SAN
GIUSEPPE MARELLO (1844-1895):
LO CHIAMAVANO PADRE
Era nato il 26 dicembre
1844 a Torino, dove suo padre, originario di San Martino Alfieri
(Asti) gestiva un negozio ed era stato amico di Don Giuseppe
Cottolengo al quale regalava le lenzuola per gli ospiti della
Piccola Casa. Battezzato con il nome di Giuseppe
nella chiesa del Corpus Domini, a quattro anni era già
orfano di mamma.
Il papà lo riportò, con laltro figlioletto,
Vittorio, ancora più piccolo, a San Martino Alfieri, dove
vivevano i nonni. Lì, nella sua bella casa, sui colli
astigiani, a un passo dal fiume Tanaro, bello come un nastro
dargento tra il verde delle vigne e dei prati, Giuseppe
Marello crebbe, ragazzo intelligente e generoso, chierichetto
assiduo e già catechista in mezzo ai compagni, sovente,
più piccoli di lui.
Al centro della sua esistenza già cera un grande
Amore: Gesù.
Giovane
appassionato
A 12 anni, si recò in
pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Misericordia,
presso Savona: davanti allaltare di Maria, nella penombra
della cripta, si sentì chiamato da Dio a farsi sacerdote.
Il 31 ottobre 1856, entrò nel Seminario di Asti. Si rivelò
ai compagni e ai superiori come un ragazzo straordinario.
Purtroppo, nella primavera del 1859, a causa della seconda guerra
dindipendenza, il Seminario diventò una caserma.
I chierici furono dispersi. La vita si fece difficile per molti
di loro. Giuseppe sentì il dubbio invadergli il cuore:
Devo continuare? Sarò prete o laico impegnato nel
mondo?. A 18 anni, uscì dal Seminario e intraprese
gli studi da geometra a Torino.
Nella capitale subalpina, provò il fascino dellimpegno
sociale e politico e fu impressionato dagli uomini illustri del
tempo: Cavour, Garibaldi, Mazzini che sembravano conquistare
il mondo con le forze della ragione senza Cristo e contro la
Chiesa... Tutto in quellora sembrava loro favorevole.
Ma Giuseppe, segnato anche dalla malattia e affidatosi alla Madonna,
intuì che quel mondo incantatore poteva essere
salvato solo da Gesù Cristo. Rientrò in Seminario,
deciso: Sarò prete, solo prete. Don Michele
Rua, che aveva sentito parlare di lui dai compagni del Seminario
di Asti e che Don Bosco aveva accolto alloratorio di Valdocco
nei mesi della loro dispersione, aveva definito il Marello, il
migliore, anche se purtroppo non era con loro.
In Seminario, ad Asti, Marello approfondì gli studi teologici
accostando anche i più grandi pensatori cattolici: Pascal,
Chateaubriand, Manzoni, Lacordaire. Nella preghiera intensa,
si faceva ogni giorno di più una cosa sola con il Signore
Gesù. Il 19 settembre 1868, nella cattedrale di Asti,
è ordinato sacerdote, dal Vescovo diocesano Carlo Savio,
che lo tiene con sé come segretario.
Don Giuseppe non si limita a essere un buon curiale, ma si dedica,
quale vero apostolo, alle confessioni, al catechismo in mezzo
ai ragazzi, al servizio dei più poveri. Percorre tutta
la diocesi con il suo Vescovo in visita pastorale, rendendosi
conto delle necessità dei confratelli sacerdoti e delle
popolazioni.
Nel 1869-70, partecipa con il suo Vescovo al Concilio Vaticano
I, a Roma, dove incontra più volte il santo Papa Pio IX,
e il Card. Pecci, futuro Papa Leone XIII. È guardato con
simpatia e ammirato da molti Vescovi di tutta la Chiesa. Da quello
di Pechino a quello di LAvana! Il Card. Pecci non lo dimenticherà
più. Lui si apre alle dimensioni
della Chiesa e del mondo, felice che il Concilio si chiuda con
la definizione che il Papa come maestro della fede, è
infallibile (18 luglio 1870).
Padre dei
poveri e fondatore
Al ritorno in Asti, nellestate
del 1870, Don Marello intuisce che Dio lo chiama a qualcosa di
nuovo e di grande. In Piemonte, dopo il 1855, e in Italia dopo
il 1866, in seguito alle inique leggi di Cavour e di Rattazzi,
gli istituti religiosi erano stati chiusi. I frati e le suore
dispersi. I loro beni confiscati dallo Stato. Ma Dio se la ride
dei potenti anche se hanno un alto pennacchio sul cappello.
Proprio in quegli anni a Torino, dove era iniziata loffesa
alla Chiesa, Dio suscita uomini come Don Cafasso, il Cottolengo,
Don Bosco, Don Faà di Bruno e Don Murialdo, che danno
inizio a nuove e grandi Famiglie religiose. Ad Asti, guardando
al loro esempio, Don Marello fa la stessa cosa sognando di ripristinare
la vita consacrata resa difficile e rara dalle leggi oppressive
dello Stato.
Il 14 marzo 1878, allIstituto Michelerio di Asti, dà
vita con quattro giovani alla Compagnia di San Giuseppe:
unumile Famiglia di Fratelli, laici consacrati, dediti
al catechismo e alla collaborazione con i parroci. Ma quasi subito
gli arrivano giovani già orientati al sacerdozio: Giorgio
Medico, Giovanni Cortona, Enrico Carandino. Nascono così
gli Oblati di San Giuseppe (i Giuseppini di Asti).
