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 FORMAZIONE CRISTIANA

 FORMAZIONE MARIANA

  INFO VALDOCCO

       Giovanni c. 15,1-16,4
       
 IO SONO LA VITE, VOI I TRALCI

Vi è forse un titolo più bello di questo che ci racconta la nostra vita intima con Gesù quando, come i tralci alla vite, siamo intimamente uniti a lui? La linfa che scorre nei tralci è la stessa che scorre nel tronco. Così è la vita di Gesù che viene donata a noi. È un’intimità impensabile ma reale. Ebbene è questo che avviene quando viviamo di Gesù e siamo totalmente uniti a Lui. Ecco il vivere cristiano che vogliamo meditare in questo capitolo. Che lo Spirito Santo ci guidi nell’intelligenza di questo vivere e che ci porti alla massima gioia. Il discorso di Gesù non è mai interrotto dagli ascoltatori, come se il silenzio invitasse l’ascoltatore ad interiorizzare quanto dice Gesù. Quello che dice è importante perché riguarda la vita dei discepoli e dell’intera comunità. Il tutto, infatti, può essere suddiviso in due parti: la prima centrata sull’interno della comunità (15,1-17) la seconda sull’esterno.

La vite è il popolo d’Israle. È stata strappata dall’Egitto e trasportata in uno spazio nuovo dove ha potuto espandersi, Essa deve fare un frutto abbondante perché è la piantagione del Signore e manifestare la sua gloria. È per amore che Dio fa questo, come si legge in Isaia 5,16: “Voglio cantare per il mio Diletto un cantico d’amore alla sua vigna” ma purtroppo questa dolce realtà (la vigna del Signore è Israele) troppe volte è stata strappata e distrutta per le infedeltà del popolo.

Uniti a Gesù per dare frutto (15,1-11)

Io sono la vite e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto lo taglia e ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto. E voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunziata.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e poi secca: poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà fatto”.

La vigna del Signore è la casa di Israele (Is 5,7). Ora però diciamo: la vigna del Signore è Gesù, lui insieme ai tralci (= discepoli), la vera e nuova vigna, il nuovo popolo di Dio. Come l’antica anche questa è opera del Signore: Dio il Padre; è lui che ora si prende carico a tempo pieno della vigna. Con queste immagini Gesù parla ai tralci (discepoli) e presenta loro l’azione del Padre.

Come si occupa di noi uniti a Gesù come i tralci? Per rendere più chiaro il pensiero, citiamo un passo della Lettera ai Romani (8,29): Il Padre ci ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo.

E qui il testo ci dice cose bellissime: Ogni tralcio che in me dà frutto lo pota, perché porti più frutto, cioè ci aiuta ad essere sempre più simili al Figlio. Ci ama, ci vuole tutti simili a Gesù il Figlio. E Gesù dice perché sono tali: perché hanno accolto la Parola che veramente trasforma l’uomo e lo rende intimo di Gesù in una perfetta comunione di vita, mentre “non può portare frutto se non rimane nella vite”, cioè in comunione con Gesù; ed è logico perché “senza di me non potete fare nulla”. Senza l’ascolto di Gesù, manca al credente quella linfa vitale indispensabile per dare frutto. C’è solo Gesù che è fonte di vita per il discepolo. Sterilità assoluta se si interrompe l’unione con Gesù, il passaggio della linfa vitale che va dalla vite ai tralci. Quello che capita è che si viene gettati fuori della comunità, inutili per il suo apostolato.

“Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà fatto. In questo, infatti, è glorificato il Padre mio che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi.

Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.

Il complesso simbolico della vite cede il posto a colui che la giustifica in profondità, cioè l’amore di cui il Padre è la fonte. Dopo aver concluso il brano sulla finalità ultima che è la glorificazione del Padre (v. 7), Gesù risale all’origine, all’amore con cui il Padre lo ha amato e che fonda il suo per gli uomini, per la sua comunità, il cui agire dà molto frutto perché porta tutti insieme a una comunione di vita con Gesù. Questo si realizza se si rimane in Gesù e se la parola ascoltata è il vero bene comune della comunità.

A partire dal versetto 12 la stessa espressione fonda l’amore di Gesù per gli uomini:

“Questo è il mio comandamento che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. E questo è il mio comandamento che vi amiate gli uni gli altri”.

Gesù è logico: non impone nulla che egli non abbia vissuto per primo. E qui ricorda quello che ha fatto: ha dato la sua vita, e l’ha data per i suoi amici. Così chiama Gesù i suoi discepoli solo però se fanno quello che lui ha fatto. Perciò come lui ha ubbidito al Padre, noi dobbiamo ubbidire a lui; come lui è stato fedele al comando del Padre sino alla fine, così noi, fedeli ai suoi comandamenti, ci doniamo sino alla fine. I fratelli sono l’intera umanità: l’amore è diffusivo. Di qui l’inevitabile gioia di cui ha parlato Gesù (v. 11).

Si pensi che Gesù dice questo nel contesto della sua passione e perciò egli sa di essere in cammino verso il Padre e sente nel suo donarsi sino alla fine di essere amato dal Padre come Unigenito. Di qui quella gioia che può diventare la gioia dei suoi discepoli, una gioia che nessuno ci può togliere. Basta rimanere in lui, cioè imitarlo fino in fondo. Infatti, “vi ho scelto perché andiate e portiate frutto. Questo vi comando che vi amiate gli uni gli altri”.

