, uno non agisce mai senza l’altro. Come è stata in comune la passione, così la glorificazione: Se Dio è stato glorificato per mezzo di lui, anche Dio manifesterà in lui (nel Figlio) la sua gloria. Il verbo glorificare è usato all’attivo e ha come soggetto Dio, per questo motivo abbiamo tradotto: “Dio manifesterà in lui la sua gloria”. Il futuro è per farci guardare avanti, per farci leggere la Passione, quasi dimenticando il brutale agire degli uomini.

Ci dice come Dio è in azione e sta preparando una potente manifestazione della sua gloria nel Figlio suo, non solo esaltandolo al di sopra dei cieli con la Risurrezione, ma anche per dire con i fatti agli uomini quanto li ha amati donando loro il proprio Figlio e fino a che punto il Figlio li ha amati. È nell’amore che si manifesta la gloria di Dio. Il tema “morte – glorificazione” si conclude così nella massima speranza.

Preghiamo

Signore Gesù, questa volta ti sei presentato a noi come modello di vita sotto tanti, tanti aspetti.

Voglio soprattutto ringraziarti per averci insegnato come costruire una comunità-comunione e ad affrontare la sofferenza nella speranza, vivendo la comunione con te e il Padre.

O Signore, come ci sentiamo piccoli e incapaci, ma se tu ci doni la forza dello Spirito Santo, fonte di amore, qualcosa riusciremo a fare. Aiutaci, Signore Gesù!


                                                                       D. Mario Galizzi sdb


                                                                            +

La mattina del 27 febbraio 2007, il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente collaboratore.
Don Mario aveva 81 anni, da 57 era Salesiano e da 50 Sacerdote.

La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi.

Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghiere.



 IMMAGINI:
1  © Elledici / G. Schnoor / Gesù ha amato i suoi sino alla fine. Chi sono costoro? I soli Apostoli? No, siamo tutti noi, perché il passaggio da questo mondo al Padre, Gesù lo ha compiuto per tutti gli uomini.
2  © Elledici / G. Schnoor / Con la sua donazione totale al Padre, Gesù si fa servo di tutti. Per tutti dona se stesso. Per sempre. Anche noi, dunque, siamo stati amati da Gesù, sino alla fine. Sino alla Sua fine, ma siamo anche amati sino alla nostra fine terrena e in tutta la nostra finitezza umana.
3   Ultima Cena, Pourbus Pieter (1548), Groeninge Museum, Bruges (Belgio). Gesù offre a Giuda il pane intinto nel vassoio quale gesto di amore e di accoglienza. Anche questa è una forma di consegna che Gesù fa di se stesso all’uomo e alla storia.

Giuda riceve i trenta denari, Giotto di Bondone, Cappella degli Scrovegni (1304-06), Padova.
5  © Elledici / G. Conti / Anche il tradimento e l’abbandono di Gesù da parte dei suoi fa parte del piano di Dio per redimere l’umanità. Lasciato solo, persino dai suoi, Gesù manifesta così che il suo amore è totale e gratuito. Per tutti e per sempre.



        RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008 - 2  
  HOME PAGE - ITALIANO  FORMAZIONE CRISTIANA  FORMAZIONE MARIANA   INFO VALDOCCO



        VISITA Nr.