Giovanni c. 18,28-19,1-3
Giunge allora il momento della sua elevazione sulla croce. Il racconto si rivela unopera originale, in cui levangelista ha condensato in un disegno la propria interpretazione di Gesù: il Rivelatore venuto dallalto e rifiutato dal mondo, ma la cui gloria non cessa di trasparire e di prevalere allo sguardo della fede. Il narratore alterna due luoghi in cui si svolge lazione. Allinterno e allesterno del pretorio. A più riprese Pilato esce dalla propria residenza per parlamentare con i Giudei che stanno fuori e rientra per interrogare Gesù. Di qui una suddivisione in sette scene, di cui quattro in pubblico, e tre nel faccia a faccia tra Pilato e Gesù, il Re. Levangelista offre così più che un racconto, una rappresentazione nel senso teatrale del termine. Gli elementi narrativi si limitano allo stretto necessario, mentre sono i dialoghi che dominano, e ciascuno di essi è importante per caratterizzare gli attori e far progredire il dramma. Leffetto cui mira la distinzione spaziale è il contrasto fra il dentro in cui emerge la Parola e il fuori in cui risalta il rifiuto di credere. Larticolo sembrerà un po monotono, ma qui è necessario leggersi tutto il testo. Gesù consegnato al potere romano (18,28-32)
Era lalba. La notizia è semplice ma il suo significato profondo. Essa ci rimanda allaltra notizia antitetica: Era notte (13,30) quando Giuda uscì dal Cenacolo. Il suo significato simbolico è evidente: alla notte del potere delle tenebre segue ora lalba che dà inizio a quel giorno nel quale colui che è la Luce trionferà definitivamente sul potere delle tenebre. A Giovanni gli è bastato un tocco per continuare in senso positivo il confronto tra Gesù e i suoi avversari che ora si trovano impigliati in questioni giuridiche. Non entrano in un luogo pagano perché quel giorno dovevano mangiare lagnello pasquale. Lironia è pungente: essi appaiono stretti osservanti della legge, mentre il loro cuore è pieno di odio omicida. Pilato rispetta le loro usanze ed esce; domanda: Quale accusa portate conto questuomo?. Non ha il diritto di sapere: Se non fosse colpevole non glielo avrebbero consegnato. Chiedono solo che ratifichi la loro sentenza. Pilato reagisce e dice: fate secondo la vostra legge. Rispondono: A noi non è lecito mettere a morte nessuno. Pilato può sentirsi contento: si sottomettono alla legge di Roma che si era riservato il verdetto di morte. Pilato e Gesù a confronto (18,33-38)
Pilato e i Giudei (18,38b-40) Secondo i dirigenti giudei, Pilato doveva solo convalidare ed eseguire la sentenza, E invece eccolo rientrare nel pretorio e rivolgersi a Gesù dicendo: Sei tu il re dei Giudei?. Ma ecco che dopo la sua domanda Pilato si sente spiazzato da Gesù. Chi fa le domande è Gesù: Dici questo da te stesso o altri te lhanno detto?. Pilato rispose: Sono forse io Giudeo? La tua gente ti ha consegnato a me, che cosa hai fatto?. Gesù lascia cadere a vuoto questa domanda e risponde alla prima. Parla a Pilato del suo Regno. Il linguaggio di Gesù devessere apparso assai strano a Pilato, abituato alle sfilate delle legioni romane. Ma certamente ha capito che il regno di Gesù non era un pericolo per limpero. Noi cristiani invece comprendiamo che il Regno che Gesù annuncia è un regno privo di violenza, costruttore di amore e di pace.
La parola bandito si usava anche per indicare coloro che si opponevano con la violenza ai romani. È probabile che sia così; era uno che se catturato veniva crocifisso. Perciò Gesù rimase in potere di Pilato come un condannato a morte. Sente di aver imboccato la strada sbagliata e cerca di rimediarvi mettendo in ridicolo il Re dei Giudei. Coronazione di spine (19,1-3)
Siamo al centro del racconto di Gesù di fronte a Pilato e le­vangelista ci presenta, in modo assai sintetico, lacoronazione di spine. Giovanni con i suoi silenzi la rende assai significativa (vedi Mc 15,16-20 e Mt 27,27-31). Elimina quasi tutto ciò che sa di violenza e di sadismo, obbligando il lettore a togliere lo sguardo da ciò che avviene per fissarsi su Gesù coronato di spine e avvolto dal manto regale. I soldati lo salutano chiamandolo re dei Giudei; per loro è un burlarsi del popolo ebraico. Noi però sappiamo che egli è re di coloro che ascoltano la sua voce per formare parte di un regno che non è di quaggiù (18,36s). Ebbene il re di questo regno che è venuto in questo mondo, quaggiù, non si presenta come gli altri re. Perché è così? Perché ha detto la Verità e non ha accettato che altri lottassero per lui, che ricorressero in sua difesa (come Pietro). Egli è così perché fa dono della sua vita affinché altri abbiano la vita (10,10). È così perché vuole amare i suoi che sono nel mondo sino alla fine (13,19) e per essi vuole consacrare se stesso in sacrificio, perché anchessi siano consacrati (17,19). Il suo regno
è fondato sulla verità e il suo potere regale è
servizio, donazione di se stesso, amore. Fissiamolo bene perché
in questo quadro abbiamo la vera, anzi la prima e unica immagine
di Gesù Re. La mattina
del 27
febbraio 2007,
il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente
collaboratore. La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi. Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghiere.
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