Il compito
più importante del discepolo è imparare chi sia
Gesù. Viene il momento in cui egli non si accontenta più
di vaghe opinioni su di sé o di entusiasmi, ma esige una
risposta che ci coinvolga fino in fondo.
Un Maestro
che interroga?
All'inizio
del Vangelo Marco ci aveva confidato di voler scrivere su Gesù
perché lo si riconosca come il Cristo ed il Figlio di
Dio. Per questo egli ci ha fatto camminare dietro al Signore
in Galilea: per ascoltarlo, per vedere le cose da lui compiute,
per capire chi lui sia. Sui passi del Maestro giungiamo ora ad
un momento di svolta: egli prima di iniziare il cammino verso
Gerusalemme, chiede agli Apostoli di prendere posizione nei suoi
confronti: "E voi chi dite che io sia?" (Mc 8,27-30).
Il brano è tanto breve quanto intenso. Quando noi lo leggiamo
diamo per scontato che sia normale per un maestro interrogare
i propri discepoli. Non era però questa la consuetudine
presso i Giudei, per i quali a fare domande dovevano essere i
discepoli e non viceversa! Un comportamento strano quello di
Gesù volto ad un obiettivo chiaro: provocare una risposta
sulla propria identità. A lui l'iniziativa del chiedere,
a noi, insieme agli Apostoli, la sfida della risposta.
A Cesarea di
Filippo
La condotta
di Gesù continua a sorprenderci anche nella scelta del
luogo in cui il fatto avvenne. Egli infatti non si rivolge agli
Apostoli a Cafarnao, luogo in cui abitualmente risiedeva, né
lo fa in un'altra delle cittadine che visitava; non li interroga
neppure in una sinagoga, dove era solito entrare. Niente di tutto
questo. Gesù si spinge invece fino ai villaggi di Cesarea
di Filippo e li interpella "per strada". Per quale
ragione recarsi in una città tanto lontana, posta all'estremo
Nord dell'Antica Palestina, per di più tra gente che non
adorava neppure il Dio di Israele, ma le divinità pagane?
Perché rivolgere ai "Dodici" delle domande tanto
importanti proprio lungo il cammino? Forse perché Gesù
voleva sentirsi libero da Scribi e Farisei che lo controllavano?
Forse perché non voleva essere confuso con altri falsi
messia che circolavano al suo tempo? Forse, ma non solo. Così
facendo Gesù desidera mostrare in realtà che egli
è venuto per tutti, anche per i più lontani. Il
suo audace e meraviglioso modo di fare ci insegna che nessuna
persona, nessun luogo può essere così inadatto,
squalificato ed ultimo da essere escluso dalla sua presenza!
Non sarà dunque un caso che il Signore scelga un luogo
tanto disdicevole come la croce per rivelarsi come il Salvatore
toccando il cuore di un soldato pagano che lo riconoscerà
come il Figlio di Dio! Non un caso, ma l'estremo insegnamento
sul suo saper dar valore a ciò che noi riteniamo senza
valore.
Per sapere davvero chi sia Gesù e per diventare suoi discepoli
è necessario mettere da parte la nostra logica, le abitudini,
i luoghi stabiliti, le convenzioni, le discriminazioni degli
altri, perfino la non accettazione di ciò che di noi detestiamo
ritenendolo non adatto al Signore: solo così gli permetteremo
di venirci ad incontrare dove vuole.
Lasciare che
Gesù interroghi
Vi invito ora
ad entrare nel dialogo tra Gesù e i "Dodici".
Nella prima domanda egli chiede quali opinioni la gente avesse
di Lui ed apprende che il popolo lo stima, ma che ha le idee
confuse, dato che lo considera uno dei tanti profeti inviati
da Dio. La seconda domanda vibra forte nel cuore degli Apostoli.
È formulata in modo sobrio e coinvolgente: "Voi chi
dite che io sia?". Non si tratta più di riferire
opinioni di altri, ma le proprie, la propria esperienza di Gesù.
La risposta, vibrante come la domanda, viene da Pietro che parla
a nome di tutti: "Tu sei il Cristo". Marco non ci dice
su cosa Pietro la fondi, lo scrive però Matteo affermando
che essa viene da Dio.
Il successivo ordine a non dire a nessuno quella risposta ci
fa capire che essa non era ancora completa, pur essendo giusta
e gradita a Gesù. E' giusta perché Pietro non mette
il Signore tra gli altri profeti, ma riconosce in lui una persona
unica che non deve essere confusa con nessun altro. È
incompleta perché l'Apostolo stenta a capire il motivo
per cui Cristo debba soffrire e morire prima di essere glorificato.
Imparare Gesù
da Gesù
Pietro ed i
"Dodici" iniziano a capire qualcosa sulla persona di
Gesù perché si lasciano interrogare da lui. Questo
vale allo stesso modo per noi. Il chiedere spetta a Gesù,
nostro è piuttosto il compito dell'ascoltare e del lasciarci
interrogare. Anche questo ci costituisce come discepoli credenti.
Soltanto dalla comunità che nello Spirito ascolta ed accoglie
le domande del Signore, verrà a ciascuno la capacità
e la forza di rispondere. Chi non ascolta Gesù, non saprà
mai chi egli veramente sia. Chi non si lascia interrogare dal
Signore, non saprà mai cosa egli voglia da lui! Il rischio
di chi non ascolta e fa solo domande consiste nel non progredire
nella fede accontentandosi di quello che già conosce di
Cristo. Il pericolo sta nell'avere di lui qualche opinione, travolgenti
entusiasmi, ma non fede solida. Gesù però è
il nuovo che sempre ci chiede di imparare e di far spazio alla
sua novità. Disponiamoci ad imparare Gesù
da Gesù!
Marco ROSSETT sdb /
rossetti.rivista@ausiliatrice.net