NEL CUORE DI CRISTO
Nella Bibbia, la parola cuore indica l’interiorità dell’uomo fatta di pensieri, volontà e conoscenza. Così la «larghezza di cuore» è l’estensione del sapere e il «cuore indurito» esprime l’incapacità di comprendere. I sentimenti hanno, invece, sede nelle viscere, il cui simbolismo indica la tenerezza e la compassione. Il cuore, per noi moderni, è la sede dei sentimenti e dell’affetto e parlare di devozione al Sacro Cuore di Gesù, significa affermare l’affetto che proviamo per l’umanità di Cristo. Certamente, non possiamo dimenticare questo aspetto, ma sarebbe riduttivo intendere la devozione al Sacro Cuore in questo modo, proprio perché il Nuovo Testamento indica col cuore la complessa profondità della persona e non solo le sue manifestazioni sensibili.
L’evangelista Giovanni ci dice: «Uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì [immediatamente ed in modo continuo] sangue ed acqua» (Gv 19,34). Per il sacrificio dell’agnello pasquale, la Bibbia prescriveva che non gli si tagliassero le zampe e che il sacerdote lacerasse il cuore per farne uscire sangue vivo. Solo in questo modo il sacrificio dell’agnello sarebbe stato perfetto. Il sangue era la sede della vita, e questa doveva essere completamente donata a Dio fino agli ultimi elementi vitali; offerta che il sangue coagulato non avrebbe realizzato. Sulla croce, Gesù si presenta come il vero agnello pasquale che compie liberamente il sacrificio perfetto e totale. La presenza dell’acqua che esce dal suo cuore non è solo un elemento fisiologico attestato dalla medicina. In Giovanni assume un valore più profondo. La lettera agli Ebrei afferma che quando Mosé ebbe spiegato al popolo tutti i precetti della legge, volle sancire l’alleanza con Dio mediante l’aspersione di sangue misto con acqua (Ebrei 9,19-20). In questo modo, Gesù si presenta come il sigillo della nuova alleanza che raduna in Sé un popolo nuovo costituito e benedetto dal sangue e dall’acqua che escono dal suo cuore trafitto. La lancia del soldato che penetra il cuore di Cristo esprime la malizia umana che colpisce Gesù e indica l’effetto supremo del peccato che è l’assalto a Dio per ucciderlo. Se i nostri peccati hanno diretto la lancia vibrata dal soldato, dal cuore di Gesù non sgorgano castighi e punizioni ma sangue fluido con acqua, cioè l’Alleanza imperitura ed irrevocabile fra Dio e l’umanità. Il Figlio offerto dal Padre agli uomini è lì, appeso ad un patibolo, totalmente donato a noi. Colui nel quale tutto è stato creato, pende dalla croce e fino alla fine si dona a noi per instaurare con noi un legame che nulla può cancellare, alienare o svilire. Nemmeno il peccato, perché il suo amore è più forte del peccato e va oltre la morte stessa che pone un limite invalicabile ad ogni desiderio ed amore umano. Ma con il suo sacrificio, Cristo sconfigge questo limite e, nel suo sangue, offre a noi l’unione con Lui. Una unione che nulla potrà scardinare. L’uomo col suo peccato ha colpito l’Amore, ma dall’Amore è stato travolto. Il peccato dell’umanità è definitivamente annegato nei fiumi dell’amore divino. Il soldato ha colpito il cuore di Dio e immediatamente è fluito a noi l’impetuoso torrente dell’amore. Nella sua avanzata trionfale, ogni malvagità umana viene sommersa. E dalla follia dell’odio e della violenza si erge Lui solo, l’Amore crocifisso che genera figli della luce e trasforma noi, nelle acque del Battesimo, da stranieri a concittadini del cielo e nell’Eucaristia, da nemici a fratelli nel suo sangue.
Nella festa del Sacro Cuore, non vi sono né sentimentalismi, né sensazioni dolci o melliflue. Vi è l’amore fedele fino alla morte; la volontà che ha deciso di amarci per farci suoi; vi è la prova che il suo amore giunge fino alla morte pur di non abbandonarci. Con la Risurrezione, il suo cuore rivela l’incommensurabilità del suo amore che da mortali ci rende immortali e da terrestri, celesti, destinandoci ad una gloria indicibile per una festa che non ha fine.
Pensare al Cuore di Cristo significa guardare alla sua volontà di salvezza. Gesù ha scelto di farci suoi fratelli e ha deliberato di renderci partecipi della sua stessa vita divina. Era ben consapevole che per questa sua scelta avrebbe pagato il prezzo del sangue. Ma l’amore che ha per noi non si è fermato dinanzi a questo timore. La notte prima di morire è stato completamente attraversato dalla paura, ma la sua volontà è andata oltre. Ha scelto di rimanere fedele a noi e di offrirsi per noi, affinché nella sua vita umana offerta sulla croce, noi avessimo la sua vita divina.
Essere devoti al Sacro Cuore, non significa provare un dolce sentimento, ma guardare alla volontà d’amore di Gesù, alla volontà che sceglie di amare, nonostante tutto. Questa volontà amorosa di Cristo è l’intimità più profonda di Dio: i suoi pensieri più reconditi che svelano a noi il suo vero volto che esprime nell’amore sacrificale l’intenzione estrema di amare l’uomo, qualunque uomo, anche il soldato pagano, con gli effluvi della sua misericordia e di legarlo a Sé per l’eternità.
                                                                                    Giuseppe Pelizza SDB
IMMAGINE:
                    RUBENS:Il colpo di lancia, Museo delle Belle Arti, Anversa

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2002-6
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