Pasqua di Resurrezione
Gesù è vivo!
(Luca cap. 24)

È vivo! È vivo! Questo è l’urlo gioioso che i discepoli di Gesù si trasmisero in fretta quel primo giorno di Pasqua. Questo lieto annuncio fu per loro un vero balzo dalla tristezza alla gioia piena (vedi Gv 16,22s), un balzo dall’incredulità alla fede. Per molti di loro il cammino non fu certo facile; e ciò fu una fortuna per noi, perché è proprio nel loro travaglio che noi sentiamo il nostro travaglio e, a volte, il duro cammino di una vita di fede. Ma è solo la fede in Gesù-risorto che ci porta a vivere la nostra vita cristiana con serenità, pace e gioia. È bello essere cristiani! Immedesimiamoci dunque nel cammino di fede dei primi discepoli e chiediamoci: Cos’era capitato perché si potesse passare dalla tristezza alla gioia?
Due giorni prima, il venerdì sera, quelle donne, che erano venute con Gesù dalla Galilea, videro Giuseppe di Arimatea che, dopo aver deposto Gesù dalla croce, lo avvolse in fretta in un semplice lenzuolo e lo depose in un sepolcro (Lc 23,53). Non era possibile! Non si può trattare così il corpo di Gesù. Certo, i suoi sogni e le sue speranze sono svanite per sempre, ma è pur sempre Gesù. Ed esse decisero di dargli una sepoltura assai più degna. Se ne andarono, prepararono gli aromi; lasciarono passare il sabato, giorno di riposo per gli Ebrei (23,55-56), e al mattino seguente, assai presto, eccole tornare al sepolcro per ungere con aromi il corpo di Gesù, ma trovarono il sepolcro vuoto (24,1-2). La seguente espressione di Luca è molto importante: “se ne stavano lì incerte sul da farsi”, oppure: “si domandavano che senso avesse tutto questo” (24,4). Ed ecco che l’incertezza viene loro tolta dall’affermazione di due personaggi che si presentarono loro e dissero: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” e subito spiegano il perché è vivo: “Non è qui (e non può essere qui perché) è stato risuscitato dai morti”; all’attivo: perché “Dio lo ha risuscitato”, e subito aggiungono ciò che fa scattare la loro fede: “Ricordate quello che vi ha detto”, ed esse si ricordarono della parola di Gesù che aveva loro detto che “doveva risorgere” (24,5-7). Non avevano più bisogno di vederlo; bastava continuare ad accogliere la sua “parola”. Esse l’accolsero e corsero ad annunciare il lieto evento agli apostoli e a tutti gli altri: È vivo! È risorto!, ma “queste parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero”. Sì, Pietro corse al sepolcro, ma vide solo i teli e se ne tornò a casa meravigliato (24,11-12). Non basta la parola, ci vuole ben altro per credere. Comunque soffermiamoci un po’ su questi primi dodici versetti del capitolo 24 di Luca e chiediamoci:

Chi è Gesù? Come si rivela Gesù?

