A SCUOLA DI GESU' /11
I
DISCEPOLI NELLA VITA TERRENA DI GESU'
È stato interessante seguire
il cammino fin qui compiuto dai discepoli, in particolare dai
Dodici, chiamati, scelti, perché stessero con Lui. Lo
stare con Gesù li ha sempre entusiasmati: era troppo imprevedibile,
cera sempre qualcosa di nuovo. Era lentusiasmo che
li sosteneva più che la fede.
Infatti, là sul lago in tempesta si sentirono dire da
Gesù: «Non avete ancora fede?» (4,40) e tra
di loro si chiesero: «Ma chi è costui? Anche il
vento e le onde gli ubbidiscono». Ma per esigere la fede,
una totale adesione alla sua persona, bisogna sapere chiaramente
chi è. La sua imprevedibilità non ci
permette di dare un giudizio su di lui. È in questo clima
che si sviluppa la prima parte del Vangelo di Marco (1,16-8,21).
Un giorno però, dopo una simbolica guarigione di un cieco
(8,22-26), Gesù chiese loro: «Ma per voi chi sono
io?». Ed essi, convinti, dissero per mezzo di Pietro: «Tu
sei il Cristo, il Messia!» (8,29). Ebbene, è questa
certezza che da allora fino al Getsemani li accompagna e li accompagnerà.
Sì, è vero che Gesù cerca di far loro capire
che deve soffrire, ma essi che pur sentono il pericolo di una
simile prospettiva, non ci fanno caso. Credono che è il
Messia davidico e quindi riuscirà a cavarsela e
a dominare Israele. È per questo che è meglio pensare
alla struttura del Regno messianico (articolo precedente). Ora,
quello che succede il giorno dellentrata in Gerusalemme,
cioè il giorno delle Palme, sembra confermarlo.
Lentrata
di Gesù in Gerusalemme (11,1-11)
Quel giorno, i discepoli dovettero
stupirsi e gioire quando Gesù decise di entrare in forma
solenne a Gerusalemme e mandò due di loro a cercare un
asinello. Subito si diedero da fare e quando arrivarono da Gesù
con lasino stesero su di lui i loro mantelli e Gesù
si sedette sopra. Alla loro gioia si unì quella di tutti
quei Galilei che insieme arrivavano a Gerusalemme per la festa
di Pasqua: stesero i loro mantelli sulla strada e altri agitavano
rami in segno di gioia e tutti lo acclamavano come il Messia,
il re davidico, dicendo: «Benedetto colui che viene nel
nome del Signore». Unacclamazione che si adatta soprattutto
al Messia. Ma poi aggiunsero: «Benedetto il Regno che viene
del nostro padre Davide». È questo e solo questo
che riuscivano a pensare i discepoli di Gesù: Lui è
il re Davide che viene ad instaurare il regno. Il senso della
loro acclamazione è, dunque, chiaramente politico. Secondo
Luca pensarono così fino al giorno dellAscensione,
quando dissero a Gesù risorto: «È questo
il momento nel quale tu devi ristabilire il Regno dIsraele?»
(At 1,6). La loro conoscenza dellidentità di Gesù
fino alla sua totale glorificazione non poteva andare oltre.
Poi tutto cambiò.
Anche il giorno delle Palme, forse, si posero degli interrogativi
su Gesù, perché tutto finì in fretta. Il
Vangelo dice: «Gesù entrò in Gerusalemme
e nel Tempio e dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo
ormai lora tarda, uscì con i Dodici diretto a Betania»
(11,11). Non fu per niente unentrata trionfale. «Con
i Dodici», secondo Marco, nei primi tre giorni»,
(due in Matteo), si parla assai poco di discepoli, tutto sembra
centrato sulle discussioni col potere costituito. Eppure, quel
poco che si dice di loro sembra importante perché riguarda
in parte il loro futuro. Ma Gesù li sta preparando. Egli
sa che dopo lo sbandamento della Passione, torneranno a Lui,
perciò continua a educarli al vero discepolato.
Fede, preghiera,
perdono (11,20-25)
Il secondo giorno, Gesù,
per indicare che Israele era una pianta inaridita, maledì
una pianta di fichi, dicendo: «Mai più nessuno possa
mangiare frutta da te». Il testo aggiunge, ed è
ciò che conta: «I suoi discepoli ludirono»
(11,14b). Infatti, il terzo giorno, percorrendo la stessa strada,
videro che la pianta si era seccata, fino alle radici e Pietro
disse a Gesù: «Maestro, guarda! La pianta che hai
maledetta si è seccata». E Gesù ne approfittò
per parlare della sua comunità e disse, usando abbondantemente
il voi per responsabilizzare i suoi discepoli: Volete
voi essere una comunità che non inaridisce ma che dia
sempre frutti per il bene degli altri? Abbiate fede, pregate,
perdonate.
