Una sera nebbiosa
dinverno nellOratorio di Torino-Valdocco. Ottocento
ragazzi gridano, si rincorrono nel gioco frenetico che crea una
baraonda festosa.
Uno
di quei ragazzi, Luigi Variara, scrisse:
«Dimprovviso
da una parte e dallaltra si udì gridare: Don Bosco!
Don Bosco! Istintivamente ci buttammo tutti verso di lui. Lo
attorniammo come uno sciame dapi. Don Bosco appariva esausto
di forze. (Era il 20 dicembre 1887, gli rimanevano quaranta giorni
di vita).
In quel momento io potei mettermi in
posizione tale da vederlo di mio gusto. Mi avvicinai quanto più
possibile e vidi che alzando il suo dolce sguardo lo fissò
lungamente su di me.
Quel giorno fu uno dei più
felici della mia vita. Ero certo di aver conosciuto un santo,
e che Don Bosco aveva scoperto anche nella mia anima qualcosa
che solo Dio e lui potevano sapere».
Quel ragazzino,
Luigi Variara, era venuto allOratorio di malavoglia. Suo
papà, maestro elementare e ammiratore di Don Bosco, gli
aveva spiegato che nellOratorio tanti ragazzi avevano potuto
realizzare la loro vocazione e diventare preti.
Lui aveva reagito con parole brusche:
«Papà,
io non ho la vocazione!».
Papà
aveva sorriso.
«Intanto vai, studia e stai buono. Se non
hai la vocazione, Maria Ausiliatrice te la darà».
Da Viarigi (Asti), il suo paese
immerso nel verde Monferrato, Luigi Variara era sbarcato tra
la turba scatenata di Valdocco. Allinizio passò
giorni spauriti e desolati. Ciò che lo conquistò
fu la musica. Un suo compagno di scuola, Emilio Rossetti, ricorda:
«Aveva una bella voce di contralto. Il maestro Dogliani
lo preparò e lo fece entrare nel gruppo dei cantori».
5 lettere
e un bigliettino
Il 1891 fu lanno decisivo
della sua vita. Raccolto in preghiera, concentrato in serie riflessioni,
egli capì che diventare salesiano non voleva dire scegliere
un mestiere, ma dedicare tutta la vita a Dio e alle persone che
Dio gli avrebbe affidato.
Durante quellanno arrivarono lettere di molti missionari.
Arrivarono anche cinque lettere di Don Unia, missionario tra
i lebbrosi di Agua de Dios, in Colombia. Narravano con semplicità
leroismo di ogni giorno per donare un briciolo di gioia
e di speranza cristiana ai ragazzi e agli adulti colpiti da quella
terribile malattia.
2 ottobre 1892. A 17 anni Luigi Variara, inginocchiato davanti
al beato Don Rua, fa voto perpetuo di castità, povertà
e obbedienza. E chiede di essere mandato nelle missioni. Inizia
gli studi che dovranno portarlo al sacerdozio a Torino-Valsalice,
nel seminario salesiano per le missioni estere. Qui, nel mese
di maggio del 1894, arrivò ammalato e stanco il missionario Don
Unia. Sentendosi prossimo
alla fine, era venuto in Italia a cercare giovani salesiani che
prendessero il suo posto tra i lebbrosi.
Ecco cosa scrive Luigi Variara:
«Scrissi
su un bigliettino il mio desiderio di partire per la Colombia
e chiesi questa grazia alla Madonna. Collocai il bigliettino
sul cuore della Madonna, tra la Madonna e il Bambino, e attesi
con la massima fede e speranza: la mia preghiera fu ascoltata.
Allinizio della novena venne a Valsalice Don Unia, per
scegliere a nome di Don Rua il suo missionario tra tanti chierici.
Quanta sorpresa
per me vedere che, tra i 188 chierici che avevano la stessa aspirazione,
fermandosi davanti a me, disse: Questo è il mio. Poi, chiamatomi da
parte, mi chiese se volevo andare in Colombia nel lazzaretto
di Agua de Dios, e io dissi sì, con unallegria che
pareva un sogno. Questa grazia lho sempre attribuita a
Maria Ausiliatrice».
