IL
DONO DI FORTEZZA
Eccoci ora a riflettere su quel dono
che è segno di una vera e completa formazione cristiana.
Prima di parlarne, però, vogliamo ripercorrere un po
il cammino compiuto nella nostra riflessione sui doni dello
Spirito. Lo facciamo colmi di riconoscenza al Padre che
con la forza dello Spirito va formando in noi la
vera immagine del Figlio suo, il primogenito tra molti fratelli
(Rm 8,29). Lo Spirito o dono di Conoscenza infatti ci aiuta a
vedere ogni cosa nella luce di Dio e ci infonde un sommo rispetto
verso ogni creatura, in particolare verso ogni persona umana.
Il dono di Intelligenza valorizza al massimo la nostra intelligenza
umana sino a farle acquisire, se viviamo la beatitudine dei puri
di cuore, la capacità di scrutare i misteri divini
e di entrare in intimità con Dio, mentre il dono di Sapienza
infonde in noi il gusto di Dio e della sua Parola e ci porta
a contemplare Dio che effonde il suo amore su tutte le creature
e che ci chiama ad amarle come Egli le ama.
Dopo questi tre doni, ecco il dono del Timore di Dio, inteso
come amore filiale che ci fa sentire Dio come lessere più
affascinante, più desiderabile, più amabile e infonde
in noi un orrore al peccato: non ce la sentiamo più di
dare un dispiacere a un Padre così amabile;
significherebbe perdere la nostra intima relazione con lui. Inscindibilmente
unito a questo dono, ecco il dono di Pietà, che si manifesta
in un desiderio di dialogare con il Padre, a volte con gesti
cultuali, altre volte donandoci come Gesù al bene dei
fratelli per offrirci in ogni attività come sacrificio
vivente, santo e gradito a Dio (Rm 12,1). Ma siccome non
sempre sappiamo qual è la via migliore per vivere in unione
con Dio e i fratelli, ecco il dono del Consiglio, cioè
la capacità di vivere in ascolto di Dio che
mediante la sua Parola ci consiglia a fare tutto
secondo la sua volontà.
Eppure..., eppure..., sappiamo per esperienza che non è
facile essere coerenti con le nostre scelte cristiane: ci vuole
coraggio, tanto coraggio. Per questo abbiamo bisogno dello spirito
o dono di Fortezza. Sono le concrete situazioni della vita che
esigono questo dono. Ma per spiegarci meglio osserviamo...
... i profeti
Ce ne sono due che risaltano
in modo particolare per la loro timidezza: Geremia ed Ezechiele.
Quando il Signore chiamò Geremia, questi disse: Io
non so parlare..., sono giovane.... E il Signore rispose:
Non dire: Sono giovane, ma va e annunzia ciò
che io ti ordinerò... Ecco, io faccio di te come una fortezza,
come un muro di bronzo contro tutti... Ti muoveranno guerra,
ma non ti vinceranno perché io sono con te per salvarti
(Ger 1).
Ezechiele, cadde svenuto di fronte alla prima visione, ma il
Signore gli disse: Alzati!..;. Ed Ezechiele racconta:
Lo Spirito del Signore entrò in me... e mi fece
stare in piedi e io ascoltai...: «Ecco, io ti do una faccia
tosta come la loro e una fronte dura quanto la loro. Come diamante,
più dura della selce, ho reso la tua fronte. Non li temere,
non impaurirti... Va dai deportati... da quella genia di
ribelli». Allora lo Spirito mi sollevò... Lo Spirito
del Signore fu su di me. Sono tutte espressioni che si
alternano con questaltra: La mano del Signore fu
su di me (Ez cc. 2-3). Esse dicono che una forza divina
entra nel profeta, che si dimostra autentico soltanto quando
segue la legge della croce che solo procura al messaggero
persecuzioni e dolori. Ma egli si mantiene saldo e fedele, perché
una forza danimo, dono dello Spirito di Dio è in
lui. Fu così che Geremia con i suoi dolori si presenta
nel testo sacro come vera profezia dei dolori di Cristo. Ed Ezechiele,
che predicò ai deportati in Babilonia, dovette sopportare
lincredulità di quella genia di ribelli,
eppure si sforzò di suscitare in loro la speranza, affidandosi
alla parola del Signore che gli aveva detto: Quando tutto
avverrà, sapranno che cè stato un profeta
in mezzo a loro (cf 2,5). Non è facile vivere la
propria vita di fede e di testimonianza contro tutto e tutti,
ma a Ezechiele bastò questa parola per mantenersi fedele
alla sua missione.
