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 FORMAZIONE CRISTIANA

 FORMAZIONE MARIANA

  INFO VALDOCCO

       Giovanni c. 16,5-33
       
 GESU' RITORNA AL PADRE

Dopo il monologo sull’esistenza cristiana, ecco ora le ultime parole di Gesù ai suoi discepoli. Sono forse le più commoventi. Gesù capisce che i suoi discepoli sanno che egli sta per lasciarli e che essi rimarranno senza di lui. Come consolarli e prepararli agli eventi della sua passione?

La struttura del suo discorso si può presentare così: Si annuncia il distacco (16,5-7); Si annuncia la venuta dello Spirito (16,8-15); Presto rivedranno Gesù (16,16-23); Il Padre vi ama (16,23-27); Epilogo (16,28-33). È un capitolo assai corto e questo ci dà la possibilità di leggere insieme tutto il testo.

L’annuncio del distacco (16,5-7)

Ora vado da Colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? Anzi perché vi ho detto questo la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la Verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado non verrà a voi il Consolatore; se invece me ne vado lo manderò a voi.

Gesù cerca di consolarli di fronte all’inevitabilità degli e­venti e parla ai suoi discepoli che neppure osano dirgli: Dove vai? Sanno bene che va da Colui che lo ha mandato, ma la realtà è che non sanno cosa faranno senza di lui. Cerchiamo di entrare meglio nel testo.
Designando il Padre come Colui che lo ha mandato dice che il Figlio ha fedelmente portato a termine la missione ricevuta. Di questa, il dono dello Spirito ai credenti, si dimostra il fine ultimo. Tra i due eventi c’è la passione, morte e sepoltura, Risurrezione e glorificazione di Gesù.

Osserviamo ancora il testo: il mutismo dei discepoli significa che sono già separati da Gesù. E forse c’è qui qualche analogia con la scena del Getsemani, quando, interpellati da Gesù, non sapevano cosa rispondergli e poi tutti lo abbandonarono.
Sulla tragica situazione dei discepoli nel periodo tra la crocifissione e la Risurrezione, sembra che l’evangelista proietti la situazione della comunità cristiana che, dopo aver creduto alla vittoria di Cristo sulla morte e nell’imminenza del suo ritorno glorioso, si trova isolata in un ambiente che continua a rifiutare la fede. Il rigetto della Sinagoga l’ha ferita e marginalizzata e poi c’è lo scarto tra il messaggio della vittoria di Gesù e l’esperienza della prova cristiana.

La venuta dello Spirito (16,8-15)

Quando lo Spirito sarà venuto proverà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato perché non credono in me. Riguardo alla giustizia perché vado al Padre e non mi vedrete più. Riguardo al giudizio perché il principe di questo mondo è già stato condannato.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non potete portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito di Verità vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che ha udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà perché prenderà da quel che è mio e ve lo annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio, per questo vi ho detto che prenderà del mio e ve lo annunzierà.

Con la venuta dello Spirito (a Pentecoste) finisce la tristezza dei discepoli e tutti i dubbi che fino allora li ha tormentati. Nel testo abbiamo dato allo Spirito l’appellativo di “Consolatore”, necessario in quel contesto, ma ora lo dobbiamo chiamare “Difensore” perché dando inizio al giudizio sul mondo rafforza i discepoli donando loro una fede indistruttibile. Infatti li convincerà che il mondo è nel peccato, nell’ingiustizia e soggetto alla definitiva condanna. Tutto ciò perché non hanno creduto che Gesù era l’inviato di Dio, non hanno accolto la sua parola e tantomeno creduto alla sue opere: non le hanno viste come un segno di Dio. Perciò meritano la definitiva condanna.

I discepoli invece accoglieranno lo Spirito di Verità che li guiderà alla Verità tutta intera. Saranno avvolti dalla Luce che è Gesù il quale dona loro quanto possiede e diventeranno veri apostoli.

