GESU' E' NOVITA'
Se Gesù è novità, prepariamoci a contemplarlo come uno che entra nella nostra società e si mette a buttar via tutto ciò che sa di vecchio e a rinnovare ogni cosa. Nella sezione che stiamo per meditare: Mc 1,40-3,6 (invito a leggerla prima di procedere), Gesù è un vero distruttore di barriere. Perciò aspettiamoci di vedere Gesù e i suoi discepoli duramente criticati. Ed è qui che nasce la nostra domanda: “Come si comporta Gesù in simili situazioni? Ebbene, noi stiamo per conoscere un Gesù che possiede un cuore umano, colmo di emozioni, sentimenti e affetti verso tutti, amici e nemici; ed è un Gesù che chiede a noi discepoli di imparare a vivere le nostre relazioni umane con i suoi stessi sentimenti. È importante, dunque, non perdere mai di vista Gesù. Per questo non ci soffermeremo su i tanti dati del testo; ci interessa solo evidenziare i sentimenti di Gesù, le sue emozioni, i suoi affetti. È con un Gesù così che dobbiamo entrare in intima relazione se vogliamo vivere intensamente la nostra vita cristiana. Iniziamo con un tema scottante:

Mai più gli emarginati (1,40-45)

Se vi ricordate, nel numero di febbraio, abbiamo lasciato Gesù quando non volle tornare sul luogo dell’entusiasmo e disse ai suoi discepoli: «Andiamocene altrove». E se ne andò a predicare per tutta la Galilea. Di quel suo peregrinare conosciamo solo un episodio: la guarigione di un lebbroso, di uno che era emarginato in modo totale dalla società. La legge dice: «Il lebbroso abiterà fuori dell’accampamento (e vedendo qualcuno) griderà: Immondo, Immondo»: guai se osava avvicinarsi alla gente (Lv 13,45s), e nessuno poteva avvicinarsi a lui e toccarlo: si sarebbe reso “impuro” secondo la legge (Lv 15,7). Ora leggiamo le prime righe del racconto:
«Venne verso Gesù un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Commosso, Gesù stese la mano e lo toccò».
I due non osservano la legge: il lebbroso non sopporta di essere un emarginato e si avvicina a Gesù, e Gesù non fa cadere la sua parola guaritrice dall’alto in basso: lo tocca, si rende impuro secondo la legge. Perché? Perché alla vista del lebbroso, il cuore gli batte forte e si vede che “è commosso”; ciò significa che il suo cuore è colmo di sentimenti, che si sente così coinvolto nella situazione dolorosa del lebbroso tanto che quasi senza accorgersene stende la mano e lo tocca per fargli sentire tutta la sua solidarietà. Gesù appare in tutta la sua schiettezza umana: Gesù soffre con chi soffre; Gesù è veramente umano, non è estraneo alle nostre miserie.
Sì Gesù è “umano”, eppure non riusciamo mai a racchiuderlo totalmente nelle nostre categorie umane: il suo agire ha sempre riflessi divini; in lui Dio si fa prossimo ai lebbrosi, e in lui si rivela la bontà divina. Non si riesce a capire che cosa già sapesse il lebbroso di Gesù, ma quando udiamo la sua supplica: «Se vuoi, tu puoi purificarmi», certamente percepisce in lui qualcosa di divino, perché – così si pensava allora – “solo Dio può guarire dalla lebbra”. E quando Gesù dice: «Sì, lo voglio, sii purificato!», le sue parole non suonano come una supplica; dicendo “voglio” egli rivela di avere un potere che non è dato agli uomini. E i suoi gesti dicono che egli non accetta una legge che emargina le persone, come condannate a morte (cf Lv 13,43-46). Per lui la legge è davvero divina solo se è per la vita, se rivela l’amore di Dio che accoglie. Emarginare una persona, toglierle la possibilità di sperare è contro Dio. Ebbene, su questa linea si colloca l’agire di Gesù, e di conseguenza l’agire di chi vuole essere un vero discepolo.

