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9 febbraio: B. Eusebia PALOMINO
FMA

B. Eusebia Palomino (1899-1935), suora salesiana FMA ***

"Facciamoci sante, il resto è solo perder tempo"

Periodicamente i nostri mass media si occupano di felicità, di cosa fa la felicità, di come essere felici… argomenti che interessano tutti. Non entriamo nel dibattito psico-sociologico su che cos'è, se e quanto è possibile, se sono i soldi che la portano, o anche sul grande e serio dilemma, se sono le cose o… le persone che danno felicità.
Nella vita della B. Eusebia Paolino c'è un'espressione semplice e limpida che dà una risposta a tutta questa problematica esistenziale. Parlando, già da adulta, della propria casetta dove abitava, poverissima in tutti i sensi e lontanissima dagli standard di comodità a cui siamo abituati noi nell'occidente, lei affermava: "Era il mio piccolo paradiso". La parola paradiso, nell'immaginario collettivo, è sinonimo di felicità eterna, solida nella sostanza e sicura nel tempo, il 'top' dello stare bene in tutti i sensi. Quello che tutti sogniamo. Per Eusebia la sua casa era un piccolo paradiso, perché la povertà, che era presente e molto forte, era ampiamente compensata dall'amore che vi regnava: lei respirava la bontà, l'amore, l'intraprendenza, la saggezza di mamma Giovanna, e poi la compagnia delle due sorelle, Dolores, maggiore di Eusebia e Antonia, l'ultima arrivata. Ma erano soprattutto la bontà, la vicinanza, l'amore, il sorriso e la pazienza di suo papà Agostino, insieme alla sua grande fede. Una volta che la moglie Giovanna si lamentò sospirando: "quanto ci prova il Signore con le infermità e la povertà" papà Agostino rispose: "Se il Signore permette che soffriamo, non ti penare… vivremo felici in cielo…". Questo buon papà fu anche il primo catechista di Eusebia. La sostanza quindi del paradiso che Eusebia trovava nella sua casetta così povera di cose era la ricchezza di amore che nonostante tutto vi regnava, e che compensava ampiamente la penuria materiale. E' una buona lezione per tante famiglie moderne, ricche di cose verso i figli, ma spesso povere di amore, di bontà, di pazienza reciproca, di tempo da passare insieme, per il semplice stare insieme. Queste sono le vere 'cose' che i figli si aspettano e che dà loro felicità… ma spesso, specialmente nei nostri giorni, rimangono delusi.

"Perché non mi trovi un angolino?"

Eusebia nacque a Cantalpino nel nord ovest della Spagna (nei pressi di Salamanca, famosa per la sua Università). Papà e mamma facevano tutti i lavori possibili per mantenere la loro famiglia e anche le figlie impararono a dare ben presto il loro contributo di lavoro e di sofferenza. Papà Agostino, dopo un incidente, fu costretto addirittura ad andare a mendicare. Ed una volta fu proprio Eusebia ad accompagnarlo. Per lei furono certo mesi di freddo e di fatica, ma anche di felicità: stare con il proprio papà che le voleva tanto bene. Quando partirono Eusebia era tutta felice ed il papà rideva al vederla così contenta. Disse poi: "Tutto mi pareva molto bello e tutto richiamava la mia attenzione: gli uccelli, i ponti, i ruscelli, il treno che vedevo per la prima volta. Tutto mi era motivo di gioia".
E la Prima Comunione per lei fu un vero grande avvenimento religioso. Non aveva invidia per i bei vestiti delle altre compagne: "Mi sentivo la più felice della terra. Desideravo morire per stare più vicina a Gesù che era l'amore di miei amori".
Fu anche mandate come serva e pastorella presso una famiglia benestante. Eusebia all'aria aperta potè sviluppare anche il suo già forte senso della contemplazione di Dio nella natura. Dirà in seguito: "Com'ero felice in quei campi. Quanto godeva il mio cuore al mormorio degli alberi, al canto degli uccelli fra quei bellissimi prati coperti di fiori! Tutto mi invitava a pensare al Signore".
Superò anche lei le prove dell'adolescenza che ha ogni ragazza, ma che a lei provenivano dal confronto con le amiche. A 13 anni infine fu mandata proprio a Salamanca come bambinaia in un'ottima famiglia. Nel portare a passeggio i bambini, che assisteva, soleva passare davanti ad un convento delle Orsoline e cominciava a pensare seriamente: "Se potessi mi farei religiosa… " Ma pensava anche alla difficoltà perché sapeva di essere molto povera. Una delle sue preghiere alla Madonna fu: "Perché non mi cerchi un angolino in uno di questi conventi?...". E la Madonna da buona mamma di tutti non lasciò certo cadere quel suo desiderio che cresceva nel cuore.
Ci fu poi un secondo viaggio a Salamanca e un secondo lavoro. Un viaggio decisivo per le sue scelte di vita. Un giorno passò davanti alla Casa dei Salesiani e la sua nuova padrona le disse, più o meno, che quelli erano dei 'frati sui generis' perché vivevano in comunità. Un giorno partecipò anche ad una processione con una statua della Madonna Ausiliatrice che usciva proprio da quella casa salesiana. Poco dopo Eusebia conobbe anche le Suore di Don Bosco, e cioè le Figlie di Maria Ausiliatrice. Entrò un giorno nella cappella dell'Oratorio e vide la stessa statua della processione, e le sembrò di udire una voce che le diceva: "Ti voglio qui".