Gesù ha così e tracciato la via perché i
suoi discepoli formino una vera comunità che annuncia
il Vangelo. Innanzitutto bisogna aver fede in Dio, cioè
affidarsi, abbandonarsi totalmente a Lui per essere forti della
sua onnipotenza. Il nostro compito cristiano supera sempre la
possibilità umana, ma tutto è possibile a
chi crede (9,33). Ora, in questa tensione verso Dio sgorga
spontanea la preghiera, il dialogo comunitario con il Padre che
è vero e autentico solo se tutti i membri della comunità
sono veramente in comunione tra loro e con Dio, cosa irrealizzabile
se non si vive il mutuo perdono.
Ora sappiamo come deve essere la Chiesa, Gesù la vuole
aperta, missionaria, una comunità che crede, prega ed
è donatrice di perdono.
Una povera
vedova (12,41-44)
Una volta, Gesù, osservando
la gente che gettava denaro nelle cassette del tesoro del Tempio,
si accorse che i ricchi ne gettavano parecchio, mentre una povera
vedova, di nascosto, vi gettò solo due monetine. Subito
Gesù capì che questa era una buona occasione per
aiutare i suoi discepoli a riflettere. Soppesando bene le parole,
così disse loro: «Questa vedova ha gettato più
di tutti». Questo significa che per Gesù il valore
del dono nasce dalla situazione del donatore. A Gesù non
interessa il dono, ma chi lo dà. È la persona che
dà valore al dono. I ricchi hanno dato parecchio, ma era
ciò che loro avanzava, la povera vedova ha dato tutto
e il tutto è più del parecchio e vale assai perché
era tutto il suo sostentamento. Essa ha voluto che il suo tutto
fosse dono per gli altri e per Dio. Ha fatto un salto nel buio
e lo ha fatto per affidarsi totalmente a Dio. Quel giorno, quella
donna si impersonificò nel suo dono: era lei dono
per gli altri, per tutti. Dal suo volto traspare il volto
di Gesù la cui vita è dono in tutto il suo essere,
sino alla fine. E noi, suoi discepoli, dobbiamo imitare Gesù.
Passato
e futuro (13,1-11)
I primi tre versetti di questa
sezione aiutano ad approfondire il mistero di Gesù e ad
avere il giusto contesto del suo insegnamento ai discepoli. Questi
guardano al passato, Gesù al futuro. Ecco il testo: «Mentre
usciva dal Tempio, uno dei discepoli gli dice: Maestro, guarda
che pietre e che costruzioni. Gesù rispose: Vedi tu queste
grandi costruzioni? Qui non sarà lasciata pietra su pietra,
tutto sarà distrutto. Poi giunto sul Monte degli Ulivi
si sedette di fronte al Tempio».
«Maestro, guarda!» Il discepolo è affascinato
da quelle grandi costruzioni, sono espressioni di tutta la gloriosa
storia del suo popolo, ora appannata dalloccupante romano,
ma il Messia davidico ridarà gloria e potenza ad Israele.
Guarda, dice questi a Gesù che sembra non
farci caso. Il suo uscire dal Tempio, come il suo fermarsi a
guardare e infine il suo sedersi di fronte al Tempio sul Monte
degli Ulivi ha qualcosa di sinistro, sembra ricordare il movimento
della Gloria di Dio che abbandona il Tempio, descritto
nella visione del profeta Ezechiele (10,18-19; 11,23) a riguardo
della distruzione del primo Tempio. Ora, Gesù annuncia
la rovina del secondo Tempio: Non sarà lasciata
pietra su pietra Cè un senso di sofferenza
in queste parole. Gesù ha predicato per tre giorni nel
Tempio e si è accorto che Israele è una pianta
senza frutti, che si sta seccando anche nelle radici. Con altre
parole: Tutto sarà distrutto.
Il ritorno
a Gesù
La domanda dei discepoli si
sofferma su ciò che è secondario Di
a noi quando avverrà questo. Gesù non risponde
a questa seconda domanda, si limita a metterli in guardia su
ciò che capiterà loro quando il disfacimento di
Israele sarà irreversibile.
Molti si presenteranno come salvatori del popolo dicendo: Sono
io, Gesù dice: «Non lasciatevi ingannare da
nessuno» (vv. 4-5) e in concreto dice che capiterà
loro quello che sta per capitare a Lui durante la sua Passione:
«Vi condurranno nei sinedri, nelle sinagoghe, vi bastoneranno
e a causa mia sarete presentati davanti ai governatori e ai re
per rendere loro testimonianza» (v. 9). Soffermiamoci un
po su questo versetto che presenta un Gesù colmo
non solo di speranza ma di certezze che dopo la Passione i discepoli
ritorneranno a Lui e gli renderanno testimonianza. Certamente
i discepoli capiscono solo che saranno perseguitati, ma Gesù
sa che non lo abbandoneranno più, come faranno il giorno
dopo nel Getsemani, ma colmi di coraggio affronteranno chi li
vuole giudicare e sperimenteranno quanto sia vera la sua Parola:
«Non sarete voi a parlare ma lo Spirito Santo» (v.
