IL SANTO
DELLE BUONE MANIERE
Sono sempre più frequenti gli allarmi su
un certo imbarbarimento dei modi di fare e del progressivo tramonto
delle belle maniere nella nostra società. Sembra che la
buona educazione ed il cosiddetto galateo sia roba da medioevo,
sovrastrutture inutili e umilianti per luomo post moderno.
Gli esperti dicono che è un fenomeno trasversale a tutti
i ceti sociali, dal politico che fa uso di parolacce e nei dibattiti
non fa parlare laltro, fino a lultimo burocrate di
un qualsiasi ufficio della nostra città, quasi infastidito
per la nostra presenza. Certo la pianta della maleducazione è
sempre esistita, ma sembra che oggi sia più rigogliosa
che mai, non soffre siccità alcuna.
In questo mese di gennaio presentiamo un
uomo che è rimasto famoso presso i contemporanei per la
sua santità fatta anche... di buone maniere: san Francesco
di Sales. I suoi biografi parlano di Francesco come di un perfetto
gentiluomo con tutti, nobili, dotti o semplici popolani. Un uomo
che non faceva mai mancare il sorriso alle persone con cui parlava,
che trattava tutti con dolcezza e affabilità, che quando
discuteva con gli avversari protestanti non usava mai parole
dure, o minacciose o arroganti o umilianti. Lavversario
si allontanava da Francesco magari non convinto dalle argomentazioni
teologiche, ma conquistato lo stesso dai suoi modi
di fare sempre rispettosi. Egli stesso sintetizzava limportanza
delle buone maniere nel proprio lavoro pastorale dicendo: Attira
più mosche un goccia di miele che un barile di aceto.
Un santo come si vede che ha da insegnare a tutti in campo civile
ed ecclesiale.
Francesco nacque nel 1567 nel castello
di Sales, nellAlta Savoia, in un famiglia di antica nobiltà.
Fu educato tra rigore e affetto, solidarietà e socievolezza,
con uneducazione religiosa che aveva come punto centrale
i misteri di Cristo. Le ambizioni del padre per Francesco erano
fare del primogenito un membro del Senato della Savoia. Ma questo
progetto paterno si scontrò ben presto con le aspirazioni
di Francesco che si indirizzavano verso la Chiesa e il suo servizio.
Fu allievo dei Gesuiti a Clermont per gli studi umanistici e
per la filosofia. Iniziò anche il suo primo contatto con
la teologia alla Sorbona. Lasciata Parigi si recò a Padova
(1588-1591) per studiare il diritto in quella celebre università.
Ricevuto il dottorato in utroque jure cioè
in diritto ecclesiastico e civile, dopo un pellegrinaggio a Loreto,
ritornò in patria. Le ambizioni del padre si scontrarono
subito con la sua determinatezza per lo stato ecclesiastico.
Mentre si preparava al sacerdozio organizzò una confraternita
della Santa Croce in linea con la spiritualità cristocentrica.
Francesco missionario
nel Chiablese protestante
La riconquista (politica e
religiosa) dei territori del ducato di Savoia passati al protestantesimo
era un problema anche per il duca Carlo Emanuele I. Nel 1593
iniziò una nuova campagna condotta dai Cappuccini e da
due missionari del clero diocesano volontari. Uno di questi era
Francesco di Sales. Limpresa non fu semplice, ed i risultati
non arrivarono subito. Le organizzazioni calviniste erano allerta
diffidando tutti dallascoltare gli odiati missionari papisti.
La popolazione in genere però non era ostile. Qui Francesco
si distinse subito per i suoi modi affabili, gentili, rispettosi
di tutti. Anche i colloqui con Teodoro Beza, il dotto successore
di Calvino a Ginevra, furono condotti nella massima cortesia
e delicatezza, anche se rimasero senza risultati.
Nel 1596 si aprì la prima breccia
nel tessuto apparentemente impermeabile dei calvinisti. Un noto
avvocato ritornò al cattolicesimo. Nellottobre del
1598 si ebbe il trionfo: durante le Quarantaore tremila capifamiglia
formalizzarono il loro atto di abiura tornando così in
seno alla Chiesa Cattolica.