Tra le Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA)

Ed ecco la prima svolta che Eusebia voleva (e da lassù anche Maria Ausiliatrice). Venne assunta come collaboratrice domestica proprio dalle Suore. Le incombenze era molto varie, lei sempre disponibile e le suore sempre più contente di lei, della sua bontà e della carica spirituale che emanava. Le affidarono anche il compito di accompagnare le ragazze alla Scuola statale esterna: erano infatti sicure della buona (e santa) influenza su di loro. "Le ragazze percepivano in lei una sapienza ben superiore a quella che si poteva attingere dai libri. Nelle ore dei pasti e della rigovernatura delle stoviglie alcune di loro si offrivano per i piccoli servizi necessari, al solo scopo di poter entrare in cucina e per avvicinare Eusebia. Non si trattava di una infatuazione adolescenziale; era proprio il desiderio di ricevere da quella servetta un po' di luce: lei parlava così, spontaneamente, di Gesù, della Madonna, della felicità eterna, del valore del sacrificio e lo faceva con frasi brevi, senza mai arrestare il lavoro" (Maria Collino FMA). Ecco qui descritto il fascino della santità che emanava Eusebia, il senso del mistero di Dio presente e operante in lei che le altre percepivano standole vicino. Soprattutto lei le 'educava' con l'esempio prima e con la parola poi ad affrontare tutto, anche le difficoltà, le delusioni possibili, sempre per amore di Gesù Cristo.
Ma ci furono anche altri due incontri veramente decisivi per la sua vocazione religiosa. Il primo con il superiore provinciale dei Salesiani. Questi la ascoltò in profondità e si convinse che in quella ragazza, apparentemente fragile, c'era della buona stoffa per farne una vera religiosa. E alla fine le disse: "Da oggi tu appartieni a Maria. Lei ti aiuterà a realizzare i tuoi desideri".
Nel frattempo, davanti alla prospettiva della vita religiosa, Eusebia dovette anche lei vincere le resistenze non di papà Agostino ma della mamma Giovanna.
Ma la spinta decisiva le arrivò nel 1921 attraverso l'incontro e le parole molto incoraggianti della Vicaria generale delle FMA, Sr. Enrichetta Sorbone. Questi l'aiutò, con saggezza, a vincere i dubbi residui: non c'era bisogno di nessuna dote per diventare suora, bastava portare se stessa con la buona volontà di progredire nella vita spirituale. Ci avrebbe pensato Maria Ausiliatrice a prendere il suo posto in famiglia. E così fu accolta come postulante, con la prospettiva di andare a Barcellona per il noviziato. Come avvenne il 3 luglio 1922.

