VANGELO DI LUCA E ATTI DEGLI APOSTOLI:
UN'OPERA UNICA

Eccoci di nuovo nell’anno liturgico dedicato al Vangelo di Luca. Tre anni fa ci siamo intrattenuti su varie pagine del suo Vangelo. Quest’anno vogliamo soffermarci sugli Atti degli Apostoli che all’inizio formavano con il Vangelo un’unica opera con una sola introduzione, quella che leggiamo in Luca 1,1-4. Iniziamo richiamandoci ad un pensiero detto tre anni fa e che vale in modo particolare negli Atti. Chi vuole camminare con Cristo nella storia deve sentirsi sempre in cammino, deve capire che non ci si può fermare e che non si può volgere indietro lo sguardo finché il Messaggio della salvezza non sia giunto sino alle estremità della terra. Questa è la vera caratteristica del discepolo nell’intera opera lucana. Chi la osserva nella sua totalità, rimane stupito dall’immenso lavoro di Luca e dalla grandiosità del suo progetto: egli non vede solo “l’evento del Cristo terreno”, ma “l’evento Cristo” che continua nella storia umana e che sempre cammina con i suoi discepoli “con la potenza dello Spirito Santo” (Lc 4,14).

Ma chi è Luca?

Ci piace pensarlo negli anni 80-90. La generazione apostolica appartiene oramai al passato e l’annuncio di Cristo ha già raggiunto le “estremità della terra”, cioè tutto il mondo allora conosciuto da un medio-orientale. Luca guarda questo passato e osserva insieme la storia del Gesù terreno e i quasi cinquant’anni della storia della Chiesa. Che meraviglia! Quante similitudini tra la vita di Gesù e quella della Chiesa: il martirio di Stefano è simile a quello di Gesù, la passione di Paolo ripete quella di Gesù e fa toccare con mano che davvero “non è Paolo che vive, ma Gesù che vive in lui”, e la vita dei cristiani riflette sotto tanti aspetti quella di Gesù. La predicazione, poi, e la catechesi degli Apostoli offrono con somma coerenza una enorme ricchezza. Davvero sono il fondamento d’ogni vera catechesi.
A Luca è possibile conoscere tutto ciò perché non c’è solo una tradizione orale, ma anche perché molti già hanno tentato di scrivere su quanto è accaduto ai tempi del Cristo terreno e su quanto è accaduto e accade nella Chiesa. C’è oramai una vasta letteratura cristiana su Gesù e sulla Chiesa. E per quanto riguarda Gesù c’è una tradizione anche scritta che risale ai Dodici, cioè ai testimoni oculari, a quelli che sono stati con Gesù dal “Battesimo di Giovanni Battista fino alla sua Ascensione”, e che sono il fondamento della nostra fede (Ef 2,20). Osservando tutto ciò, decide di dare anche lui il suo contributo e da abile scrittore storico si mette al lavoro. Innanzi tutto fa accurate ricerche su ogni circostanza fin dagli inizi (Lc 1,3); e poi fa le sue scelte: è chiaro, infatti, che non può scrivere tutto. Non ci parlerà di tutti gli Apostoli e neppure della vita di tutte le “chiese” sparse nel mondo romano, ma solo di alcuni o di alcune.
Redigendo il Vangelo è evidente che ha come base il “Vangelo di Marco” e una “fonte scritta” che userà anche Matteo, ma non fa il copiatore: a tutto imprime il suo entusiastico stile. Quando invece si tratta degli Atti, gli studiosi accennano a certe “fonti scritte”, ma si naviga tra pure ipotesi quando si cerca di precisarle. È però certo che Luca conosceva le “Lettere di Paolo”, anche se è difficile precisarne il suo uso. Però lui è stato un compagno di Paolo, come lo dimostrano le “sezioni noi” degli Atti, e perciò sapeva come predicava l’Apostolo delle genti.
Ebbene, dopo aver vagliato tutto, si mette all’opera pensando ai suoi destinatari. Ne cita uno in particolare: “Teofilo”, ma è chiaro che il suo scopo è di far comprendere alla sua comunità quanta solidità abbia la catechesi che ha ricevuto e che egli riassume presentando l’evento Gesù (Vangelo) e richiamandosi, negli Atti, alla predicazione apostolica. Luca è un vero maestro e un vero storico, ma la sua opera è anche catechesi e teologia. Da un punto di vista storico, vediamo che egli dà a tutta la sua opera un grandioso quadro storico e geografico.