Nel 1599 dopo la missione nel Chiablese, durante un suo viaggio
a Roma venne nominato vescovo coadiutore di quello di Ginevra
con diritto di successione. Nel soggiorno romano ebbe contatti
con San Filippo Neri, le oblate di S. Francesca Romana di Tor
de Specchi, e gli Scolopi. Tutte conoscenze che gli serviranno
per la fondazione del suo ordine religioso detto della Visitazione
Santa Maria.
Nel 1602 Francesco diventava vescovo di
Ginevra: una diocesi vasta, con ancora 130 parrocchie protestantizzate,
da riguadagnare alla Chiesa Cattolica. Si adoperò molto
per la formazione intellettuale e morale del clero, impose con
decisione il sistema dei concorsi per la copertura dei benefici
vacanti. Ma urtò contro innumerevoli difficoltà
quando intraprese la riforma del clero, trincerato nel sistema
di vari privilegi.
Ma Francesco si dimostrò pastore molto premuroso ed efficace
particolarmente nella cura pastorale della popolazione. Era molto
attivo nella predicazione, nella catechesi, nella direzione spirituale.
Visitò tutte le parrocchie della diocesi anche quelle
sperdute in montagna.
Furono molteplici i suoi impegni di predicatore anche fuori dalla
sua diocesi. Era ricercato e acclamato sia per la profondità
di dottrina sia per il modo suadente, caldo e sempre incoraggiante
che aveva verso tutti.
Nel 1604 Francesco si trovava a Digione e qui, come scrive lo
storico Pietro Stella, docente allUniversità Salesiana
di Roma: ebbe la sorte di conoscere la baronessa Giovanna
Francesca Fremyot de Chantal: giovane, vedova, spiritualmente
matura, tendente però allo scrupolo, che si pose sotto
la sua direzione.
Ebbe così origine uno dei carteggi
più esemplari e più classici di direzione spirituale
attenta, delicata, affettiva, psicologicamente efficace, teologicamente
sostanziosa, tutta mirata a Dio, alla sua presenza amorosa, alla
sua grazia. Fu proprio insieme alla de Chantal che Francesco
intraprese la fondazione della Visitazione. Ispirato in questo
suo progetto da altre iniziative similari in Italia e Spagna
come le Orsoline di Angela Merici, le Oblate di S. Francesca
Romana, le carmelitane di Teresa dAvila.
La sua attività
di predicatore, scrittore e direttore spirituale
Francesco continuò il suo lavoro
di pastore danime, di scrittore, di predicatore per vari
anni, alternando impegno apostolico a periodi di debolezza e
anche di malattia.
Nel 1622 accompagnò il duca di Savoia ad Avignone in una
missione politica per incontrare il re di Francia
Luigi XIII. Raggiunto il monastero della Visitazione di Lione,
qui morì alletà di 56 anni, per un colpo
apoplettico.
Francesco non fu solo un grande vescovo e un grande predicatore.
È stato anche autore di libri spirituali famosi, ancora
oggi ristampati e letti. Il pensiero centrale della sua predicazione
e dei suoi scritti era: lamore di Dio per noi e il nostro
amore per Dio. Il più famoso tra i suoi scritti rimane
La Filotea: qui egli approfondisce il concetto fondamentale
di devozione intesa come amore caldo, dominante,
intenso e pronto verso Dio; amore che non è da pensare
come esclusivo di penitenti o di mistici o di appartenenti a
ordini religiosi, ma è la vocazione di tutti, è
il piano stesso di Dio nei confronti delluomo, realizzabile
in qualsiasi stato di vita (Pietro Stella).
Nel Teotimo invece Francesco
insisterà sulla santa indifferenza cioè
sulla assoluta e confidente disponibilità ai doni del
Sommo Bene, abbandonandosi fiduciosamente e totalmente
a Dio e alla sua volontà.