Eusebia, apostola a Valverde del Camino… per dieci anni

Eusebia visse con intensità e con molta convinzione i due anni di noviziato, fino ad emettere i primi voti religiosi il 5 agosto 1924. Faceva tutte le cose che facevano le altre, con le altre, ma lei sbrigava tutto quello che veniva considerato ordinaria amministrazione, in modo straordinario. Brillarono in lei soprattutto le virtù dell'umiltà, della disponibilità anche ai lavori più umili, della pazienza e dell'obbedienza. Eusebia era già molto avanti nel cammino della santità e i due anni la irrobustirono ancora di più. Tutto questo progresso spirituale, accompagnato da una grande dedizione apostolica a quelli che l'avvicinavano, rifulsero specialmente nell'ultimo periodo, decisivo, della sua vita.
Dopo Barcellona, come prima obbedienza venne inviata nel sud della Spagna, a nord ovest di Siviglia: Valverde del Camino. Compito: cucina, orto, lavanderia e… tutto quello che decidevano le superiore. Come capita sempre. Solo questo? No. Eusebia si rivelò un aiuto prezioso anche nell'apostolato esterno con le ragazze e con la gente.
Il motto del Card. John H. Newman (beato nel 2010) era "Cor ad cor loquitur" cioè il cuore parla al cuore. Era proprio quello che faceva Eusebia: lei sapeva parlare al cuore, al centro stesso dell'ascoltatore, alla sua interiorità profonda dove si prendono le grandi decisioni. Si faceva ascoltare volentieri nelle cose spirituali, convinceva chi l'avvicinava (laici, seminaristi, sacerdoti, poveri e ricchi, gente umile e di cultura) non con grandi e intelligenti discorsi, frutti di studi alti e di cultura faticosamente acquisita sui libri, ma con la propria semplicità e bontà che trasparivano dalle sue parole. Parole spirituali le sue già tradotte personalmente in decisioni operative, giorno dopo giorno. Lei parlava bene di Dio perché viveva bene di Dio, lo faceva trovare agli altri perché lei stessa l'aveva trovato dovunque, non solo nella preghiera. Dio era la sua luce quotidiana, e lei viveva alla presenza di Dio sempre e dovunque, sentendolo prossimo nella natura o nelle persone, in cucina o nell'adorazione eucaristica (chiamava Gesù Eucaristico "Quel prigioniero, pazzo di amore per me").. Era anche una grande devota di Maria Ausiliatrice Immacolata, (propria dei Salesiani ed FMA), ma si diede anche da fare e molto per diffondere la devozione alla Madonna secondo gli insegnamenti di S. Luigi Grignon de Monfort (lei stessa si era consacrata a Maria come "schiava d'amore").
Significativa la risposta che alla maestra delle novizie che le consigliava un libro di meditazione… per poter elevarsi e pensare a Dio. Risposta: "Ma per pensare a Dio è necessario un libro?". La maestra: "Perché tu come fai?" Lei: "Oh, a me basta vedere un albero, una nuvola nel cielo per pensare a Dio e parlare con lui". Grande e profonda risposta di un'anima giù radicata in Dio, propria delle anime mistiche.
Eusebia, con semplicità, diceva parole sagge e dispensava consigli pieni di sapienza spirituale. Tutto scaturiva dal suo cuore buono e docile allo Spirito Santo, che è proprio lo Spirito di Sapienza. Qui era la sorgente della saggezza della giovane suora. Qui il motivo di nuove vocazioni che il suo esempio seppe suscitare. Quando a Barcellona-Sarrià arrivarono altre postulanti, la superiora provinciale FMA, lietamente sorpresa, chiese: "Ma che cosa c'è a Valverde)" le risposero che c'era una cuoca, malata che, senza aver studiato teologia, scaldava ed entusiasmava le ragazze parlando di Dio e della Madonna. Nient'altro. E la superiora sorrise contenta: aveva capito.
Pensando ad Eusebia viene in mente la parola di Gesù: "Ti ringrazio Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11,25). Lei era una di questi 'piccoli' di Dio, che si fidavano totalmente di Lui, e a lei Dio stesso, mediante il suo Spirito, rivelava i segreti del Regno.