Quadro storico

Se non avessimo l’opera lucana sarebbe difficile ancorare alla storia “l’evento Cristo”. Marco e Giovanni con il solo riferimento a Pilato (anni 26-36) e a Caifa (anni 7-36) non sono sufficienti per capire quando si svolse il ministero di Gesù. Ed è difficile anche il testo di Matteo 2,1 che colloca la nascita di Gesù ai tempi di Erode (37-4 a.C.). Ben diverso è Luca. Fedele al principio che gli apostoli sono testimoni solo di ciò che avvenne dal Battesimo amministrato da Giovanni Battista fino all’Ascensione di Gesù, così introduce il ministero di Giovanni: «Nell’anno decimo quinto dell’impero di Tiberio Cesare (cioè anni 28-29), mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea (26-36 a.C.), Erode tetrarca della Galilea e Filippo suo fratello tetrarca dell’Iturea e della Traconitide e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa la Parola di Dio scese su Giovanni...» (Lc 3,1-2).
La storia di Gesù è qui ben ancorata alla storia romana e della Palestina dell’inizio del primo secolo. E se pensiamo agli Atti che collocano il primo arresto di Pietro (At 4) e il martirio di Stefano (At 7) sotto il sommo sacerdote Caifa, che finì il suo mandato nell’anno 36 – siamo in una Chiesa già piena di vita – abbiamo la certezza che è stretto il margine in cui Gesù ha potuto sviluppare il suo ministero. Ma c’è la grande certezza che “l’evento Cristo” è ben ancorato nella storia umana di allora.
Ma c’è di più: Luca àncora fortemente l’evento Cristo e quello della Chiesa primitiva nel mondo giudaico. Il Vangelo si conclude affermando che dopo l’Ascensione i discepoli «tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» (24,52s). E negli Atti leggiamo che la comunità cristiana «ogni giorno frequentava il tempio» (At 2,46) e tale era l’abitudine di Pietro e Giovanni (At 3,1) e si afferma che «i credenti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; degli altri nessuno osava associarsi a loro» (At 5,12-13). Questi apparivano già come un gruppo a sé stante del giudaismo. Così come Luca sin dai racconti dell’infanzia ha presentato Gesù inserito in tutto e per tutto nel giudaismo palestinese fin dalla nascita e dalla circoncisione, ora dipinge il cristianesimo come una pura e logica emanazione, nonché continuazione, del giudaismo e fortemente agganciato a tutta la tradizione veterotestamentaria. Forti sostenitori di questa tradizione sono l’Apostolo Giacomo e Pietro, il quale però, sotto rivelazione divina e conscio della sua autorità, aprirà la Chiesa giudaica ai pagani (At 10s) e ne confermerà definitivamente l’apertura nella celebre riunione di Gerusalemme (At 15). La seconda parte degli Atti, invece, è dominata dall’apostolato di Paolo che percorrerà tutte le regioni che circondano il Mar Egeo fondando Chiese in cui convivono cristiani di origine ebraica e pagana. Ed è per mezzo suo che il cristianesimo acquista la sua vera nota di universalità.
Solo verso la fine, Luca lascerà il Medio Oriente e parlerà di Paolo che naviga verso Roma, dove dovrà presentarsi davanti al tribunale di Cesare. Il richiamo a Cesare ha una sua importanza. Luca ha parlato di Cesare all’inizio della sua opera (Lc 2,1); ne riparla alla fine dando così, secondo un’abitudine semitica, una vera chiusura a tutto il suo racconto.