Così è luomo di Dio e tale devessere
ogni credente. Chi ascolta la Parola di Dio sa che solo può
contare e sperare nella forza che viene da Dio se vuole compiere
la sua missione. Luomo di Dio è convinto che quanto
Dio ha detto e dice in continuità ai suoi inviati, vale
per lui: Sarò con te, non ti abbandonerò,
sii forte e fatti coraggio perché con te è il tuo
Dio; e il Signore Gesù, investito dalla forza della
sua risurrezione, dice: Sarò con voi tutti i giorni
sino alla fine del mondo. Tutti i credenti che ascoltano
queste parole sanno che possono fidarsi di Dio e dire con lorante
biblico: Ti amo, Signore, mia forza, mia roccia, mia fortezza,
mia liberazione; mio Dio, mia rupe in cui trovo riparo, mio scudo
e mio baluardo, mia potente salvezza (Sal 18,2-3).
Il Dio che si dona e che ci sta sempre accanto è chiamato
mia forza, un termine che suggerisce fermezza, costanza,
veemenza e che combina in sé un crescendo di potenza e
di una ininterrotta energia che si comunica a chi accoglie la
missione che Dio gli affida. Ebbene, questa forza divina si manifesta
in pienezza in Gesù e viene donata a noi, suoi discepoli.
La forza
dello Spirito in noi cristiani
Gesù, dopo il battesimo,
pieno di Spirito Santo... si muoveva nel deserto tentato
dal diavolo (Lc 4,1), e poi inizia la sua missione in Galilea
con la potenza dello Spirito Santo e, quando per
la prima volta manda i suoi discepoli in missione, comunica loro
la stessa potenza (Lc 9,1). Ma ciò che avviene dopo la
sua risurrezione è veramente grandioso. Gesù dice
ai suoi discepoli di non allontanarsi da Gerusalemme fino a quando
non siate rivestiti di potenza dallalto (Lc 24,49);
perché riceverete la potenza, la for-
za dello Spirito Santo che scenderà su di voi, (solo dopo)
mi sarete testimoni sino agli ultimi confini della terra
(At 1,8). E quando il giorno di Pentecoste furono ripieni
di Spirito Santo, cominciarono a parlare in altre lingue, come
lo Spirito Santo dava loro di esprimersi (At 2,3). E subito
dopo Pietro si mise
a parlare a tutti i presenti con franchezza, coraggio, forza,
ardore e in piena libertà. E quando un giorno fu catturato
insieme a Giovanni e portato
davanti al sinedrio, pieno di Spirito Santo, annunciò
loro che Dio aveva risuscitato Gesù dai morti. Ed essi
vedendo la franchezza di Pietro e Giovanni che erano senza
istruzione e popolani, rimasero stupefatti e, consultatisi,
prima di lasciarli andare ordinarono loro di non insegnare più
nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni rispose-
ro: Noi non possiamo affatto tacere quello che abbiamo
visto e ascoltato. Poi tornarono a raccontare tutto ai
fratelli e i fedeli ringraziarono Dio e pregando dissero: Signore,
volgi lo sguardo alle loro minacce e dona ai tuoi servi la forza,
la franchezza, il coraggio di annunziare la tua parola.
Il
racconto degli Atti continua: Appena finita la preghiera,
il luogo doverano riuniti tremò e tutti furono pieni
di Spirito Santo e annunciavano la parola con franchezza e con
molta forza (At 4).
La forza, la franchezza, lardore, il coraggio di agire
in piena libertà senza lasciarsi condizionare da nessuno
nellannuncio del Vangelo e nella testimonianza, è
segno che cè nel cristiano il dono di Fortezza.
Come ottenere
questo dono?
Imitando la comunità
apostolica: nel pericolo, nella persecuzione, sente tutta la
propria debolezza e incapacità nel compimento della sua
missione; perciò si rivolge a Dio nella preghiera chiedendo
lo spirito di Fortezza.
Anche lapostolo Paolo ha lesperienza
di essere debole, incapace. Sa di essere chiamato per far
risplendere la conoscenza della gloriosa potenza salvifica divina
che rifulge sul volto di Cristo, ma sperimenta di portare
questo tesoro in vasi di creta, cioè di essere
estremamente debole e incapace. E prende coscienza che soltanto
in una situazione di estrema debolezza umana può apparire
quella straordinaria potenza, forza e coraggio che viene da Dio
(2 Cor 4,6-7). E capisce che solo seguendo la via della
croce, cioè portando nel proprio corpo la morte
di Gesù, la vita di Gesù può manifestarsi
(v. 10).