Nel Trattato dellamor di Dio raccomanda che
bisogna fare tutto per il bon plaisir de Dieu cioè
per amore di Dio. Per avere fondato teologicamente lidea
che Dio è... Dio del cuore umano e per aver
diffuso questa idea con mezzi e con stile nuovi, è stato
proclamato dottore della Chiesa nel 1877. (Jozef Strus). Paolo
VI nel 1967, quarto centenario della nascita, definì San
Francesco di Sales Doctor Divini Amoris. Per tutta
questa attività di scrittore e predicatore efficace è
stato proclamato Patrono dei Giornalisti e scrittori cattolici
nel 1923.
Linflusso del santo savoiardo è stato grande sia
in Francia sia in Italia. Numerosi furono infatti gli ordini
e congregazioni religiose che si rifanno alla sua vita ed insegnamento.
Tra gli altri ricordiamo Don Bosco che fondò la Società
Salesiana: si ispirò proprio a lui, al santo dellamore
di Dio, della bontà e dolcezza e delle buone maniere.
Lo volle modello e protettore dei Salesiani che avrebbero dovuto
imitarne la dolcezza e la pazienza evangelica.
San Francesco è un santo affascinante,
completo e per molti aspetti moderno. Scrive ancora
Pietro Stella: In lui non si trova nessun contrasto radicale
tra natura e grazia, tra ordine naturale e soprannaturale. La
grazia è prospettata come un arricchimento e non come
un inaridimento della natura. Francesco non parla di annientamento
di sé, ma di abbandono nelle braccia di Dio; non di fusione
dellessere creaturale nel mare infinito dellEssere
divino... ma di incontro amoroso pieno tra due esseri personali,
lincreato e il creato nel mistero dellincarnazione
del Figlio, e perciò nella Chiesa.
Per questo suo messaggio di vita sia la Chiesa sia questo nostro
mondo moderno hanno proprio bisogno di ricordare un santo come
Francesco di Sales.
MARIO SCUDU SDB ***
UNA CITAZIONE DI SAN FRANCESCO
DI SALES:
Ai predicatori
San Francesco
è stato un grande predicatore. Per lui il vero soggetto
della predicazione è la Chiesa perché lunica
e vera norma per una fede sicura è la parola di Dio predicata
dalla Chiesa di Dio. Per San Francesco di Sales la
predicazione è la manifestazione e la dichiarazione della
volontà di Dio, fatta agli uomini attraverso colui che
lì, legittimamente inviato per istruirli e infiammarli
a servire sua divina Maestà in questo mondo per essere
salvati nellaltro.
Sono interessanti
i due obiettivi: istruire ed entusiasmare i partecipanti a vivere
la Parola di Dio. Per Francesco il predicatore non deve badare
a mietere gli applausi dagli uditori (ed una certa artificiosità
e ampollosità in certe prediche del tempo era innegabile)
ma far vivere, dopo averle spiegate bene le verità del
Cristianesimo (oggi si direbbe: via ogni preoccupazione di fare
audience quando si predica la Parola di Dio).
Ha scritto a
questo proposito: Non vorrei che uscendo da un sermone
si dicesse: O che grande oratore! O che ha una gran bella memoria!
O che erudito! Come parla bene! Vorrei piuttosto che si dicesse:
O quanta è bella la penitenza! O quanta essa è
necessaria! Mio Dio, quanto sei buono e giusto! E cose simili.
San Francesco,
oltre a raccomandare luso degli esempi nella predicazione,
dà anche qualche avvertimento sulla forma con cui si predica:
Parlare con calore e con devozione, con semplicità,
con candore e fiducia... Bisogna che le parole siano infiammate,
ma non per le grida o i gesti smisurati, anzi, per laffetto
interiore; bisogna che escano dal cuore più che dalla
bocca... Il cuore parla al cuore, e la lingua non parla che alle
orecchie.
Le prediche sono belle se cambiano la vita degli uditori.
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IMMAGINE:
San Francesco di Sales-Quadro nella chiesa di S.
Francesco di Sales a TORINO-VALDOCCO
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Questo e altri 120 santi
e sante sono confluiti nel volume:
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice ELLEDICI,
2011, pp.936
RIVISTA
MARIA AUSILIATRICE 2000-1
VISITA Nr.