QUANDO GESU' CHIAMA
Il primo gesto concreto che Gesù compie nella sua attività pubblica è stato quello di chiamare dei discepoli al suo seguito: si può dire che egli non voglia fare nulla senza avere persone disposte a condividere il suo cammino e a continuarlo.
Il primo gruppo di discepoli è costituito da due coppie di fratelli e il racconto di Marco è scarno, quasi schematico, ma risulta estremamente efficace per presentare il modo in cui Gesù chiama e la risposta che si deve dare: «E, mentre passava lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, il fratello di Simone, che stavano gettando le reti in mare, poiché erano pescatori. E disse loro Gesù: “Venite qui, dietro di me, e vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito, lasciate le reti, lo seguirono. E, avanzato un po’ oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, anch’essi sulla barca intenti a riassettare le reti. E subito li chiamò. E, lasciato il padre loro Zebedeo sulla barca con i salariati, se ne andarono dietro a lui» (1,16-20). Con lo stesso schema verrà raccontata in seguito la chiamata del pubblicano Levi: «E uscì di nuovo lungo il mare (...). E passando vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli dice: “Seguimi”. E, alzatosi, lo seguì» (2,13-14).
Ogni volta si verificano alcune circostanze fisse e la ripetizione ne accentua il valore esemplare: Gesù sta camminando lungo il mare; vede delle persone identificate col nome proprio e con i legami familiari più stretti; queste persone vengono incontrate mentre sono intente al loro lavoro abituale, nel loro ambiente normale; Gesù le chiama proprio in quel momento e il suo comando a seguirlo è perentorio; immediatamente i chiamati lasciano ciò che stanno facendo, si staccano dai parenti e vanno dietro a Gesù.
Marco si ispira evidentemente a modelli veterotestamentari famosi relativi a figure di grandi inviati e profeti, come Mosè, Gedeone, Eliseo, Geremia, ecc. Ma potremmo notare che rispetto ai precedenti introduce alcune variazioni significative: Gesù si serve esclusivamente della parola per chiamare e non ricorre a fenomeni prodigiosi di alcun tipo; i chiamati non mostrano perplessità, non chiedono rassicurazioni e non indugiano, ma abbandonano istantaneamente ogni cosa per seguirlo. In questo modo certo Marco vuole sottolineare il carattere misterioso e insieme urgente della chiamata di Gesù, che impone un’adesione di fede senza garanzie e una scelta di vita radicale. Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni e poi Levi, lasciano il lavoro, i beni, la famiglia per andare dietro a Gesù.
Simone, diventato Pietro al momento dell’elezione nel gruppo dei dodici, lo ricorderà al Maestro: “Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito” (10, 28). È un “lasciare” che significa mettere davanti a tutto Gesù, non necessariamente abbandonare materialmente casa e famiglia: poco dopo la chiamata, Simone e Andrea andranno con Gesù e coi condiscepoli a casa loro e si prenderanno cura della suocera di Simone ammalata (1,29-30). Però ne risulta comunque trasformata la concezione della famiglia e si ha un’estensione potenzialmente infinita della sua cerchia. Gesù stesso lo fa capire nella sua risposta a Pietro: “Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi, per me e per il vangelo, senza che riceva cento volte tanto ora, in questo tempo, in case, fratelli, sorelle, madri, figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel mondo che viene la vita eterna” (10,29-30).
E l’abbandonare concretamente i beni in spirito di condivisione con i più bisognosi è un’esigenza che può essere connessa con la chiamata: lo dimostra il caso del ricco, anche lui invitato da Gesù a seguirlo, ma solo dopo aver venduto le sue sostanze e aver distribuito il ricavato ai poveri (10,21). Dopo il primo annuncio della passione la richiesta diventa ancora più radicale: Gesù dice che, se uno vuole seguirlo, deve rinnegare se stesso, prendere la sua croce e seguirlo (8,34).
Da questo punto di vista, nessuno dei discepoli riesce ad andare fino in fondo nella sequela. Anzi, nella scena dell’arresto, la fuga e l’abbandono di Gesù da parte dei discepoli si configura come un vero e proprio rovesciamento del ruolo di discepolato, che comporta il lasciare tutto per seguire Gesù: a quel momento di loro si dice che “lasciatolo, fuggirono tutti” (14,50). Solo Pietro “seguì” Gesù durante la passione, ma solo fino al palazzo del sommo sacerdote, e solo “da lontano” (14,54). Anche le donne, che lo avevano seguito in Galilea servendolo, ed erano salite con lui fino a Gerusalemme, pur spingendosi più avanti dei discepoli maschi, perché sono presenti alla crocifissione, si limitano a guardare “da lontano” (15,40-41). Davanti alla tomba vuota fuggiranno anche loro (16,8). Simbolicamente, solo il cieco di Gerico guarito che segue Gesù sulla strada per Gerusalemme, la strada che porta alla passione (10,52), corrisponde pienamente all’ideale del discepolo.
E forse il misterioso giovinetto, che dopo la fuga dei discepoli “continuava a seguire” Gesù avvolto in un lenzuolo sul corpo nudo, ma poi, fatto oggetto a sua volta di un tentativo di cattura, fugge nudo abbandonando il lenzuolo (14,51-52), sottolinea, nel momento culminante, i limiti della sequela umana: perché questo giovinetto cerca appunto di fare ciò che un discepolo dovrebbe fare: seguire Gesù anche nella passione, ma non riesce. Solo dopo la passione è prevista una nuova sequela in cui Gesù tornerà a precedere i suoi in Galilea (14,28; 16,7).

                                                      
Prof. Clementina Mazzucco

IMMAGINI:
1 Ghirlandaio Domenico: Vocazione degli apostoli - Cappella Sistina, Vaticano /
2 Caravaggio : Vocazione di Matteo - Chiesa di San Luigi dei Francesi - Roma

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2000-5
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