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13 febbraio:
S. Caterina de' Ricci  ***

S. Caterina de' Ricci di Firenze (1522-1590), monaca e mistica domenicana

Amore mio, rinnovaci tutti!

"Tu vedi come noi stiamo: non ci è più chi possa placare l'ira tua. Deh! Amore mio, tu vedi che noi siamo duri, non temiamo nulla. Tu hai mandato tanti segni e noi non ci muoviamo… Facci misericordia e rinnovaci..., Signore, ché tutti ne abbiamo bisogno". Sono alcune parole di una preghiera di Caterina de' Ricci al Signore, perché finalmente si attuasse quel rinnovamento della vita della chiesa, in alto, cioè nella gerarchia, e nei semplici cristiani. Questo si attuerà con il lungo Concilio di Trento finito nel 1563 e anche con l'opera di molti santi vissuti nel '500 e nel '600.
In questa ansia riformatrice Caterina si rifaceva al ricordo del predicatore domenicano Gerolamo Savonarola (1452-1498) che aveva segnato la vita ecclesiale e anche politica della Firenze degli ultimi decenni del 1400. Figura controversa per alcuni aspetti, finito male anche per opera del papa Alessandro VI (accusa di eresia). Questi non gradiva l'opposizione alla sua politica non certo evangelica e, ancor più, le critiche per il tipo di vita per niente edificante che conduceva, pur essendo papa. Il Savonarola non solo criticava ma sollecitava fortemente, e con un linguaggio molto personale, una riforma profonda della Chiesa. Non era il primo e non sarà l'ultimo. Tutti sapevano in quegli anni: il Savonarola predicava a Firenze ma, ahimè, lo sentivano… anche a Roma! E arrivò la fine il 23 maggio 1498, impiccato e poi bruciato, ad opera degli "Arrabbiati". Solo cinque anni più tardi, però, il nuovo papa Giulio II (1503) esprimerà l'intenzione di farlo beato, ma i suoi successori (Leone X (1513), e poi Clemente VII, della famiglia dei Medici) bloccarono tutto, mettendo in tale decisione molta politica e poca teologia o amore alla verità. Sarà infine nel 1558, con la dichiarazione di S. Filippo Neri, che il Savonarola verrà scagionato completamente dall'accusa di eresia.
Oggi dopo la revisione storica del suo operato e dei suoi scritti e prediche, è stato avviato dalla Diocesi di Firenze (30 maggio 1997) il lungo iter per la beatificazione: infatti è già Servo di Dio, il primo gradino del cammino per arrivare sugli altari. Di questo Savonarola Caterina de' Ricci di Firenze era devota, ne condivideva gli ideali ascetici e il desiderio di riforma ecclesiale. Cosa che le procurerà qualche difficoltà.

Vocazione travagliata

Alessandra Lucrezia Romola nacque a Firenze nel 1522, in un famiglia aristocratica e di notevole possibilità finanziarie. Rimasta orfana della mamma fu accolta e ben voluta dalla matrigna, che ne rispettò la disposizione interiore alla preghiera e al raccoglimento. Un giorno vicino a Prato conobbe due monache del monastero di S. Vincenzo, fondato trent'anni prima da nove giovani donne conquistate dalla parola, dalla testimonianza e dal carisma di fra Gerolamo Savonarola. Queste ne continuavano la memoria (possedevano anche alcune reliquie!) e ogni anno ne commemoravano la morte (23 maggio 1498). Era solo un culto privato, custodito gelosamente, ma sostenuto dal confessore della comunità, zio di Caterina. Questa, dopo numerose insistenze, data l'opposizione del padre, a soli tredici anni vestì l'abito religioso. Iniziava così una nuova vita e con un nome nuovo: Caterina, in onore della mamma volata in cielo prematuramente. Era il 1535.
I primi anni non furono facili, anche perché le prime manifestazioni mistiche e i doni spirituali straordinari le procurarono non poche difficoltà in comunità. Venne perfino giudicata non adatta alla vita religiosa. Quando poi le sopraggiunse una grave malattia, furono proprio le preghiere ed il voto rivolto al Savonarola dalle monache e dal confessore ad ottenere della grazia. Questa le portò una improvvisa e duratura guarigione: proprio il 22 maggio 1540, vigilia dell'anniversario della morte del frate venerato. E i fenomeni mistici ripresero. "Nel giugno del 1541 le fu "cambiato il cuore" e dal febbraio 1542 presero a manifestarsi in lei ogni settimana le sofferenze della Passione di Cristo, fenomeno che durò poi per lo spazio di undici anni; nell'aprile 1542 fu sposata misticamente a Gesù da cui ebbe in dono un anello, e infine ricevette le stimmate, che furono visibili sul corpo. Questi fenomeni, che inscrivevano la figura della Ricci nella sequela di Caterina da Siena e delle 'sante vive' (A. Zarri 1990), segnarono il preludio di una grave crisi nel monastero…" (A. Scattigno, in Grande Libro dei Santi, Paoline, vol. I, pag. 395).

