IL CRISTIANO E IL DONO DEL CONSIGLIO
Con la meditazione sul dono di Pietà abbiamo contemplato il cristiano in atteggiamento di venerazione e adorazione verso Dio, anche quando è tutto immerso nel servizio dei fratelli. A tutti infatti fa del bene per imitare Dio che vuole il bene di tutti, e lo fa per onorare, venerare e adorare Dio. Ebbene anche con il dono del Consiglio noi rimaniamo aperti a Dio e ai fratelli.
Ma come intendere le espressioni “dono di Consiglio” o, come si legge in Is 11,2, “spirito di Consiglio”? Dal testo isaiano che inizia con l’espressione: “Su di esso si poserà lo spirito del Signore”, è chiaro che si tratta di un dono che viene dall’alto, da Dio. Il termine “consiglio”, però, è ambivalente. Lo si può infatti intendere 1°, come un “consiglio” che viene da Dio, cioè come un “essere consigliati” da Dio, oppure 2°, come una capacità per “consigliare altri”; così in Is 11,2 dove si parla delle capacità che ha il promesso re nel compiere la propria missione.

1. Essere consigliati da Dio

Nel nostro vivere quotidiano è questo il grande dono di cui abbiamo bisogno. Basta osservare un po’ il nostro concreto agire per accorgerci, come dice Drago (p. 116), che “la vita cristiana ci impone continuamente scelte da compiere, idee da manifestare, comportamenti da assumere, la ricerca di come sia meglio praticare un atto di carità, di come aiutare una certa persona... Sono tante, anzi troppe, le situazioni concrete in cui la nostra capacità di tradurre in pratica le esigenze del Vangelo viene chiamata in causa. Certamente, il nostro proposito di vivere la volontà di Dio è oramai rassodato in noi, sotto l’influsso degli altri doni dello Spirito, ma spesso non sappiamo «come» tradurre in pratica tale proposito”.
Ebbene mediante il dono del Consiglio, lo Spirito Santo, chiamato il “Maestro dell’Ora”, ci aiuta a non procedere all’agire e al fare prima di esserci raccolti in preghiera per chiedere ciò che è meglio dire o fare, cioè prima di matura deliberazione alla luce della “Parola di Dio” e, perfezionando in noi la virtù della prudenza, ci aiuta nella ricerca dei mezzi migliori, necessari e utili per la conquista del fine soprannaturale e ci fa evitare in modo più sicuro la precipitazione, la temerarietà, l’inconsideratezza, la negligenza, l'incostanza.
La preghiera, innanzitutto, intesa come insistente richiesta del “consiglio divino”: “Mostrami, Signore, la tua vita, perché nella tua verità io cammini” (Sal 86,11). A cui segue la costatazione: “Signore i tuoi ordini sono la mia gioia, miei consiglieri i tuoi precetti” (Sal 119,24); e di qui la lode: “Benedico il Signore che mi consiglia, anche di notte egli mi istruisce” (Sal 16,7). “Beati quelli che osservano i tuoi comandamenti e ti cercano con tutto il cuore” (Sal 119,2).
Forse non c’è nessun salmo come il 119 (il più lungo) che ci possa aiutare a capire questa dolce realtà. Da esso si sprigiona il soffio di Dio che ci parla attraverso i suoi profeti. Ed è una “Parola” che ci conduce a Gesù, Parola di Dio per eccellenza, Parola che si è fatta carne nel grembo della Vergine, Parola definitiva di Dio, Parola che dà sicurezza alla propria vita. Gesù è “Parola di Dio” in tutto ciò che dice e fa. Gesù, in tutto il suo essere e comportamento, è vera, unica, definitiva “Parola di Dio”; lo è totalmente. Per questo Gesù è l’unica regola del nostro agire morale, l’unico vero libro di morale e di una morale altamente positiva. Chi lo imita non può sbagliare, né lasciarsi soggiogare da alcun male. Chi lo imita è una persona che cammina con sicurezza nella vita. In Gesù il Padre ci dà il suo definitivo consiglio; in lui “Via” ci indica la strada e i mezzi per percorrerla. Per questo costruiamo bene la nostra vita, come ci dice Gesù: “Chi ascolta le mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio (termine che si può anche tradurre con «prudente») che costruisce la sua casa sulla roccia” (Mt 7,24) e come le vergini “sagge e prudenti”, tende con sicurezza verso la meta, verso l’incontro con il suo Signore.
Da questa costatazione di fede nasce un nostro modo specifico di accostamento al Vangelo (e all’intera Scrittura). Noi leggiamo il Vangelo non tanto per conoscere un passato, ma mossi dallo Spirito Santo che “ci illumina”, mediante una parola del Vangelo, con un suggerimento che si sente salire dal fondo del cuore e che dona pace, gioia, sicurezza. Gesù ci ha presentato lo Spirito Santo come “memoria” delle sue parole: “Lo Spirito che il Padre vi manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14,26) con opere e parole. “Vi ricorderà”! Non si tratta di un semplice ricordo, ma secondo il parlare biblico di “un fare memoria”, di un dire e vivere oggi Gesù nella nostra vita.
Quando sento qualcosa contro gli altri, soprattutto contro quelli che si dicono miei amici, lo Spirito mi obbliga a fissare lo sguardo su Gesù in croce che dice: «Padre, perdona loro...». Quando contemplo Gesù sempre tutto donato all’evangelizzazione e a fare il bene fino al sacrificio totale di se stesso, capisco che il suo comportamento mi consiglia su ciò che debbo fare. Gli esempi evangelici sono moltissimi, ma perché il consiglio divino sorga spontaneo e nel momento più adatto è necessario che io non dia come scontato che già conosco il Vangelo. Bisogna leggerlo in continuità e pregando. Il resto lo fa lo Spirito.

