E' GESU' IL BUON SAMARITANO


“Va’ e fa’ lo stesso!”. Ecco, che cosa ci sentiremo dire da Gesù in questa pagina del Vangelo. Prima però assaporiamo personalmente, da soli, il contenuto, leggendo attentamente il testo e, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, valutiamo le nostre prime impressioni. Senz’altro capiremo già da soli il senso dell’espressione: “Va’ e fa’ lo stesso!”. E se osiamo dirgli: “Ma perché debbo fare così?”, Gesù ci risponderà: “Per amare Dio con tutto il cuore, ... e il prossimo tuo come te stesso” (vv. 25-28); e se, sentendo che l’impegno dev’essere continuo e che tante volte si fa duro, gli chiediamo: “Ma come fare per mantenerci in situazione in modo da essere sempre capaci di farlo?”, egli ci risponderà: “Cercando di essere sempre in ascolto della mia parola e di impegnarvi a viverla” (vv. 38-42). Tale il senso fondamentale della prima e terza parte di questa pagina evangelica; mentre nella seconda (vv. 29-37) Gesù, narrando la Parabola del Buon Samaritano, ci indica come vivere in pienezza l’amore di Dio e del prossimo, insegnandoci a essere anche noi, come lui, dei “buoni samaritani”.
Siamo di fronte a una pagina di Vangelo che mette in evidenza uno degli aspetti più significativi della vita cristiana come imitazione di Gesù.

Come si rivela Gesù?

Quello che Gesù insegna l’ha vissuto in pienezza. Chi più di lui ha amato il Padre e il prossimo? Per tre volte al giorno, egli recitava l’atto di fede del suo popolo: “Ascolta, Israele, il Signore nostro Dio è l’unico Signore; perciò amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze”. E che Gesù si sia impegnato a vivere questo ce lo dice lui stesso: “Il Padre ha tanto amato il mondo da mandare l’unico suo Figlio, perché chiunque crede in lui, abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Gesù si sente dono agli uomini dell’amore del Padre e per essere perfettamente in sintonia con i sentimenti del Padre perché si dona sino alla fine. Dice infatti: “Per questo il Padre mi ama, perché io faccio dono della mia vita... Io sono il Buon Pastore e il Buon Pastore dà la vita per le sue pecore” (Gv 10,17.18), ed è “perché il mondo sappia che io amo il Padre, che agisco come il Padre mi ha comandato” (Gv 14,31).
In queste sue parole si sente l’amore di Gesù per il Padre e il suo intenso amore per tutti gli uomini di cui vuole rendersi prossimo. È lui infatti il Buon Samaritano. Il racconto parabolico lo descrive in modo meraviglioso. Entrando come Figlio di Dio nella nostra storia, egli ha voluto rendersi in tutto simile a noi, ha voluto sentirsi nostro fratello e “non si vergogna di chiamarsi fratello” (Eb 2,11). L’immagine del Buon Samaritano riflette meravigliosamente la sua immagine. L’hanno capito assai bene vari Padri della Chiesa. Basta citarne due. Origene scrive: “Questo Samaritano non discende da Gerusalemme a Gerico, come il sacerdote e il levita, e se discende, discende per salvare il moribondo e vegliare su di lui. A lui i Giudei hanno detto: «Tu sei un samaritano e un posseduto dal demonio»; e Gesù, mentre ha negato di essere posseduto dal demonio, non ha voluto negare di essere samaritano, in quanto sapeva di essere buon «guardiano» (significato della parola «samaritano»)”. E sant’Agostino spiega: “All’uomo che giaceva in tali condizioni portò aiuto il nostro Samaritano, cioè Gesù, che i Giudei chiamarono Samaritano, che significa «custode»; egli che mosso da misericordia, discendeva per quella via, cioè si è incarnato per morire lui giusto per i nostri peccati, sollevò da terra l’uomo giacente”. È Gesù, buon Samaritano, che ci rialza quando abbiamo la disgrazia di cadere nel male e che ci riporta a nuova vita e, come Buon Pastore, continuamente ci è accanto per guidarci nel cammino della vita. Ma basta leggere in continuità il Vangelo per vedere il perché si avvicina ai peccatori, ai malati, agli indemoniati e, persino, ai morti. E una volta risorto ci dice che “sarà sempre con noi sino alla fine del mondo” (Mt 28,20), come nostro “custode”.
Gesù è sempre riuscito a essere così perché, come uomo, è vissuto in continuo ascolto della “Parola di Dio” e in continua contemplazione del Padre: egli ha sempre fatto quello che ha visto fare dal Padre (Gv 5,19) e ha comunicato quello che ha udito dal Padre: “Io non ho parlato da me stesso, ma il Padre che mi ha mandato, mi ha ordinato quello che devo dire e annunciare. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che vi dico, le dico così come il Padre le ha dette a me” (Gv 12,49-50). E, come uomo, è vissuto anche in continuo ascolto della “Parola di Dio” racchiusa nell’Antico Testamento. Quante volte nei Vangeli si richiama a quanto hanno detto di lui Mosè e i profeti. E, leggendo il racconto delle “Tentazioni nel deserto” (Lc 4,1-13) si rimane impressionati nel costatare che egli legge e ascolta soprattutto quelle parole che lo aprono agli altri, che lo rendono “Buon Samaritano”. Non accetta di cambiare le pietre in pane, perché non è venuto per servire se stesso, ma per essere servo in mezzo agli altri (vedi Lc 22,27), cioè per donarsi totalmente agli altri. Dice infatti: “Si deve compiere in me quanto è scritto nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi”: il Cristo deve donarsi totalmente perché “nel suo nome siano predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24,44-47). Ognuno continui da solo a leggere i Vangeli e si accorgerà come da ogni pagina si sprigiona il suo intenso amore per il Padre e il prossimo.

