GESU' VERRA'
La Pasqua di Gesù, cioè
il suo passaggio da questo mondo al Padre, si è conclusa
quando fu elevato in alto e una nube lo sottrasse agli
occhi dei discepoli. Questi, mentre se ne andava, erano lì
fissando il cielo, ma ecco che due uomini in bianche vesti si
presentarono loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché
state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato
assunto in cielo, verrà» (At 1,9-11). Da quel
giorno tutti i suoi discepoli, cioè noi cristiani, siamo
gente in attesa della sua venuta. Questo è latto
di fede che professiamo in ogni Eucaristia e che ci mette in
atteggiamento di vivere quella speranza che non delude, per il
semplice motivo che il Signore è fedele alla sua parola.
Ma che cosa significò lAscensione per i discepoli
di allora? Essi, dopo la Pentecoste, aiutati dallo Spirito, capirono
che quel giorno Gesù fu glorificato dal Padre, che ricevette
quella gloria che aveva presso il Padre ancor prima della creazione
del mondo e che fu proclamato dal Padre Signore e Messia.
Paolo dopo aver meditato a lungo su questo evento un giorno si
sentì di esprimere il mistero dellIncarnazione con
queste parole: «Gesù, pur essendo di condizione
divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza
con Dio, ma spogliò se stesso, prendendo la condizione
di servo, diventando simile agli uomini; apparso in forma umana...»
(Fil 1,6-7). Con altre parole: si è reso in tutto
simile a noi, si
è fatto nostro fratello e non si vergogna di chiamarci
fratelli
(Eb 2,11.17).
Ora, come si sentì Gesù durante la sua vita mortale?
Come uno che è venuto dal Padre e che va al Padre (Gv
16,28). Possiamo quindi affermare che Gesù è vissuto
in attesa del suo ritorno al Padre. Da questo, possiamo chiederci:
Come Gesù ha vissuto lattesa? E sapendo che la vita
cristiana è imitazione di Gesù, come dobbiamo vivere
nellattesa della sua venutà?
Come Gesù ha
vissuto lattesa
La vita
terrena di Gesù, secondo Luca, è racchiusa da due
richiami al Padre. Alla madre che lo cercava disse: Perché
mi cercate? Non sapete che io debbo essere nelle cose del Padre
mio? (2,49); alla fine spira dicendo: Padre, nelle
tue mani affido il mio spirito (23,46). Tutta la sua vita
è stata vissuta nella luce del Padre. Luca lo dimostra
presentando per ben 14 volte Gesù in preghiera; perché
è nella preghiera che Gesù, in quanto uomo, capisce
che, malgrado il rifiuto di tutti, la sua missione non sarà
un fallimento, che la fine della sua vita terrena sarà
un Esodo, una Pasqua, cioè un
passaggio da questo mondo al Padre; sarà elevato in alto,
e innalzato potrà attirare tutti a sé. In tutta
la sua vita, Gesù appare continuamente teso verso il Padre;
la comunione con il Padre, il fare la volontà del Padre,
il cercare unicamente la gloria del Padre è ciò
che dà senso a tutta la sua vita.
In concreto Gesù si sente dono del Padre agli uomini
e si dona sino alla fine per salvare tutti, perché, come
il Padre, vuole la salvezza di tutti: per questo è stato
mandato. La prima immagine che abbiamo di lui adulto è
quella del suo battesimo nel Giordano, dove si rende solidale,
non con il peccato, ma con coloro che, sentendosi peccatori,
vogliono convertirsi; e alla fine della sua vita, quando è
innalzato sulla croce, chiede perdono per tutti e riconcilia
tutti tra loro e con Dio. Infatti, quando si fa vedere risorto,
dice che nel suo nome saranno predicati a tutti gli uomini
la conversione e il perdono dei peccati (Lc 24,47). La
sua vita può davvero essere riassunta con la testimonianza
che Pietro ci offre negli Atti degli Apostoli: Gesù
di Nazaret passò beneficando e sanando tutti coloro che
stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con
lui (10,38).
Ma cerchiamo di entrare nel cuore di Gesù per vedere come
intimamente si sente teso verso il Padre, in sintonia con il
Padre. Egli vuole fare quello che il Padre fa, dire quello che
ha ascoltato dal Padre, portare a termine lopera che il
Padre gli ha affidato. Quando lo vogliono trattenere a Cafarnao
risponde: Anche alle altre città io devo annunziare
il regno di Dio, per questo sono stato mandato (Lc 4,43).
