IL MISTERO DEL REGNO DI DIO
Allinizio del suo Vangelo Marco
presenta come sintesi e sostanza dellannuncio portato da
Gesù queste parole: Il tempo è compiuto ed
il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete nel vangelo
(1,15). Ma che cosè questo Regno? e che cosa significa
che è vicino? Una risposta chiara a queste domande non
cè, mentre possiamo notare che lattenzione
viene attirata sullatteggiamento che i destinatari devono
assumere ascoltando la buona notizia: un atteggiamento
che implica cambiamento di mentalità e fede.
Anche in seguito, quando si parla del Regno, non ci si sofferma
tanto sui contenuti, quanto sulle condizioni necessarie per accoglierlo.
Il regno di Dio è chiaramente, anche se implicitamente,
identificato con la vita, ossia con la vita vera,
vita eterna, e con la salvezza (cf 9,43-48; 10,17-25),
ma si insiste soprattutto sullaltro aspetto. Nellepisodio
dei bambini che vanno da Gesù, egli avverte che il regno
di Dio appartiene alle persone che sono come loro e che chi non
lo accoglie come un bambino non vi entrerà (10,14-15).
Allo scriba saggio, che riconosce nellamore dellunico
Dio e del prossimo i massimi comandamenti, Gesù dice che
non è lontano dal regno di Dio (12,28-34). Ai discepoli
insegna che entrarvi è difficile, anche se non impossibile,
per chi possiede ricchezze (10,23-27), ma è un obiettivo
talmente irrinunciabile che per raggiungerlo vale la pena di
compiere qualunque sacrificio, perfino privarsi di un membro
del corpo, come una mano, un piede, un occhio, quando diventino
motivo di scandalo, ossia di impedimento nel cammino (8,43-48).
Non è un caso che il tema del Regno venga trattato nel
modo più ampio allinterno del discorso in parabole
del cap. 4, dove predomina il linguaggio metaforico e allusivo:
è un modo per far capire che la realtà del Regno
non si può tanto spiegare razionalmente, quanto intuire
e vivere. È significativo che tutte le parabole, direttamente
o indirettamente collegate col Regno, siano incentrate sulla
vicenda di semina, crescita e raccolto, unimmagine che
già la tradizione veterotestamentaria utilizzava per parlare
della trasmissione di insegnamenti; e la spiegazione della parabola
del seminatore, che identifica il seme con la Parola, conferma
questa prospettiva. Già di qui possiamo comprendere molte
cose sul Regno: ha a che fare con la venuta di Gesù e
con il suo annuncio del Vangelo; non è tanto una realtà
definita quanto un processo dinamico, che ha un inizio nel tempo
e uno sviluppo non privo di fasi drammatiche, ma con un esito
sicuro; ha una sua potenza intrinseca e una sorta di autonomia
nel compimento, che può apparire indipendente dalla volontà
e dallazione umana, ma nel contempo ha bisogno di un buon
terreno per dare frutto.
Nelle tre parabole (il seminatore,
il seme che cresce da sé, il granello di senape) lattenzione
è innanzitutto attirata su una serie di difficoltà
o fallimenti, in qualche modo inevitabili, nella semina: nella
prima parabola, la maggior parte dei terreni in vari modi delude
le aspettative e rimane sterile; nella seconda, cè
una fase, quella del seme sottoterra, in cui sembra che non succeda
nulla e che anche luomo che ha seminato non sappia e non
possa fare nulla; nella terza, il seme appare talmente piccolo
da non fare ben sperare. Eppure tutti e tre i racconti mirano
a contrapporre alle difficoltà iniziali risultati inattesi
ed eccezionali: nel primo, càpita che almeno un terreno,
quello buono, produca frutti sovrabbondanti (nella misura del
30, 60, 100 per uno), tali da compensare ampiamente le perdite;
nel secondo, il seme arriva, da solo si può dire, alla
piena maturazione che consente la mietitura; nel terzo, il granello
quasi invisibile di senape si rivela capace di produrre una pianta
che è la più grande di tutte ed è in grado
di offrire riparo a tutti gli uccelli del cielo.
Il messaggio complessivo delle
parabole è un invito alla fiducia e alla pazienza a proposito
della missione di Gesù, della sorte della Parola e dellinstaurazione
del Regno. Nonostante un buon numero di insuccessi, nonostante
la modestia degli inizi, ciò che con Gesù è
incominciato è una realtà grande e feconda, un
movimento inarrestabile che porterà beneficio allintera
umanità. Ma cè anche di più: non è
nonostante i fallimenti, lapparente inerzia
e piccolezza, che la Parola e il Regno si sviluppano, ma proprio
attraverso queste condizioni; dietro alla sorte del
seme che cade nella terra per portare frutto già si intravede
unallusione alla passione e alla morte stesse di Gesù.
Certo non è un discorso
facile da capire e anche i discepoli ne dànno prova interrogando
Gesù sulle parabole. Alla loro domanda egli risponde con
una frase enigmatica, ma molto profonda: A voi è
stato dato il mistero del regno di Dio, mentre a quelli di fuori
tutto avviene in parabole (4,11), perché
dice in sostanza citando Is 6,9-10 non possano comprendere
e convertirsi.
Leggendo attentamente il testo
così comè e inserendolo nel suo contesto,
possiamo cogliere alcune idee importanti. Il Regno viene presentato
come un dono di Dio che si concede gratuitamente, rimanendo però
una realtà misteriosa e difficile da afferrare. I destinatari
del dono non sono i discepoli come gruppo definito, ma sono quelli
intorno a Gesù insieme ai dodici (4,10), ossia,
come indica lepisodio precedente (3,34-34), tutti coloro
che hanno scelto di seguire Gesù e che fanno la volontà
di Dio. Corrispondentemente, quelli di fuori non
sono né i pagani né i giudei, né un altro
gruppo esterno alla cerchia dei discepoli, ma sono coloro che
si estraniano volontariamente da Gesù e dalla sua parola,
e per questo a loro il Regno si presenta come una realtà
velata e oscura, quasi inaccessibile. Ma la distinzione non è
né rigida né definitiva e, di fronte al Regno,
non ci sono né privilegiati né reietti.
Clementina Mazzucco
IMMAGINE: VAN GOGH V. - Il seminatore
- Museo di Amsterdam
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2000-9
VISITA Nr.