COME SI FORMA IL CRISTIANO?
Nei precedenti articoli abbiamo
già indicato il cammino: fissate lo sguardo su Gesù...
Pensate attentamente a lui (Eb 12,2-3). San Giovanni della Croce, commentando
Eb 1,1: Dio... ultimamente ha parlato a noi per mezzo del Figlio
suo, dice: Con queste parole lApostolo vuol far capire
che Dio (= il Padre) è diventato in un certo senso muto, non
avendo più nulla da dire. ... Perciò chi volesse
ancora interrogarlo e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe
una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa lo sguardo
unicamente in Cristo, e va cercando cose diverse e novità. Dio
infatti potrebbe rispondergli: Se ti ho già detto tutto
nella mia Parola che è il mio Figlio, come posso risponderti
o rivelare qualche altra cosa? Fissa lo sguardo in lui solo e vi troverai
anche più di quanto chiedi o desideri: in lui ti ho detto tutto
e rivelato tutto (Salita al monte Carmelo, Lib 2, cap. 22).
Solo ascoltando Gesù e accogliendo la sua parola possiamo davvero
diventare, come già abbiamo detto, veri credenti e discepoli
suoi. Ora aggiungiamo: e veri suoi testimoni. Questa parola che qualifica
in modo perfetto il nostro essere discepoli, va ben oltre il senso che
essa ha nellambiente giuridico. Riflettiamoci su!
Testimone
= Martire
Eb 12,1 parla di un
gran numero di testimoni, riferendosi a coloro che diedero testimonianza
della loro fede da Abele a Cristo. Resta, però, il fatto che
nella Bibbia greca dei LXX, mai vengono applicati ad essi e alla loro
condotta i termini testimone, testimoniare, testimonianza. E un motivo
cè: chi legge anche solo i libri dei Maccabei, si accorge
che i martiri antichi hanno semplicemente dato testimonianza di un
ideale, di fedeltà alla Legge, mentre i martiri cristiani,
prima di essere testimoni di una dottrina, di un insegnamento o di
un ideale, sono testimoni di Qualcuno, cioè di Cristo. Gesù
stesso ha detto ai suoi apostoli: «Sarete miei testimoni in
Gerusalemme... e sino agli ultimi confini della terra». Così
li ha definiti Gesù secondo At 1,8 e Gv 15,27, mentre in At
13,31 è Luca che li definisce come coloro che sono i suoi testimoni
davanti al popolo. In questi testi si tratta di testimoni oculari.
Ma lo stesso appellativo viene dato anche a Paolo (At 22,15; 26,16),
a Stefano (At 22,20) e a tutti i cristiani. Si può distinguere
sulle diverse accezioni del termine nei singoli casi, però
non andiamo errati se mettiamo laccento sugli aggettivi miei
(At 1,8), mio (Ap 2,13), suo (At 22,20). Il
rapporto con la persona di Cristo è più che evidente.
Pietro nella sua Prima Lettera (5,1) si definisce testimone
delle sofferenze di Cristo. Non sono pochi gli autori i quali
affermano che qui non si tratta della sua testimonianza oculare, ma
della sua partecipazione alle stesse sofferenze di Cristo. È
perciò chiaro che essere testimoni significa dire con la propria
vita chi è Cristo oppure ciò che Gesù ha vissuto.
Sotto questultimo aspetto il termine testimone indica colui
che imita Cristo, obbediente al suo comando: Imparate da me
(Mt 11,29). E nellApocalisse (2,13; 17,6), come in At 22,20,
essere testimoni significa dare testimonianza a Cristo fino alla morte,
come ha fatto Gesù il testimone fedele (Ap 1,5; 3,14). Solo
quando si giunge a questo siamo testimoni, cioè cristiani,
discepoli, nel senso più pieno della parola.
Ma come diventare veri discepoli, veri cristiani, veri testimoni?
La risposta è facile: accogliere in continuità lazione
di Dio in noi che ci rende santi mediante lopera santificatrice
dello Spirito (2 Tess 2,13). Con altre parole: dobbiamo lasciarci
educare dallo Spirito Santo, che è stato effuso nei nostri
cuori sin dal giorno del nostro battesimo. Impossibile la testimonianza
se prima non abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. È Gesù
risorto che lo afferma la sera stessa del giorno di Pasqua, quando
aprì la mente dei discepoli alla comprensione delle Scritture
e disse loro: «Così sta scritto: Il Cristo dovrà
patire e risorgere dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno
predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati,
cominciando da Gerusalemme, di questo voi siete testimoni. E io manderò
su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città
finché non siate rivestiti di potenza dallalto».
Così in Lc 24,45-49, mentre secondo At 1,4.8 ordinò
loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse
la promessa del Padre... (e aggiunse). Riceverete la forza dallo Spirito
Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni in Gerusalemme,
in tutta la Giudea e la Samaria e sino agli ultimi confini della terra.
Come lo Spirito Santo scese e rimase sulluomo Gesù, quando
si fece battezzare da Giovanni Battista nel fiume Giordano, e lo abilitò
per la sua missione messianica (Mc 1,11-14; Lc 4,18), così
ogni battezzato, riceve la forza dello Spirito per essere in pienezza
testimone di Cristo, per agire nella propria vita come si è
comportato Gesù.
In che modo lo
Spirito ci rende testimoni?
Mediante i suoi doni,
con i quali egli viene in aiuto al cristiano, il quale, colmo della
grazia santificante, cioè in perfetta unione con Dio, si sforza
di agire mediante le virtù teologali della fede, della speranza
e della carità, e mediante le virtù morali della prudenza,
della giustizia, della fortezza e della temperanza. Ebbene perché
questo nostro sforzo sia sempre efficace, ecco i doni dello Spirito.
