IL LORO CUORE ERA INDURITO
L’articolo precedente si è concluso con una domanda di Gesù ai suoi discepoli: “Non avete ancora fede?”; questo si concluderà con la frase: “non compresero il fatto dei pani e il loro cuore era indurito” (6,52). Non spaventiamoci di queste frasi: indicano solo quanto fu duro per gli Apostoli capire la vera identità di Gesù. La differenza tra loro e noi è enorme. Noi viviamo nella luce della Pasqua e della Pentecoste e, leggendo le prossime pagine del Vangelo, sentiremo tutta la potenza del Figlio di Dio. Per loro, invece, Gesù è semplicemente l’uomo di Nazaret, che un giorno li ha chiamati ed essi lo hanno seguito e ancora lo seguono con gioia, anche se lì, sul lago in tempesta, si sono accorti che in lui c’è qualcosa che a loro continua a sfuggire ed è ciò che tocca la sua vera identità: «Chi è costui?». Questo è ora il loro vero problema: capire chi è Gesù. E subito gli eventi li mettono in situazione. Leggendoli, immaginiamoli accanto a Gesù, colti da un continuo stupore e con la stessa domanda sulle labbra: Ma chi è costui? Questa domanda ci serva per approfondire la nostra conoscenza di Gesù e il loro rimanere con Gesù, malgrado sentano tutta la loro incapacità di conoscere il suo mistero, e ci aiuti a vivere le nostre crisi di fede.

Nel territorio di Gerasa (5,1-20)

Il racconto inizia con la terribile descrizione di un indemoniato e finisce con una constatazione: “Nessuno riusciva a domarlo”; sottinteso: Ci riuscirà Gesù? Sì, e con molta facilità.
Appena sceso dalla barca, la sola sua presenza sulla riva, mette in agitazione il demonio che corre verso di lui e si getta ai suoi piedi in segno di resa: “Non tormentarmi”. Gesù gli ha solo detto di uscire da quell’uomo e ora gli chiede: “Come ti chiami?”. Risposta: “Mi chiamo «Legione», perché siamo in molti”. Sono molti, eppure si sentono già vinti e si mettono a supplicarlo di non mandarli via da quel luogo. Gesù permette loro di entrare in una mandria di porci che, pur essendo impuri, non sopportano l’impurità dei demoni e si gettano nel lago. Gesù ha vinto una legione di demoni con la sua sola presenza, con un potere inaudito che egli personalmente possiede; non ha imitato i gesti dei soliti esorcisti.
Dopo questo fatto, ecco arrivare la gente del luogo, avvisata di quanto è accaduto. Giunta sul posto vede colui che era indemoniato vestito e sano di mente seduto accanto a Gesù. Poi sono di nuovo informati su tutto. Conclusione: “lo pregarono di andarsene dal loro territorio”. Gesù rispetta la loro libertà e risale in barca, ma dice a colui che ha liberato dal demonio: «Va’ nella tua casa, dai tuoi e annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato». Ed egli divenne il primo missionario in terra pagana. Gesù rifiutato fa sempre del bene.

Di nuovo in terra di Israele

Appena giunto, Giairo, un capo sinagoga, supplica Gesù: “Mia figlia è agli estremi, vieni a imporle le mani”. Mentre andava la gente si accalcava attorno a lui e c’era anche una donna molto ammalata. Il narratore dice che “aveva speso tutti i suoi averi nei medici, ma peggiorava sempre di più”. Nessuno riusciva a guarirla; ci riuscirà Gesù? Quella donna si avvicina di nascosto a Gesù e con fede tocca il suo mantello. Immediatamente guarì. E Gesù chiese: «Chi mi ha toccato?». I discepoli stupiti gli dicono: «Tutti ti toccano e tu dici chi mi ha toccato?». Quella donna udì la voce di Gesù, vinse la sua paura e gli disse tutto. E Gesù: «La tua fede ti ha salvata». Non solo l’ha guarita, ma l’ha salvata. È la fede che ci unisce alla potenza di Gesù che salva, perché egli possiede in proprio un enorme potere di salvezza.
Frattanto giunsero alcuni dalla casa di Giairo e gli dissero: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Gesù udì e disse a Giairo: «Non temere, continua solo a credere». C’è qualcuno che può vincere la morte? Sì, Gesù. E penso che l’abbia vinta in quel momento che chiese e ottenne la fede di Giairo. Ora c’è solo da andare a svegliare una bambina che dorme. E così avvenne; e tutti furono presi da grande stupore.
Riassumendo: Gesù ha dominato il mare e il vento, il demonio, un’inguaribile malattia e la morte. Chi è? Ci sono categorie umane capaci di esprimere la sua identità? Continuiamo con i discepoli la nostra ricerca e vediamo se essi, con le loro sole capacità umane, riescono a dare una risposta.

