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      Giovanni c. 19,28-42
       
  GESU' CI CONSEGNA LO SPIRITO

Gesù muore (19,28-30)

Dopo questo, Gesù, sapendo che oramai tutto era compiuto, affinché si a­dempisse la Scrittura disse: “Ho sete”. Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Appena ebbe preso l’aceto Gesù disse: “Tutto è compiuto”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

Gesù si avvicina al suo destino, sapendo. Egli sa; è pienamente cosciente di quanto avviene. Non è un moribondo disidratato che chiede da bere. Egli chiede coscientemente ai suoi nemici un atto di bontà e gli danno aceto. Comunque la spugna è stata fissata a un ramo di issopo che si usava per spruzzare il sangue dell’agnello liberatore (Esodo 12,21s).

Ebbene l’issopo raccoglie questo sangue che libererà l’umanità dalla morte. Ha inizio il tema della nuova Pasqua, in relazione con l’Alleanza del Messia. Passiamo così dall’e­ven­to materiale al suo profondo significato, pensando al dialogo con la Samaritana: Colui che chiede da bere, è colui che dà da bere (4,10). “Chi ha sete, venga a me e beva”. Allora come dice la Scrittura fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno. L’e­vangelista commenta: “questo lo disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti”. Ora tutto è compiuto e Gesù, morendo, “consegnò lo Spirito”.

In nessun passo della letteratura antica si usa una formula simile per dire che uno spirò. Se Giovanni ha coniato una formula nuova, l’ha fatto per indicare il dono di Gesù. Nel momento del suo innalzamento e del suo ritorno al Padre ci ha consegnato lo Spirito. Gesù è colui che fedelmente e coscientemente ha compiuto sino in fondo la sua missione; è colui che ci ha amato e ci ama; è il Figlio che ritorna al Padre.

Il colpo di lancia (19,31-37)

Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato) chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme a lui. Venuti però da Gesù e, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco e subito uscì sangue e acqua.

Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: “non gli sarà spezzato alcun osso”. E un altro passo dice: “Fisseranno lo sguardo in colui che hanno trafitto”.

È chiaro che l’autore vuole riferire eventi storici. Ma è altrettanto chiaro che Giovanni non si limiterà a fare storia, ma presenterà gli eventi come “Rivelazione” del mistero di Gesù.

Quel sabato era oltremodo solenne, un sabato che coincideva con la Pasqua. In un giorno simile i corpi dei giustiziati non potevano rimanere appesi al palo: lo proibiva la Legge: “l’appeso è una maledizione” (Dt 21,22-23). Per essi il caso-Gesù doveva chiudersi in fretta: è l’antico che deve continuare; e invece è proprio l’antico che sta per finire, che in Gesù raggiunge il suo compimento.

Pilato acconsentì alla richiesta, ma solo a due spezzarono le gambe: erano ancora vivi. Gesù era già morto e allora fu trafitto con una lancia.
Cosa rivela questo racconto? Innanzitutto quel sangue che esce dalla ferità dice che Gesù è veramente morto, che Gesù, il Buon Pastore, ha dato la sua vita per i suoi, che li ha amati sino alla fine. Per l’evangelista quello che è capitato a Gesù non è mai un puro dato di cronaca, ma sempre qualcosa che rivela chi è Gesù. E così anche l’acqua che esce con il sangue.

Come la parola “sete”, così anche il termine “acqua” va unto a quello dello “Spirito” e dice ben di più. Non è come l’acqua del pozzo di Giacobbe che non servì nel giorno della Samaritana e neppure l’acqua di Betzatà, servì invece quella della piscina di Siloe, cioè dell’Inviato, che guarì il Cieconato. Ora l’acqua che esce dal costato di Cristo è certamente quella dell’Inviato dal Padre e perciò è un’acqua che dona la salvezza e che è segno dello Spirito. Ma il senso non si esaurisce qui, esso viene completato dal tema del “Tempio”. Non si può non richiamare qui il passo di Ezechiele 47, dove si dice che dal nuovo tempio di Dio usciva acqua con tale abbondanza che donava vita al deserto.

