GESU' IMITA IL PADRE


Perché questo titolo? Il capitolo 15 di Luca non racconta forse le parabole della pecora smarrita (vv. 3-7), della moneta perduta (vv. 8-10) e del figlio prodigo (vv. 11-32)? E queste parabole, messe insieme, non sarebbe meglio riassumerle sotto un unico titolo e chiamarle: “Le parabole della misericordia di Dio”? Certamente! Questo è un bellissimo titolo, ma... Sì, c’è un “ma”! Questo titolo ci fa perdere il motivo per cui Gesù le ha narrate. I primi due versetti dicono infatti che “si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. E i farisei e gli scribi (vedendo ciò) mormoravano e dicevano: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro»”. Come rispondere a simili affermazioni? Gesù, nella sua bontà, lo fa raccontando le parabole della misericordia di Dio, di colui che lui e i discepoli chiamano “Padre”. E raccontandole dice loro, in immagini, che egli si limita a fare quello che fa il Padre: riservando una buona accoglienza ai peccatori, egli non fa altro che rivelare il comportamento di Dio stesso. “Il Figlio infatti da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che il Padre fa, anche il Figlio lo fa” (Gv 5,19). Questo è ciò che Gesù dice a chi mormora contro di lui. Perciò è nella luce di “Gesù rivelatore del Padre” che dev’essere meditato l’intero capitolo.
Ma prima di meditarlo insieme, sarebbe meglio che il lettore lo legga attentamente, fissando lo sguardo su Gesù. Si accorgerà da solo – e questo è bello – che Gesù, raccontando queste parabole, non fa altro che descrivere se stesso. E osservandolo sentiamo che lo dobbiamo imitare per essere anche noi, in lui, imitatori del Padre. In Gesù che imita il Padre, noi scopriamo il vero senso della vita cristiana, che trova la sua pienezza nell’imitazione di Gesù. E allora le solite domande:

Chi è Gesù? Come si rivela Gesù?