Una vittima per la salvezza del mondo…

Intanto dal 1931 in poi incominciarono per la Spagna (e poi per l'Europa intera), anni difficili da punto di vista politico e sociale, che portarono alla fine della monarchia (con un colpo di stato), alla persecuzione della religione, alla confisca dei beni, alla profanazione e distruzione di molte chiese, all'uccisione di molti nel clero, (anche nella Famiglia Salesiana). Sono i cosiddetti "martiri di Spagna" riconosciuti poi dalla Chiesa Cattolica. Gli stessi anni 1933-1935 furono denominati un "biennio nero" tante furono le sofferenze per la popolazione.
Difficoltà anche per la casa di Valverde del Camino. Le suore FMA furono costrette ad andarsene, perché già fatte oggetto di atti di ostilità persecutoria. Eusebia previde quei giorni difficili, e profetizzò dicendo "Ci saranno anche dei martiri". E fu propria in quel frangente che Eusebia raggiunse la vetta della propria donazione a Dio e ai fratelli, cioè della sua santità. "Nessuno ha un amore più grande che dare la vita per i propri amici" (Gv 15,9). Queste le parole di Gesù che certamente avevano fatto breccia nel suo cuore. Ed Eusebia decise proprio di donare la propria vita. Aveva nel catechismo sentito parlare del sacrifico ci Isacco…. Ed ora era lei che si offriva vittima per la pace in Spagna, per la Chiesa, per il mondo intero. E questo dono supremo di amore fu accettato. Poco tempo dopo nel 1933 cadde gravemente malata. Nella Cronaca del Collegio del 26 gennaio 1933 fu scritto: "La nostra 'querida hermana' suor Eusebia Palomino da oggi è obbligata a tenere il letto. Ha ricevuto gli ultimi sacramenti ed è preparata a fare in tutto la volontà di Dio". Una delle sue frasi annotata nella Cronaca, oltre all'osservazione che Eusebia parlava spesso del paradiso, fu: "Nessun sacrificio deve essere lasciato cadere, perché grande indicibile sarà la ricompensa data all'amore".
E Dio, da buon Padre che ama i suoi figli e le sue figlie, la ricevette tra le braccia il 10 febbraio 1935. Era matura per il paradiso. Una morte, la sua, con il marchio della santità perseguita durante tutta la vita. Del resto lei stessa appena finito il noviziato (e questo è uno dei messaggi che lei ci lascia) aveva affermato: "Facciamoci sante, il resto è solo perdere tempo".

Mario SCUDU sdb - Torino

*** Testi
L'origine della vocazione di Eusebia…ad opera di Maria Ausiliatrice!
"Una domenica che uscivamo dalla chiesa dei Gesuiti… a Salamanca, donde ci eravamo recate ad ascoltare una predica con molte altre ragazze, vidi che passava una processione e chiesi che processione fosse. Mi dissero che era Maria Ausiliatrice che usciva dalla casa dei Salesiani. Allora attesi per vederla. Quando giunse nel punto dove io stavo, la collocarono davanti a me e al vedere Maria Ausiliatrice io mi sentii attratta verso di lei. Mi inginocchiai e con grande fervore le dissi: "Tu sai, Madre mia, che ciò che io desidero è piacerti, essere sempre tua e farmi santa". E ciò lo dissi con tale fervore che le lacrime scendevano dalle mie guance. "Tu sai, Madre mia, che se io potessi e avessi denaro entrerei in qualche casa e sarei religiosa, per servirti meglio, però sono poveretta e non ho nulla".
Tuttavia nel mio interiore sentivo una cosa molto grande; la consolazione e la soddisfazione che provavo mi facevano spargere lacrime in abbondanza. Non erano passati neanche quindici giorni da questo fatto quando mi trovai dalle Salesiane e nell'entrare la portinaia, Sr. Concepción Asencio, ci accompagnò nella cappella. Appena entrata mi incontrai lì con Maria Ausiliatrice e sentii al vederla una cosa grandissima, che non so spiegare, e caddi in ginocchio ai suoi piedi. Allora sentii nel mio interno che mi diceva: "E' qui dove ti voglio". (E' una confidenza che Eusebia fece a sr. Carmen Moreno, sua superiora a Valverde, che morirà nel 1934 davanti al plotone di esecuzione. Una morte che sr. Eusebia predisse. Sr. Carmen, intuendo l'eccezionalità della giovane suora della sua comunità, la invitava a parlare, annotando poi fedelmente quello che le diceva, e così abbiamo una piccola (quasi) Autobiografia di Eusebia)


*** Tratto dal volume:

MARIO SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 San
te e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino


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