11). Sono parole che trasportano già oltre la Pasqua.
Gesù
è risorto (16,1-8)
Tra questo racconto e quello
che abbiamo appena esaminato, cè il racconto della
Passione (cc. 14-15). Labbiamo meditato durante la Quaresima
(vedi articolo di marzo). Limmagine dei discepoli nel racconto
della Passione è coerente con quella che abbiamo delineato
da 8,29 in poi: Gesù è il Messia davidico, un Messia
sofferente è inaccettabile. Comunque sono così
attaccati a Gesù che sono disposti a morire con Lui (14,31).
Ma Gesù sa, e glielo dice, che lui sarà colpito
e che essi come pecore saranno dispersi, e subito aggiunge: «Ma
quando risorgerò vi precederò in Galilea»
(14,27-28). È una nota di speranza che Gesù mette
in loro. Lappuntamento che si ricorda in Marco quando si
narra nel modo più breve possibile la Risurrezione. Langelo
del sepolcro dice alle donne: «È risorto. Su, andate
subito a dire ai suoi discepoli e a Pietro che vi precede in
Galilea, là lo vedrete come Egli stesso vi ha detto»
(16,6 ss.).
In Galilea, nella terra delle genti del mondo intero.
È là che si riannodano le fila della comunità,
dove Gesù riunisce i suoi. Solo allora riusciranno a rimeditare
il Mistero della sua persona. Fino a Pasqua, secondo Marco, Gesù
era semplicemente luomo di Nazareth, il Messia davidico,
ma dopo Pasqua gettano sullesperienza umana di Gesù
tutta la luce mattutina della Pasqua e la forza della Scrittura
e capiscono che Gesù è il Figlio di Dio
e Pietro dirà finalmente, comprendendolo, quello che ha
visto sul monte della Trasfigurazione dove Ha udito la
voce di Dio onnipotente che diceva: Questi è il Figlio
mio: io lo amo e lho mandato (... 1,17-18) e capiranno
in profondità il senso di altri fatti in cui Gesù
si è rivelato come vero Figlio di Dio: per esempio nel
Battesimo o nella parabola dei vignaioli omicidi (1,11; 12,1-17).
Non per nulla Marco inizia proprio così il suo Vangelo,
dicendo che Gesù è il Cristo e il Figlio di Dio
(1,1).
Conclusione
Dopo aver percorso in questi
mesi i passi del Vangelo che parlano dei discepoli, sentiamo
nascere in noi un senso di stupore e di riconoscenza verso di
loro. Ci hanno ricordato con grande sincerità il loro
stare con Gesù, le loro difficoltà nel capire Gesù,
la loro assoluta incapacità nellaccettare un Messia
sofferente, il loro abbandono di Gesù nel Getsemani, infine
la bontà di Gesù che risorto ha subito pensato
a loro e li ha riuniti in Galilea. Da allora hanno capito davvero
chi era Gesù che li ha costituiti suoi testimoni, e da
allora, spinti dallo Spirito, hanno camminato con Gesù
nella storia.
Camminare con Gesù, ecco un tema chi ci affascina, perché
oggi siamo noi che camminiamo con Lui. Questo è il tema
che vogliamo sviluppare nei prossimi articoli. Ci saranno di
guida gli Atti degli Apostoli che parlano di una comunità
testimone, di una comunità che è vera memoria di
Gesù: perché oggi questo è il nostro compito!
Preghiamo
Signore Gesù,
come è stato bello in questi mesi venire a scuola da Te
a ripercorrere la formazione dei tuoi discepoli. Mi sono ritrovato
tante volte in loro e ho rivissuto le difficoltà del mio
cammino di fede, ma soprattutto la gioia di stare con te, scrivendo
ogni giorno il Vangelo. Signore, è proprio vero: è
sempre novità ed è un vivere in intimità
con te nella preghiera. Grazie, o Signore, di accettarmi ogni
giorno e di sostenere il mio cammino. È a questo che ora
penso: come camminare con Te nella storia? Fa che in questi
mesi possa approfondire questo tema perché poi con laiuto
dello Spirito, possa comunicare con sincerità e semplicità
le mie riflessioni ai fratelli nella fede. Grazie, o Signore,
del tuo aiuto. Amen.
Mario Galizzi
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2003-10
VISITA Nr.