Rivedranno Gesù (16,16-23a)

Un poco e non mi vedrete più, ma poco ancora e mi vedrete. Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: Che cos’è questo che dice: Un poco e non mi vedrete e un poco ancora e mi vedrete, e io vado al Padre?

Dicevano perciò: Che cos’è questo un poco di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire. Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: “State indagando tra voi perché ho detto; Un poco e non mi vedrete e un poco ancora e mi vedrete? In verità, in verità vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.

La donna quando partorisce è nel dolore, perché è venuta la sua ora, ma quando ha dato alla luce un bambino non si ricorda più della sofferenza perché è venuta al mondo una creatura umana. Così anche voi; ora siete nella tristezza, ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla.

I discepoli sono lì che ascoltano Gesù e capiscono che sta parlando del futuro e fa uso di un’immagine: un poco e non mi vedrete e un poco ancora e mi rivedrete, un’immagine non pienamente colta da loro che però ha il vantaggio di suscitare domande tra loro. Gesù se ne accorge e cerca di spiegare il “non mi vedrete, e io vado al Padre”. Poi si spiega meglio parlando della loro situazione e dice chiaramente che durante il “non mi vedrete, piangeranno e si lamenteranno”.

Però quando lo vedranno ancora la loro tristezza si cambierà in gioia. Con ciò è chiaro che non c’è da discutere molto (come si è fatto nella storia) sulle parole “un poco e poi ancora un poco. Si parla infatti dell’intero mistero pasquale che alla fine descrive servendosi dell’immagine di una partoriente. È nel dolore all’inizio del parto, ma poi scoppia di gioia quando ha dato al mondo un bambino.

È fantastico: la passione è fonte di vita, è un dolore aperto alla vita. I discepoli quando rivedranno Gesù scoppieranno di una gioia che nessuno potrà loro togliere e, non dimentichiamolo: una gioia che scopriranno in pienezza nel dono dello Spirito; allora il dialogo con Gesù e il Padre sarà un momento di esultanza.

Il Padre vi ama (16,23b-27)

Quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualcosa al Padre nel mio nome egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete perché la vostra gioia sia piena.
Queste cose vi ho detto per mezzo di esempi; ma viene l’ora in cui non vi parlerò più per mezzo di esempi, ma apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi. Il Padre stesso vi ama. Perché voi amate me e avete creduto che io sono uscito da Dio.

Anche se Gesù è ancora nel Cenacolo, ora parla del “dopo Pasqua”. Finora infatti, non si erano mai rivolti al Padre nel nome di Gesù. Ma quando Gesù sarà risorto e avrà ricevuto quel nome che è al di sopra di ogni altro nome (Fil 2,9) e sarà rivestito di ogni potenza e gloria accanto al Padre (At 1,12s), allora sì che potranno chiedere ogni cosa nel suo nome e il Padre la concederà. Ciò è tanto vero che aggiunge: “E non vi dico che io pregherò per voi”, ma è certo che lo farà anche se non è necessario, perché dice: “il Padre vi ama”. Sono parole di una delicatezza estrema per sottolineare in modo incisivo l’amore del Padre. È l’ultima volta che Gesù lo fa. Poi donerà loro la sua vita.
Per Gesù il Padre è in relazione agli uomini: “Colui che ama” (3,16). Questo amore però si concretizza dove c’è una persona che ama e crede in Gesù; lo vede come il Figlio inviato dal Padre e lo accoglie. Allora si crea un’intimità così grande tra il Padre, Gesù e i discepoli che ogni preghiera non è altro che espressione d’amore.

Epilogo (16,28-33)

Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre. Gli dicono i suoi discepoli: “Ecco adesso parli apertamente e non fai più uso di esempi. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno ti interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio”. Rispose loro Gesù: “Adesso credete? Ecco viene l’ora ed è già venuta in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo, ma io non sono solo, perché il Padre è con me”.
Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avrete da soffrire, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo.