Quadro geografico

È quello che meglio permette di avere con facilità una panoramica dell’intera opera lucana. Diciamo subito che tutto è dominato da un nome: GERUSALEMME. Se ne parla 98 volte nella sua opera: 31 nel Vangelo e 67 negli Atti. La città santa è méta, è punto di partenza, è il centro, il punto di riferimento e di unità della comunità cristiana, è la Madre di tutte le Chiese, tutte si richiamano a Gerusalemme.
Nel racconto delle tentazioni (Lc 4,1-13), prima dell’inizio in Galilea della sua vita pubblica, si racconta che il diavolo condusse Gesù a Gerusalemme e lo pose sul pinnacolo del tempio... Il racconto conclude dicendo che “si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato”, cioè all’inizio della sua passione, che si compie a Gerusalemme e che è il vero scontro finale di Gesù con “il Potere delle tenebre” (Lc 22,53).
Segue il ministero di Gesù in Galilea. Luca però lascia cadere il viaggio in terra pagana, ricordato da Mc 7,24-31 e Mt 15,21-28. È fuori del suo itinerario. In Luca chi vuole camminare con Gesù non può andare su strade che conducono lontano da Gerusalemme. Alla fine del ministero galilaico c’è la Trasfigurazione in cui Mosè ed Elia parlano con Gesù “del suo esodo che si sarebbe compiuto a Gerusalemme” e Gesù, ubbidiente alla sua missione, “quando i giorni della sua assunzione stavano per compiersi, decise fermamente di incamminarsi verso Gerusalemme” (Lc 9,51).
Sono dieci capitoli (9,51-19,29) in cui è assai difficile tracciare l’itinerario di Gesù. A Luca interessa solo ricordarci in continuità che Gesù è in cammino verso Gerusalemme (9,53; 13,22.33; 17,11; 18,31; 19,11. 28). Ed è interessante, quando parla del “Giorno delle Palme”, cioè del suo giungere a Gerusalemme. Qui si evita il nome “Gerusalemme” e parla sempre di “città” ed è chiaro che Gesù non entra in città, ma solo nel Tempio. È la tematica di Luca che esige questo. Gesù, infatti, è in città solo quando celebra l’Ultima Cena e Satana è già entrato in Giuda (Lc 22,3). Siamo al tempo del compimento, dello scontro finale tra Gesù e Satana.
Per i discepoli ciò è molto importante. Infatti, solo quando hanno deciso di andare con lui “portando la croce dietro a lui” (23,26) e dopo aver accettato a Gerusalemme il compimento della salvezza, sono preparati per il balzo verso le nazioni (Lc 24,47).
A questo punto avviene il passaggio tra la prima e la seconda parte dell’opera e Luca, vero storico, ricorre a un principio assai usato dagli storici antichi: “Quando si passa a un nuovo argomento, non si fa un salto nel buio, ma si incastona la prima pagina del nuovo sviluppo (At 1,4-11) nell’ultima del precedente (Lc 24,47-52) riprendendo alcuni concetti e aprendoli meglio sul futuro”.
Così in Lc 24,49 e in At 1,4-5.8 Gesù dice ai discepoli di “non allontanarsi da Gerusalemme finché non si compia la “promessa del Padre” cioè – “finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49) e “sarete battezzati in Spirito Santo” (At 1,5). Specificando poi meglio quello che accadrà dice: “riceverete la potenza dello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (At 1,8). La missione che li attende non può avere inizio senza “la potenza dello Spirito”. Anche la missione di Gesù è iniziata così (Lc 4,14). Infatti, il racconto che segue sino alla fine dell’opera non sono “Gli Atti degli Apostoli”, ma “Gli atti dello Spirito Santo per mezzo degli Apostoli”. Per ben 56 volte, infatti, si parla dello Spirito Santo, usando in alcuni casi l’espressione “Spirito di Cristo” o “di Dio”.
C’è ancora una novità tra l’inizio degli Atti e la fine del Vangelo. Qui si parla dell’Ascensione e del ritorno a Gerusalemme; negli Atti il racconto dell’Ascensione si conclude così: “Quel Gesù che è stato assunto in cielo tornerà...”. La storia futura, che ancora continua, è una storia di attesa.
Ritorniamo al quadro geografico. Alla fine del Vangelo si parla di testimonianza in “tutto il mondo”, in At 1,8 si dice: “Mi sarete testimoni in Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”. Completiamo questo itinerario, facendo precedere l’ultima espressione dalle località che ci farà percorrere Luca: “Cesarea Marittima, Galilea, Cipro, Antiochia di Siria, le province romane della Cilicia, della Galazia, dell’Asia, della Macedonia e dell’Acaia, fino alla stessa Roma, considerata “l’estremità della terra”.
Ecco il cammino che dobbiamo percorrere nel nostro studio, pensando al cammino che stiamo percorrendo oggi. Percorriamolo con lo stesso entusiasmo di Luca.

Preghiamo

Signore Gesù, sto davvero camminando con te nella storia? Cammino da solo o insieme alla comunità cristiana a cui appartengo? La mia predicazione o catechesi, e quella delle nostre comunità, attingono veramente alla solidità della testimonianza apostolica? Com’è la vita delle nostre comunità? Queste e tante altre domande dovremo farci in questo nuovo anno nello studio degli Atti! Signore Gesù, effondi su di noi la potenza del tuo Spirito e donaci il coraggio di un vero confronto comunitario e personale. E soprattutto il coraggio di sentire quella vera gioia che nasce dal vivere con radicalità la nostra fede, la nostra testimonianza e il nostro annuncio. Che il nostro sforzo di rimotivare e di rinnovare la nostra vita di fede sia sempre compiuto nella preghiera. Amen!

                                                                                                      Mario Galizzi sdb


Immagine: Pentecoste, Maestro dell'Altare di Heisterbacher, Bayer Staatsgalerie, Monaco
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-11
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