Cosa significa camminare
dietro a Gesù che sceglie di percorrere la via della debolezza
per darci la salvezza? Un dialogo serrato tra lui e Pietro ci
rivela che il cammino del discepolo deve essere di totale condivisione
con la scelta del Maestro.
Gesù
è il Cristo
Quanta strada
gli Apostoli avevano fatto per capire chi fosse Gesù.
Pietro a nome di tutti a Cesarea di Filippo lo aveva professato
"il Cristo", il Messia. Da quel giorno Gesù
iniziò la sua discesa verso Gerusalemme, cioè verso
la sua Pasqua. Quanta strada avrebbero però ancora dovuto
percorrere i Dodici per comprendere che tipo di messia egli fosse!
Per un Giudeo - e gli Apostoli lo erano - una cosa era chiara:
il messia atteso da Israele era una figura potente, che con il
vigore concessogli dal Signore avrebbe restituito al popolo eletto
libertà dai regni stranieri. Era dunque loro ferma convinzione
che il messia non potesse che essere forte, glorioso; che fosse
debole non era contemplato in alcun modo. Per altre due volte
Gesù sentì la necessità di ripetere l'insegnamento
sul suo essere Messia rivestito di debolezza (9,30-32; 10,32-34),
ma per altrettante volte i Dodici non capirono. Solo al culmine
del cammino, illuminati dalla presenza del Risorto che li mandava
a proclamare il Vangelo, i loro occhi si aprirono veramente per
comprendere il significato ed il valore del cammino di debolezza
e della croce percorso dal loro Maestro e Signore.
L'insegnamento
nuovo
Chiunque abbia
letto con attenzione il Vangelo di Marco, resterà sorpreso
che egli, giunto alla metà del suo racconto, scriva: Gesù
"incominciò ad insegnare loro". Forse che prima
d'ora Gesù non aveva mai offerto insegnamenti ai Dodici?
Certo che ne aveva dati! L'Evangelista vuol piuttosto farci capire
che questo insegnamento è da ritenersi tanto importante
da segnare un punto di svolta nella storia della sequela e da
dover essere considerato come un secondo inizio del suo Vangelo.
Qual è dunque il motivo di tanta importanza e novità?
Gesù sente il dovere di insegnare che il Cristo che egli
realmente è "deve" soffrire, essere riprovato,
essere ucciso e risorgere. La sua non è insomma da subito
la via della grandezza, ma deve essere quella della debolezza
e della sofferenza fino alla morte: solo così egli perverrà
alla gloria che Dio gli darà. La decisività di
questo insegnamento viene ancora segnalata da Marco quando scrive
che Gesù pronunciò quelle parole "apertamente",
in modo chiaro, ossia senza mezzi termini né addolcimento
alcuno. La lezione di Gesù sul suo destino di morte e
di gloria è proprio il cuore di tutto il suo Vangelo.
Non si può
rifiutare l'insegnamento nuovo
Il discepolo
che non condivide ed accoglie le parole del Maestro sulla sua
sorte, rifiuta il Vangelo stesso. La posta in gioco è
alta! Pietro però per il momento non riesce né
ad accogliere né a condividere quanto Gesù ha appena
detto. Marco scrive infatti che l'Apostolo, dopo aver preso in
disparte Gesù, lo rimprovera per quello che aveva detto,
ma non ne riporta le parole pronunciate; lo fa Matteo. Leggiamole:
"Dio non lo voglia, Signore; questo non ti accadrà
mai" (Mt 16,22). È questo il tono con cui Pietro
richiama Gesù: lo fa perché lui sa che il messia
di Israele non può essere un debole; lo fa anche perché
teme per se stesso: sa bene infatti che la sorte del discepolo
è quella del Maestro! Con ardore Pietro si oppone al Gesù,
ma con altrettanto impeto costui lo riprende. A differenza dell'Apostolo,
il Signore parla ora davanti a tutti. Anzi, l'Evangelista per
farci capire che Gesù non intende solo rimproverare Pietro,
ma anche gli altri Apostoli che in fondo la pensavano come lui,
scrive che Gesù "voltatosi e guardando i suoi discepoli"
parla.
Nessuna scorciatoia
per chi segue il Signore
Ci saremmo
aspettati parole di biasimo, un "Volete andarvene anche
voi?" insomma! Gesù però non si comporta così.
È vero rimprovera gli Apostoli e Pietro: "Va' dietro
a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo
gli uomini". Espressioni dure, ma volte ad un unico scopo:
nessuno deve perdersi di quelli che lui aveva chiamato a seguirlo.
Nessuno, tantomeno Pietro cui egli aveva affidato una dignità
ed un compito davvero unici. Gesù deve però compiere
il progetto che il Padre gli ha affidato: pertanto se Pietro
glielo impedisce diventa per lui un ostacolo, un vero tentatore
che cerca in ogni modo di stornare la sua volontà e decisione
a salvare tutti passando però per la debolezza, la sofferenza
e la morte! Tutto questo in ossequio alla volontà del
Padre. Gesù non può in alcun modo permettere a
Pietro di mettere al posto del progetto di Dio un altro progetto
più comodo, una scorciatoia. Per questo gli dice: "Rimani
con me, ma riprendi il tuo esatto posto nella sequela, quello
che ti avevo assegnato quando sulle rive del mare di Galilea
ti chiamai e ti dissi "Su! dietro di me"".
Per essere discepoli autentici bisogna totalmente lasciarsi coinvolgere
nel progetto della salvezza che Cristo Gesù ha vissuto
fino in fondo, bisogna entrare in una situazione di totale condivisione
con la sua sorte: come il Maestro possiamo dirci disponibili
a passare per il crogiolo della sofferenza, a preferire la via
della debolezza? A darci la gloria ci penserà poi il buon
Dio.
Marco ROSSETT sdb /
rossetti.rivista@ausiliatrice.net