CHI
E' E COME SI FORMA IL CRISTIANO?
La Chiesa del primo Millennio, dice il Papa nella
sua Lettera Apostolica: Tertio Millennio Adveniente n. 37, nacque dal
sangue dei martiri. Fu quella seminagione di martiri, fu quel patrimonio
di santità, che caratterizzò le prime generazioni cristiane,
la causa dello sviluppo della Chiesa quale si realizzò nel primo
Millennio. Al termine del secondo Millennio la Chiesa è diventata
nuovamente Chiesa di martiri. Nel nostro secolo sono ritornati i martiri.
Le persecuzioni nei riguardi dei credenti sacerdoti, religiosi,
laici hanno operato una grande semina di martiri in varie parti
del mondo. La testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del
sangue è diventata patrimonio comune di tutti i cristiani, cioè
di tutti i credenti in Cristo: cattolici-romani, ortodossi, anglicani
e protestanti. Questo ecumenismo dei martiri e dei santi è forse
il più grande motivo di speranza non solo per lecumenismo,
ma anche per lintero sviluppo della Chiesa nel terzo Millennio.
Ne siamo degni? Ascoltiamo quanto dice la Lettera agli Ebrei, dopo aver
ricordato i testimoni (i martiri) della fede da Abele a Cristo (c. 11),
ai quali noi possiamo aggiungere la lunga serie dei martiri e santi
cristiani di questi venti secoli: Circondati da un così
gran numero di testimoni... corriamo con perseveranza la corsa che ci
sta dinanzi fissando lo sguardo su Gesù... Pensate attentamente
a lui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità
dei peccatori perché non vi perdiate danimo. Non avete
ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato
(Eb 12,1-4).
Per essere veri cristiani dobbiamo come Gesù lottare contro il
peccato, cioè il male che cè nel mondo. Così
hanno fatto tutti i testimoni della fede che ci hanno preceduto. Ma
per realizzare questo in pienezza dobbiamo forse, e innanzitutto, riprendere
coscienza del nostro essere cristiani e chiederci: Siamo disposti ad
essere come loro? O dobbiamo rivedere il nostro essere cristiani? e
forse dirci lun laltro: Ritorniamo ad essere veri cristiani!
LAnno Giubilare ci impone queste domande perché celebrare
un Giubileo, nel senso originario della parola, significa ritornare
alla situazione precedente, cioè al senso vero del nostro essere
cristiani. Lo ha detto il Papa quando ha inaugurato il restauro della
facciata della Basilica di San Pietro: Il nostro godimento dinanzi
a questo capolavoro restaurato non può essere solo di carattere
estetico, ma deve aprirsi al fascino esteriore della realtà significata.
E appellandosi al nostro essere pietre vive, membra attive delledificio
spirituale che è la Chiesa ha detto che lo stesso restauro
deve diventare metafora della conversione e revisione di vita,
cui ogni fedele è chiamato per poter incontrare Cristo in maniera
profonda e beneficiare appieno dei frutti dellAnno Santo.
A questa revisione vogliamo dedicare alcuni articoli, tenendo presente
la domanda iniziale, per aiutarci insieme a un vero confronto con Cristo
e a risvegliare in noi tutta la bellezza e la gioia di essere cristiani.
Ecco allora la prima domanda:
Chi è
il cristiano?
Il Nuovo Testamento ci chiama
così solo tre volte (At 11,26; 26,28; 1 Pt 4,16). Ed è
interessante constatare che non sono i discepoli di Cristo
che si sono dati questo nome; glielhanno dato i pagani.
Il testo di At 11,26 dice che ad Antiochia di Siria i discepoli
furono chiamati cristiani. Coniando questo appellativo,
essi hanno voluto indicare i seguaci di Cristo. Da ciò
è chiaro che se vogliamo rispondere alla domanda: Chi
è il cristiano?, dobbiamo chiederci: Che cosa significa
essere discepolo di Cristo? La risposta può essere data
solo partendo dal binomio maestro-discepolo, perché non
cè discepolo senza maestro, e viceversa. E nel nostro
caso il Maestro è Cristo Gesù.