Non gli mancano le difficoltà, ma spesso trova luce in
incontri segreti con Don Bosco, presso la chiesetta della Madonnina
di Villanova dAsti. Don Bosco lo incoraggia e gli dà
il diploma di cooperatore salesiano. Nel 1883, Don Marello riscatta
in corso Alfieri il monastero di Santa Chiara che diventa la
sede della sua comunità e delle sue opere: la congregazione
nascente, lospizio per gli anziani e i malati, gli orfani,
le sue scuole.
Egli stesso, che è diventato direttore spirituale in Seminario
e Canonico della cattedrale, va a vivere con i suoi Figli
tra i poveri di San Chiara. Qualcuno, ammirandolo o commiserandolo,
commenta: Il Canonico Marello poteva essere qualcuno, invece
si è seppellito tra i cronici. Ma lui è un
prete che pensa solo a curare gli interessi di Gesù,
come aveva fatto San Giuseppe di Nazareth, che gli appare come
modello di silenzio e di preghiera, di relazione intima con Gesù,
di servizio alla sua causa, di dono ai più poveri.
Ispirandosi a San Giuseppe, Don Marello diventa sempre più
un altro Cristo, così come deve essere il
prete. Ed è diventato il padre dei poveri e il fondatore
di una nuova Congregazione. Ad Asti, e ovunque è conosciuto,
lo chiamano il Canonico buono e più ancora
lo chiamano Il Padre, il nome più bello che
davvero gli spetti.
Nellautunno del 1888, gli giunge la nomina a Vescovo di
Acqui. Leone XIII si è ricordato di lui e lo chiama a
diventare successore degli Apostoli. Consacrato Vescovo a Roma,
Mons. Giuseppe Marello il 10 giugno 1889 entra in Acqui: fin
dal primo giorno, tutti vedono in lui limmagine di Gesù
buon Pastore. Ancora semplice sacerdote ad Asti, si era occupato
con cura assidua delle vocazioni sacerdotali e religiose. Dalla
sua direzione spirituale nel Seminario di Asti erano usciti uomini
come Don Giuseppe Gamba, futuro Cardinale Arcivescovo di Torino,
e decine e decine di sacerdoti santi e apostoli.
In Acqui, il giovane Vescovo mite e umile di cuore, si preoccupa
di far conoscere e amare la Verità del Vangelo, di essere,
con i suoi sacerdoti e con il suo popolo, un cuore solo e unanima
sola attorno a Cristo, per portare la sua luce e la sua salvezza
a tutti. Senza risparmiarsi, nonostante la salute già
fragile, percorre tutta la diocesi, fino nei luoghi più
sperduti, trovando alimento e coraggio alla sua azione pastorale
nellaffezione a Maria Santissima e nella preghiera intensa
come quella dei monaci e degli eremiti.
Attento ai problemi gravi del suo tempo, Mons. Marello presenta
Gesù come lunica risposta alluomo che cerca
e si interroga come costruire la vita della società. Le
sue lettere pastorali sono capolavori di direttive per levangelizzazione,
non solo per il suo tempo, ma anche per il nostro, sui grandi
temi delleducazione cristiana dei giovani, del catechismo,
della testimonianza dellapostolato cattolico e delle missioni.
Si preoccupa della formazione di un valido laicato cattolico
per rendere presente Cristo nella famiglia, nel lavoro, nella
scuola, nel sindacato, nellazione sociale. Proprio per
questo partecipa al Congresso dei Cattolici a Genova tra il 4
e l8 ottobre 1892, con la presenza dei leader dei cattolici
italiani, G. B. Paganuzzi, Giuseppe Toniolo e Medolago Albani.
Nei suoi anni di episcopato ad Acqui nascono le prime associazioni
laicali, ma Mons. Marello non può vederne la fioritura.
Andato a Savona per le feste del terzo centenario di San Filippo
Neri, nel maggio 1859, celebra la sua ultima Messa nel Santuario
della Madonna della Misericordia, proprio là dove era
iniziata la sua avventura sacerdotale. Il 30 maggio 1895, nel
vescovado di Savona, si spegne improvvisamente a soli 50 anni
di età, tra il pianto dei suoi diocesani e dei suoi Figli,
i Giuseppini di Asti.
Il Papa Leone XIII lo aveva definito, lui presente, tra migliaia
di pellegrini in San Pietro a Roma nel 1891, una perla
di Vescovo. Oggi questa perla risplende in tutta la Chiesa:
il 26 settembre 1993, il Papa Giovanni Paolo II, in visita pastorale
ad Asti lo ha beatificato. E a soli otto anni di distanza, riconosciuto
il miracolo della guarigione di due bambini peruviani da gravissima
malattia, il 25 novembre 2001, in San Pietro a Roma, lo ha iscritto
tra i santi.
Come Giuseppe di Nazareth, San Giuseppe Marello è lapostolo
di una sola grande Parola, il Verbo stesso di Dio incarnato e
sacrificato per noi.
Gesù, solo Gesù, amava ripetere, e
soltanto con Lui, Gesù, unico Salvatore, il mondo può
essere salvato e, anche nelle ore più buie, trasalire
di gioia.
Paolo
Risso
IMMAGINE: San Giuseppe Marello, di Cosimo Musio
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2002-3
VISITA Nr.