Contemplando Gesù (2,1-12)

Continuiamo a contemplare Gesù che ora rifulge più che mai di luce divina. È ritornato a Cafarnao, ma, appena si seppe che era in casa, tutti accorsero a lui “tanto che non c’era più posto davanti alla porta”. Qui però non c’è più la corsa al miracolo come la sera descritta in 1,32-34; ora è la sua Parola che conta e sono così affascinati nell’ascoltare che non fanno spazio a chi porta da Gesù un paralitico, obbligandoli a salire sul tetto per calarlo davanti a lui. Essi vogliono che lo guarisca, ma Gesù si accorge subito che ha un male assai più grave della paralisi: “è nel peccato”, e con bontà si fa voce del Padre dicendogli: «Figlio, i tuoi peccati ti sono perdonati». Deve aver pronunciato queste parole con una tale autorità che gli scribi, cioè gli specialisti della Bibbia, capiscono subito che egli è cosciente di avere personalmente il potere di perdonare i peccati. Perciò, in cuor loro si dissero: «Costui bestemmia. Chi può perdonare i peccati se non Dio solo?». E Gesù si rivela come “colui che legge nei cuori”, “come colui che conosce tutti... e sa quello che c’è nell’uomo” (Gv 2,24s). Perciò, rispondendo a chi nel proprio cuore pensa male di lui, cerca con bontà di spiegarsi, ma sa anche dire chi è: «Ora, sappiate che il Figlio dell’Uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra» e per dimostrare questo potere dice al paralitico: «Alzati e cammina! E quello si alzò». Il miracolo conferma visibilmente la verità delle sue parole e rivela che egli è il Figlio dell’uomo danielico (Dn 7,13s) che ha ricevuto dall’Anziano dei giorni ogni potere sulla terra, e che egli esercita questo potere riconciliandoci con Dio e tra noi.
“Riconciliare”: parlando della “conversione” (articolo di gennaio) abbiamo detto che essa è un cammino che tende a far sì che il nostro cuore diventi simile al cuore di Dio. Ebbene il perdono dei peccati è il vero sigillo che ci garantisce che il nostro cuore sta entrando in sintonia con il Padre. E questo è fonte di gioia profonda e di serenità, e anche di un impegno nel donare ad altri il perdono.

Alla ricerca dei peccatori (2,14-17)

Ora passiamo dalla contemplazione al vivere le scelte di Gesù, cioè alla sequela vera e propria. Basta fare memoria nella nostra vita di quello che avvenne un giorno. Dice il testo che Gesù, camminando lungo il mare, «vide Levi seduto al banco delle imposte e gli disse: “Seguimi!” Ed egli si alzò e lo seguì». Più tardi Levi organizza una cena in casa sua e invita gli esattori delle tasse, tutta gente di mal affare, e tanti altri pubblici peccatori e “vi invitò anche Gesù con i suoi discepoli”. Gesù accoglie l’invito e, come già nel Giordano, si mischia con i peccatori; e così fanno i suoi discepoli. Che scandalo per i ben pensanti!
Eppure qui succedono cose meravigliose. Innanzitutto Gesù che fa suo discepolo Levi, un peccatore, uno scomunicato perché riscuote le tasse per conto dei romani. Gesù, chiamandolo, lo fa entrare nella sua comunità, lo separa dal peccato, “non dai peccatori”. Il discepolo non è un “separato” nel mondo, si mischia con tutti, come fa Levi che invita tutti a cena perché si incontrino con Gesù, e fa sì che Gesù si senta in piena missione. E a chi mormora, Gesù proclama con solennità la sua missione: «Io non sono venuto (si intende: da Dio) a chiamare chi si crede giusto, ma chi si sente peccatore». È logico aggiungere: “per riconciliare tutti con Dio”. Si noti però che Gesù invita alla conversione, ma non si impone, rispetta la libertà delle persone. Il decidersi per lui deve essere sempre un atto personale e libero.
Ora tocca a noi fare memoria di Gesù e di Levi. Appena chiamato, Levi sente il bisogno di portare altri da Gesù. È il criterio più bello per capire se la nostra sequela è autentica e convinta. Se in noi c’è questo impegno siamo davvero in intima relazione con Gesù, siamo come Gesù alla ricerca dei peccatori. Un autore dice: “Non è importante adorare Gesù, è importante essere Gesù, perché questa è la volontà del Padre” (cf Rm 8,29).

