Gesù a Nazaret


Tale è il titolo che di solito si dà alla pagina evangelica che viene proclamata la 3a domenica del tempo ordinario. In essa c’è una frase che ci mette subito nella giusta situazione di fronte a Gesù. Si dice infatti che “gli occhi di tutti stavano fissi su Gesù” (v. 20b). È una frase che rimanda a Eb 12,1-4 dove veniamo invitati a vivere la nostra Vita cristiana “tenendo fisso lo sguardo su Gesù..., pensando intensamente a lui”. Questo è l’atteggiamento di chi si accosta, con l’aiuto dello Spirito, al Vangelo per imparare a vivere da veri discepoli. Ora, di fronte a ogni pagina evangelica, una domanda si fa strada:

Chi è Gesù? Come si rivela Gesù?

Il testo lucano racconta che “Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi”. Era cambiato Gesù da quando aveva lasciato Nazaret per recarsi al Giordano, dove fu battezzato da Giovanni Battista. È logico che i suoi compaesani lo aspettassero per costatare di persona se era vero quello che si diceva di lui. A prima vista però, Gesù dà l’impressione di aver ripreso la sua vita ordinaria, perché “secondo la sua abitudine, di sabato entrò nella sinagoga” per ascoltare la “Parola di Dio”, come uno dei tanti. Ma durante l’azione liturgica di sua iniziativa “si alzò a leggere e gli fu dato il rotolo del profeta Isaia”.
Osserviamo Gesù che fa passare rapidamente il testo profetico e cerca quelle frasi che meglio possono spiegare ai suoi compaesani il cambio che è avvenuto in lui, là al Giordano. Si soffermò su Is 61,1-2 e lesse alcune frasi, aggiungendone una di Is 58,6: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per evangelizzare i poveri..., e a predicare un anno di grazia del Signore”. Sono parole che spiegano quello che è avvenuto là al Giordano, dove “mentre era in preghiera, si aprì il cielo e lo Spirito Santo scese su di lui e una voce dal cielo gli disse: «Tu sei il mio Figlio prediletto; io ti ho scelto (per mandarti)»” (3,21-22). Gesù quel giorno è stato consacrato da Dio, non con “olio” come i re e qualche profeta, ma mediante lo Spirito Santo, che lo ha abilitato per una missione. Questa è la coscienza che Gesù ha di sé, e questa è la fede della Chiesa che sin dalle origini proclama “come Dio consacrò Gesù di Nazaret in Spirito Santo e potenza” (At 10,38).
Per una missione: “evangelizzare i poveri... predicare un anno di grazia del Signore”, un anno perenne che continua tuttora, perché ancora oggi si continua ad annunziare a tutti il Vangelo. Il contenuto di questa evangelizzazione si sintetizza in una sola parola: “libertà”, che consiste nel portare ovunque ai poveri, ai prigionieri, agli oppressi e anche ai ciechi la lieta notizia della salvezza. E non c’è da aspettare tanto perché Gesù, sedutosi, “cominciò a dire: «Oggi si compie questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi»”. Aggiungiamo: “e si compie in chiunque accoglie il Vangelo”.
Ma precisiamo i “destinatari”. Innanzitutto i poveri. Nella nostra lingua la parola “povero” è davvero una parola “povera”. Non così nella Bibbia. La parola usata da Gesù ’anawim indica certamente coloro che sono in condizione di inferiorità e umiliazione, ma non per colpa propria, bensì perché sono persone “ingiustamente” menomate e diseredate, e perché malgrado questa loro situazione si rivolgono a Dio colmi di speranza. Questo spiega il perché nella Bibbia Dio figuri come il Difensore dei poveri, tanto da essere chiamati “i poveri di Dio” e da essere quasi identificati con “il popolo di Dio” (cf Is 10,2). Ed è pure importante sapere che generalmente nella Bibbia, il contrario di “povero” non è la parola “ricco”, ma la parola “prepotente” o “dispotico”. Ebbene, Gesù, con il suo agire, vuole entrare in sintonia perfetta con l’agire del Padre e realizzare, quanto la Madre cantò nel Magnificat: “...ha deposto i potenti dai troni, ha innalzato gli umili (sinonimo di «povero»), ha ricolmato di beni gli affamati”.
Nel testo evangelico si usa per due volte una parola greca, che qui viene tradotta con liberazione e libertà. Nel Nuovo Testamento, però, essa è quasi sempre (11 volte su 15) seguita dalla parola “peccati” (vedi Lc 1,77; 3,3). E questo dice quanto radicale sia la salvezza che Gesù viene a portare, perché è il peccato che rende l’uomo veramente “oppresso” e “prigioniero”, mentre Gesù vuole portarci verso la piena liberazione da ogni sorta di male. Per questo la guarigione materiale di alcuni ciechi, lebbrosi o ammalati, è soltanto un “segno” di qualcosa di assai più radicale, segno di una salvezza che va alla radice del male e che consiste nella liberazione dal peccato e nella riconciliazione con Dio. E qui tutti ci sentiamo coinvolti, perché tutti abbiamo bisogno di essere liberati dal peccato e di vederci chiaro nella vita accogliendo la luce del Vangelo.