2. “Consiglio” come capacità di consigliare gli altri

Sotto questo aspetto il dono del Consiglio è una grazia che caratterizza “l’uomo (o la donna) del consiglio” e che viene data per le necessità spirituali delle anime. Non viene data a tutti ma solo ad alcune. Anche qui però ci accorgiamo che Dio non si rivela mediante il suo Spirito a quelli che si credono sapienti e dotti, ma ai piccoli, ai semplici, a coloro cioè (e possono essere anche persone che umanamente sono dotte e sapienti) che vivono di preghiera, in attento ascolto di Dio e dei fratelli, e, sentendo le necessità dei fratelli, sanno dire la parola giusta nel momento giusto. Tra molte, osserviamone tre: la mamma di Don Bosco, Don Cafasso e lo stesso Don Bosco.

Mamma Margherita

Essa, con i suoi consigli, educò i figli, e in particolare il suo Giovannino, a intraprendere fin da piccolo il sentiero che porta a una carità perfetta: escludere dal cuore ogni cosa contraria all’amore di Dio, cioè il peccato, affinché la vita divina crescesse in lui e fosse perfetta quella carità che, mediante l’unione con Dio, realizza nell’anima un ordine armonioso tra pensiero e azione. Grazie all’aiuto della mamma, e poi di altri il dono del Consiglio guiderà sempre Don Bosco in tutto ciò che è necessario per vivere secondo Dio l’amore del prossimo.

San Giuseppe Cafasso

Don Cafasso, che visse solo 47 anni, fu non solo per Don Bosco, ma per tutti i sacerdoti e santi piemontesi del secolo 19°, il vero “Uomo del Consiglio”. Lo dimostra il suo comportamento con Don Bosco, di cui fu la grande guida spirituale. Don Bosco un giorno si presentò a Don Cafasso per dirgli che desiderava farsi religioso e Don Cafasso gli rispose con un “no!” secco e risoluto. Ma Don Bosco ancora non ci vedeva chiaro, e Don Cafasso gli disse che «la vocazione perché sia ben decisa ha bisogno di essere meglio considerata davanti al Signore e maturata nella preghiera», e lo mandò a fare gli Esercizi Spirituali. Quando però tornò l’idea di farsi religioso continuava e a Don Cafasso diceva: “Voglio conoscere da lei la volontà di Dio”. Don Cafasso gli rispose: “Andate a fare qualche settimana di vacanza e io penserò a voi”. Anche Don Cafasso aveva bisogno di pregare per le persone che ricorrevano a lui. Non era un “distributore automatico di consigli”. C’è molto da imparare da lui.
Un giorno Don Bosco decise di strappargli una risposta. Andò da lui e gli disse che aveva già preparato il baule per andare in convento, e Don Cafasso gli rispose di andare a disfarlo e aggiunse: “Continuate la vostra opera tra i giovani. Questa e non altra è la volontà di Dio”.

Don Bosco

All’udire Don Cafasso, Don Bosco abbassò sorridendo il capo: finalmente sapeva qual era la volontà di Dio su di lui, finalmente capì che anche il sogno avuto a nove anni, che conti-
nuava a ripetersi, ma a cui stentava a credere, proveniva davvero da un “consiglio divino”. Da quel giorno fu tutto dei giovani e divenne per i giovani “l’Uomo del Consiglio”.
Il salesiano Don Barberis attesta: “Io ho provato per me e ho udito un numero grandissimo dei miei compagni dire che Don Bosco in due parole scioglieva i loro affanni e dubbi che li avevano tenuti in ansietà per grande tempo e dei quali non avevano potuto avere prima soluzione”.
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Tutti noi, come cristiani, possiamo avere in certi momenti questo dono. Ma quando ci sentiamo chiamati a dare un consiglio, invochiamo innanzitutto su di noi e su chi dobbiamo consigliare lo Spirito Santo. Non si apra mai la nostra bocca, per consigliare altri, senza una previa e insistente preghiera.

                                                                      
   Mario Galizzi

Preghiamo

O Spirito Santo, dono del Padre e di Gesù, tu che sei “la memoria delle parole di Gesù”, donami la capacità di fissare lo sguardo su di lui perché nei momenti difficili della vita sgorghi dal suo Vangelo quel consiglio che mi aiuti a vivere intensamente la mia fede. Se poi a volte sono chiamato a dare un consiglio, donami sempre la capacità di pregare intensamente e di mettermi in attento ascolto della “Parola” e di chi mi chiede un consiglio, perché solo con il tuo aiuto riuscirò a dire a chi si avvicina a me quella parola giusta che tu solo mi puoi suggerire. Grazie, o Divino Ispiratore! Amen!


IMMAGINI:
1 San Giuseppe Cafasso - Santuario della Consolata - Torino /
 2 Crida: Don Bosco e Mamma Margherita - Sacrestia Basilica di Maria Ausiliatrice, Torino-Valdocco 
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2000-9
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