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      Giovanni c. 18,28-19,1-3
       
   IL NOSTRO RE

Pilato e i Giudei (19,4-8)

Pilato uscì fuori e disse loro: “Ecco io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna”. Allora Gesù uscì portando la corona di spine e il mantello di porpora; e Pilato disse loro: “Ecco l’uomo”. Al vederlo i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: “Crocifiggilo! Crocifiggilo!”. Disse loro Pilato: “Prendetelo voi e crocifiggetelo. Io in lui non trovo colpa”. Gli risposero i giudei: “Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio”. All’udire queste parole, Pilato ebbe ancora più paura.


Ecco di nuovo Gesù di fronte ai dirigenti giudei, la folla non c’è. Lo vedono coronato di spine e con un mantello di porpora. Non possono non pensare a quanto i romani abbiano ridicolizzato sul messianismo regale dei Giudei. Pilato disse: “Io non trovo nessun capo di accusa contro di lui. Ecco l’uomo”. È innocente, è libero, ha riacquistato tutti i suoi diritti umani. È il senso che Pilato dà all’espressione “Ecco l’uomo”. Ma per l’evangelista è una formula carica di senso. Basta pensare alla frase: “E il Verbo si è fatto uomo (carne), perché l’Unigenito dal Padre ha assunto tutta la nostra debolezza umana”. È nella sua debolezza liberamente assunta che ora si trova in balia della violenza umana.

I Giudei non accettano il verdetto umano e urlano: “In croce, in croce”. Chiedono per un loro connazionale la pena capitale alla romana. Questo significa il rifiuto totale di Gesù Messia. Pilato non ci sta e dice: “Crocefiggetelo voi. Io non trovo in lui colpa”. E allora eccoli urlare: “Secondo la nostra legge deve morire perché si è fatto Figlio di Dio. È colpevole di bestemmia”. L’accusa è falsa, ma Pilato, che certamente come tanti pagani, era superstizioso, ebbe molta paura.

Si noti che Gesù non ha pronunciato nessuna parola. Qui però è risuonata in modo solenne la fede cristiana in Gesù vero uomo: “Ecco l’uomo” è vero Dio, Figlio di Dio. Colui che va alla morte senza reagire alla violenza umana è l’onnipotente Figlio di Dio che si è fatto uomo; è colui che Dio, nel suo amore, ha mandato perché il mondo fosse salvo per mezzo di lui.

Gesù e Pilato (19,9-12)

Pilato entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: “Di dove sei?”. Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: “Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?”. Rispose Gesù: “Non avresti alcun potere su di me se non ti fosse dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande”. Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei urlarono dicendo: “Se liberi costui non sei amico di Cesare. Chi si fa re è contro Cesare”.

Non è più un interrogatorio. Pilato non si comporta da giudice, cerca spiegazioni a quanto ha appena sentito. Per questo chiede a Gesù: “Tu da dove vieni?”. Ma Gesù non gli risponde. Però gli dice che quelli che lo hanno consegnato a lui hanno un peccato più grave. Per questo Pilato lo vuole liberare, ma l’urlo dei Giudei gli dice che se lo fa non è amico di Cesare. E Pilato che ama troppo la gloria di questo mondo capisce che deve fare quel che dicono i Giudei. Il suo peccato è tutto qui.

Ecco il vostro re (19,13-16)

Udite queste parole Pilato fece condurre fuori Gesù e lo fece sedere sullo scanno nel luogo chiamato Litostroto, in ebraico Gabbata. Era la preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: “Ecco il vostro re”. Ma quelli gridarono: “Via, via! Crocifiggilo”. Disse loro Pilato: “Metterò in croce il vostro re?”. Risposero i capi dei sacerdoti: “Non abbiamo altro re che Cesare”. Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Non si dice che Pilato uscì, ma che “fece condurre fuori Gesù e lo fece sedere sullo scanno” cioè sul sedile curiale, quello riservato al giudice. La scena è veramente grandiosa. Le parti si sono invertite; il giudicato assume il ruolo di giudice in un tribunale romano di fronte ai Giudei. Questo è veramente un colpo mancino di Pilato contro i Giudei. La sua carica se vuole essere “amico di Cesare” lo spinge a convalidare la sentenza del tribunale religioso, ma tutta questa scena dice la sua ritrosia e la esprime bene quando proclama Gesù Re davanti a tutti: “Ecco il vostro Re”. Lo ha intronizzato lui. E i Giudei stufi del gioco, si misero a urlare: “Via via! Crocifiggilo”. È il rifiuto totale di Re-Messia e lo sottolineano dicendo: “Non abbiamo altro re che Cesare”. È grave. Non è forse Dio il vero Re di Israele? La loro scelta non è solo rifiuto di Gesù, ma anche di Dio. Gesù l’aveva detto: “Chi non onora me, non onora neppure il Padre che mi ha mandato” (8,23).
A questo punto Pilato confermò la sentenza che essi, i Giudei, avevano emesso e “consegnò loro Gesù perché fosse crocifisso”.