Gesù e noi

Come cristiani, o meglio come discepoli (il nome “cristiani” ce l’hanno dato i pagani)
abbiamo il compito di imitare Gesù, perché quanto è avvenuto a Gesù di Nazaret là al Giordano si è compiuto in noi il giorno del nostro battesimo. In quel giorno siamo rinati dall’acqua e dallo Spirito, siamo stati generati da Dio e siamo diventa-
ti realmente “figli
di Dio”, partecipi della natura divina (Gv 3,5; 1,12-13; 2 Pt 1,4). A noi rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla Parola di Dio viva ed eterna (1 Pt 1,23), Gesù-risorto, dopo aver ricordato la sua vita terrena, dice: “Di questo voi siete testimoni” (Lc 24,48); meglio: “voi sarete i miei testimoni sino agli ultimi confini della terra” (At 1,8). E secondo l’Evangelista Giovanni ci ha dati il mandato: “Come il Padre ha mandato me, io mando voi” (Gv 20,21). Perciò il programma di Gesù è il nostro programma. Ma impareremo leggendo il Vangelo come realizzarlo. Basta fissare lo sguardo su Gesù. Solo “tenendo fisso lo sguardo su di lui”, noi riusciremo ad essere davvero suoi “testimoni”, cioè a vivere come è vissuto lui e dirlo con il nostro modo di vivere.
Compito primario: evangelizzare. Così ha fatto Gesù. È bello leggendo il Vangelo di Luca, costatare che Luca non usa mai la parola “vangelo”, ma per 10 volte (15 negli Atti) il verbo “evangelizzare”, che meglio esprime la sua continua attività, il suo continuo andare. Gesù è il primo e il vero missionario. Non si ferma mai. Alla gente che vuole costringerlo a restare con loro dice: “Anche alle altre città io debbo evangelizzare il regno di Dio” (Lc 4,43). Per questo è sempre in cammino. E a chi lo vuole seguire (oggi a noi) dice: “...tu va’ e annunzia il regno di Dio... e non volgere indietro lo sguardo” (Lc 9,60.62). La prima comunità, come appare dagli Atti degli Apostoli lo ha perfettamente capito; la preoccupazione dell’evangelizzazione è predominante in essa, anche sul servizio dei poveri, che però non vengono trascurati (At 6,1-7). Come Gesù, la prima comunità ci tiene a diffondere ovunque il messaggio: c’è sempre chi va. Secondo il Vangelo di Luca, dall’annuncio dell’angelo ai pastori la catena dell’annuncio continua a svilupparsi nella successione di tempo e nell’estensione dello spazio, di generazione in generazione e di luogo in luogo. C’è sempre stato qualcuno nella Chiesa che ha diffuso il messaggio, che ha evangelizzato. Lo dimostra il fatto che è giunto fino a noi. E oggi tocca a noi trasmetterlo agli altri. Guardiamoci attorno, prendiamo coscienza del nostro essere discepoli e diciamo la nostra fede, evangelizziamo chi ci sta attorno. Oggi troviamo gente di tutte le razze e di tutte le lingue, accanto a noi. È tutta gente a cui Gesù ci manda per dare loro la lieta notizia della salvezza.
E come Gesù interessiamoci dei “poveri”, evangelizziamoli. La salvezza è certamente destinata a tutti, iniziando però dai poveri, dai semplici, da quelli che hanno il cuore aperto a Dio. Certo è un tema scottante quello dei “poveri”; e lo capiremo leggendo il Vangelo di Luca o anche solo ascoltando i brani che sentiremo proclamare la domenica. Fissando lo sguardo su Gesù, che si è fatto povero e non ha un posto dove posare il capo, sentiremo a quali ideali di vita egli ci chiama: aprirci agli ultimi. Il caso del ricco Zaccheo (Lc 19,1-10) è significativo; come è significativa la parola che rivolge a chi lo aveva invitato a pranzo: “Quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi e sarai beato... riceverai la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti” (Lc 14,13-14). C’è niente da fare: al banchetto della salvezza Dio invita tutti, ma chi non vuole sedersi a mensa con i poveri, i ciechi, gli storpi e i zoppi corre il pericolo di rimanere fuori, escluso per sempre dalla salvezza (Lc 14,15-24: Parabola del grande convito). Il Vangelo di Luca ci metterà in continuità in situazione di essere noi a scegliere.

