IL CRISTIANO E IL DONO DI SAPIENZA
Con il dono di conoscenza lo Spirito Santo ci coglie nella nostra vita di fede, circondati da tutte le creature, e ci aiuta con esse a tendere con sicurezza verso Dio, fine ultimo e felicità suprema di ogni essere umano. Il dono di intelligenza, invece, ci apre alle realtà visibili e invisibili del mondo di Dio e, per quanto è possibile alla nostra povera e finita natura umana, ci aiuta a penetrarle e a possederle con gioia, e ci eleva fino a entrare in uno stato di intima e profonda comunione con Dio. Ora, il dono di Sapienza, in intimo rapporto con “il dono di intelligenza”, ci fa gustare Dio. La Sapienza infatti ha il suo principio nell’amore. La Sapienza è gusto di Dio e della sua Parola, connaturalità con il suo sguardo e il suo modo di volere. Perciò è detto che essa giudica ogni cosa alla luce dell’amore e ad esso tutto riconduce. Essa fissa lo sguardo in Dio e fa assumere all’anima un aspetto trinitario. Si potrebbe dire che la Sapienza ci fa vivere e agire in sintonia con Dio. Il sapiente quindi ordina ogni cosa e ogni azione secondo il divino programma. La persona sapiente, immersa in Dio, contempla la storia e vede che, malgrado il peccato umano, essa si sviluppa secondo un programma voluto da Dio ed è storia di salvezza.
Ebbene, lo Spirito Santo, mediante il dono di Sapienza, rafforza in noi la virtù della carità, ci immerge in pieno nella storia della salvezza e ci dona la capacità di lavorare in sintonia con Dio alla salvezza degli altri.
Ma qual è il cammino per possedere il dono di Sapienza? Innanzitutto bisogna essere docili all’azione dello Spirito per riuscire a gustare Dio e la sua Parola, sviluppando al massimo la virtù della carità. Ma, per spiegarci, penso sia meglio, in quest’ambito di alta teologia, procedere con esempi:
Quando Don Bosco aveva solo nove anni, ebbe un sogno che gli fece conoscere il programma divino su di lui. Egli capì che doveva diventare “capo dei birichini” (così soleva definirsi), per guidare tutti al bene. Giovannino rispose a chi gli parlava che era solo un fanciullo incapace. Ma chi gli parlava (e dal racconto sembra essere il Signore-Gesù) soggiunse: “Io ti darò la Maestra, sotto la cui disciplina puoi diventare sapiente e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza”. Osserviamo dunque Maria e poi Don Bosco, di cui diremo qualcosa che si può dire di tutti i santi. Infatti non c’è santità se non si è immersi in pieno nella storia della salvezza e se non si vive nella carità.