Un giorno però anche lui sentì, come Gesù
nel Getsemani, il bisogno di chiedere a Dio di allontanare da
lui quella spina che aveva nella carne, simbolo di tutte le tribolazioni
che doveva sopportare nella sua missione (basti leggere interamente
2 Cor 4,7-18), ma si sentì rispondere: Ti basta
la mia grazia, la mia potenza infatti si manifesta pienamente
nella debolezza (2 Cor 12,9). Allora incominciò
a vantarsi delle sue sofferenze, mezzo efficace per vincere la
superbia (v. 7), perché dice quando
sono debole, è allora che sono forte (2 Cor 12,7-10)
e ai Filippesi dice: Tutto posso in Colui che mi dà
forza (4,13).
Oltre a 2 Cor 4,7-18 si legga anche 11,23b-33 e si capirà
che per tollerare tante sofferenze, per vincere gli ostacoli
che impediscono lapostolato e per sopportare, come farà
alla fine, il più grande male come la morte, ci vuole
una forza impareggiabile per rimanere saldi nel bene
sino alla fine. La Lettera agli Ebrei dice ai cristiani: Non
avete ancora resistito sino al sangue nella vostra lotta contro
il male (Eb 12,4). Solo chi rimane fedele sino alleffusione
del sangue è vero testimone di Cristo. E ce ne sono stati
tanti nella storia della Chiesa. Limitiamoci solo a dire
qualcosa su quelli del secolo che si è appena concluso.
I testimoni
della fede del secolo XX
Nella giornata di Testimoni
della Fede del secolo XX (7 maggio 2000), Giovanni Paolo II,
riecheggiando in parte Ebrei 11, riassume così il loro
sacrificio: Laddove lodio sembrava inquinare tutta
la vita, essi hanno manifestato come «lamore sia
più forte della morte». Allinterno di terribili
sistemi oppressivi, che sfiguravano luomo, nei luoghi di
dolore, tra privazioni durissime, lungo marce insensate, esposti
al freddo e alla fame, torturati, sofferenti in tanti modi, essi
hanno fatto risuonare alta la loro fede a Cristo morto e risorto...
Essi non hanno considerato il proprio tornaconto, il proprio
benessere, la propria sopravvivenza come valori più grandi
della fedeltà al Vangelo. Pur nella loro debolezza, essi
hanno opposto strenua resistenza al male. «Nella loro fragilità
è rifulsa la forza della fede e della grazia del Signore».
Lì al Colosseo, dove è avvenuto il ricordo dei
testimoni della Fede, molti sono stati ricordati individualmente
ed è apparso più che evidente lecumenismo
dei martiri. Quando si è nella sofferenza, non hanno più
significato le nostre divisioni e lo Spirito Santo può
manifestare linvisibile unità dei credenti, quellunità
che dobbiamo visibilmente ristabilire.
Ma prima di concludere ricordiamo pure quello che è avvenuto
il 21 maggio in Piazza San Pietro: sono stati beatificati 27
martiri messicani. I Cristeros uccisi nella persecuzione messicana
si contano a migliaia, ma questi 27 sono stati scelti perché
non violenti. Essi come Cristo hanno lasciato che i persecutori
camminassero sul loro sangue, ma non hanno sparso il sangue dei
nemici; anzi, come Cristo sino alla fine hanno fatto del bene
a tutti e, quando vennero uccisi, hanno chiesto perdono per i
loro persecutori. Il vero testimone è colui che imita
Cristo nella più assoluta radicalità.
E come non ricordare i due bambini di Fatima: Giacinto e Francesco.
Coinvolti in quella terribile malattia che dopo la prima guerra
mondiale ha mietuto tante vittime, essi hanno unito la loro sofferenza
a quella di Gesù, hanno pregato come Gesù per i
peccatori, e il loro vero conforto era quello di fissare lo sguardo
sul tabernacolo. Nella loro massima debolezza erano ripieni di
quella forza che è dono dello Spirito.
Questa è leredità che ci hanno lasciato i
Testimoni della Fede del secolo XX. Tocca a noi raccoglierla.
Solo così, infatti, possiamo varcare definitivamente e
degnamente la soglia del terzo millennio con la memoria purificata,
pronti per testimoniare come loro la nostra fede.
Mario
Galizzi SDB
Preghiamo
O Dio nostro Padre, ci
sentiamo tanto piccoli di fronte a questo immenso numero di testimoni
della Fede. Come loro e più di loro sentiamo tutta la
nostra debolezza e incapacità, ma sentiamo anche che pure
in noi, come in loro, Tu puoi e vuoi manifestare tutta la tua
gloriosa potenza salvifica. Rendici con la forza che viene da
te testimoni sinceri del Figlio tuo, fedeli e coraggiosi nellannuncio
e nella testimonianza del Vangelo. Donaci di viverlo in tutta
la sua radicalità perché la tua salvezza raggiunga
ogni creatura. Amen!
IMMAGINI:
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la n.1) /
3 I due salesiani
protomartiri Mons. Versiglia e d. Caravario, canonizzati il 1
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RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2000-10
VISITA Nr.