Finiamola con il digiuno: è festa (2,18-22)

Penso che i discepoli incominciavano già a sentire un certo gusto nel violare, come Gesù, certe norme legali che standardizzavano la vita. Ci si sentiva più liberi, più aperti a tante novità; gli orizzonti si aprivano e le relazioni umane si facevano più sincere; svaniva quel senso di ostilità che c’era verso chi la pensava diversamente. E penso che dovettero sentire un gusto matto, quando venne un periodo di digiuno religioso, e Gesù non lo esigeva da loro. La cosa non sfuggì ai capi religiosi che gli dissero: «Perché i tuoi discepoli non digiunano e violano le nostre tradizioni religiose?» Si sentirono rispondere: «Perché è festa! Anzi festa di nozze!». Impossibile digiunare quando lo “sposo” è con loro. Definendosi come “sposo”, intende affermare che è iniziata la “festa messianica”, che il tempo precedente è giunto alla sua pienezza e che ora è iniziato il tempo nuovo e definitivo, il tempo dell’assoluta “novità”. E se è novità assoluta non può essere “un rattoppare” ciò che è vecchio; tutto deve essere nuovo: “Vino nuovo in otri nuovi”.
La rottura col passato è radicale e Gesù è cosciente del rifiuto: «Verranno giorni in cui sarà loro tolto lo sposo, in quei giorni digiuneranno». È un primo e velato annuncio di morte, e quello sarà un tempo di tristezza per i discepoli, i quali sentiranno il bisogno di “digiunare”. Ma questo digiuno sarà “novità”, perché memoria della morte del loro Signore, memoria della definitiva salvezza, frutto della Pasqua del Signore.

La festa, segno di libertà (2,25-3,6)

C’è un comandamento importante nella Legge: «Il sabato è per il Signore tuo Dio: non fare alcun lavoro né tu..., né i tuoi servi... né le tue bestie» Lo scopo è chiaro: «... perché i tuoi servi si riposino come te e per ricordarti che il Signore ti ha liberato dall’Egitto» (Dt 5,14s). Il sabato è il giorno in cui si celebra la libertà operata dal Signore, per questo non è un giorno come gli altri. Tutti debbono sentirsi liberi e perciò nessuno deve lavorare, neppure gli schiavi: tutti debbono celebrare insieme la “libertà”.
Ora gli specialisti della legge hanno snaturato e complicato tutto. Si sono chiesti che cos’è lavorare e hanno trovato una quarantina di modi di agire, che sono per loro un lavoro. E il sabato si è colmato di proibizioni, e l’uomo si è sentito servo del sabato, servo della legge. Ebbene, Gesù lo libera dicendo che “il sabato è fatto per l’uomo”, specificando così il vero senso della legge: «Il Signore vi ha dato il sabato» (Es 16,29); e poi con solennità aggiunge: «Il Figlio dell’uomo è padrone anche del sabato». In altre parole: «Sono io che decido ciò che è lecito fare durante il sabato»; una pretesa insopportabile per i detentori del potere che subito gli preparano un tranello.
Quando infatti Gesù entrò nella sinagoga vide che c’era lì un uomo con la mano inaridita e che essi lo osservavano per vedere se osava guarirlo in giorno di sabato. Osserviamo anche noi Gesù: è colmo di bontà verso tutti, ama tutti anche quelli che cercano di incastrarlo per accusarlo. Ama l’ammalato e gli dice di mettersi in mezzo a tutti, poi cercando a ogni costo il dialogo con i suoi avversari, chiede: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o del male, salvare una vita o toglierla?». Ed essi rifiutarono il dialogo, si chiusero in un silenzio assoluto. Il volto di Gesù si velò di ira e di tristezza. Di “ira” (reazione divina) di fronte a gente ostinata; di “tristezza” perché non riesce a fare del bene anche a loro. Comunque, guarisce l’ammalato, sapendo di firmare la sua morte. Gli avversari, infatti, se ne andarono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Tutti sentiamo quanto sia assurda tale conclusione. Ma Gesù rifulge di bontà.

Preghiamo

Gesù, com’è stato bello contemplarti a contatto con ogni sorta di persone. Per te sono davvero tutti fratelli e sorelle e per questo vuoi affratellarli tutti cercando di buttar giù le barriere che la legge o tante tradizioni hanno innalzato. Aiutaci, Gesù, a fare lo stesso iniziando a buttar giù le barriere che ci sono nel nostro cuore. Lo sai, Gesù, che non è sempre facile, perciò ti chiedo: Possiedi il mio cuore con tutti i suoi sentimenti verso gli altri e aiutami a orientarli verso i tuoi sentimenti, con un’adesione sempre più vera a te, perché è bello essere come te, e vale la pena seguirti anche quando costa fatica e contrarietà. L’importante è che tutto si faccia con amore, con un cuore colmo di sentimenti e di affetti per tutti, anche per i nemici, perché così hai fatto tu. Amen.

                                                                                 Mario Galizzi SDB


IMAMGINE: Gesù Redentore, sec. VI, Sant'Apollinare Nuovo, Ravenna
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-4
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