Maria Maestra

Ma perché Maria è Maestra di Sapienza e può insegnarci a diventare sapienti? La risposta è nella sua vita. In essa si compie quanto abbiamo appena detto della Sapienza, gusto di Dio e della sua Parola.
Nel racconto dell’Annunciazione, l’Angelo inizia con un saluto gioioso e le comunica innanzitutto quello che Dio ha già operato in lei: “Rallegrati, Dio ti ha colmata di grazia”. Maria forse si accorse solo allora del perché sentiva così forte in sé il “gusto di Dio”: era piena di grazia. Maria però non appare turbata per l’apparizione, ma per le parole dell’Angelo, e si chiedeva quale senso avesse quel saluto. E, sentendo l’Angelo aggiungere: “Il Signore è con te”, capisce che tutto tende verso una missione, che lei ancora non conosce. La sua domanda la mette in attento ascolto della Parola di Dio, e l’Angelo le comunica il programma di Dio su di lei, le fa conoscere il compito che dovrà assumere nella storia della salvezza: sarà Madre del Messia. Ed ecco che Maria, pensando al bene del suo popolo, cioè colma di carità per gli altri, si lascia subito immergere nel programma divino e con gioia esclama: “Ecco, io sono la serva del Signore, si compia in me quello che hai detto”.
Qui c’è accoglienza piena della Parola, un’accoglienza che continuerà durante tutta la sua vita. Il testo di Luca, quando descrive la notte di Natale e il giungere da lei dei pastori, si esprime con una frase che poi ripeterà quando Maria ritroverà Gesù dodicenne nel Tempio: “Essa conservava tutte queste parole (così letteralmente, ma di solito si traduce: questi fatti, che però sono per lei altrettante parole di Dio) meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19.51).
In Maria c’è il gusto della Parola di Dio, e questa la mette in sintonia perfetta con l’agire salvifico di Dio e perciò appare davvero come un soggetto capace di operare nella storia della salvezza, perché colma di quell’amore che Dio ha effuso nel suo cuore mediante lo Spirito Santo che le è stato dato (cf Rm 5,5). Con il suo “sì” gioioso essa si apre a ogni opera buona. La visita alla cugina Elisabetta, l’attenzione che ha per gli sposi di Cana dicono chiaramente che essa vive in pienezza la virtù della carità.
Ma l’ascolto della Parola la apre a novità mai pensate. Se l’Annunciazione le fa capire che è chiamata ad essere Madre del Messia, il continuo ascolto della Parola le apre orizzonti sempre nuovi. Le parole dell’anziano Simeone: “Una spada ti trafiggerà l’anima”, le prospettano un futuro oscuro e doloroso; eppure Maria non indietreggia: solo si sforza di capire per essere sempre in sintonia con Dio.
Vivere sostenuti dal dono di Sapienza, significa infatti mantenersi sempre aperti a Dio il cui agire salvifico è sempre novità e apre sempre a impegni nuovi. Significativo quanto avvenne quel giorno in cui con i parenti andò da Gesù e lo trovò circondato da tanta gente. Avvisarono Gesù che c’era sua Madre. E Gesù disse: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. E, girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli. Chi fa la volontà di Dio è per me fratello, sorella e madre” (vedi Mc 3,31-35).
Maria capì, che se voleva essere in sintonia con Dio, doveva continuare ad essere Discepola della Parola, quella che ora le comunicava il Figlio, Parola di Dio che in lei ha assunto la nostra natura umana, e forse comprese che diventare discepola, significava anche diventare madre in modo nuovo. E ciò appare dal racconto di Cana (Gv 2,1-11) e da quanto avviene sul Calvario (Gv 19,25-27).
A Cana, quando si presentò al Figlio come Madre, Gesù le dice di agire come donna per essere partecipe della sua missione e tendere con lui alla stessa “ora”. Maria ascolta e mette in pratica la parola di Gesù e provoca la fede dei discepoli. Lo stesso avviene sul Calvario. È lì come Madre, ma si sente chiamare donna e sente che Gesù le affida la missione di fare da Madre al discepolo che Gesù ama. Si tratta di ogni discepolo, e oggi lo può essere ciascuno di noi purché ascolti e metta in pratica la parola di Gesù. Chi fa così non solo diventa sapiente, e costituisce la sua casa sulla roccia (Mt 7,24), ma allo stesso tempo è davvero oggi il discepolo che Gesù ama.
Sul Calvario Maria soffre con il Figlio e, come donna, soffre quei dolori del parto che si cambieranno in gioia per la nascita non solo di una persona umana, ma di un intero popolo. Dice Isaia: “Nasce forse un popolo in un giorno? Eppure Sion, appena sentiti i dolori del parto, ha partorito figli” (66,8). Ebbene, è sul Calvario, dove si genera il nuovo popolo di Dio.
E nel Cenacolo, dopo l’Ascensione, noi vediamo la Madre che invoca sulle primizie del nuovo popolo lo Spirito Santo. Essa qui appare in pienezza colma del dono di Sapienza e di amore per i suoi figli; che lo Spirito Santo renderà evangelizzatori capaci.