A Nazaret (6,1-6)

Gesù vi giunge con i suoi discepoli, ma ecco che subito nella sinagoga sorge il problema della sua vera identità. Insegnando, manifesta una sapienza inaudita; forse solo perché annunciava il Vangelo che è novità assoluta. Molti comunque si meravigliavano che “il figlio del carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo... ecc.”, insomma uno che procedeva da quella famiglia potesse avere una simile sapienza. Qui c’è qualcosa che non si capisce, forse un inganno; e gli negarono credibilità: “si scandalizzarono di lui”. E Gesù, mancando la fede, si sentì incapace di fare del bene; lo fece solo a pochi che probabilmente di nascosto gli fecero capire di avere fede. Poi se ne andò per continuare altrove la sua missione. Nessuna difficoltà lo ferma; e i discepoli sono con lui. Forse sentono le stesse difficoltà dei Nazaretani, ma non riescono ad abbandonarlo. Hanno bisogno di stare con lui e Gesù ha bisogno di loro.

I discepoli in missione (6,7-13)

“Li aveva scelti perché stessero con lui e perché andassero a predicare e avessero il potere di scacciare i demoni” (3,14). I discepoli sono stati a lungo con lui, e hanno visto come si è comportato nella sua missione. Ora tocca a loro ed è logico che prima di partire faccia loro delle raccomandazioni. Leggendole si sente la preoccupazione di comportarsi in modo tale che il loro agire non offuschi il valore assoluto del messaggio (cf 6,7-13). Essi ubbidirono e quando “si riunirono di nuovo attorno a Gesù gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato” (6,30).
Chi ora legge attentamente (6,31s) si accorge che c’è vera sintonia tra Gesù e i discepoli. Gesù li ascolta, li ama, li apprezza per ciò che hanno fatto, ma si accorge anche della loro stanchezza e dice loro: «Venite voi soli in un luogo solitario e riposatevi un po’ (era troppa la gente e non avevano neppure tempo per mangiare), e se ne andarono con la barca in un luogo solitario, da soli». Anche Gesù sentiva il bisogno di essere solo con loro, e lo sentivano soprattutto i discepoli: c’erano troppe cose da discutere insieme, e lui sapeva che i discepoli non riuscivano a capirlo, eppure volevano “stare con lui”. Ma appena sbarcarono, Gesù “vide molta gente e si commosse, perché erano come pecore senza pastore; e si mise a insegnare loro molte cose».
Di fronte alla sua “commozione” i discepoli capiscono che il loro programma è andato in fumo e che non c’è altro da fare che lasciarlo parlare.

La moltiplicazione dei pani (6,30-44)

Quando si fece un po’ tardi, forse pensando di riuscire a ripristinare il loro programma di essere soli, si avvicinarono a Gesù e gli dissero: “Il luogo è solitario ed è tardi, congedali in modo che vadano a comprarsi da mangiare”. Gesù rispose con una frase che è un chiaro coinvolgimento nel suo, non nel loro programma: “Voi stessi date loro da mangiare”. Non dissero di no, ma, fatti i calcoli, sperimentarono tutta la loro impotenza: non era loro possibile. E non pensarono neppure lontanamente all’enorme potenza che Gesù aveva. La loro incomprensione dell’identità di Gesù è totale.
Gesù li capisce e nella sua bontà continua a coinvolgerli nel suo programma. Chiede: «Quanti pani avete?». Risposero: «Cinque e due pesci». E Gesù subito “con loro” imbandisce il banchetto messianico: fa sedere la gente, prende i pani e li passa ai suoi discepoli e ce ne sono per tutti. Non si sa in che mani si siano moltiplicati. “Tutti mangiarono e si saziarono ed erano cinquemila” (6,44).
Il racconto si interrompe qui in modo improvviso e assurdo. A prima vista ci si aspetterebbe il congedo della gente per “essere soli” secondo il programma prestabilito. E invece vediamo Gesù che “costringe i discepoli a salire in barca da soli” (6,45). Il verbo “costringere” è troppo forte e fa pensare che sia capitato qualcosa che Marco tace. Forse la gente si è lasciata prendere da una febbre messianica che ha coinvolto gli stessi discepoli e che Gesù non può accettare (vedi Gv 6,14-14). Per questo cerca innanzitutto di isolare i suoi discepoli costringendoli ad andarsene, poi congeda la folla e se ne va sulla montagna a pregare. Sentiva il bisogno di essere solo con il Padre, come alla fine di quel giorno a Cafarnao (1,35).