E quando sa che è giunta lora di passare da questo
mondo al Padre, rivolgendosi al Padre dirà: Padre,...
ho portato a termine lopera che mi hai dato... (Gv
17,3). Dice questo nel Cenacolo perché oramai è
deciso ad andare fino in fondo, a bere il calice della sofferenza
che il Padre gli offre, tanto che levangelista Giovanni
evidenzierà, prima che spiri in croce, questa coscienza
di Gesù: Sapendo che tutto si era compiuto... disse:
«Ho sete» (Gv 19,28). Egli ha portato davvero
a compimento la salvezza; anzi ha sempre desiderato portarla
a termine.
In Lc 12,49-50 leggiamo queste sue parole: Sono venuto
a gettare fuoco sulla terra e quanto vorrei (o desidererei) che
fosse già acceso. Prima però ho un battesimo nel
quale sarò battezzato e quanto sono insofferente finché
non si sia realizzato. Fuoco-Battesimo: il
primo termine indica leffusione dello Spirito Santo sui
discepoli, il secondo limmersione nella sua passione, che
gli darà modo di compiere la sua missione e di effondere
sui suoi lo Spirito Santo. In Gesù non cè
solo la volontà di portare a termine la sua missione;
egli desidera portarla a termine ed è insofferente
finché non si compia. Questo suo desiderio riappare nel
Cenacolo quando dice: Ho desiderato ardentemente mangiare
questa Pasqua con voi prima di patire (Lc 22,14); e appare
sollevato quando Giuda lascia il Cenacolo per compiere il suo
tradimento, perché dice: «Ora il Figlio delluomo
è stato glorificato...» (Gv 13,31). È Gesù
che guarda avanti e che dichiara come il Padre, glorificandolo
mette il suo sigillo sulla sua opera.
Ma come cammina Gesù verso il suo destino? Come uno che
non riesce mai a pensare solo a sé: sono gli altri che
contano. Vede i suoi discepoli tristi perché si accorgono
che li sta abbandonando, ma egli dice loro: Non sia turbato
il vostro cuore..., se mi amaste vi rallegrereste che io vado
dal Padre anzi: È bene per voi che io me ne
vada..., è per il vostro bene che io affronto la
mia Pasqua; affinché la mia gioia sia in voi e la
vostra gioia sia piena; certo, ora siete tristi ma la
vostra tristezza si cambierà in gioia e la vostra gioia
sarà piena... e nessuno potrà togliervi la vostra
gioia (vedi Gv 14,27s; 15,11; 16,7.23).
In queste parole non si può non percepire che Gesù
affronta il suo destino doloroso, con una certa serenità,
affidandosi totalmente al Padre che lo renderà causa
di salvezza eterna per tutti coloro che gli ubbidiscono
(Eb 5,9). Anche il Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato indica che egli è tutto immerso nel
Padre, sicuro che in quel momento sta portando a compimento lopera
sua. È in questa luce che, dopo aver contemplato Gesù
in attesa, ci chiediamo:
Come vivere, noi discepoli,lattesa
del Signore?
Innanzitutto
fissando lo sguardo su Gesù e continuare nellascolto
di lui, fiduciosi nel fatto che egli mantiene sempre le sue promesse.
Nel dialogo, che secondo Gv 13-17 ha avuto nel Cenacolo con i
suoi discepoli, disse loro: vado a prepararvi un posto,
ma poi tornerò perché voglio che dove sono io siate
anche voi; e nella preghiera sacerdotale (e noi sappiamo
che la sua preghiera è sempre ascoltata dal Padre) disse:
Padre, voglio che quelli che tu mi hai dato siano come
me dove sono io, perché vedano la mia gloria, quella che
tu mi hai dato ancor prima della creazione del mondo (Gv
14,2s; 17,24). Questo è sufficiente per convincerci che
Gesù ci vuole con sé in paradiso; che la sua volontà
nei nostri riguardi è totalmente salvifica. Ma lo constatiamo
ancor più direttamente se ascoltiamo quanto ci dice parlando
della sua venuta. Le potenze dei cieli infatti saranno
sconvolte. Allora vedranno il Figlio delluomo venire su
una nube con grande potenza e gloria. (Ma voi, miei discepoli)
quando cominceranno ad accadere queste cose, fatevi animo, alzate
la testa, (gioite) perché la vostra liberazione, è
vicina (Lc 21,25-28). Non si può rendere bene il
testo se non si aggiunge: gioite.
Da queste parole è chiaro che la speranza nella sua venuta
devessere gioiosa, serena, priva di ogni paura, perché
egli viene a noi per compiere in noi le sue promesse; e tutto
ciò si realizzerà in ciascuno di noi in quel momento
che siamo soliti chiamare la nostra morte; in realtà
nella fede è una Pasqua, un passaggio da questo mondo
al Padre, un entrare come gesù nel regno dei risorti,
nella casa del Padre. Può farci paura la sofferenza che
precede la morte; anche Gesù ha avuto paura e lha
vissuta in modo angoscioso, ma come la sua, anche la nostra devessere
una sofferenza colma di speranza, perché la vita non si
spezza, ma da terrena diventa eterna.
