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 SAN FRANCESCO DI SALES:
    
 BUON COMPLEANNO FILOTEA!


Quando Francesco di Sales consegnò il manoscritto della Filotea al signor Rigaud di Lione per la pubblicazione, annotò la data al termine della prefazione: 8 agosto 1608. Per tutta la Chiesa, ma soprattutto per la Famiglia Salesiana, si tratta di una data da mettere in risalto e da valorizzare. Sono 400 anni che si continua a stampare e a leggere questo testo che contiene più di altri la sintesi della spiritualità “salesiana”.

Don Bosco nel seminario di Chieri e poi al Convitto Ecclesiastico di Torino venne a conoscenza di quest’opera, la lesse e ne rimase affascinato al punto che quando si trattò di fondare la Congregazione scelse San Francesco di Sales come Patrono e Modello e diede ai suoi figli il nome di “salesiani”.

La Filotea è un best seller della letteratura cattolica di tutti i tempi, se si pensa che sono oltre 1.300 le edizioni effettuate, con traduzioni nelle principali lingue del mondo.

Ma perché Francesco scrive la Filotea?
“È nel carattere, nel genio, ma soprattutto nel cuore di Francesco di Sales che occorre cercare la vera origine e la preparazione remota dell’Introduzione alla Vita Devota (IVD) o Filotea”: così scrive nell’introduzione all’edizione critica di Annecy don Machey, un uomo che ha dedicato la vita allo studio delle opere del Santo. Dunque la Filotea viene da lontano: cerchiamone insieme le radici.

Radici remote

All’età di 11 anni, Francesco lascia la sua famiglia e la città di Annecy alla volta di Parigi: qui trascorrerà 10 anni in compagnia dei suoi 3 cugini (Aimé, Gaspard e Louis) e del precettore Déage, allievo del prestigioso Collegio Clermont da lui stesso scelto “perché negli altri collegi non vi si dedicava altrettanto alla pietà”. I Gesuiti hanno saputo creare un clima di profonda religiosità e di studio serio e Francesco studia le materie umanistiche, frequenta i corsi di retorica e di filosofia. Segue pure le lezioni del benedettino Gilbert Génébrard, che commenta il Cantico dei Cantici dando a questo testo biblico un’interpretazione mistica: la vicenda simbolica adombra il rapporto tra Dio e il cuore umano, tra Cristo e la Chiesa e si tratta di un rapporto d’amore! Per Francesco questo fu una rivelazione: da allora “non poté più concepire la vita spirituale che come una storia d’amore, la più bella delle storie d’amore”.

Siamo in piena riforma protestante e il tema della predestinazione tiene banco nelle Università. Francesco ne rimane preso e turbato: Dio lo avrà destinato alla vita eterna o all’eterna dannazione? La perplessità diventa ben presto certezza di far parte del numero dei dannati “che non vedranno mai il vostro dolcissimo volto”. Per sei settimane cade ammalato. Da questa terribile crisi ne uscirà, affidandosi alla Madonna con la recita della Salve Regina, più forte, più puro, più “innamorato di Dio”.

Dopo Parigi i suoi studi proseguono, per volontà del padre, a Padova: qui Francesco scopre l’importanza e la bellezza di una guida spirituale, che trova nel gesuita padre Possevino, uomo con una grande esperienza del mondo e degli uomini. Si affida completamente a lui e con lui mette a punto un programma di vita spirituale, cui rimane fedelissimo. Dopo la scoperta della centralità dell’Amore di Dio, un altro tassello: per guidare occorre fare l’esperienza di essere guidato.
Una terza radice remota va trovata nel suo lavoro come apostolo del Chiablese: superando grandi ostacoli (soprattutto l’opposizione del padre) riesce a raggiungere il sogno di essere sacerdote: 18 dicembre 1593. Durante la prima Messa, “Dio prese possesso della mia anima in modo indicibile”.

Non passa un anno che si offre spontaneamente al Vescovo de Granier che cerca missionari da inviare in quella regione, a sud del lago di Leman, passata quasi tutta al calvinismo. Saranno 4 anni di fatiche tremende, di pericoli di ogni genere, di stenti per la grande povertà in cui è costretto a vivere, di lotte verbali, di discussioni interminabili, di umiliazioni e di solitudine... Francesco non molla: prega, si mortifica.