Già una volta, mentre si trovava a tavola con i pubblicani, cioè con i “pubblici peccatori”, Gesù disse agli scribi e ai farisei che mormoravano: “Io non sono venuto a chiamare quelli che si credono giusti, ma i peccatori perché si convertano” (5,27-32). Non vollero capire. E allora per Gesù c’è solo un mezzo per non interrompere il dialogo con i suoi avversari: parlare loro in parabole, aiutarli a riflettere su alcuni racconti che non li toccano direttamente, ma che parlano di terzi. Il desiderio di Gesù è che anche loro, che si “credono giusti”, si convertano. E mentre racconta la Parabola della pecora smarrita, sentiamo che egli richiama ai suoi nemici un’immagine di Dio che essi ben conoscono. “Il Signore è il mio Pastore” (Sal 23) e che ricorda loro un testo assai significativo del profeta Ezechiele: “Dice il Signore Dio: «Andrò in cerca della pecora perduta e condurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e guarirò quella malata... Io salverò le mie pecore... e susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide»” (Ez 34,16.22.23). Ricordando queste antiche parole, Gesù, discendente di Davide, si rivela loro come l’annunciato Pastore che va in cerca della pecora smarrita (o della moneta perduta) e si dà da fare finché la trova, e dice loro quanta gioia sente nell’avvicinarsi ai peccatori perché si convertano. Usando l’immagine del pastore che va in cerca della pecora smarrita, dice con i gesti la sua gioia: “Trovandola, se la mette tutto contento sulle spalle” e ritorna gioioso all’ovile e, quando racconta agli altri la sua avventura, comunica loro la sua gioia dicendo: “Ho ritrovato la «mia» pecora che si era perduta”. Ma gioisce anche perché “c’è gioia in cielo...; c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un peccatore che si converte”, anzi “ci sarà più gioia di quella che ci può essere per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. Sono espressioni che dicono la gioia del Padre quando un peccatore si converte, e dicono anche che Gesù va alla ricerca di chi si è smarrito e perduto per dare gioia al Padre, perché ama il Padre.
L’accento dei primi due racconti non è sulla perdita di una pecora o di una moneta, ma sulla gioia di ritrovare ciò che si era perso, una gioia che dalla terra risuona in cielo, “davanti a Dio”. Il racconto ci rivela allora il vero volto di Dio, che si riflette sul volto di Gesù; ci rivela Dio che si preoccupa dei peccatori, della conversione dei quali si rallegra, e ci rivela Gesù, che si conforma alle priorità di Dio e dimostra le sue stesse preoccupazioni. Per imitare il Padre Gesù sente ogni peccatore come qualcosa che gli appartiene, come qualcuno che il Padre gli ha affidato. Per lui ogni peccatore è qualcosa di “prezioso” (senso dell’immagine della moneta). Non può perderli. Per questo li va a cercare. Questa è la sua missione. Nessuno lo fermerà. Egli sa che il Padre è in ansiosa attesa e che sente ogni peccatore come un “figlio che si è perduto e che è ritornato in vita” (vv. 24.32). Per questo è sempre pronto ad accoglierlo e a fare festa, anzi: grande festa. E Gesù, il Figlio, vuole partecipare a questa festa.
Se fissiamo lo sguardo su Gesù, non riusciamo più a leggere la parte centrale della parabola del “Padre misericordioso” (o come si diceva una volta del “Figlio prodigo”), senza sentire Gesù in perfetta sintonia con il Padre, e non possiamo non meravigliarci nel sentire (io penso) che, colmo di emozione, accelera la voce per descrivere il padre: “... lo vide quando era ancora lontano, ne sentì compassione e, correndo, gli si gettò al collo e lo baciò. E disse ai servi: «In fretta, in fretta, portate il vestito più bello, fateglielo indossare; mettetegli l’anello al dito... Ammazzate il vitello più grasso... Mangiamo, facciamo festa, perché questo mio figlio era per me come morto e ora è ritornato in vita...», e poi con lentezza concludere: «E cominciarono a fare festa»” (vv. 20b-24). È il “sapore della festa”, e Gesù che gioisce e che, forse, sta già pregustando il giorno in cui egli ci accoglierà con gioia nella casa del Padre e, come ci ha detto, “si cingerà le sue vesti, ci farà mettere a tavola e passerà a servirci” (12,37). Gesù non poteva descrivere e cantare meglio l’infinita misericordia del Padre e il suo modo di imitare il Padre.
In Gesù sentiamo vibrare le antiche lodi che l’Israele fedele elevava a Dio, e nel suo modo di agire sentiamo che è per mezzo suo che si rivela a noi il vero compimento di quelle lodi: “Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia: come dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe” (Sal 103,8.11-12). Ancora: “Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le generazioni”. Come è bella l’ultima frase; come è dolce ripeterla; ci si sente avvolti dal suo amore, qualunque sia la nostra situazione, di grazia o di peccato. Il Padre e Gesù amano ogni singola persona e cercano la salvezza di tutti. Questo sottolineano le parabole in risposta alle mormorazioni degli scribi e dei farisei: Dio non esclude nessuno dalla salvezza, e dà la precedenza ai peccatori, verso i quali si dimostra pieno di premura e di misericordia. Dà la precedenza a loro, per un semplice motivo, perché per lui tutti sono “peccatori”, compresi gli scribi e i farisei che prendono le distanze da Gesù che rivela loro il vero volto di Dio. E da qui nasce il confronto tra...