Concludendo: finora abbiamo sentito parlare del positivo agire dei discepoli: fare come ha fatto Gesù: rimanere in lui e nel suo amore; vivere il comandamento nuovo per creare quell’atmosfera di amicizia e di comunione di intenti e di ideali che rende vera la comunità. Ora passiamo al negativo che dev’essere vissuto come l’ha vissuto Gesù, perché la vita cristiana è sempre imitazione di lui. Lo dice la frase iniziale del nuovo brano.

Gesù e il mondo

All’amore si oppone l’odio.

“Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo il mondo amerebbe ciò che è suo. Poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelto io dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: un servo non è più grande del suo padrone.

Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. Se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo perché non conoscono colui che mi ha mandato. Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro non avrebbero nessun peccato. Ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia me odia anche il Padre mio”.

Qui si sente quel conflitto che vive la Chiesa ostacolata ovunque dal giudaismo farisaico e non si può non chiedersi il perché della persecuzione e del fallimento della predicazione. Ma forse è meglio chiedersi come deve comportarsi il credente in una simile situazione.

Innanzi tutto prendere atto della condizione di odio che ci circonda e ricordare che Gesù è stato odiato prima di noi; perciò fissare lo sguardo su di lui per ricordare che non siamo del mondo perché Gesù ci ha scelti e separati dal mondo senza dimenticare tutto ciò che è ostile a Dio e ci allontana da lui.

Infine ricordare che quell’atmosfera di odio esiste e Gesù l’ha vissuta e noi servi non siamo più grandi di lui: tutto ciò avviene perché ignorano Dio che ha mandato Gesù e non hanno scuse per il loro peccato. Anzi sono peggiorati perché non solo odiano Gesù, ma anche il Padre. E c’è un altro evento che non li scusa: le opere di Gesù (vv. 24-25). Il mondo è composto da coloro che odiano senza alcun motivo.

“Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli mi darà testimonianza, E anche voi mi darete testimonianza perché siete con me fin dal principio”.

Malgrado questa situazione i discepoli daranno la loro testimonianza al Signore, perché su di loro scenderà lo spirito di verità. Questo dono dello Spirito è il segno che non sono stati abbandonati. Infatti in loro c’è la forza dello Spirito che parla in loro favore (Mc 13,11; Mt 10,29) e che in modo silenzioso continua l’opera di Gesù che è la Verità.

Conclusione (16,1-4)

“Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe, anzi viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto il Padre né me. Ma vi ho rivelato questo affinché quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto. Non ve l’ho detto dal principio perché io ero con voi”.

Gesù sta parlando ai discepoli, agli Undici che gli saranno fedeli ma direttamente anche alla prima generazione cristiana in lotta con il giudaismo. Essi sentono che le parole di Gesù sono per loro, e anche per noi. Viviamo in un tempo che esige una coraggiosa testimonianza e che dice di invocare in continuità il dono dello Spirito. Da soli non ce la facciamo. È indispensabile “rimanere in Gesù”.

Preghiamo

Gesù, sei un vero Maestro. Leggendo quanto ora ci hai insegnato, tutti i tuoi discepoli non possono dire di non sapere come vivere il discepolato. Qui essi imparano in cosa consiste la vera vita cristiana.

Bisogna saper vivere in perfetta comunione con il Padre e con Te e imparare ad affrontare l’odio del mondo, le persecuzioni e anche il martirio tenendo lo sguardo fisso su di te, perché sei tu il primo che ha vissuto quello che tu insegni.

Io ti chiedo, o Signore, che nessun cristiano legga questa pagina di Vangelo di sfuggita, ma che si trattenga a lungo nella meditazione non perdendoti mai di vista. E tu infondi in lui la luce e la forza dello Spirito Santo perché abbia il coraggio di viverla. Amen!


                                                                       D. Mario Galizzi sdb


                                                                            +

La mattina del 27 febbraio 2007, il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente collaboratore.
Don Mario aveva 81 anni, da 57 era Salesiano e da 50 Sacerdote.

La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi.

Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghiere.



 IMMAGINI:
1  Nel linguaggio biblico la vigna è sempre stata una figura che rimandava al popolo d’Israele visto nel suo insieme di popolo dell’Alleanza. Nel Vangelo di Giovanni questo riferimento si sposta verso Gesù e la sua Chiesa.
2  Gesù è la vite e noi i suoi tralci. La stessa linfa che scorre nella vite, alimenta i tralci dando loro vita e frutto. Questa immagine esprime molto bene l’unione mistica e reale che esiste fra Gesù e i credenti. Un’unità che nulla, neanche la morte, può interrompere.
3   L’avversione a Gesù manifestata dal mondo, continua anche oggi. Il mondo è composto anche da coloro che rifiutano ogni rapporto con Dio, e negano il suo amore misericordioso, negando dignità ai fratelli e alle sorelle.
Gesù ha fatto ai suoi il dono dello Spirito Consolatore. È lui che alimenta la Chiesa e la rende viva nel corso dei secoli, affinché la forza dell’amore del crocifisso si diffonda nei cuori degli uomini.



   RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008 - 4  
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