Iniziando il racconto della Cena, l’Evangelista per due volte ha annotato la coscienza di Gesù: “sapendo che veniva da Dio e a Dio ritornava” (13,1-3), ora ripete questo in modo più completo: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora lascio il mondo e torno al Padre”. E i discepoli esclamano: “Finalmente parli chiaramente. Per questo crediamo che vieni da Dio”. Gesù dice: “Adesso credete?”. La domanda non nega la fede ma tende a scoprirne la debolezza, come quando Pietro gli disse: “Io sono disposto a dare la mia vita per te”. E Gesù ribatte: “Non canterà il gallo prima che tu mi abbia rinnegato” (13,37) e ai discepoli ora dice: “Viene l’ora, anzi è già venuta in cui mi lascerete solo”. È quello che avviene in quella stessa notte.

Nel Getsemani tutti lo abbandonarono. Se egli quella sera si è trattenuto a lungo con loro, lo ha fatto per premunirli e aiutarli a superare la prova ricordando quello che per la sesta volta ha ripetuto loro: “Questo vi ho detto”. Egli sa che il ricordo di quello che ha detto li aiuterà ad avere la pace, ad affrontare le tribolazioni che avranno nel mondo.
Ma qui dice una cosa che lo riguarda: Egli sa che nella passione il Padre non lo lascerà solo. Ed è logico: Gesù ha sempre fatto quello che ha udito dal Padre e agito insieme. Quindi è insieme il fatto che chi rifiuta Gesù, rifiuta il Padre. Leggendo i racconti della passione noi sappiamo che c’è anche la “Passione del Nome”. Insieme, il Figlio e il Padre cercano una via che realizzerà la salvezza di tutti. L’amore di Dio non conosce limiti. La morte sfocerà nella vita, nella glorificazione del Figlio con il Padre.

Preghiamo

Sei un vero Maestro, Signore Gesù. Sai che la Passione sarà per i tuoi discepoli fonte di tristezza e che ti lasceranno solo. E tu cerchi di consolarli per premunirli e aiutarli a superare la prova e infondi in loro speranza nel futuro. Gesù, che i sacerdoti e tutti gli apostoli sappiano di fronte ai sofferenti fare come te. Per questo effondi su di noi come hai promesso allora ai discepoli il dono del tuo Spirito. Che Egli sia la vera forza nel nostro ministero, ma soprattutto fa’ che ci convinca che tu sei l’unico che dà senso alla nostra vita e alla nostra testimonianza. Per questo effondilo con abbondanza su di noi. Amen!



                                                                      
D. Mario Galizzi sdb


                                                                            +

La mattina del 27 febbraio 2007, il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente collaboratore.
Don Mario aveva 81 anni, da 57 era Salesiano e da 50 Sacerdote.

La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi.

Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghiere.



 IMMAGINI:
1  Con la venuta dello Spirito termina l’incertezza dei discepoli, perché lo Spirito è il Consolatore che sostiene dalla tristezza causata dal ritorno di Gesù
al Padre.

2  Il discorso di Gesù ai discepoli, la sera del tradimento, è un discorso rivolto al futuro, quando ritornerà da loro dopo la sua Risurrezione, prova definitiva della sua divinità.
3   Il dono dello Spirito è segno dell’amore del Padre che per mezzo del Consolatore continua l’opera del Figlio nel mondo.
Le parole di Gesù rivolte ai discepoli la sera prima di morire manifestano chiaramente la sua origine divina. Ma proprio in questa occasione in cui gli Apostoli finalmente comprendono la vera identità di Gesù, lui viene lasciato da solo, abbandonato da tutti.
 Con la sua Risurrezione dai morti, Gesù è rivestito di ogni potenza e gloria e siede alla destra del Padre. Con la sua morte ha giudicato tutte le realtà del mondo e si è costituito giudice della storia umana.



   RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008 - 5  
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