ORA E' TEMPO DI PASQUA
Fra poco la Pasqua trionfatrice farà sbocciare i fiori variopinti! Di nuovo gli alberi, fratelli magnifici, ci chiameranno sotto il loro fogliame, gli uccelli indaffarati riempiranno i nidi di testine rumorose, col becco all’infuori per reclamare il pasto, fra poco nasceranno i gattini, e maggio apporterà i suoi gioiosi matrimoni. È magnifico che sia proprio in questo tempo festoso, quello in cui celebriamo la Resurrezione di Gesù!
Meno male che sia così e che la Pasqua non cada in mezzo all’inverno!
Come potrei celebrare la vita quando la luce è bassa, quando persino il freddo fa intristire le mie ossa? Dio, supremamente intelligente, ha disposto diversamente i tempi e i momenti e ha fatto sì che la mia anima possa mettersi in sintonia con la stagione e io possa rallegrarmi quando il cielo mi annunzia che, ancora una volta, la vita ha vinto la morte, il gelo, la nudità.
Guardando a lungo questo “Cristo risorgente”, dipinto sulla cassa di Santa Rita, mi è venuto un pensiero. L’ho preso da un libretto datomi dal suo autore, Monsignore Mario Sensi. Gesù sta risorgendo, ma non ancora completamente, non è ancora trionfante.
Porta ancora, povero figlio, non soltanto tutte le tracce del suo martirio ma anche la mestizia e la tenera accettazione dei mali inferti dai suoi: “Venne tra la sua gente ma i suoi non lo hanno accolto...” (Gv 1,11).
Era venuto, per obbedienza, come la grande e unica buona notizia che il Padre potesse regalarci: siamo figli suoi, e non suoi servi. In quel tempo, non lo capirono e ora, ognuno di noi è invitato, contemplandolo, a riflettere e chiedersi: io, se lo vedessi, là davanti, che mi parla e mi chiede qualche cosa, gli risponderei? Lo seguirei? Lo capirei?
Questa stupenda immagine mi fa vedere il Cristo mite e umile, il Cristo così com’è per l’eternità, un povero uomo portatore di piaghe, non trionfatore e non giudice impietoso.
Un obbediente, condannato ed emarginato. Lui è l’uomo che io non voglio essere, che nessuno di noi vorrebbe essere. Perché, naturalmente, vogliamo riuscire nella nostra vita, essere qualcuno, essere ben vestiti e salutati sulle piazze, portando alto i nostri titoli. Vogliamo lasciare una traccia nella storia, vogliamo che la storia abbia una nostra impronta, forse anche buona e piacevole a ricordarsi.
Ma devo confessarvi una cosa: di questo Cristo mi sono innamorata! Anche se so che non devo riverire nessun’immagine, da quando Gesù mi ha fatto capire, già molti anni fa, che nelle profondità della preghiera, le immagini rischiano di fare da schermo, come un velo sottile, che possono impedire il riconoscerlo negli uomini, dove lui sempre abita.
Questo Cristo che sta per risorgere somiglia ad un uomo sofferente che sta per riprendere speranza e vita...
Nella sua umiltà mi sta dicendo: “Adesso mi accoglieresti?”. Così piccolo, senza difesa, ferito, silenzioso: “Dai, mi vuoi accogliere?”.
Mio Signore e mio Dio, ti voglio aprire le braccia, spalancare il cuore, accettare tutte le ferite, asciugare i lividi, ungere le tue mani e i tuoi piedi, baciarli e ribaciarli, mio Signore. Ma in quale stato ti ho messo, io! Come ho fatto ad ignorarti fin’adesso! Ti vedevo come un superpotente e ora mi accorgo che sei così piccolo, tu che eri presente quando si creava il mondo, tu che nell’ora del big-bang insufflavi l’energia alle sfere e la luce al fuoco, tu che eri con il Padre quando mi faceva nascere alla vita col proprio Suo soffio la santa neschemah hayim!
Molte cose della nostra vita sono condizionate dalle immagini che riceviamo nell’infanzia. Cristo risorto è certamente il Pantocrator, trionfante, ma questo rischia di innalzarlo ad eroe da fiaba e, tutto sommato, ha poco a che fare con le miserie della mia vita quotidiana. Nel tempo dell’impero romano o di Carlo Magno, era normale che Gesù fosse visto come l’imperatore in trono, reggitore di ogni cosa, maestro di dottrina e giudice del mondo.
Ma oggi per noi, che siamo diventati popoli senza grandi ideali e siamo a raso terra come le pratoline del giardino, gente in cui non regna più lo spirito di contesa e di guerre di religione, gente senza nessun’altra speranza se non che il denaro e la cappella al cimitero, cosa mi può ancora dire un Cristo trionfatore?
Guardandolo mi verrebbe di chiedergli: “Come fai ad essere così trionfante e a non intervenire per i poveri, per i massacrati, per i torturati, per gli emarginati? Come fai a stare in gloria mentre gemono miliardi di uomini, lontani dalla pace e con lo stomaco terribilmente vuoto? Come fai a sopportare milioni di cristiani sazi e con il colesterolo alto a forza di mangiare e bere troppo?”.
Insomma, potrei essere tentata di stornarmi da Lui, glorioso e beato, per girarmi verso l’eterno povero Lazzaro che giace sempre alla mia porta!

Far risorgere Gesù

Ma ho la strana sensazione che se facessi così, Gesù sarebbe felice! “Tutto ciò che avrete fatto al più piccolo degli uomini lo avete fatto a me”.
Tanti anni fa, a Milano, era Lui, sotto la pioggia, quella vecchietta con due sacchi pieni, che erano tutta la sua ricchezza, che s’avviava verso la stazione per dormire... Ieri a Perugia, era Lui il ragazzo russo che cantava nella strada per ricevere di che mangiare. Oggi è Lui nelle sorelle e nei fratelli che mi circondano, nel vicino di casa che è solo, nella signora del piano di sotto, che ha il marito che beve, è sempre Lui, anche in te che mi leggi in questo momento. Non senti in te il Cristo mite e umile che ti chiede di accoglierlo, di ungere le sue cicatrici e ti domanda di vivere con te in ogni momento? Ti chiede di prenderLo in braccio e di metterLo nel tuo cuore per sempre, come il tesoro il più grande che tu possa ricevere, accanto al quale tutta la ricchezza degli uomini, tutta la loro potenza fasulla e tutta la loro tracotanza è solo un’immensa occasione di compassione!
La festa di Pasqua, quest’anno la faremo pensando a Gesù che, prima della nostra risurrezione, dobbiamo fare risorgere con la nostra vita nel mondo di oggi, così com’è.
Chiederò, il Venerdì Santo, di vedere la croce come iscritta nella mia vita, non in modo strepitoso, mi basta sapere che compio in me ciò che manca alla Sua passione. Poi risorgerò anch’io nella vita quotidiana, se invito quest’umile personaggio ad albergare ogni giorno in me, con la sua aria dimessa, colla sua mitezza, che è la sua verità. È questa la verità: guardala bene. Non ce n’è un’altra.
Se sarai diventato accogliente, piccolo, obbediente allora, sarai anche vincitore perché risorto e sempre in via di risorgere.

                                                             Maddalena di Spello


IMMAGINE: Cristo Pantocrator, Duomo di Cefalù
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-4
VISITA Nr.