È lo Spirito che sostiene la nostra fede, mediante il dono
della conoscenza, che ci aiuta a scoprire il volto di Dio e il suo
amore attraverso le creature e ci aiuta a capire il senso di tutte
le cose e di ogni singola persona nella luce di Dio. Con questo dono
noi scopriamo che tutto è teso verso Dio fine ultimo di ogni
cosa, e impariamo, se necessario, a staccare il nostro cuore da qualsiasi
cosa o persona senza venir meno alla carità amando
tutto e tutti in Dio per aderire sempre meglio a lui nostro ultimo
fine.
È lo Spirito che sostiene la nostra fede, mediante il dono
dellintelletto. Con questo dono Dio si fa trasparente, e chi
vive la beatitudine dei puri di cuori lo contempla come colui che
tutto opera per il nostro bene ed entra in intimità con lui.
E sostenuto dallo Spirito mediante il dono della sapienza sente il
sapore di Dio, il gusto di Dio, ma soprattutto
fa esperienza di Dio, cioè vive nella contemplazione di Dio.
Luomo saggio contempla Dio che effonde il suo amore su tutte
le creature, sente Dio che agisce nella storia e tutto attrae a sé
mediante il Figlio suo, e perciò si lascia introdurre da Dio
nellalveo della storia della salvezza, vivendo in sintonia con
Dio lamore di tutte le creature.
Da questa contemplazione nasce il fascino di Dio, come Padre. È
così che mi piace esprimere in modo plastico il dono del Timore
di Dio, che essendo un dono dello Spirito non può esser inteso
come paura di Dio, ma solo come Timore filiale. Siamo
così affascinati dal suo amore, che sentendo la nostra debolezza
e la nostra tendenza verso il male, come figli non sentiamo la paura
del castigo, ma il timore di dispiacere a un Padre così buono.
E questo fascino di Dio, che si manifesta nella voglia di chiamarlo
Abbà, Papà, ci allontana in modo tale dal male che cerchiamo
di evitare ogni sorta di peccato.
Ma riflettiamo un po sullespressione: Timore di
Dio, che nel testo ebraico ricorre due volte: alla fine di Is
11,2 e allinizio di Is 11,3. La Bibbia dei LXX lha tradotta
la prima volta con la parola pietà e la seconda
volta con timore di Dio. Facendo ciò, i traduttori
sono riusciti a rendere pienamente il senso dellespressione
ebraica di solito tradotta con Timore del Signore. Essa
infatti non dice solo quello che abbiamo detto sopra parlando del
timore di Dio, ma hanno anche esplicitato che il fascino
di Dio è tale che il nostro cuore, eliminato ogni senso di
durezza, si sente colmo di affetto, di tenerezza, di attaccamento
a Dio, ed esprime questi suoi sentimenti con atti di culto e in particolare
con atti di adorazione e venerazione. Il dono di pietà, unito
al dono del timore, completa quindi nella nostra lingua quello che
lebraico esprimeva con ununica espressione. Lunica
novità è che i doni dello Spirito nel testo ebraico
sono 6 e in quello greco 7.
A questo punto sorge una domanda: Come possiamo noi, che siamo travolti
ogni giorno dal travaglio e dalle difficoltà della vita, collaborare
con lo Spirito? La risposta è questa: mediante il dono del
Consiglio, vero aiuto alla virtù morale della prudenza tanto
necessaria per discernere ciò che è meglio fare o non
fare. Questo consiglio può venire direttamente da Dio come
dice il Sal 16,7: Benedico il Signore che mi consiglia, anche
di notte egli (preferiamo questo soggetto) mi istruisce. È
ascoltando ogni giorno la sua parola che egli ci aiuta a fare ciò
che è conveniente.
Questo dono ha anche un risvolto apostolico. Quando certe persone
lo vivono in pienezza, ascoltando o leggendo la Parola di Dio e cercando
di metterla in pratica, diventano persone che non solo si lasciano
guidare dallo Spirito mediante il dono del Consiglio, ma che diventano
pure luce per gli altri, capaci di aiutare altri con il loro consiglio.
Ed eccoci al settimo dono (in realtà il quarto in Is 11,2):
è lo spirito di fortezza. Mediante questo dono lo Spirito Santo
sostiene la virtù della speranza e, come è logico, la
virtù morale della fortezza. È da questo dono che nasce
quellardore, quel coraggio che aiuta a superare ogni difficoltà
per vivere fino alleroismo la propria fede. Segno visibile di
questo dono è il dominio di sé, cioè la capacità
in qualsiasi situazione difficile di saper dominare se stessi per
non venire meno nella carità. E questo si manifesta insieme
a un altro importante frutto dello Spirito (vedi Gal 5,22), quello
della mitezza, vero segno di chi è forte nella fede.
Svilupperemo questi brevi accenni ai doni nei prossimi articoli e,
impareremo quanto sia bello lasciarsi guidare ed educare dallo
Spirito Santo.
Preghiamo
O Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, compi in noi la
tua promessa, effondi su di noi labbondanza del tuo Spirito
perché ci santifichi e ci sostenga mediante i suoi doni. Solo
così riusciremo davvero a collaborare con te che ci vuoi rendere
simili allimmagine del Figlio tuo e ad essere tra di noi veri
fratelli e sorelle nel Figlio. Amen!
Mario
Galizzi SDB
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2000-3
VISITA Nr.