Gesù e noi

Fissiamo ora il nostro sguardo su Gesù e diciamogli anche noi: “Signore, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna”. Gesù ci risponderà: “Che cosa hai studiato nel catechismo”. Se gli rispondiamo: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore... e il prossimo tuo come te stesso”, sentiremo anche noi dirci: “Fa’ questo e vivrai!”. E se osiamo aggiungere: “Ma chi è il mio prossimo?”, ci accorgeremo che Gesù evade la nostra domanda, perché se metto l’accento sul “mio”, esprimo un amore che accentra, un amore egoista, non necessariamente un “amore che si dona”, come invece è l’amore del Padre e di Gesù. Comunque il Signore non ci lascia senza risposta e, per aiutarci a capire quello che dobbiamo fare per immergerci nell’amore del Padre, per vivere in sintonia con il Padre, la cui “tenerezza si espande su tutte le creature” (Sal 145,9), ci racconta la cosiddetta “Parabola del Buon Samaritano”, nella quale egli si rivela a noi come rivelazione dell’amore del Padre e come colui che per mettere sempre l’amore del Padre al primo posto, “si fa prossimo di tutti”.
Mettiamoci dunque in attento ascolto di Gesù, perché la parabola è una vera radiografia della nostra vita. E iniziamo parlando di quel Samaritano che pure scendeva da Gerusalemme a Gerico. Per gli immediati ascoltatori di Gesù quel Samaritano era un eretico, un emarginato dalla comunità culturale di Israele, un nemico, anzi: il simbolo dell’impurità, della persona incapace di una vera comunione con Dio. E invece Gesù racconta che era proprio un samaritano colui che appena vide quell’uomo che i banditi avevano lasciato lì mezzo morto sulla strada “ne ebbe compassione, gli si fece vicino, gli fasciò le ferite versandovi sopra olio e vino, lo curò, sulla sua cavalcatura lo portò in una locanda e si prese cura di lui”. Sono tutte azioni di una istantaneità impressionante, che per dar loro senso bisogna saper leggere in fretta, per esprimere al massimo l’intensità della compassione che colmava il cuore di quel Samaritano. “Appena lo ha visto”: non è rimasto soprappensiero neppure un istante; non ha badato ai suoi interessi particolari; non si è chiesto se era un connazionale o uno straniero, se aveva o no soldi in banca per rimborsargli le spese; non badò a ciò che lo divideva da lui. Per lui era un uomo che soffriva; la sua compassione (e in questa parola si sente affiorare con forza l’immagine di Gesù; solo di lui e del Padre si usa nei vangeli la parola “compassione”), la sua compassione lo immedesimò immediatamente nelle sofferenze di quell’uomo che giaceva sulla strada e fece quel che avrebbe desiderato che altri facessero a lui se si trovasse nella stessa situazione; per lui era un suo simile e per questo si fece prossimo, cioè si avvicinò a lui e lo aiutò. E non si limitò a questo: si assunse le spese del suo futuro. Il suo non fu proprio un aiuto dato di sfuggita, ma un aiuto dato guardando il futuro di quella persona... Gesù non poteva dipingere meglio se stesso.
È qui che noi dobbiamo chiederci: perché gli altri non seppero farsi prossimo? La risposta non è difficile. Quando entra la bramosia del denaro (vedi Lc 4,14), la Parola di Dio, soprattutto il comandamento di “amare Dio con tutto il cuore... e il prossimo come se stessi”, non trova spazio nell’uomo e lo rende incapace di aiutare chi soffre. Così pure non trova spazio in coloro che nella società vogliono mantenere le distanze, fare forza su ciò che li divide dagli altri. Tali sono, nel primo caso, i ladroni o i banditi e, nel secondo caso, il sacerdote e il levita. Costoro non se la sentono di sporcarsi le mani con uno che è lì mezzo morto sulla strada. Per loro vale solo la prima parte del comandamento: amare Dio; Dio al di sopra di tutto. È questo che essi debbono vivere e insegnare.
Ma come fanno a essere sicuri di amare Dio? Quale criterio possono avere per dire che davvero amano Dio, se non si rendono “prossimo” degli altri? Secondo Paolo è l’amore del prossimo e solo questo il vero criterio per essere sicuro che ho in me il vero amore di Dio. Gesù ce lo ha dimostrato. Egli per amare il Padre ha dato la sua vita per noi, si è fatto prossimo. E Paolo ne ha tratto le conclusioni quando per due volte non cita la prima parte del comandamento, ma solo la seconda: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”; e subito aggiunge che in questa sola parola “è la pienezza della legge” (vedi Rm 13,8 e Gal 5,14).
Per “amare Dio con tutto il cuore” bisogna farsi “prossimo degli altri”, come fa Marta, ma perché il donarsi agli altri sia sempre ben motivato bisogna saper “ascoltare la Parola” con attenzione come fa Maria ai piedi di Gesù. Si è veri discepoli solo quando questi due atteggiamenti si armonizzano a vicenda. Il solo ascolto o il solo fare non basta. Il fare deve nascere dall’ascolto della Parola. Così infatti si è presentato a noi Gesù.
Ce n’è a sufficienza per meditare a lungo e per chiedere aiuto a Dio nella preghiera.


