IL FRUTTO DELLO SPIRITO
E' L'AMORE
Paolo presenta lamore
come frutto dello Spirito, cioè come il risultato dellagire
dello Spirito Santo in noi. Nella Lettera ai Galati, dopo aver
elencato alcuni atteggiamenti tipici che emanano dallamore,
conclude dicendo: contro queste cose non cè
legge. Il motivo è chiaro: lamore, e tutto
ciò che emana dallamore1, è al di sopra di
ogni legge. Lamore supera la legge, non è soggetto
a nessuna legge. Dice infatti Gesù che dallamore
di Dio e del prossimo dipende tutta la legge (Mt 22,40). E Paolo,
riecheggiando la parola di Gesù, afferma: Tutta
la legge trova la sua pienezza in una sola parola: «Amerai
il prossimo tuo come te stesso» (Gal 5,14). È
grande limportanza di queste affermazioni. Esse costituiscono
un criterio che mette sotto giudizio ogni legge formulata dalluomo.
Ogni legge è valida, è giusta, è vera solo
se emana da un sincero amore per ogni uomo; non lo è quando
crea o tende a sostenere tradizioni in cui tanti si sentono emarginati.
Per capire meglio tutto ciò, è necessario valutare
un po il senso della parola amore. Oggi cè
uninflazione galoppante di questa parola e tante, troppe
volte, è un puro sinonimo di erotismo, che
non proviene certamente dallo Spirito, ma dalle opere della carne
che si manifestano nellimpurità, nel libertinaggio,
nelle orge (Gal 5,19s), nellesaltazione dellIO. Ci
troviamo in un campo totalmente profano, che la Bibbia ben conosce,
tanto che ha imposto delle chiare scelte ai primi traduttori,
cioè a coloro che ci hanno dato la cosiddetta Bibbia dei
Settanta. La domanda che si ponevano era: Come inculturare
la fede biblica nel mondo greco?. Si misero allopera
e lo fecero con grande saggezza. Si distanziarono in modo chiaro
da una cultura in cui lEros era il massimo dellestasi
e della comunione con il divino e scelsero da essa il verbo,
se così possiamo dire, più banale per poi colmarlo
dellaltissimo significato religioso che ha nella Bibbia.
Il verbo scelto è agapân da cui proviene la parola
agápê. Il verbo allora significava semplicemente
essere contento, accogliere, salutare, vedere di buon occhio
e, a volte, preferire. I primi traduttori se ne servirono per
indicare quellamore che si irradia da Dio, lamore
del potente che solleva lumile e lo innalza al di sopra
degli altri, lamore diffusivo, attivo che vuole il bene
dellaltro, non centrato sullIO, ma sul TU, perché
Dio ci vuole sempre come dei TU di fronte a lui.
Esaminiamo in sintesi il senso dellamore, nellAntico
Testamento prima e nel Nuovo poi, e scopriremo come la Rivelazione
è colma di amore.
Antico Testamento
Il verbo
ebraico che viene tradotto con amare e la parola
amore esprimono tutto ciò che ancora oggi
si dice con questi due termini. Con essi lAntico Testamento
indica lamore fondamentale che spinge a far dono
di sé alla persona amata. Non cè amore
se non cè un TU. Lamore è una forza
spirituale inspiegabile, connaturata alla persona. In esso possiamo
distinguere un carattere profano o immanente e uno religioso
e teologico, anche se sono le espressioni amorose del primo tipo
(rapporti fra i sessi, fra i genitori e i figli, fra gli amici)
che ci permettono di risalire a quelle del secondo tipo e di
misurarne la portata nel campo religioso e teologico.
In questo secondo campo, lidea di amore esprime
nel popolo dIsraele le relazioni con il Dio dellAlleanza
ed è chiaro che lamore di Dio precede lamore
delluomo o del suo popolo. Dio ha amato i padri (cioè
Abramo, Isacco e Giacobbe), ha scelto la loro posterità,
lha fatta uscire dallEgitto e con essa ha stabilito
la sua Alleanza (Dt 4,37; 5,3). Il libro del Deuteronomio (c.
