POTENZA E DIFFICOLTA' DELLA FEDE
Linvito a convertirsi e a credere nel vangelo,
ossia nella buona notizia che il tempo è compiuto e il
regno di Dio è vicino, campeggia fin dallinizio
del Vangelo di Marco come essenza della predicazione di Gesù
(1,15).
Durante la sua missione Gesù guarda con attenzione alla fede
di chi gli chiede un miracolo, come nel caso delle persone che con
fatica e intraprendenza gli portano davanti un paralitico scoperchiando
il tetto della casa e calandolo giù (2,5). Ed è pronto
a riconoscere, al momento di congedare un miracolato, che proprio
la sua fede è allorigine della salvezza ottenuta, ossia
della guarigione fisica, ma anche spirituale: Figlia, la tua
fede ti ha salvata, dice infatti allemorroissa (5,34),
e al cieco di Gerico ripete: Va, la tua fede ti ha salvato
(10,52).
Nel caso di Giàiro, il padre di una ragazza in fin di vita
che si era rivolto a lui convinto che potesse salvarla, è Gesù
stesso che lo sollecita a non aver paura, ma a continuare a credere,
allorché giunge la notizia che la figlia è ormai morta
(5,36).
In un colloquio coi discepoli, impressionati dal fatto che un fico,
maledetto da Gesù perché privo di frutti, fosse effettivamente
seccato, Gesù si sofferma sullefficacia della fede e
della preghiera (11,22-25). Innanzitutto li invita ad aver fede in
Dio e poi assicura solennemente che una fede senza incrinature può
ottenere miracoli inauditi, come sarebbe quello di far sì,
con un semplice comando, che un monte si gettasse da solo nel mare.
Quando si prega per ottenere qualcosa, spiega occorre
aver fede di averlo già ottenuto, e lo si ottiene davvero.
Certo egli chiede, nel contempo, la capacità di perdonare le
colpe altrui per essere perdonati, significando che la fede e la preghiera
di cui parla devono scaturire da un cuore purificato dalla
misericordia e dalla consapevolezza dei propri limiti.
Quando manca
la fede
Ma Gesù si scontra anche
dolorosamente con la mancanza di fede, e proprio in coloro da
cui meno se lo aspetta: i suoi concittadini di Nazaret e i suoi
discepoli. Marco annota che Gesù era stupito dellincredulità
dei compaesani (6,6). E a proposito dei discepoli egli è
costretto a constatarlo in almeno due occasioni. La prima volta
avviene durante una tempesta sul lago, quando la barca è
ormai piena dacqua ed essi svegliano il Maestro, stranamente
addormentato a poppa, rimproverandolo: Non timporta
che stiamo morendo? (4,38). Gesù si desta e placa
istantaneamente la furia del vento e dei flutti, ma non può
fare a meno di rimproverarli a sua volta: Perché
siete paurosi? Non avete ancora fede? (4,40), suscitando
peraltro in loro più perplessità che fiducia, poiché
non riescono a capire chi sia davvero Gesù e si interrogano
sgomenti.
Una seconda volta si verifica quando un gruppo di discepoli inaspettatamente
non riesce a scacciare un demonio che si era impossessato di
un ragazzo rendendolo epilettico. Eppure Gesù aveva espressamente
conferito ai dodici, al momento dellelezione, il potere
di scacciare i demòni (3,15) e lo aveva confermato al
momento dellinvio in missione (6,7), ed essi già
lo avevano esercitato efficacemente (6, 13). Per questo, alla
notizia dellinsuccesso, Gesù sbotta in unesclamazione
piena di amarezza, che è generica, ma certo ha di mira
anche loro: Generazione incredula! Fino a quando sarò
con voi? Fino a quando vi sopporterò? (9,19), ed
è costretto a intervenire personalmente. Ma prima egli
riesce a dare una lezione su che cosa sia la fede sollecitando
il padre del ragazzo con domande opportune. Quando luomo
timidamente gli chiede: Se puoi, abbi pietà di noi
e aiutaci, Gesù ribatte: Quanto al «se
puoi», tutto è possibile a chi crede, e laltro
allora subito prorompe in un grido, che esprime nel modo più
commovente tutta la natura paradossale della fede: Credo:
aiutami nella mia incredulità (9,23-24).
Le opposte
posizioni
Anche la scena finale della
crocifissione permette di assistere al confronto tra opposte
posizioni sulla fede. Da una parte, cè una sorta
di trionfo dellincredulità da parte di quasi tutti
i presenti. In particolare impressionano le parole sarcastiche
dei sommi sacerdoti che, insieme agli scribi, si prendono gioco
del Crocifisso e per scherno lo sfidano: Ha salvato altri,
non può salvare se stesso: il Cristo, il re di Israele
scenda adesso dalla croce perché vediamo e crediamo
(15,31-32). La loro pretesa di ottenere prove visibili di potenza
messianica è quanto di più contrario ci sia allo
spirito della fede e Gesù stesso già aveva messo
in guardia i discepoli dai falsi Messia e dai falsi profeti che
si esibiscono con segni portentosi: Non credeteci,
aveva detto loro (13,21-22). Ma proprio nella medesima scena
della crocifissione si realizza un tuttaltro vedere,
che appartiene agli occhi della fede: è, sorprendentemente,
quello del centurione pagano che sta davanti alla croce e, proprio
vedendo che era spirato così, proclama: Veramente
questuomo era figlio di Dio (15,39), con una confessione
di fede che risulta la più completa di tutto il Vangelo.
Quel morire sulla croce che per i capi giudei era motivo di scandalo
e rendeva impossibile il credere nella messianicità di
Gesù, per il centurione diventa il segno della sua natura
divina.
Certo, anche per il centurione lilluminazione della fede
rimane un fatto momentaneo, presto travolto dalla banalità
delle pratiche ordinarie: poco dopo, quando Pilato lo interrogherà
per sapere quando il condannato fosse morto, si limiterà
a fornire linformazione richiesta senza commenti (15,44-45).
Clementina Mazzucco
IMMAGINE: REMBRANDT:
Tempesta sul lago di Galilea - Museum I.S. Gardner - Boston
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2000-6
VISITA Nr.