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VALDOCCO | Giovanni c. 18,28-19,1-3
Si noti che Gesù non ha pronunciato nessuna parola. Qui però è risuonata in modo solenne la fede cristiana in Gesù vero uomo: Ecco luomo è vero Dio, Figlio di Dio. Colui che va alla morte senza reagire alla violenza umana è lonnipotente Figlio di Dio che si è fatto uomo; è colui che Dio, nel suo amore, ha mandato perché il mondo fosse salvo per mezzo di lui.
Non è più un interrogatorio. Pilato non si comporta da giudice, cerca spiegazioni a quanto ha appena sentito. Per questo chiede a Gesù: Tu da dove vieni?. Ma Gesù non gli risponde. Però gli dice che quelli che lo hanno consegnato a lui hanno un peccato più grave. Per questo Pilato lo vuole liberare, ma lurlo dei Giudei gli dice che se lo fa non è amico di Cesare. E Pilato che ama troppo la gloria di questo mondo capisce che deve fare quel che dicono i Giudei. Il suo peccato è tutto qui.
Non si dice
che Pilato uscì, ma che fece condurre fuori Gesù
e lo fece sedere sullo scanno cioè sul sedile curiale,
quello riservato al giudice. La scena è veramente grandiosa.
Le parti si sono invertite; il giudicato assume il ruolo di giudice
in un tribunale romano di fronte ai Giudei. Questo è veramente
un colpo mancino di Pilato contro i Giudei. La sua carica se
vuole essere amico di Cesare lo spinge a convalidare
la sentenza del tribunale religioso, ma tutta questa scena dice
la sua ritrosia e la esprime bene quando proclama Gesù
Re davanti a tutti: Ecco il vostro Re. Lo ha intronizzato
lui. E i Giudei stufi del gioco, si misero a urlare: Via
via! Crocifiggilo. È il rifiuto totale di Re-Messia
e lo sottolineano dicendo: Non abbiamo altro re che Cesare.
È grave. Non è forse Dio il vero Re di Israele?
La loro scelta non è solo rifiuto di Gesù, ma anche
di Dio. Gesù laveva detto: Chi non onora me,
non onora neppure il Padre che mi ha mandato (8,23).
Egli portando
da se stesso la croce, uscì verso il luogo del Cranio,
in ebraico Golgota. Lì lo crocifissero e con lui altri
due uno da una parte e laltro dallaltra, nel mezzo
Gesù. Gesù sembra agire di propria iniziativa; uscì come dal giardino sapendo che cosa stava per succedere, tenendosi ora ben stretta la croce per andare liberamente verso il compimento del suo destino, compiendo la sua missione per amore. Il verbo portare dice che si tratta di qualcosa veramente pesante. Il da se stesso sarebbe forse meglio tradurlo: per sé. Gesù la porta come qualcosa per lui prezioso. Non la porta suo malgrado: per lui dice la Potterie è lo strumento privilegiato della sua opera di salvezza, è il segno del suo trionfo, della sua sovranità. San Tommaso dAcquino dice: Cristo porta la croce come un re il suo scettro, come segno della sua gloria e sovranità su tutti... La porta come un guerriero vittorioso porta il trofeo della sua vittoria. Levangelista non si sofferma sul verbo crocifiggere; ci penseranno i predicatori. Gli interessa dire che era nel mezzo: è il posto che compete al re. Con lui ci sono due condannati, simbolo dei discepoli, destinati ad essere innalzati come Gesù. È innalzato fra cielo e terra, immagine vera dellunico Mediatore.
Giovanni usa qui per quattro volte il verbo scrivere. Ciò significa che ha importanza per lui. Per due volte egli usa lespressione: era scritto già usata per indicare il compimento delle Scritture. La scritta posta sulla croce dice che Gesù, il Nazareno, è il realizzatore di tutte le promesse. Molti Giudei lessero lo scritto. Molti forse si sentirono accusati da quel cartello per aver rifiutato il loro re. Ma i loro capi no! Ancora una volta rifiutano di riconoscere questo titolo messianico e dicono a Pilato di cambiarlo. Ma Pilato rispose: Quel che ho scritto, rimane scritto. È la traduzione più esatta dei due perfetti greci. Essi indicano unazione passata che continua nel presente. Pilato, malgrado il suo peccato continua a proclamare al mondo chi è Gesù: è il Re dei Giudei, il Messia, che Dio ha promesso e inviato al suo popolo. Il suo regno è formato da coloro che ascoltano la sua voce.
La mattina
del 27
febbraio 2007,
il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente
collaboratore. La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi. Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghiere.
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