Gesù cammina sul lago (6,47-52)

L’inizio è impressionante: «Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare e Gesù solo a terra». Volevano stare insieme, solo loro, e invece eccoli separati. Ancor più si annota che Gesù li vede affaticati nel remare: non ce la fanno da soli, deve aiutarli. Ed eccolo camminare sul mare, un camminare che è volontà di aiuto, ma che è anche una rivelazione. Per noi è facile capire che egli qui si manifesta come colui che “cammina sulle onde del mare, perché sul mare passa la sua via, i suoi sentieri sulle grandi acque” (Gb 9,8; Sal 77,20). E mentre passa loro accanto, non possiamo non ricordare che un giorno Dio passò accanto a Mosè (Es 33,21-23) e ad Elia (1 Re 19,11-13); e “volendo proseguire oltre” si rivela come colui che “traccia una strada anche nel mare, un sentiero sicuro tra le onde”(Sap 14,3).
Ma per i discepoli di allora, che certo conoscevano un po’ la Bibbia, in quel momento di pericolo c’erano solo le loro concrete difficoltà di pescatori! E quando lo videro camminare sulle onde, tutti pensarono a un “fantasma”; non immaginavano, non se l’aspettavano che potesse venire da loro camminando sulle acque, anche sapendo che non li dimenticava, che voleva loro bene. Il fatto è che tutti si misero a urlare dalla paura. E Gesù, con bontà: «Fatevi coraggio; sono io; non temete. Poi salì con loro sulla barca e il vento si calmò». Il vento, ma non loro che “erano oltre ogni misura ancor più fuori di sé”. Il commento a tutto ciò è molto duro: erano così, perché “non avevano capito il fatto dei pani e il loro cuore era indurito”.
Com’è difficile capire questo giudizio e come si accumulano le opinioni degli esperti. Ma ripensando a tutta questa sezione del Vangelo non possiamo non vedere i discepoli intimamente uniti a Gesù e desiderosi di stare insieme, soli con lui. È solo quando Gesù va oltre il normale, quando manifesta una potenza o una sapienza che non è data agli uomini che rimangono colmi di stupore e non riescono a dire “chi è Gesù” o non osano dirlo o tutto ciò che vorrebbero dire, per loro non riesce a dire tutto. È forse in questo che consiste l’ostinazione del loro cuore. Per noi essa vuole esprimere tutta l’incapacità umana nel pronunciarsi su Gesù. Il giudizio di Légasse, nel suo commento a Marco (ed. Borla), è certamente il più saggio: «Quando si tratta di entrare nel mistero della persona del loro Maestro, di coglierne il divino, le loro capacità sono nulle, come in tutti gli altri» (p. 352). L’uomo con le sole sue forze non può conoscere la vera identità di Gesù. In Luca 10,22 e Matteo 11,27 leggiamo: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre». Solo la rivelazione può farci conoscere chi è realmente Gesù. Ma il cammino è ancora lungo. I discepoli però non abbandonano Gesù, e lui li va aiutando, poco alla volta, a penetrare sempre di più nel suo Mistero per educarli a vivere la “novità del Vangelo”.

Preghiamo
Vinci, o Signore, la mia superbia e fa’ che con umiltà mi impegni a conoscerti sempre di più, pienamente cosciente dei miei limiti. Donami, o Spirito Santo, il “dono di intelligenza” perché dilati al massimo la mia limitata intelligenza umana e con il tuo dono possa penetrare nel Mistero del mio Signore e immergermi nel suo amore che sorpassa ogni conoscenza. Amen!

                                                                                    Mario Galizzi


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-7
VISITA
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