Un rapido addio al suo paese,
alla sua famiglia, poi quaranta giorni di viaggio: attraverso
lOceano Atlantico, poi in battello per mille chilometri
sul fiume Maddalena, poi quattro giorni a cavallo fino ad Agua
de Dios. «Siamo arrivati! scrive Don Variara .
Il nostro arrivo fu quasi improvviso, ma quanta festa ci fecero
i cari lebbrosi: parevano quasi guariti alla sola vista di Don
Unia, che amano veramente tanto, tanto». E il 6 agosto
1894.
La musica
tra i lebbrosi
Agua de Dios è il paese
dove vivono in quel momento 620 ammalati di lebbra e altrettanti
familiari sani degli infermi. Il clima è asciutto e ardente,
sui 35°. Quando arriva Don Luigi, lavorano tra i malati tre
salesiani: Don Unia, liniziatore, Don Raffaele Crippa che
diventerà lamico e il confidente di Don Luigi, e
il salesiano laico Giovanni Lusso. Ci sono anche, da due anni,
le Suore della Presentazione, che fanno servizio allOspedale
dove sono ricoverati i casi più gravi, si dedicano alle
bambine ammalate e sane, e hanno dato inizio ad un fiorente gruppo
di Figlie di Maria.
La lebbra è,
in questo tempo, una parola spaventosa. Chi è contagiato
è marchiato per sempre, isolato da tutti. Don Luigi osserva
che quasi tutti i lebbrosi sono condotti nel paese-lazzaretto
dalla polizia contro la loro volontà. Sono scaricati lì
come in un ergastolo. Anche chi guarisce, anche i figli sani
dei lebbrosi, non sono quasi mai riaccettati nella società.
Il pericolo maggiore è la disperazione. Prima dellarrivo
di Don Unia, lubriachezza era una condizione normale, i
suicidi erano molto frequenti. Ora invece il paese è un
luogo civile, con negozi, attività artigianali, chiesa,
scuola, dispensario medico, centro sociale gestito dagli stessi
lebbrosi. Don Unia ha chiamato Don Luigi perché porti
i canti e la musica, per dare vita e allegria ad Agua de Dios.
8 settembre 1894. Il primo
gruppetto di ragazzi lebbrosi canta insieme a Don Luigi: Sei
pura, sei pia, sei bella, Maria...
8 settembre 1897. La banda musicale dei ragazzi lebbrosi dà
il primo concerto davanti alle autorità e a tutta la gente.
È un successo enorme.
Tra queste due date cè stata la lunga pazienza e
il vero eroismo di Don Luigi. Ottenuti gli strumenti da un battaglione
militare, ha superato ogni ripugnanza a imboccare gli strumenti
usati dai suoi ragazzi, per insegnare loro il modo di suonarli.
Da quel momento, la banda rallegra i giorni festivi, porta allegria
e speranza. Scrive un lebbroso: «La banda rende amene le
lunghe ore della nostra stanca esistenza, addolcisce il veleno
che ci tocca trangugiare».
Sacerdote
a 23 anni
Ma tra quelle due date, Don
Luigi ha fatto anche altri miracoli. Don Unia è morto
quasi improvvisamente il 9 dicembre 1895. Due mesi prima ha tracciato
per Don Luigi queste righe:
«Qualcuno
riceverà la mia corona. Coraggio, Luigi: forse è
preparata per te! Studia e prega. Non ti dimenticherò
mai nelle mie preghiere». E Don Crippa scrive a Don Rua,
a Torino: «Variara sta organizzando la Compagnia di San
Luigi, dà lezioni di religione nella scuola pubblica,
studia, canta, lavora, suona... ed ha buona salute!». Le
parole più belle gliele scrive unanziana lebbrosa:
«Dio la conservi sempre puro, amabile e buono; lei è
un modello di virtù, una creatura angelica, un essere
non comune, che si offre allammirazione e al rispetto dellumanità».