Il problema, dunque, è come prepararci allincontro
e la risposta è facile: imitando Gesù. È
da gennaio che nei nostri articoli cerchiamo di dire qualcosa
su come imitare gesù. È solo qualcosa, ma chi si
abitua a leggere il vangelo nel modo con cui labbiamo spiegato,
nella preghiera personale, potrà approfondire sempre di
più il vero senso dellimitazione di Cristo, tanto
più che egli parlandoci della sua venuta ci esorta a farlo:
Chiunque dirà di conoscermi davanti agli uomini,
anche il Figlio delluomo dirà di conoscerlo davanti
agli angeli di Dio (Lc 12,8). Dirà di conoscermi:
lo dico con la vita, lo dico mettendo lannuncio del vangelo
al primo posto e sforzandomi di vivere quanto annuncio agli altri,
senza mai volgere indietro lo sguardo.
Gesù ritorna molte volte sul tema dellincontro con
lui e, a volte, lo fa con immagini bellissime, come quando dice:
Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lampade accese
(Lc 12,35). È limmagine di chi si sente in Esodo,
in cammino e sa dove tende il cammino: verso lincontro
con lui. Anche Gesù si è sempre sentito in Esodo
e sapeva che alla fine sarebbe stato elevato in alto, glorificato.
È ciò che avverrà per ciascuno di noi.
Ma continuiamo ad ascoltare Gesù che, alla descrizione
della sua venuta aggiunge: Vegliate in ogni momento; pregando
affinché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò
che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio delluomo
(Lc 21,34.36) chi si lascia travolgere da ciò che soffoca
la parola che è stata seminata in lui non giungerà
alla mèta.
Un giorno un tale che gli chiese: Signore, sono pochi quelli
che si salvano?. Gesù non risponde a questa curiosità,1
ma dice: Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché
molti, io vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno
(Lc 13,23-24). Sforzatevi: la salvezza non è
solo dono di Dio, ma anche il risultato di una precisa scelta
e di uno sforzo umano; anzi, di un grande sforzo come lo indica
il verbo usato da Luca che proviene dal linguaggio olimpionico.
La lotta, lagone è duro come lo è
per Gesù. Nel Getsemani, Luca presenta Gesù in
agonia, cioè in una dura e lunga lotta fino
al sangue. Anche noi siamo chiamati, se necessario, a testimoniare
Gesù sino alleffusione del nostro sangue, perché
il cristiano non può escludere il martirio dalla sua vita.
Pregando
la Parola
Signore
Gesù, è da un anno che ti contemplo con i miei
lettori nei momenti cruciali della tua vita e ora, con fede,
posso dirti che tu sei davvero la Via. Ma, Signore, come faccio
a mettere in pratica quanto mi insegni con la tua vita e la tua
parola? E tu pronto mi rispondi: Ma io ti dico solo di
sforzarti ogni giorno; non sono cose che si improvvisano. Tu
sforzati e a poco a poco vedrai che con il mio aiuto riuscirai
a metterle in pratica sempre di più. Limportante
è che alla fine della vita terrena ti trovi impegnato
nel bene. Il resto è opera mia e del Padre. Lo so,
Signore. Per questo ti chiedo di continuare a effondere la forza
del tuo Spirito perché ci doni il coraggio di testimoniarti
e di annunciare il tuo Vangelo in continuità. Aiutaci
anche a capire che il Padre ci convoca sempre e ci comanda di
guardare sempre avanti e di vivere la speranza. Il motivo è
chiaro: Tu sei là innalzato in alto e ci attiri tutti
a Te. Signore Gesù, fa che io non smarrisca il Tuo
volto, e aiutami a non volgere mai indietro lo sguardo. Solo
così riuscirò a vivere lattesa. Quando poi
mi sento senza forze e stanco, fa che ascolti la tua consolante
voce, che dice a me, come al veggente dellApocalisse: Sì,
verrò presto; e fa che, come lui, sappia con
gioia risponderti: Sì, vieni, Signore Gesù!.
Mario
Galizzi SDB
1 Vi risponde lApocalisse.
Il veggente dice, parlando dei salvati: Mi apparve una
moltitudine immensa che nessuno può contare, di ogni nazione,
tribù, popolo e lingua (7,9).
IMMAGINI:
Giotto : Il ritorn o di Cristo Giudice Universale, cappella degli
Scrovegn i, Padova
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-11
VISITA Nr.