Pregando il testo

Signore Gesù, com’è bello contemplarti il giorno di festa mentre con i credenti del tuo paese ti rechi alla sinagoga a pregare e ad ascoltare la parola di Dio. Il tuo evangelista mi dice che anche quel giorno lo hai fatto: era una tua abitudine. Quel giorno però i tuoi compaesani si aspettavano qualcosa di diverso da te; non volevano semplicemente sentirti leggere la Scrittura; volevano costatare se quella fama di te che si era diffusa ovunque era fondata. E tu li accontenti. Dopo aver letto qualcosa del profeta Isaia dici loro che “oggi si è compiuto quanto ha detto il profeta” e, dicendolo, affermi che ti senti investito da una precisa missione: evangelizzare i ’anawim, i poveri, coloro cioè che sono tali perché oppressi dai potenti o dal peccato e che solo possono sperare in Dio e attendere da lui la liberazione, la salvezza. Ebbene, tu assicuri loro che l’avranno sin d’ora perché con te ha inizio il perenne anno giubilare.
Ascoltandoti, dopo avere già letto e riletto l’intero Vangelo di Luca, già so che tu porterai fedelmente a compimento la tua missione. Ti vedo infatti risorto che con gioia dici ai tuoi discepoli: “Adesso possono essere predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24,47). E subito dopo ci coinvolgi tutti e dici: “Di questo voi siete testimoni”. Gesù, so che essere tuoi testimoni significa assumere in proprio il tuo programma perché la tua salvezza giunga sino agli estremi confini della terra. E so anche che tanti hanno già assunto nei secoli il tuo stesso programma e l’hanno vissuto come hai fatto tu sino all’effusione del sangue. Capisco che non è facile assumere in proprio il tuo programma, soprattutto in questo mondo consumista ed egoista. Scusami se a volte mi chiedo: “Vale la pena?; e se dico di sì, mi chiedo: come fare per riuscirvi?”.
La risposta a queste domande me l’ha data il tuo Vicario sulla terra in una omelia ancora recente (18-10-2000). Ci ha detto: “Se non si è affascinati dal volto di Cristo è impossibile seguirlo con fedeltà e costanza, anche perché Gesù cammina per una via impervia, pone condizioni estremamente esigenti e si dirige verso un cammino paradossale, quello della Croce”. Gesù, lo so che se voglio camminare con te, debbo lasciarmi affascinare dal tuo volto, debbo fissare in continuità e attentamente lo sguardo su di te per sentire trasparire dal tuo volto e dai tuoi gesti il tuo desiderio di donarti a tutti sino al supremo annientamento di te stesso per portare a tutti la salvezza, e che oggi vuoi che questo si compia per mezzo di noi, tuoi discepoli.
Aiutami a camminare con te e a testimoniarti al mondo nella tua donazione totale, a evangelizzare perdendo la mia vita per riaverla in te nella vita eterna. Le mie forze sono poche, Signore Gesù. Per riuscirvi posso solo affidarmi alla tua parola: “Avrete forza dall’alto... e io sarò con voi sino alla fine del mondo”. Signore, so che tu mantieni la tua parola perché sei fedele. Fa’ che anch’io sia fedele a te. Amen!

                                                                   Mario Galizzi SDB


IMMAGINI:
1 Gesù a Nazaret, dal Film di Franco Zeffirelli ?Gesù di Nazaret' /
2 Gesù Maestro, dipinto di S. Consadori
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-1
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