Gesù-maestro
È sorprendente! Appena
si apre il Vangelo secondo Marco, al primo apparire in pubblico
di Gesù la gente rimane stupita del suo insegnamento
perché insegna loro come uno che ha autorità e
non come gli scribi (cioè non come i loro maestri)
(Mc 1,22). Gesù passava come un vero maestro, perché
vedevano che era circondato da un gruppo di discepoli (Mc 1,16-20).
Per questo nessuno gli poteva negare il titolo di Maestro, e
i non-discepoli lo chiamano così per ben 28 volte.
Ma se continuiamo a leggere i Vangeli ci accorgiamo che la distinzione
neotestamentaria tra Gesù-Maestro e gli altri maestri
è netta. Questi erano disposti a considerarlo alla pari.
Nicodemo gli dice: Rabbi, sappiamo che sei un maestro venuto
da Dio (Gv 3,2). Riconosce in lui un inviato da Dio, ma
lo tratta come un maestro simile agli altri. Gesù gli
dà lo stesso titolo, ma gli dice: Sei un maestro
in Israele e non sai queste cose?. E ad altri maestri dice:
Non avete letto... (Mt 12,3.5; 19,4; 21,42); Voi
siete in errore... Non conoscete le Scritture... Non avete mai
letto...? (Mt 22,29.31; Mc 12,24.26). È laccusa
più dura che si poteva fare a simile gente. Di qui la
loro lotta senza quartiere contro Gesù.
Come Maestro Gesù era superiore agli altri, fino al punto
che la gente si accorse che non poteva incasellarlo nella sola
categoria di maestro. Il giorno dellentrata trionfale in
Gerusalemme a chi chiedeva: Ma chi è costui?,
diceva: È il profeta, Gesù di Nazaret di
Galilea. (Mt 21,15). E i capi che cercavano di catturarlo
avevano paura della folla perché lo considerava un profeta
(Mt 21,46). Ma neppure il titolo profeta esauriva
lidentità di Gesù. I profeti infatti erano
soliti dire. Dice il Signore Iddio..., oppure: Oracolo
del Signore Iddio.... Gesù invece diceva: Ma
io vi dico.... Così nel Discorso della Montagna
dove egli appare, secondo Matteo, come Il Signore che parla al
suo popolo. Per chi lo sa ascoltare, queste parole esprimono
lautocoscienza che Gesù aveva di sé. E i
suoi avversari si accorsero di questo e un giorno gli dissero:
Noi ti lapidiamo non per unopera buona, ma per la
bestemmia, perché tu, che sei uomo, ti fai Dio (Gv
10,33). Gesù cerca di rivelare la sua vera identità
raccontando alcune parabole (vedi quella dei vignaioli omicidi:
Mc 12,1-12; cf v. 6). Comunque è certo che egli non è
un maestro, ma il maestro, anzi lunico maestro: Uno
solo è il vostro Maestro, il Cristo (Mt 23,10);
e chi va a preparare lultima Cena dice al capo di casa:
il maestro dice... (Mc 14,14; Mt 26,18; Lc 22,11).
Questo, in sintesi, ha capito la tradizione apostolica consegnata
nei Vangeli dopo la risurrezione di Gesù. Perché
Dio che lo ha risuscitato dai morti, ha confermato
tutto quanto Gesù, il Figlio, ha fatto e detto. Ed è
in questa luce che ora possiamo dire che cosa significhi essere
suo discepolo.
Discepolo
Nella letteratura il termine
discepolo indica colui che nella sua formazione dipende da un
maestro nellacquisizione di ben precise conoscenze o di
un ben preciso comportamento. Questo il senso base. Noi però
vogliamo sapere il senso specifico della parola discepolo in
relazione a Gesù-Maestro. E un motivo cè.
Percorrendo i Vangeli ci accorgiamo che i suoi discepoli solo
5 volte lo chiamano Maestro (4 volte in Mc e 1 in Lc), e in Giovanni
per 5 volte lo chiamano Rabbi, una parola ebraica che significa
maestro, come specifica Gv 1,38; una volta però lo chiamano:
il Maestro, con articolo (Mt 26,18 e paralleli di Mc 14,14; Lc
22,11). È poi sorprendente constatare che in Matteo solo
Giuda lo chiama Rabbi = Maestro, mentre i veri discepoli lo chiamano
sempre Signore e così anche in Luca, eccetto cinque casi
in cui lo chiamano: Epistata, una parola greca che significa
guida, direttore, capo. Di solito viene tradotta con maestro,
ma forse si avvicina di più al termine Signore, come appare
dai passi paralleli di Matteo.