5) elenca le norme dellAlleanza, le Dieci Parole o Comandamenti,
ma si ha limpressione che lautore senta che le relazioni
con Dio non si possono stabilire come Legge, sono relazioni di
amore, perché la risposta umana allamore può
solo fondarsi sullamore che supera ogni legge. E allora
insegna ad agire come si suole agire per amore e dice: Amerai
il Signore, Dio tuo con tutto il cuore, con tutta lanima
e con tutte le tue forze (Dt 6,4). Il tutto,
ripetuto con forza tre volte, fa capire che lautore ci
esorta a impegnare la totalità dellenergia che è
in noi per far sorgere dal sentimento di amore una convinzione
che regoli tutto il nostro modo di vivere. In pratica ci dice
che per vivere in pienezza il nostro rapporto con Dio dobbiamo
impiegare tutta la nostra personalità (cuore e anima).
Ed è solo da questo rapporto di amore con Dio, che nasce
il rapporto di amore con i propri simili: Amerai il prossimo
tuo come te stesso (Lv 19,18), un comandamento che viene
dato per imitare Dio, per essere santi come
Dio è santo (Lv 19,2). La deduzione è evidente:
se amo Dio, debbo, in sintonia con Dio, amare il prossimo.
Nel capitolo 19 del libro del Levitico la parola prossimo
indica lessere umano che più mi è vicino
spiritualmente e materialmente; certamente i parenti, i connazionali,
ma anche lospite (Lv 19,34), e persino il nemico (Es 23,4).
Il testo più espressivo è quello di Prv 25,21:
Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete
dagli da bere.
Sono pochi accenni ma sufficienti per affermare che ci sono tutte
le premesse per passare alla definitiva rivelazione in Cristo
Gesù.
Nuovo Testamento
Nella prima
Lettera di Giovanni si legge: Noi amiamo perché
Dio ci ha amati per primo (4,19); e subito si aggiunge:
Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il
suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio
fratello che vede, non può amare Dio che non vede... Chi
ama Dio, ami anche suo fratello (4,20s). È quanto
ci ha già insegnato il libro del Levitico (c. 19): lamore,
dono di Dio, è diffusivo ed è imitazione di Dio.
La novità è che ora noi possiamo imitare Dio, perché
cè in noi la capacità di vivere questo amore
del fratello, del prossimo. Dio infatti ha effuso il suo
amore nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è
stato dato (Rm 5,5).
Una deduzione è qui inevitabile: lamore che sentiamo
per Dio è un dono di Dio che può essere
vissuto solo con la forza dello Spirito Santo che è in
noi. Solo così possiamo amare come Dio ci ama; e possiamo
ripercorrere quella via che Paolo chiama: la via migliore, la
via dellamore (1 Cor 13); e possiamo anche parlare dellamore
come frutto dello Spirito.
È bella la parola frutto! Suona come un invito
a gustare, ad assaporare, a sperimentare lamore che Dio
ha per noi e che ci è donato in Cristo per mezzo dello
Spirito. Chi davvero lo vive sperimenta in sé unonda
di gioia divina, che lo porta ad aprirsi, in sintonia con Dio,
agli altri, a sentirsi capace di comunicare al prossimo il bene
che lo riempie, procurandogli godimento e gioia. Lamore,
dono di Dio, non annulla lamore umano insito nella natura;
lo sublima impedendogli di essere centrato sullIO e rendendolo
dono totale alla persona amata fino al sacrificio. Lamore
umano è vero solo se è rivolto a un TU. E se è
impossibile vivere da soli il vero amore umano, tanto più
impossibile è vivere da soli lamore di Dio che ci
viene donato dallo Spirito: bisogna donarlo! Lamore esige
sempre laltro cioè il prossimo.
Ne abbiamo già parlato, citando il Levitico; ora però
dobbiamo ascoltare Gesù, rivelazione piena dellamore
del Padre, perché porta alla perfezione linsegnamento
antico. Quando un maestro della Legge gli chiese: Chi è
il mio prossimo?, Gesù, raccontando la Parabola
del Buon Samaritano, non gli risponde con la classifica
che abbiamo riportato sopra (parenti, genitori-figli, lospite,
il nemico), ma capovolge la domanda e sovverte lantica
gerarchia imperniata sullIo. Gesù istituisce una
nuova gerarchia al centro della quale cè il Tu.
È qualcosa di estremamente concreto che si realizza intorno
alluomo che soffre. Colui che si trova per caso più
vicino a colui che soffre ha verso di lui i doveri del prossimo:
deve diventare lui prossimo dellaltro; non
deve chiedersi: Chi è il mio prossimo?, ma
chiedersi: Come faccio a diventare prossimo di chi è
nel bisogno?.