Scrive ad un amico: “La preghiera, l’elemosina e il digiuno sono le tre parti che compongono la fune che il nemico spezza con difficoltà. Cerchiamo con la grazia di Dio di legare con essa l’avversario!”. Vive la passione per le anime, il “Da mihi animas” che, prima di diventare il suo motto, è di fatto il principio ispiratore di tutta la sua attività pastorale.
Come non ricordare alcune delle sue “strategie” per arrivare alla gente e ai capi calvinisti? Le prediche stampate e fatte scivolare sotto la porta di quanti non hanno il coraggio di venirlo ad ascoltare in chiesa; le tre Messe di Natale a Thonon, gli incontri con il successore di Calvino, Teodoro Bèze; e infine le quarant’ore ad Annemasse (1597) e a Thonon (1598), il colpo di grazia per il ricupero di quella popolazione alla fede cattolica. Quanti abiuravano all’eresia volevano farlo nella mani di Francesco: conoscevano bene il suo cuore accogliente e misericordioso.

Radici prossime

Nel 1602 il vescovo di Annecy deve affrontare un delicato problema: ricuperare ai parroci cattolici del Chiablese i benefici usurpati dai pastori protestanti. Per questo occorre trattare con il Nunzio a Parigi. Francesco viene scelto per questa missione diplomatica; le cose andranno per le lunghe e il soggiorno a Parigi durerà nove mesi. L’umile Francesco ne approfitta per predicare (memorabile la quaresima del Louvre!), confessare, visitare monasteri, conventi... È spesso a corte dove incontra persone illustri, tratta col re e i suoi ministri... Conquisterà il re, la corte, l’élite parigina fino a diventare un personaggio di dimensione nazionale.

Frequenta in particolare il circolo della signora Acarie: questo incontro rappresenta un momento importantissimo nella formazione di Francesco come maestro di vita spirituale. Qui egli fa la conoscenza delle “persone piùdevote di Parigi”, quelle che segneranno la primavera spirituale della Francia del XVII sec.: il giovane Bérulle, André Duval, Dom Beaucousin, Jacques Gallemand, Marillac, Olier... Una vera scuola di spiritualità con largo influsso. Fu proprio in seno a questo circolo che si fece strada la decisione di introdurre in Francia il Carmelo riformato da Santa Teresa d’Avila.

A fianco della scoperta di una nuova spiritualità e di tante persone così ricche di Dio, Francesco entra in contatto con un numero sempre crescente di uomini e donne che gli chiedevano consigli per impostare la loro vita cristiana, desiderosi di camminare verso Dio con slancio e generosità. Nei luoghi più impensati (a corte, nei salotti, nelle case dei principi...) Francesco scopre tante Filotee e tanti Filotei, cioè tanti “amici e amiche di Dio”.

“E fu proprio a contatto con questo mondo spirituale che avvertì la mancanza di un testo che riassumesse in forma concisa e pratica i principi della vita interiore e ne facilitasse l’applicazione per tutte le classi sociali.

Certo si poteva attingere il tutto nella Sacra Scrittura, negli scritti dei Padri o in qualche autore contemporaneo, ma si trattava di oro allo stato minerario. Ci voleva qualcuno che lo estraesse, lo sbarazzasse di tutte le impurità, lo fondesse, lo lucidasse... Era una necessità e così da questo anno il Santo inizia a mettere insieme i primi materiali che più tardi concorreranno alla composizione del libro” (Don Mackey).

Nel 1604, scrivendo a Rose Bourgeois, badessa di Puy d’Orbe, annota: “Se avessi qui i miei fogli, vi manderei un trattato che ho fatto a Parigi su questo argomento, scritto per una figlia spirituale e religiosa di un degno Monastero, che ne aveva bisogno per se stessa e per le altre”.

La Quaresima del 1604 la predica a Digione dove incontrerà la Baronessa de Chantal e con lei inizierà uno scambio epistolare come era già avvenuto con altre pie dame.
Nelle lettere che Francesco invia loro tra il 1604 e il 1608 non c’erano solo regole di direzione spirituale. Raccomanda la lettura dei santi Padri, i libri di Santa Teresa, di Luigi de Granada, il Combattimento spirituale dello Scupoli, ma invia anche un certo numero di documenti che dovevano farsi passare tra loro. Questi scritti si ritrovano tutti nella Filotea: comprendono l’e­sercizio del mattino, un regolamento della giornata, le varie considerazioni sulla perfezione della vita cristiana, sull’umiltà, sulla dolcezza, sulla vedovanza ma specialmente sulla meditazione e sulla preghiera.