Don Bosco

Educato dalla madre, Giovannino Bosco viveva con amore filiale la presenza di Dio. Sentiva il gusto di Dio, e visse ciò per tutta la vita. Chi lo sentiva recitare con i ragazzi il Padre nostro si accorgeva che il suo tono di voce esprimeva un indicibile amore verso il Padre che è nei cieli.
E sentiva anche il gusto della Parola di Dio. Era ancora undicenne quando Don Calosso, cappellano di Moriondo, si sentì ripetere dal fanciullo un’intera predica ascoltata in chiesa. Il cappellano allora si interessò di lui e gli insegnò a fare ogni giorno un po’ di lettura spirituale. Don Bosco più tardi commenterà: “Da quel giorno incominciai a gustare che cosa sia la vita spirituale”. Questo gusto della Parola di Dio non lo abbandonerà mai e lo porterà, sacerdote, a pubblicare Le letture cattoliche, per offrire a tanta gente lo stesso “gusto della parola di Dio”.
Come aveva appreso nel sogno dei nove anni, si dedicò ad aiutare i suoi compagni a fuggire il peccato, a divertirsi e a pregare insieme, e non mancava mai di pregare con loro la Vergine. La mamma l’aveva affidato a lei sin dalla nascita e il personaggio del sogno gliel’aveva data come “Maestra di Sapienza”. Ma, crescendo negli anni, non riusciva a vedere come il sogno si sarebbe concretizzato: sapeva solo che doveva diventare sapiente. Ma morto Don Calosso, gli mancò una guida spirituale, e cercò un modo tutto suo per concretizzare il programma divino; pensò di farsi francescano per evitare i pericoli del mondo e vincere la superbia. Ma un sogno gli fece capire che non era quella la sua strada. Un amico lo mandò da Don Cafasso che gli disse di entrare in seminario.
Ubbidì. Ma anche la parola di Don Cafasso non si fece subito regola di vita. Doveva spogliarsi del suo modo di pensare e convincersi che la parola di Don Cafasso, confermata da altri e dai suoi sogni che si ripetevano, ma a cui stentava a credere, gli indicavano davvero la volontà di Dio.
Ci vollero nove anni (1835-1944) per entrare in pieno nel programma divino, per immergersi in sintonia con Dio nella storia della salvezza. Furono anni duri, ma anche anni in cui il giovane seminarista prima, e poi il giovane sacerdote, crebbe sempre di più nel desiderio di possedere il dono di Sapienza. Il piccolo libro dell’Imitazione di Cristo, lo studio dei Padri e della Sacra Scrittura, leggendo la quale rimase soprattutto affascinato dall’immagine di Gesù, Figlio di Dio, in continua contemplazione del Padre. Leggendo i Vangeli capì che Gesù può aiutare ogni uomo a vivere una vita di relazione piena di amore con il Padre e, donandogli lo Spirito, aiutarlo ad attuare in sé i lineamenti divini e a incarnarli nel suo organismo umano con un lavorio costante, regolato dal dono di Sapienza.
Il cammino fu arduo, ma un giorno del 1844, quando, giovane sacerdote già tutto donato ai ragazzi, si presentò a Don Cafasso per dirgli che già aveva preparato il baule per andare in convento, si sentì rispondere: “Il vostro dovere è di continuare la vostra opera tra i giovani. Questa e non altra è la volontà di Dio”. Don Bosco abbassò la testa sorridendo; ora era davvero sicuro che non si trattava di semplici sogni, ora sapeva con certezza qual era il programma divino su di lui e vi si gettò a capofitto: sarà tutto di Dio e dei giovani. Quel giorno pronunciò il suo “sì definitivo”; quel “sì” che svela la vera legge dell’amicizia divina, che raccoglie insieme la fecondità del “sì” creatore, a sottomissione del “sì” mariano, la forza rigeneratrice del “sì” redentore. Da quel giorno Don Bosco divenne sempre di più “l’uomo di Dio”. Da quel giorno, colmo del dono di Sapienza, apparirà come “l’uomo di Dio”, totalmente donato alla salvezza degli altri, imitando Gesù, Buon Pastore.
Ebbene, ogni persona semplice che ha in sé il senso di Dio, il desiderio, il gusto di Dio, e sa fissare lo sguardo su Gesù, fino a sentire il gusto della sua Parola, riceverà il dono di Sapienza, costruirà la sua vita sulla roccia e si aprirà nella carità agli altri.

                                                                                  
 Mario Galizzi SDB
Preghiamo

Signore, con te è la sapienza che conosce le tue opere; essa sa che cosa ti è gradito. Mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia che cosa ti è gradito. Essa mi guiderà con prudenza nelle mie azioni e mi proteggerà con la sua gloriosa potenza. Amen!


IMMAGINI:
1 FAVARO P., Sogno dei nove anni - Salesiani - Alassio (Savona) /
2 CRIDA G., Giovannino Bosco fa il catechismo-Sacrestia Basilica M.A./Torino-Valdocco
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2000-6
VISITA
 Nr.