La risposta è semplice: Avvicinandomi aiutandolo, anche
se si tratta di un nemico.
Nemico è chi si sente separato da me, anche se vicino;
nemico è colui che non mi ama, che mi perseguita. Ebbene,
Gesù, superando anche qui la logica antica: Fu detto
agli antichi, ma io vi dico..., vive egli stesso questo
suo insegnamento, rendendosi ospite, prossimo, di
coloro che gli tendono un tranello; e lo fa mettendosi a tavola
con loro, cercando di dialogare con loro e pregando per loro
(Lc 5,29-3l; 14,1-6; 23,34). Gesù fa dellamore per
i nemici latteggiamento che i membri del nuovo popolo eletto
devono tenere verso i figli di questo mondo. Essi devono amare
senza pensare di essere ricambiati, prestare anche quando sanno
che non vi sarà restituzione, dare senza riserve e senza
limiti. Essi devono accollarsi lostilità del mondo
senza opporre resistenza e con spirito di sacrificio (Lc 6,28).
Siamo nel campo dellassoluta gratuità. Lamore
che Gesù ci insegna è infatti donazione totale
di sé allaltro senza cercare gratificazioni. Questo
è amare come Dio ci ama. È Dio che ha annullato
la distanza tra noi e lui e nel Figlio lo ha fatto in modo perfetto.
La perfezione di questo amore sta nellannullare ogni distanza
nel farsi prossimo, nel diventare prossimo.
Ci sono tanti modi per farlo. Basta ascoltare Gesù quando
dice: Avevo fame e mi avete dato da mangiare avevo sete
e mi avete dato da bere.... Ci sono tanti modi per vivere
lamore. Lamore infatti ha tanti nomi: dove cè
fame lamore è pane; dove cè solitudine,
lamore è compagnia, dove cè emarginazione,
lamore è comunione. Lamore ha tanti nomi,
ma è laltro, la situazione dellaltro, che
mi dice quale nome deve avere il mio amore.
Gesù cerca il bene di tutti. In Gesù lamore
è, come dice Paolo, pazienza, benignità, benevolenza,
sopportazione... Chi fissa lo sguardo su Gesù, si accorge
che lamore dellaltro è rivelazione del vero
volto di Dio. Paolo contemplando Gesù in croce dice: Perché
mi amava ha dato la sua vita per me. La vita di Gesù
è dono totale di sé agli altri sino al supremo
sacrificio. Gesù insegnandoci con lesempio ad amare
ci vuole guarire dentro, vuole guarire il nostro cuore perché
sia sempre in sintonia con il suo e con quello del Padre. Tale
è il significato delle sue parole: Amatevi come
io vi ho amato. Solo così si può rivelare
il vero volto di Dio e solo così, vivendo di speranza
e di fede, si può vivere un amore che è eternità.
Sì, un amore che è eternità. Perché
nel mondo futuro la fede sarà assorbita dalla visione,
la speranza dal possesso del bene sperato e solo lamore
rimarrà per sempre, perché lamore è
Dio.
Preghiamo
O Padre
che ci hai amati nel Figlio tuo e che in lui ci hai insegnato
a vivere quellamore che viene da te, continua a effonderlo
nel nostro cuore e donaci sempre la forza del tuo Spirito, solo
così riusciremo ad amare in te ogni persona. È
grande la fiducia che hai in noi, o Padre. Tu ci doni ideali
immensi che assorbono la totalità delle nostre forze.
Questo a volte ci spaventa. Ma poi ascoltando il Figlio tuo comprendiamo
che si tratta di compiere un cammino. Il Figlio tuo ci fa coraggio
quando ci dice: Sforzatevi!. Egli esige solo che
ci sforziamo ogni giorno nellimitarlo, amando gli altri
come egli ci ha amati e nel rivelare, vivendo nellamore,
il tuo vero volto, o Padre. Che la gioia dellamore che
ci ha insegnato sia sempre in noi. Amen!
Mario
Galizzi SDB
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del mese di gennaio: Come si presenta il cristiano.
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1-2 Trento Longaretti : I miracoli
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1998-1999
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2002-2
VISITA Nr.