“È in questi principi, maturati nella mente e nel cuore dell’Autore e applicati con successo nella vita di varie persone, che va ricercato il primo abbozzo del nostro libro” (Don Mackey).

Radici immediate

Scrive Francesco all’Arcivescovo di Vienne: “È un memoriale che avevo indirizzato ad una bell’anima che desidera la mia direzione spirituale; e tutto questo in mezzo alle occupazioni della Quaresima durante la quale io predico due volte la settimana”.

Si tratta della quaresima predicata ad Annecy nel 1607 e la persona in questione è la Madame de Charmoisy, di cui parla in una lettera indirizzata alla baronessa de Chantal: “Trovo nella mia rete un pesce che desidero e aspetto da 4 anni; bisogna che dica la verità: ne sono molto felice...”.

                                                                                       Gianni Ghiglione


Chi era Madame de Charmoisy?

Louise du Chastel, ancora giovane, frequenta la corte di Parigi e qui incontra Francesco. Essa è diventata sposa (1600) del Duca di Nemour, Signore di Charmoisy, parente di Francesco. La vita di questa donna era legata a quella del marito con frequenti viaggi e lunghi soggiorni alle corti di Torino e di Parigi. Lei, la “cara cugina”, che vive una vita in ambienti così lontani dalla spiritualità evangelica, si mette nelle mani di Francesco: la sua docilità e costanza resero feconde la dedizione e la sollecitudine della Guida e la perfezione che raggiunse è una prova lampante della prudenza, saggezza ed efficacia degli insegnamenti dati a Filotea.

Madame de Charmoisy in quel tempo aveva un processo davanti al Senato di Chambery, di cui una fase terminava nel febbraio del 1607, per cui è facile supporre che poi venisse ad Annecy per la Quaresima. Inoltre sempre nella lettera all’Arcivescovo di Vienne si legge, a proposito del suo libro: “... di aver dato corpo a questo bisogno solo per un’anima che vedeva spesso”. Ora a partire da questo momento il nome della Charmoisy compare spesso sotto la penna del Santo nella sua corrispondenza con la Chantal.

“Poi si decise a darmi dei consigli per iscritto su questo tema e io li passai a un padre Gesuita che li trovò talmente eccellenti e utili che sollecitò il Servo di Dio a farli stampare; di qui nacque l’IVD, in cui furono inseriti”.
Si tratta del Gesuita P. Fourier, rettore del Collegio di Avignone, grande amico e Direttore spirituale di Francesco. “Fu lui che mi spinse fortemente a pubblicare questo scritto e dopo averlo rivisto attentamente e migliorato in alcuni piccoli dettagli, l’ho inviato alle stampe”.

Di questo suo impegno parla in una lettera alla Chantal (4 luglio 1608): “Ho risposto a tutte le vostre lettere fino ad ora e non ho più tanto tempo libero, perché in questi giorni non mi lasciano affatto riposare e io sto facendo scrivere al nostro Thibaut i consigli spirituali di cui vi ho già parlato”.

Nonostante il suo poco tempo libero, Francesco potè tuttavia dare un ultimo tocco al suo capolavoro e terminarlo verso la fine dello stesso mese.
La prefazione porta la data dell’8 agosto 1608.


IMMAGINI:
1  A Parigi, Francesco di Sales segue gli insegnamenti di Gilbert Génébrard, benedettino, che commenta il testo del Cantico dei Cantici. Da allora inizia a pensare alla vita spirituale come ad una vita d’amore fra Cristo e l’anima.
 San Francesco di Sales terminò di scrivere il testo della Filotea l’8 agosto del 1608.
3  Una chiesa del Chiablese costruita durante l’apostolato di San Francesco di Sales.
4  Veduta di Annecy, la città dove Francesco trasferì la sua sede episcopale, non potendo risiedere a Ginevra a causa dei calvinisti.




      RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008 - 8
     
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