Gesù, colui che è stato crocifisso e sepolto, è il vivente. E che sia tale non lo si deduce dal sepolcro vuoto, ma solo dalla rivelazione: “È vivo, perché Dio lo ha risuscitato”. Questo è il primo atto di fede della prima comunità cristiana (At 3,15; 4,10; Rm 4,24 ecc.). L’agire di Dio che risuscita il Figlio è un evento storico, perché ha un “prima” (prima era morto) e un “dopo” (ora è vivo), ma come ogni azione divina non la posso conoscere mediante un’indagine storica; la posso solo cogliere nella fede, mediante la rivelazione che mi dice: solo Dio può ridare la vita a un morto. Alle donne è bastata la parola della rivelazione che ha richiamato alla loro memoria una parola di Gesù. In quel momento Gesù si è rivelato loro come colui che sempre mantiene la sua parola e come colui che davvero porta a termine il progetto salvifico di Dio, secondo cui il Messia, dato il rifiuto degli uomini, “doveva soffrire molto, ... essere messo a morte e risorgere al terzo giorno” (9,22 ricordato in 24,7).
Nel comportamento delle donne ritroviamo la nostra fede, perché anche noi crediamo senza averlo visto e, vivendo il loro atteggiamento, ricordiamo anche un’altra parola di Gesù: “la pietra scartata dai costruttori è ora diventata pietra angolare” (Lc 20,17), vero fondamento del popolo dell’Alleanza (Ef 2,20), che oggi siamo noi, suoi discepoli. Ma in quel giorno di Pasqua dov’è questo popolo? Dove sono i suoi discepoli? Dov’è la sua vera famiglia, formata da coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica? (8,21). Quelli che l’hanno ascoltata e accolta sono lì increduli (24,11) e pensano che sia stata solo una bella avventura, finita per sempre, l’esperienza di vita avuta con Gesù. Come riunirli a sé? Come ridare loro fiducia? Come riportarli alla fede in lui e, ora alla fede in lui risorto? Gesù lo farà prendendo egli stesso l’iniziativa. Senza essere atteso, si presenterà vivo a coloro che lo hanno visto morto e sepolto.
Luca nei seguenti versetti del capitolo 24 ce lo descrive in modo meraviglioso. Gesù si rivela a noi come colui che riunisce ed educa il suo “piccolo gregge” (8,32) per renderlo testimone della sua risurrezione; come il Maestro che apre loro la mente all’intelligenza delle Scritture perché possano capire il senso salvifico della sua vita. E noi, fissando lo sguardo su di lui sentiremo che dal suo atteggiamento e dalle sue parole si rivela a noi sempre colmo di bontà e di tanta comprensione. Egli solo sa valutare quanto sia difficile per chi l’ha visto rifiutato e ucciso credere in lui vivo. Perciò cercherà di farsi vedere vivo, senza imporsi; si adatterà alla loro cultura e li aiuterà a riflettere su quanto è avvenuto perché nasca in loro una vera convinzione di fede. Fissiamolo attentamente e osserviamo questo confronto con i suoi primi discepoli e confrontiamoci anche noi con lui...

Gesù e i discepoli (e noi)

Due di loro sanno quello che è avvenuto al mattino presto (24,1-12). Cose incredibili: donne che hanno visto angeli i quali dicono che è vivo; e sono venute a dirlo a loro senza averlo visto; ma neppure “alcuni dei nostri” – dicono – che sono andati al sepolcro e l’hanno visto vuoto, non hanno visto Gesù vivo (24,22-24). Per i due Gesù è morto e con lui ogni speranza è sepolta. Meglio andarsene e seppellire totalmente l’esperienza vissuta con Gesù. Il loro andare verso Emmaus è un cercare di lasciarsi alle spalle tutto un passato, ma camminando non riescono a parlare d’altro. Gesù ce l’avevano dentro, nel cuore. Ed è il Gesù nel cuore che si fa compagno di strada, un compagno silenzioso, discreto, che li ascolta furtivamente senza interrompere il loro dialogo. Forse lo hanno guardato di sfuggita, un istante, incuriositi del suo silenzio, come se cercasse di capire di che cosa stavano discutendo; e Gesù ne approfitta per parcheggiare una domanda: “Di che cosa state discutendo?”. Rimasero meravigliati e stupiti; per loro in quel giorno era impossibile che ci fosse qualcuno che potesse parlare d’altro. E Gesù parcheggiò una seconda domanda: “Ma che cosa è capitato?”. E quelli: “Ciò che riguarda Gesù Nazareno...”. E raccontarono a Gesù chi era Gesù per loro. Gesù capì che avevano bisogno di sfogarsi e li lasciò parlare a lungo; capì che lo amavano; anche se non riuscivano a riconoscerlo per il semplice motivo che non riuscivano a pensare che potesse essere vivo. Ma appena finirono di parlare li aiutò a confrontare quanto avevano detto di lui con ciò che avevano detto di lui Mosè e i profeti.
Una loro frase dice con quanta attenzione lo hanno ascoltato: “Non ci ardeva forse il cuore quando lungo il cammino ci spiegava le Scritture?” (24,32). Ma ne capirono il motivo solo quando, dopo la spiegazione, Gesù si fermò a cenare con loro e spezzò il pane. Lo riconobbero, ma già si era reso invisibile. La spiegazione delle Scritture e il gesto del pane ha fatto loro capire che è vivo; e come le donne sentono subito il bisogno di correre ad annunziare ad altri la loro esperienza; il bisogno di ritornare a Gerusalemme per riunirsi di nuovo alla loro comunità e dire la propria fede; ma la comunità già sa che il Signore è veramente risorto e perciò che è vivo; e lo sa non perché l’ha visto vivo, ma perché si è fatto vedere a Pietro (24,34). Ma sono davvero tutti convinti e privi di ogni dubbio?
Mentre tutti condividevano la loro comune esperienza di fede, ecco Gesù che si rende visibile in mezzo a loro. Non si dice che è venuto; è chiaro che era già lì, perché erano riuniti nel suo nome (vedi Mt 18,20). Ma questo suo rendersi visibile diventa un vaglio della loro fede. Sì, erano stati confermati nella fede da Pietro e dai due che raccontavano la loro esperienza, ma adesso che lo vedono vivo “pensano di vedere un fantasma” (24,37). E Gesù con bontà e pazienza si sforza di convincerli: si fa dare qualcosa da mangiare; apre loro la mente all’intelligenza delle Scritture e dice loro che ora è possibile annunciare a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cioè la salvezza (24,47). Poi, dopo aver dato loro il mandato di essere nel mondo suoi testimoni e dopo aver loro promesso che saranno presto rivestiti di potenza dall’alto, li condusse verso Betania e là, mentre li benediceva si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Una bellissima immagine per dire che il Padre lo ha glorificato. Essi capirono il senso dell’evento; per questo si prostrarono in adorazione e poi tornarono colmi di gioia a Gerusalemme, consci della missione che li attende: ora tocca a loro portare a tutti l’annuncio della salvezza, dire a tutti che Gesù, “la pietra scartata dai costruttori, è diventata la pietra angolare”, e perciò che “in nessun altro c’è salvezza, perché non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,11-12). Ed è così che, per mezzo di questi testimoni oculari guidati dalla forza dello Spirito, ha inizio l’avventura missionaria. Che bello, Signore Gesù!