Ebbene, ora è Gesù il vero, nuovo e definitivo Tempio di Dio, il vero e unico luogo di incontro con il Padre. Se il sangue dice che Gesù, morendo, dona la vita, l’acqua dice che il suo andare dal Padre ci dona lo Spirito. Osservando poi il fatto che a Gesù non furono spezzate le gambe, si deve prendere atto che Gesù è il vero Agnello pasquale che in quel momento si stava sacrificando nel Tempio: “Non gli verrà rotto neppure un osso”.

Infine vi è la citazione di Zaccaria 13,10: “Fisseranno lo sguardo in colui che hanno trafitto”. Il testo del profeta è unito al concetto del “Pastore rifiutato” da Israele. La parola del profeta dice la fede e la speranza dell’evangelista che tocca con mano nella sua comunità come molti guardano il Trafitto. Sono i figli di Dio dispersi che trovano in lui e lo troveranno nei secoli, il centro della loro unità.

La sepoltura (19,38-42)

Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo, quello che in precedenza era andato da lui di notte e portò un centinaio di libbre di una mistura di mirra e di aloe.

Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende insieme con aromi, come usano fare i Giudei per la sepoltura. Ora nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era ancora stato posto. Là dunque poiché era il giorno della Preparazione dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino posero Gesù.

Qui c’è Giuseppe di Arimatea, mai sentito prima. È lui che osa andare da Pilato. Non si preoccupa di celebrare la Pasqua; il contatto con un morto rende impuro (Nm 19,11-13), ma si tratta del corpo di Gesù per lui più prezioso di ogni altro bene. Non può finire nella fossa comune: dev’essere sepolto in modo onorifico. E così vuole anche Nicodemo, di cui si è già parlato due volte (4,1-14; 7,50.52).

Ora i due si fanno coraggio: uno va da Pilato, l’altro si procura più del necessario: bende di lino, cento libbre di aromi tra mirra e aloe, quegli aromi che si usavano per la stanza nuziale, non per i morti. È un’incredibile quantità di cose preziose, ma ora non c’è Giuda che si lamenta (12,4-6). Per loro Gesù si merita questo ed altro: dev’essere sepolto con sfarzo regale, la sua tomba dev’essere profumata come quella di uno sposo.

Ed ecco, il sepolcro è in un giardino, luogo della vita; è tutto nuovo: nessuno vi è mai stato sepolto. Sembra fatto apposta per Gesù così ben tagliato nella roccia: è il seme che va sottoterra che si prepara a una nuova vita. Anche in tutto ciò si compie la Scrittura: “Con il ricco fu il suo tumulo” (Is 59,9). Giovanni non si smentisce: anche qui continua a proclamare la grandezza e la regalità di Gesù.
Preghiamo
Signore, come sei apparso maestoso durante la tua passione. Però non possiamo dimenticare le tue sofferenze; esse sono segno che ti sei donato sino alla fine. Ed è questo che conta. Perciò ti supplichiamo: Fa’ che ogni sacerdote e annunciatore del Vangelo sappia essere nella vita un dono totale per gli altri. Amen!

                                                                                                          
D. Mario Galizzi sdb


                                                                            +

La mattina del 27 febbraio 2007, il Signore ha chiamato a sé Don Mario Galizzi nostro valente collaboratore.
Don Mario aveva 81 anni, da 57 era Salesiano e da 50 Sacerdote.

La sua competenza in campo biblico, la sua spiritualità semplice, familiare, profondamente ottimista e gioiosamente salesiana ne facevano un uomo di Dio apprezzato e ricercato. La sua visione fraterna della comunità credente, la sua fedeltà alla Tradizione e il suo spirito gioviale si riversavano nei suoi scritti, apprezzati e diffusi in molti Paesi.

Studioso, predicatore, missionario e innamorato della Scrittura, ora Don Mario ascolta la Parola che ha annunziato e continua ad essere presente in mezzo a noi anche con il suo prezioso lavoro preparato già da tempo per i lettori della nostra Rivista. Mentre continueremo a nutrirci delle sue impareggiabili riflessioni, ricordiamolo nelle nostre preghier



 IMMAGINI:
1  Gli eventi accaduti presso la Croce e descritti da Giovanni non hanno solo un valore storico. Sono eventi che rivelano la missione di Gesù.
2
La Deposizione, Raffaello (1507), Galleria Borghese, Roma. | Il sepolcro è un giardino, un luogo di vita, tutto è nuovo, nessuno vi è mai entrato. La tomba è il luogo in cui viene deposto il seme per una nuova vita.



         RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2009 - 1  
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