... noi, Gesù e il Padre

È un confronto che ci tocca nel profondo, soprattutto se ricordiamo i primi due versetti: “Gli scribi e i farisei mormoravano contro Gesù, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro»”. Da che parte stiamo? Vogliamo entrare in sintonia con Gesù e il Padre o, credendoci giusti e osservanti, facciamo come gli scribi e i farisei, bene rappresentati dal figlio maggiore, che se la prende perché il Padre fa festa e mangia gioioso con il figlio che pentitosi è ritornato a casa? (15,28ss).
Prima di rispondere, rileggiamo come il “figlio maggiore’ si comporta: “Quando, al suo ritorno dai campi fu vicino a casa, sentì suoni di musica e canti. Chiama un servo per indagare che cosa fosse accaduto. Quello disse: «Tuo fratello è ritornato e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso perché ha riavuto il figlio sano e salvo». Il fratello maggiore se l’ebbe a male e non volle entrare. Allora il Padre uscì per convincerlo a entrare...” (vv. 25-28). E qui noi vediamo il figlio maggiore prendere le distanze dal Padre. Il figlio più giovane, con il suo pentimento, annulla le distanze: il “figlio maggiore”, che si crede giusto perché ha sempre ubbidito, prende le distanze e fa capire al padre che non è giusto il suo modo di trattare colui che ha dilapidato tutto, ma il Padre gli risponde che “era necessario fare festa...”.
Pensiamoci su, e chiediamoci: non è forse normale che un padre dal cuore grande si rallegri quando il più giovane si apre di nuovo alla condivisione della sua vita? E non è forse comprensibile che dimostri la sua gioia con qualche eccesso e voglia che si faccia grande festa? Diremo forse che ciò è ingiusto? Ebbene siamo padroni di dirlo. Ma qui c’è un “prendere o lasciare”. Questa è la scelta che il figlio maggiore, gli scribi e i farisei e noi dobbiamo affrontare: o assumere l’atteggiamento del Padre ed entrare nella sala del banchetto per gioire con lui o andarsene, perché è chiaro che il padre non cambierà il suo comportamento.
Nell’odierno “caos della storia”, in cui sembra essere ritornato con forza il principio dell’“occhio per occhio, dente per dente”, in cui di fronte a certi crimini, compiuti anche da giovanissimi, sentiamo dire: “la deve pagare”; “vogliamo giustizia”. Quante volte la parola “giustizia” sembra un sinonimo di “vendetta”. E quante volte arriviamo a concepire Dio, come un’impersonale bilancia che si limita a registrare i pesi e i valori. Ebbene il Dio del Vangelo non è questo. Secondo il Vangelo, Dio è giusto perché salva; Dio vuole la riabilitazione di tutti; Dio non toglie a nessuno la speranza di rifarsi; Dio ama immensamente ogni persona, anche quella più immersa nel male e la vuole salvare. Ora, chi di noi è senza peccato? E se fossimo noi nella situazione di chi si trova in urto con la società o la Chiesa per certi gravi misfatti, come vorremmo vedere gli altri di fronte a noi?
Fissiamo lo sguardo su Gesù che ci rivela il vero volto del Padre e ascoltiamolo: “Siate misericordiosi, pieni di bontà, come è misericordioso, pieno di bontà il padre vostro” (Lc 6,26). Imitare il Padre, come Gesù, significa dimostrarci come lui pieni di bontà premurosa, aperti al perdono, e accogliere in modo incondizionato chi ritorna, significa “sapere far festa”. Il Padre non fa fare anticamera al figlio che ritorna, non gli esige alcuna espiazione...
Parliamo e desideriamo tanto la pace. Ma c’è forse una via, diversa da quella indicata da Gesù per costruire la pace? Se vogliamo essere veri operatori di pace, costruttori di un mondo nuovo e di una comunità cristiana che sia vera “comunione di fratelli”. C’è forse un’altra via? No! E allora perché non tentiamo la via di Gesù che ci rivela il vero volto di Dio? Il cammino cristiano è quello che rivela il vero volto di Dio che si riflette sul volto di Gesù. Questo è oggi il nostro compito.


Pregando il testo

Signore Gesù, possiedi il mio cuore con tutti i suoi sentimenti verso gli altri e fa’ che siano sempre in sintonia con i tuoi. Solo così infatti riuscirò, a poco a poco, a percorrere quel cammino che ora mi hai tracciato e si compirà in me il progetto del Padre che «ha deciso di renderci simili a te affinché tu sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29). Comunque il tuo cammino è ardito, Signore Gesù, perché la giustizia umana non è la tua giustizia. Tu ci riveli il vero senso della giustizia, e solo seguendo la via che tu ci hai tracciato, possiamo davvero costruire una società in cui a nessuno sia tolta la speranza di rifarsi e di tendere alla comunione con te e il Padre. Donami, o Signore, la gioia di sentire che il tuo progetto si compie almeno un po’ nella comunità dei tuoi discepoli, sempre pronti ad accogliere e a fare festa quando un fratello pentito torna a casa. Amen!

                                                             Mario Galizzi


IMMAGINI:
Giotto : Ultima Cena, Cappella degli Scrovegni, Padova
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-9
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