24 aprile 1898. Don Variara è ordinato sacerdote dallArcivescovo
di Bogotà. Ha 23 anni. Torna rapidamente da Bogotà
ad Agua de Dios. Vuol riprendere il
suo posto inosservato. Ma quando affronta il guado del fiume
Bogotà, a 15 chilometri da Agua de Dios, esplode un mortaretto
e unimmensa acclamazione si leva dallaltra riva del
fiume: i suoi lebbrosi sono venuti ad accoglierlo, e lo accompagnano
per tutto il cammino con grida festose, abbracci, evviva, e allarrivo
in paese col suono della «sua» banda. Laccoglienza
termina in chiesa, con canti di ringraziamento al Signore. Celebra
la prima Messa il 1° maggio con una festa indescrivibile.
Un lebbroso scrisse:
«Quel giorno nessuno di noi ricordava
di stare nella città del dolore».
La missione di Don Luigi riprese:
nelloratorio con i ragazzi, nella scuola, tra i cantori
e i bandisti. Ma ora aveva due nuovi ambienti: laltare
e il confessionale. «Passa ogni giorno quattro o cinque
ore al confessionale scrive Don Crippa , è
molto dimagrito, temo che non resista».
In confessionale
nasce una congregazione
Nel confessionale, dove porta
la parola di Dio e il perdono di Dio, viene in contatto con le
miserie e le grandezze più segrete. Tra le giovani Figlie
di Maria scopre numerose anime capaci di forte impegno spirituale, fino a voler offrire la
loro vita interamente al Signore. Sono lebbrose o figlie di lebbrosi,
e sono angeli.
Don Variara ha conosciuto a Valsalice Don Andrea Beltrami, un sacerdote salesiano colpito
dalla tisi, che si era
offerto vittima a Dio per la conversione di tutti i peccatori
del mondo. Nel confessionale, Don Variara comincia a indicare
a qualche giovane la stessa strada:
«Fare
della propria malattia un apostolato, mettere la propria vita
a disposizione di Dio». «Prima fra tutte le Figlie
di Maria a emettere voto, di consacrazione vittimale al Sacro
Cuore di Gesù scrive Don Angelo Bianco fu la signorina Oliva Sanchez,
30 anni, lebbrosa. Divenne preziosa collaboratrice di Don Variara...
Pochi giorno dopo la seguì nella sua consacrazione Limbania
Rojas, anchessa lebbrosa... Dal 1901 al 1904 furono ben
23 le Figlie di Maria che arrivarono a fare il voto di consacrazione
vittimale».
Senza nessun chiasso nasceva
così lIstituto
delle Suore del Sacro Cuore di Gesù. Come
lebbrose o figlie di lebbrosi non sarebbero state accettate da
nessuna congregazione.
«La
mano carezzevole di Dio»
Esse comunicarono la loro iniziativa
e il loro Regolamento allArcivescovo di Bogotà,
che lo approvò e le esortò ad essere sante religiose.
Scrissero anche a Don Rua:
«Siamo
povere giovani colpite dal terribile male della lebbra
scrivevano , violentemente strappate e separate dai nostri
genitori, private in un solo istante delle nostre più
vive speranze e dei nostri più ardenti desideri... Abbiamo
sentito la mano carezzevole di Dio nei santi incoraggiamenti
e nelle pietose industrie di Don Luigi Variara di fronte ai nostri
acuti dolori del corpo e dellanima. Persuase che sia volontà
del Sacro Cuore di Gesù e trovando facile il modo di compierla,
abbiamo cominciato ad offrirci come vittime di espiazione, seguendo
lesempio di Don Andrea Beltrami, salesiano.
Ora abbiamo deciso di fare un altro passo avanti: vogliamo, legate
dai tre Voti formare la piccola famiglia delle Figlie del Sacro
Cuore di Gesù: servendo Dio e dedicandoci al servizio
dei nostri fratelli, in particolare ai bambini dellAsilo...».
Don Rua rispose: «Listituzione
è bella, e deve conservarsi».
Un prete
crocifisso
Furono le ultime parole consolanti
che Don Variara si sentì rivolgere. Da quel momento su
di lui e sulla congregazione nascente si scatenò la bufera.