La via della croce (19,17-18)

Egli portando da se stesso la croce, uscì verso il luogo del Cranio, in ebraico Golgota. Lì lo crocifissero e con lui altri due uno da una parte e l’altro dall’altra, nel mezzo Gesù.
Si osservi il v. 17: l’unico soggetto è Gesù. Giovanni fa cristologia.

Gesù sembra agire di propria iniziativa; “uscì” come dal giardino “sapendo che cosa stava per succedere”, tenendosi ora ben stretta la croce per andare liberamente verso il compimento del suo destino, compiendo la sua missione per amore. Il verbo portare dice che si tratta di qualcosa veramente pesante. Il “da se stesso” sarebbe forse meglio tradurlo: “per sé”. Gesù la porta come qualcosa per lui prezioso.

Non la porta suo malgrado: “per lui – dice la Potterie – è lo strumento privilegiato della sua opera di salvezza, è il segno del suo trionfo, della sua sovranità”. San Tommaso d’Acquino dice: “Cristo porta la croce come un re il suo scettro, come segno della sua gloria e sovranità su tutti... La porta come un guerriero vittorioso porta il trofeo della sua vittoria”.

L’evangelista non si sofferma sul verbo “crocifiggere”; ci penseranno i predicatori. Gli interessa dire che era “nel mezzo”: è il posto che compete al re. Con lui ci sono due condannati, simbolo dei discepoli, destinati ad essere innalzati come Gesù. È innalzato fra cielo e terra, immagine vera dell’unico “Mediatore”.

La scritta sulla croce (19,19-22)

Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: “Gesù Nazareno il Re dei Giudei”. I capi dei sacerdoti dissero a Pilato: “Non scrivere Re dei Giudei, ma che costui ha detto: Io sono il Re dei Giudei”. Pilato rispose: “Quel che ho scritto, rimane scritto”.

Giovanni usa qui per quattro volte il verbo scrivere. Ciò significa che ha importanza per lui. Per due volte egli usa l’espressione: “era scritto” già usata per indicare il compimento delle Scritture. La scritta posta sulla croce dice che Gesù, il Nazareno, è il realizzatore di tutte le promesse.

“Molti Giudei lessero lo scritto”. Molti forse si sentirono accusati da quel cartello per aver rifiutato il loro re. Ma i loro capi no! Ancora una volta rifiutano di riconoscere questo titolo messianico e dicono a Pilato di cambiarlo. Ma Pilato rispose: “Quel che ho scritto, rimane scritto”. È la traduzione più esatta dei due perfetti greci. Essi indicano un’azione passata che continua nel presente. Pilato, malgrado il suo peccato continua a proclamare al mondo chi è Gesù: è il Re dei Giudei, il Messia, che Dio ha promesso e inviato al suo popolo. Il suo regno è formato da coloro che ascoltano la sua voce.

Preghiamo

Signore Gesù, tu sei il nostro Re, cioè Tu sei la nostra Guida, tu sei la Via, la Verità e la Vita; ti sei l’unico che dà senso alla nostra vita cristiana, alla nostra testimonianza. Fa’, o Signore che viviamo queste verità per essere in comunione con Te e il Padre nello Spirito Santo. Amen!


                                                                  
D. Mario Galizzi sdb


                                                                            +

La mattina del 27 febbraio 2007, il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente collaboratore.
Don Mario aveva 81 anni, da 57 era Salesiano e da 50 Sacerdote.

La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi.

Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghiere.



 IMMAGINI:
1 Ecce Homo, Hieronymus Bosch (1475). | Gesù è il re non di una gloria terrena e caduca. La sua corona di spine è il segno dell’amore che si dona senza cercare il consenso e l’approvazione
della folla.
2  Gesù incoronato di spine, Jan Mostaert (1510). | Gesù è veramente l’uomo sofferente che prende su di sé tutti i nostri dolori. Anche i più nascosti e umilianti. Per questo Lui sa ben comprendere la nostra povertà perché ha percorso tutte le strade dell’uomo.
3  Gesù porta la croce, Giovanni Battista Tiepolo (1737-38), Sant’Alvise, Venezia. | Nel suo Vangelo, Giovanni sottolinea il fatto che Gesù è posto in mezzo ai due ladroni. La centralità del Salvatore è data dal fatto che quello è il posto che compete al Re.



         RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008 - 9  
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