Pregando il testo

Signore Gesù, dopo averti contemplato nello sforzo di ricostruire la tua famiglia, la tua chiesa, ci sentiamo presi da un senso di meraviglia e di stupore: davvero la tua tenerezza vuole estendersi a tutti, raggiungere ogni creatura.
Signore Gesù, quando leggo il tuo Vangelo, penetra profondamente nel mio cuore, riempilo di te, in modo che anche nei giorni della sofferenza e dello sconforto o nel momento della tentazione che mi porta al desiderio di lasciar perdere tutto, sia anch’io, come i discepoli di Emmaus, un discepolo che non riesce a pensare ad altro se non a te. Se questo avverrà, allora nel momento del dubbio, nel travaglio della fede, anch’io mi accorgerò che ci sei sempre tu, che cammini con me e che vuoi aiutarmi a superare il mio travaglio, illuminandomi con la parola delle Scritture per riuscire sempre di più a capire il senso salvifico della tua vita terrena, una vita che si è fatta dono totale agli altri, una vita donata gratuitamente senza mai cercare gratificazioni di sorta, una vita che continua a donarsi spezzando insieme il pane, una vita che costruisce la comunione, una vita che ora debbo testimoniare con la mia vita, sostenuto dalla forza del tuo Spirito.
Signore Gesù, quando noi, tuoi discepoli, spezziamo insieme il pane con te, “donaci sempre la pienezza dello Spirito Santo” (3ª preghiera eucaristica), quella forza che viene dall’alto e che ci lancia in continuità nell’avventura missionaria. Che io e i miei fratelli e sorelle nella fede possiamo sempre accogliere il tuo mandato: “Di tutto questo voi siete testimoni!”. “Di tutto questo”, cioè di tutta la tua vita, totalmente donata.
Sì, Signore Gesù, donaci di sentire tutta la bellezza dell’avventura missionaria, di questo compito primario, di cui tu hai investito ogni tuo discepolo. Fa’ che ognuno di noi sperimenti la beatitudine di chi crede e ti ama, senza averti visto (vedi Gv 20,29 e 1 Pt 1,8) e senta in sé la gioia di essere un tuo testimone.
Amen!
                                                              
Mario Galizzi SDB


IMMAGINE: Resurrezione- Miniatura D.p.3 r- Santa Croce -Firenze
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-4
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