Pregando il testo

Signore Gesù, se voglio vivere come tuo discepolo, debbo davvero imparare ogni giorno di più a trovare quegli spazi di tempo che mi permettono come Maria, la sorella di Marta, di mettermi in ascolto di te. Tante volte sentirò solo la tua parola, però so che tu sei totalmente “Parola di Dio” in tutto quello che fai e dici. Ora ti ho ascoltato e nella mia meditazione ho capito che mi dicevi te stesso, presentandoti a me come “Buon Samaritano”, e questo mi permetterà di riuscire a sentirti sempre presente nella mia vita.
Ma c’è pur sempre un’altra tua parola che mi tocca in profondità. Quando alla fine della lettura dell’intero Vangelo ti sento dire: “Di questo voi siete miei testimoni” (Lc 24,48), ora so che per testimoniarti come “Buon Samaritano” debbo allenarmi sempre di più per diventare davvero “prossimo” di chi ha bisogno di me. Non è facile, Gesù! E se vuoi che ti dica quello che penso ti dirò che questa parabola è la più difficile, se non impossibile, da mettersi in pratica. Lo sento in continuità quando vado per la strada... So che ogni persona che incontro di qualsiasi fede o nazionalità è mio fratello o sorella, ma come fare a vivere la fraternità nel vero senso della parola, come ci hai insegnato tu?
Signore, fa’ che le nostre comunità cristiane meditino profondamente su questa pagina di Vangelo e insieme sentano almeno come farsi prossimo dei fratelli nella fede in modo che nessuno si senta un abbandonato. Solo se nascerà un vero senso di fraternità tra i cristiani riusciremo ad aprirci insieme anche agli altri e ad evangelizzare davvero il mondo, a sentirci tutti parte di una stessa famiglia e ad amarci gli uni gli altri come tu ci hai insegnato. Imitarti in tutto, è il vero impegno di ogni tuo discepolo chiamato a costruire un mondo nuovo, un mondo di pace. Signore, aiutaci a contemplare al momento giusto il tuo volto colmo di compassione per ogni miseria umana. Amen!

                                                           Mario Galizzi SDB


IMMAGINI: Il Buon Samaritano
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-6
VISITA
 Nr.