Questultimo dato è molto importante. Gesù
per i suoi discepoli è il Signore. Di qui una drastica
distinzione tra il nostro essere discepoli e lessere discepoli
dei rabbini. I discepoli dei rabbini potevano sorpassare i loro
maestri e diventare a loro volta rabbini e con più autorità
dei loro maestri. Non così i discepoli di Gesù,
il quale dice loro: Nessun discepolo è superiore
al suo Maestro, ma quando avrà compiuto la sua formazione
sarà come il suo maestro. Ritorneremo in altri articoli
su questa celebre affermazione di Lc 4,40: avrà
compiuto la sua formazione. Qui ci basti pensare che per
i suoi discepoli Gesù è il Maestro, lunico
Maestro, anzi il Signore.
A questo punto laggancio con lAntico Testamento dove
non ricorrono mai le parole discepolo-maestro, è inevitabile.
NellAntico Testamento non ci sono maestri, ma solo ascoltatori,
trasmettitori della Parola di Dio, il quale nella traduzione
greca viene alcune volte indicato con il participio del verbo
insegnare: Didaskôn = Colui che insegna. Anche Gesù,
la Parola di Dio incarnata (Gv 1,14) viene indicato 12 volte
con lo stesso participio e oltre 30 volte con altri tempi del
verbo insegnare. Ma è come Signore che egli
insegna. E i discepoli che lo ascoltano non sono tali perché
si sono cercati un maestro, come invece facevano i discepoli
dei rabbini o dei maestri greci, ma perché sono stati
chiamati, scelti: Non voi avete scelto me, ma io ho scelto
voi (Gv 15,16).
Unaltra fondamentale differenza cè tra i discepoli
di Gesù e i discepoli di altri maestri. La relazione tra
questi e un maestro è sempre formale, è quella
di apprendere nozioni riguardanti il sapere o il comportamento,
e nel mondo ebraico, quella di apprendere soprattutto la Tôrah,
cioè di acquisire una vera conoscenza della Legge. Fondamentale
invece, e primario nel discepolo di Gesù è la comunione
con lui, un legame di parentela che giunge al più intimo
della persona. Gesù, si legge in Mt 12,49-50, stendendo
la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco i miei fratelli...
perché chiunque fa la volontà del Padre mio che
è nei cieli questo è per me fratello, sorella e
madre»; e in Mt 23,8 dice: Non fatevi chiamare
«Rabbi», perché voi tutti siete fratelli.
È per questo vincolo di parentela che cè
tra i discepoli e tra questi e Gesù che tutti insieme
possiamo dire: Padre nostro.
Continuiamo ad ascoltare Gesù: Se uno viene a me
e non odia suo padre, sua madre... e perfino la propria vita
non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria
croce e non viene dietro a me non può essere mio discepolo...
Chiunque non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere
mio discepolo (Lc 14,26-33). Tralasciamo le lunghe discussioni
su questi detti, ma è chiaro che qui si giunge a unintima
e assoluta comunione con Gesù fino a immedesimarsi nel
suo stesso destino: portare la croce. Per chi segue Gesù
la condizione di discepolo non è linizio di una
promettente carriera, ma il compimento nella propria vita del
suo stesso destino: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno
anche voi (Gv 15,20).
Fondamentale è quindi lunione intima con la sua
persona, la conoscenza di lui nel senso più pieno della
parola, cioè il fare esperienza di lui, limmedesimarsi
in lui e lasciare che il Padre ci renda simili a lui (Rm 8,29),
per poter dire con la propria vita chi è Gesù,
cioè per essere suoi testimoni. Ne parleremo.
Mario Galizzi
SDB
Preghiamo
Signore Gesù, ora so,
anche se vorrei approfondire di più, che essere tuo discepolo
significa entrare in intimità con e te e lasciare che
il Padre mi renda simile a te. Ti supplico, Gesù, ascolta
la mia preghiera ed effondi su di me la forza del tuo Spirito,
perché mi aiuti a conoscerti sempre di più e a
fare di te colui che dà senso alla mia esistenza. Amen.
IMMAGINE: Cristo, Unico Maestro (Mt 23,10)
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2000-1
Visita Nr.