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VANGELO DI GIOVANNI: C. 20,19-31:
INVIATI DI FEDE E DI PACE


Un incontro che si fa missione (20,19-23)

La sera del primo giorno della settimana, mentre le porte dove si trovavano i discepoli erano state chiuse per paura dei dirigenti giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono nel vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me io mando voi”. Detto questo, soffiò su di loro e disse: “Ricevete Spirito Santo. Coloro a cui rimetterete i peccati saranno perdonati; coloro a cui non perdonerete non saranno perdonati”.

La voce di quanto è capitato quella mattina si è rapidamente diffusa tra i discepoli e li ha riuniti, anche se per paura dei Giudei hanno sbarrato bene le porte. Questo non impedisce a Gesù di rendersi presente in mezzo a loro e di donare loro il suo saluto: “Pace a voi!”. Gesù è ormai “Colui che viene” e lo sarà sino alla fine del mondo. Egli si rende presente dove ci sono due o tre riuniti nel suo nome.

“Si rese presente”. Non si descrive nessun passaggio attraverso le porte e nessun movimento dalla porta al centro della sala. Solo si afferma che rese visibile la sua presenza e “mostrò loro le mani e il costato”. Colui che soffrì la passione e li amò sino alla fine, ora è di nuovo con loro. Ha mantenuto la sua parola: “Vi rivedrò e il vostro cuore gioirà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (16,22).
Ed eccoci al secondo momento della scena. Gesù ripete il suo saluto: “La pace sia con voi”, ma poi aggiunge: “Come il Padre ha mandato me, io mando voi”.

E perciò per i discepoli è ora possibile la missione: “Io vi ho scelto perché andiate a portiate frutto e il vostro frutto sia duraturo” (15,16). Sono mandati come lui è stato mandato. Quindi su di loro pesa lo stesso comandamento del Padre a cui Gesù si è attenuto: “Dare la vita”. Amare come egli ha saputo amare sino alla fine. Però per essere capaci debbono essere ricreati da Spirito Santo e Gesù glielo dà; segno che è già risalito al Padre: “È bene per voi che io me ne vada altrimenti non verrà a voi lo Spirito”. Sono inviati nel mondo per riunire i figli di Dio dispersi (11,52), per fare un solo gregge sotto un solo Pastore (10,16).

Per questo ricevono il potere di rimettere il peccato. È un potere destinato a discernere chi davvero si allontana da un mondo di peccato per aderire a Gesù, da chi non vuole aderire. La verità consolante è che nel mondo esiste il perdono dei peccati (vedi Lc 24,47) e che questo potere è stato dato agli uomini (Mt 9,7).

Beato chi crede senza aver visto (20,24-29)

Tommaso, uno dei dodici chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore”. Ma egli disse: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e la mia mano nel suo fianco, non credo”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi”. Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo ma credente”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”. Gli disse Gesù: “Perché mi hai veduto tu hai creduto; beati quelli che credono pur senza avere visto”.

Otto giorni dopo alla presenza di Tommaso, la comunità proclama la sua fede in Gesù risorto e dice a Tommaso: “Abbiamo visto il Signore”. Ma lui non condivise la fede della comunità. Voleva un’esperienza diretta e forse non aveva torto: era anche lui uno dei Dodici. Si dimostra incredulo di fronte a un fatto che esige una fede radicale. E Gesù, come otto giorni prima, si rese visibilmente presente in mezzo a loro.

Era già lì. Non aveva bisogno di passare da nessuna parte per entrare. Egli è già presente quando i suoi sono tutti riuniti nel suo nome e dona la pace. Gli altri non avevano più bisogno di vederlo. Tommaso sì. Gesù si è reso visibile per lui e vuole convincerlo che non è un fantasma. Le sue parole suonano a sfida: “Guarda..., toccami”, ma sono piene di bontà: “e non continuare a essere incredulo, ma credente”. Come a Maria bastò sentirsi chiamare per nome (20,16), a Tommaso bastarono queste ultime parole per dire tutta la sua fede: “Signore mio, e Dio mio”.

È una fede che si ripete nei secoli. È l’espressione della fede personale e comunitaria. Essa nasce dai fatti concreti; è ben radicata negli eventi storici. L’insistenza di Giovanni sulle ferite di Gesù; sui segni della sua passione, dice che la fede nella divinità di Gesù nasce dall’esperienza di ciò che hanno visto, udito e toccato; dall’avere costatato che Gesù li ha davvero amati sino alla fine. Tutto ciò li ha portati a credere nella parola di Gesù: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora di nuovo torno al Padre e lascio il mondo” (16,28): “Io e il Padre siamo uno” (10,30). La Risurrezione ha sancito per essi la verità di tutte le sue parole ed essi hanno creduto che Egli fin dal principio era presso Dio, era Dio” (1,1). Così, il Vangelo finisce con lo stesso atto di fede con cui era iniziato.

Chiusura (20,30-31)

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo abbiate la vita nel suo nome.

Importante è la parola segno, tante volte resa con “segni miracolosi o meravigliosi”. Traduzioni possibili purché si insista sulla parola “segno” che serve sempre a rivelarmi qualcosa d’altro; in concreto nel Vangelo di Giovanni, l’identità di Gesù. L’autore ci tiene a sottolineare che ha raccontato solo alcuni segni non tutti, e che lo ha fatto per fondare solidamente la nostra fede in Gesù, il Cristo e il Figlio di Dio.
Con queste parole si chiude il Vangelo di Giovanni poiché il capitolo 21 di per sé non è suo.

Preghiamo

Signore, quanta gioia e quanta speranza hai diffuso nel mondo con la tua Risurrezione. Donaci di diffondere nel mondo questa gioia e questa speranza. Fa’ che tutti capiscano che la vita non è un camminare verso il nulla, ma verso un incontro con Te e il Padre nello Spirito; verso una gioia infinita. Che la nostra parola convinca tutti a non pensare alla morte, ma alla gioia di incontrarsi con Te.
                                                                                                 
Mario Galizzi SDB


  IMMAGINI:
1
Incredulità di San Tommaso, Caravaggio (1601), Bildergalerie, Potsdam.
2  
A metà del VI secolo, il mercante egiziano Cosma Indicopleuste scrive di aver trovato nell’India meridionale gruppi inaspettati di
cristiani; e di aver saputo che il Vangelo fu portato ai loro avi da Tommaso apostolo.


      
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2009 - 5  
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