Il Dottore
della Legge gli chiede:
Chi è
il mio prossimo? e Gesù, portando la questione dal
piano teorico a quello pratico, a sua volta gli domanda: E
tu da che parte stai?. Il rovesciamento delle parti, linterrogante
diventa linterrogato, avviene con un racconto. È
la parabola degli incontri tra persone in cammino.
Forse questa
ambientazione fu suggerita a Gesù dalla sua situazione.
Anche lui, infatti, si trovava sulla via. Anche lui si stava
recando a Gerusalemme (Lc 9,51-19,28), dove si sarebbe fatto
nostro prossimo offrendo se stesso in riscatto per la nostra
salvezza.
Nella figura
del Samaritano è perciò adombrato Gesù stesso
che ci ha dato per sempre la misura più alta dellamore
per gli altri: dare la vita.
Sulla strada
che conduce allamore
Ventisette
chilometri: tanto era lunga la strada che da Gerusalemme, a 750
metri daltezza, scendeva alla piana di Gerico, costruita
a 350 m sotto il livello del mare. Via impervia e pericolosa,
che esponeva realmente il viandante a saccheggi operati da malfattori.
Con Gesù,
quella strada diventa il palcoscenico sul quale si oppongono
due scene: luna penosa, laltra grandiosa. Nella prima,
la carità è bloccata e come uccisa da chi per vocazione
avrebbe dovuto praticarne il precetto amando Dio, senza però
trascurare il proprio prossimo (Dt 6,5; Lv 19,8).
Che cosa blocca
e fa morire lamore?
Lo spettacolo si fa, invece, grandioso quando la carità
è viva e trionfa grazie ad una anonima persona, identificata
per lappartenenza ad un popolo quello Samaritano
che non poteva relazionarsi con i Giudei, ed è
proprio un uomo della tribù di Giuda che ora giace percosso
e denudato sulla strada.
Pregiudizi
secolari e rivalità religiose avevano innalzato un invalicabile
muro tra persone delle due etnie, che pur vivevano sotto lo stesso
cielo ed adoravano lo stesso Dio! Che cosa sblocca e fa vivere
lamore?
La strada
dellamore
I vv. 33-35
sono centrali nella narrazione. Avviciniamoci ad essi per scoprire
una doppia serie di verbi: la prima di carattere fondante, la
seconda più pratica.
Passare accanto, vedere ed avere
compassione sono le prime azioni con le quali misurarci.
Avere compassione è il comportamento che fa
la differenza. Attestato in greco nella forma esplanchnisthe,
esprime il movimento improvviso delle viscere che si contraggono
per una emozione particolarmente forte. È il verbo col
quale solitamente si esprime la misericordia che Dio per primo
prova per il suo popolo (cfr. 1,78).
È il
verbo che descrive perfettamente Dio: uno che prova compassione
per lumanità. Ebbene, il Samaritano è un
uomo che fa spazio al sentire stesso di Dio, lo assume in sé
sino a farlo proprio. Anche il Levita ed il Sacerdote erano passati
accanto al malcapitato e lo avevano visto, ma la loro capacità
di amore era stata bloccata dal loro non-mettersi dalla parte
di Dio.
Il Samaritano,
invece, fatto spazio allimitazione di Dio ed attivato il
dinamismo della carità, potrà invece praticarla.
Ecco, allora, la seconda serie di verbi: farsi vicino;
versare olio e vino farmaci antichi
sulle ferite, fasciarle, caricare sullasino
quel povero uomo, pagare con i propri soldi e garantirne altri
affinché ogni cura gli fosse prestata.
La strada
di Dio
Con il racconto
di tali incontri di strada, Gesù glissa sul Chi
è mio prossimo?, come a dire Non ingannatevi:
è una falsa domanda! Tutti sono il tuo prossimo,
e si concentra sul come amare mettendo a disposizione
tutto in modo abbondante e sul perché amare, vale
a dire ad imitazione di Dio.
Questa è
la carità nellintendimento di Gesù. Non un
principio su cui discutere, ma una manifestazione di Dio stesso
da mettere in pratica. Dio è amore e nessuno potrà
mai dire di amare Dio che non vede, se non ama il proprio fratello
che vede! Non a caso tutto linsegnamento si raccoglierà
in quel lapidario ed intrigante: Vai e anche tu fa
lo stesso.
Dovremo ancora
apprendere che per il raggiungimento della migliore qualità
della carità sarà decisivo non anteporre nulla
allascolto della Parola. Sarà quanto Gesù
avrà da insegnare a Marta in occasione del festoso banchetto
imbandito in casa di quei cari amici: racconto che non a caso
segue immediatamente quello del Buon Samaritano,
divenendone come il prolungamento e la più pertinente
conclusione (10,38-42).
Marco ROSSETTI SDB