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LEGGIAMO I VANGELI:
   
Invitati alla gioia



Nella lettera ai Filippesi (4,4-7)
S. Paolo scrive: "Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti". Tutti siamo desiderosi di gioia e siamo contenti di poter ricevere un tale invito, carico di molte promesse, proprio alla ripresa di una nuova stagione.

Una lettera curiosa …

È a motivo di un'intima amicizia tra Paolo ed i Filippesi che la lettera scritta per loro è molto diversa dalle altre: segue decisamente le vie del cuore e questo la rende un testo quanto mai caldo e dai toni confidenziali. Dopo aver dato informazioni sulla propria vita ed aver ringraziato per un aiuto economico che aveva ricevuto da quella comunità cristiana, l'Apostolo indirizza un invito ad essere lieti, gioiosi (4,4-7). Per comprendere la forza e la verità di queste parole si consideri che una tale esortazione nasce dall'animo di un uomo che nel momento in cui scrive si trova a Roma (60-61 d.C. ca.) ridotto ad uno stato di semi libertà, in attesa di giudizio: eppure vive nella gioia più vera perché sa di aver pronunciato la sua decisione per Gesù. È quanto Paolo stesso ci racconta con parole indimenticabili nella Lettera ai Galati: "Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me" (2,19b-20).

… per esortare alla gioia

L'Apostolo esorta con tanta vivacità alla gioia perché è fermamente convinto che essa sgorghi unicamente dal Signore Gesù: egli non mancherà infatti di prendersi cura di ciascuno fino al giorno in cui ritornerà (v. 5). Paolo afferma che quel giorno "è vicino". Lo scrive non perché sappia quando verrà, ma perché vuol rinnovare in noi la convinzione che quel giorno sta già venendo e che mentre si avvicina imprime nel nostro quotidiano una prospettiva entusiasmante: camminiamo ogni momento verso il Signore che innesta nella nostra vita un seme di vita nuova ed eterna! L'esortazione alla letizia trova spazio proprio in questo nostro oggi riempito dalla presenza di Cristo: si tratta di una gioia che si radica in persone che si scoprono amate, proiettate verso l'eternità, inserite dal Padre nel vivo di un progetto di amore e di salvezza che trova il suo punto di forza in Gesù. Per capire questo vi suggerisco di leggere il grandioso inno a Cristo, perla preziosa di questa lettera: in esso Paolo scrive del Signore che, pur essendo Dio accetta di "svuotarsi", assume la condizione di servo, diventa uomo, si fa obbediente fino alla morte e per questo da Dio viene esaltato e reso degno di ogni lode (Fil 2,5-11).

Due preziosi suggerimenti

Paolo esorta alla letizia ed afferma che essa non deve essere però un sentimento solo intimo, bensì concreto, palpabile; bisogna che le persone vedano la nostra gioia e ne traggano beneficio. In che modo questo può essere realizzato? L'indicazione va nel senso del rendere visibile la gioia attraverso l'"amabilità" (v. 5). Si tratta di una luminosa qualità della persona che si mostra nella gentilezza, nella magnanimità, nell'essere cordiali con gli altri agevolando la loro relazione con noi.
L'esortazione alla letizia poi continua con un secondo suggerimento prezioso: fin tanto che attendiamo il giorno in cui il Signore Gesù tornerà, sappiamo quanto la nostra gioia sia messa alla prova: le preoccupazioni della vita, le sofferenze fisiche e morali, il dolore del mondo ci fanno sentire impauriti, ci agitano, ci rattristano e rischiano di farci allontanare da Dio. Cosa fare? S. Paolo ci dice che dobbiamo aiutarci con la preghiera di supplica e di ringraziamento (v. 6). La gioia perché non si affievolisca o, peggio, perché non si spenga nell'attesa di Cristo, deve essere fortemente sostenuta dalla preghiera. Così come tutti i doni ricevuti dal buon Dio vanno coltivati, allo stesso modo anche la gioia si sottopone a questa regola di responsabilità personale. Chi non prega non può essere costantemente gioioso in Cristo, né può gradualmente inserirsi in lui, protendersi verso lui, scoprirsi amato e salvato. Chi non prega con costanza cercherà sempre altrove, in altri, in altre cose le ragioni di una gioia che non sarà mai capace di soddisfarlo.

La pace di Dio

Paolo ci assicura infine che se nutriremo la gioia con la preghiera, allora sgorgherà nel nostro cuore la "pace di Dio" (v. 7), una pace intima che sarà capace di custodire da ogni agitazione e preoccupazione il nostro cuore e la mente, la capacità di decidere e di pensare secondo Cristo. Si tratta di una pace talmente sovrabbondante da superare "ogni intelligenza", ossia da non poter essere spiegata umanamente: essa è di Dio, è da Dio, è il suo dono a chi corrobora la gioia con la preghiera.
Essere colmi di gioia divenendone portatori credibili è questione che tocca il cuore del nostro essere cristiani. Dobbiamo pertanto trovare occasione per chiederci se siamo sinceramente uomini e donne gioiosi, se siamo ricercatori della letizia più vera, quella che dura per sempre perché viene soltanto dal Signore Gesù. Non ci manchi infine il sostegno reciproco a coltivare la preghiera perché la gioia e la pace di Dio rimangano in noi.

*** Ecco l'articolo in PDF

                                                         
Marco ROSSETT sdb / rossetti.rivista@ausiliatrice.net




      RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2012 - 06
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