Fu ostacolato, calunniato, intralciato. Fu allontanato da Agua
de Dios. Arrivarono a torturarlo proibendogli di scrivere alle
sue suore e ad allontanarlo dalla Colombia. Il suo fu un calvario
lungo, sopportato con pazienza, in silenzio, donato a Dio per
la crescita delle figlie spirituali. Ed esse vissero, e prosperarono.
La loro superiora Madre Lozano, scrisse
«Umanamente
parlando non avevamo alcuna difesa, ma il Signore distese la
sua mano su di noi, e ci salvò la sua misericordia!».
Fa male al cuore scorrere gli
ultimi dieci anni della vita di Don Variara. Si tocca con mano
come il Maligno possa servirsi anche delle persone consacrate
a Dio, delle loro migliori intenzioni, per torturare un grande
servo di Dio. Ma fa bene al cuore leggere le ultime parole che
poté scrivere alle sue figlie spirituali:
«Santifichiamo
gli istanti di vita che ancor ci restano, perché il raccolto
durerà in eterno. Ah, quanto godo pensando al cielo! Li
ci troveremo tutti e saremo eternamente felici. Per adesso viviamo
uniti nello spirito: obbedienti, umili, puri, mortificati, ma
solo per amore... Non vi lascio orfane, poiché le mie
preghiere sono incessanti per voi nel desiderio di vedervi tutte
sante».
Morì il 1° febbraio
1923, a soli 48 anni, lontano da tutti, e anche (sembrò)
dimenticato da tutti. Ma nel 1964 il Papa Paolo VI riconobbe
la sua congregazione, fiorente di centinaia di religiose, tra
quelle di diritto pontificio. E nellaprile 1993 le virtù
di Don Luigi Variara sono state riconosciute dalla Chiesa «eroiche»,
e il Papa Giovanni Paolo II lha proclamato Beato il 14
aprile 2002.
D. Teresio Bosco
SDB ***
Il carisma vittimale
La nostra società
combatte disperatamente il male fisico attraverso la scienza
e la tecnica. I grandi progressi ottenuti hanno permesso una
migliore qualità di vita, ma allo stesso tempo emarginano
quanti, per letà, per limiti fisici, psichici, sociali
ed economici, non sono capaci di assumere efficacemente i ruoli
di una società competitiva ed egoista.
Lanziano, il malato e lemarginato
hanno bisogno di motivazioni forti e costanti che facciano riacquistare
il desiderio di vivere e il senso della vita. Lesperienza
del carisma salesiano vittimale è possibile non solo per
colui che patisce male fisico, ma anche per colui che subisce
il male morale.
Vivere
lesperienza salesiana vittimale è un dono dello
Spirito per ogni cristiano, poiché nessun essere umano
sfugge alla sofferenza, e questa, vissuta come offerta della
propria vita, si traduce in strumento di redenzione personale,
superando il proprio dolore e accogliendo le sofferenze degli
altri, come vocazione di servizio offerta al Padre, come fece
Gesù nel suo Mistero Pasquale.
Rosa Ines Baldion Rincon
Superiora
Generale (2002)
delle
Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria
*** Questo
e altri 120 santi e sante sono confluiti nel volume:
MARIO SCUDU, Anche
Dio ha i suoi campioni, Editrice ELLEDICI, 2011, pp.936
IMMAGINI: /
1 Casa Salesiana di
Agua de Dios dove lavorò don Variara /
2
Don Luigi Variara con la tromba, Archivio Procura Missionaria,
Torino-Valdocco /
3 Alcune suore dei Sacri Cuori,
fondate dal Beato Luigi Variara, con i malati /
4
Un gruppo di Suore dei Sacri Cuori a Torino-Valdocco nel 2002
/
5 IL BEATO LUIGI VARIARA (1875-1923), Salesiano, proclamato BEATO da Giovanni Paolo
II il 14 aprile 2002 (Disegno di COSIMO MUSIO, 2000)
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2002-6
VISITA Nr.