Superamento dei dubbi sulle sue esperienze mistiche

Cosa era successo? Non tutte erano convinte delle estasi e dei fenomeni mistici di Caterina e non tutte accettavano volentieri un certo culto al "santo martire" (il Savonarola) che sembrava ormai provato dalla stessa guarigione improvvisa di Caterina. Tensione non solo nel monastero, ma anche nell'ordine domenicano, perché la memoria del frate 'ribelle' e riformatore ("profeta disarmato" secondo il contemporaneo N. Macchiavelli) non era positiva in una parte della Chiesa gerarchica. Ma anche la comunità, lacerata prima dal dubbio, a poco a poco accettò, con partecipazione crescente, la vicenda religiosa e mistica della giovane suora. E per obbedienza al confessore, Caterina cominciò a far registrare, con l'aiuto di alcune monache designate allo scopo, i fenomeni mistici e i contenuti delle estasi che lei sperimentava. Le consorelle alla fine si convinsero, avendo constato con meticolosi controlli che era tutto autentico e non una messinscena anche se… spirituale. Buoni ultimi, come spesso accade per eccesso di prudenza o… miopia spirituale, anche i superiori e le autorità ecclesiastiche superarono i dubbi. Conclusione: Caterina non fingeva assolutamente e le manifestazioni mistiche non erano un 'santo' imbroglio. Fu esaminata attentamente anche da teologi ed esperti: la sua semplicità disarmante, l'umiltà e la serenità tagliarono gli artigli del dubbio, a tutti. Altro particolare: per opera di Caterina ci furono anche miracoli e molte conversioni dei cuori (che qualche volta sono miracoli più vistosi di quelli fisici). La fama che ne seguì attirò numerosi visitatori al monastero che 'disturbavano' non poco la santa quiete delle monache. E a Caterina, eletta sottopriora, visto che era lei la 'causa' di tutto, venne dato proprio l'incarico di ricevere, alla grata, i visitatori che arrivavano al monastero, non solo e non tanto per curiosità, ma soprattutto per consiglio e per un 'boccata d'aria spirituale' che lei sapeva offrire, molto bene, sempre.

Caterina, punto di riferimento dei 'Piagnoni'

Nel 1552 Caterina venne eletta priora del monastero, carica che, con alcune opportune alternanze, tenne fino alla fine (1590) a riprova di quanto era stimata e benvoluta dalla comunità delle 160 monache. In una lettera scrisse un giorno, riguardo alla vita religiosa sua, delle consorelle e di quello che era lo spirito e la forza spirituale che le animava: "Se bene nella religione si patisce qualche cosa, maxime per la povertà grande del nostro monastero, si patisce allegramente per amor di Giesù". Gesù Cristo, e questi Crocifisso, era il suo 'motore' e la forza quotidiana per andare avanti, con perseveranza e coraggio. Nonostante tutto.
E' da notare che i fenomeni mistici di compartecipazione alla Passione di Cristo cessarono poco tempo prima che lei diventasse priora. Come dire, una vera delicatezza da parte del Cristo Crocifisso: non voleva far sperimentare a Caterina due 'passioni' nello stesso tempo. Bastava una: quella di guidare la vita di un monastero con tante monache, che comportava notevoli sofferenze e preoccupazioni, anche per l'introduzione delle nuove regole per la clausura voluto dal Concilio di Trento (1545-1563).
Intanto attorno a lei si strinse il cosiddetto gruppo dei "Piagnoni" (chiamati anche 'Frateschi) che erano i seguaci del Savonarola quando era ancora vivo. Gli altri due gruppi, nemici dei Piagnoni (e di Savonarola) che coloravano la Firenze di quel tempo erano gli "Arrabbiati" e i "Compagnacci". I primi, amanti del potere, erano contro di lui e pro famiglia dei Medici dai quali derivavano i privilegi che avevano perso e che rivolevano. I "Compagnacci" invece erano anch'essi contro il Savonarola, arrabbiatissimi per i suoi continui inviti ad una vita più evangelica. Quel venticello moralizzatore e quel continuo, pressante invito alla penitenza e all'ascesi di quel diavolo d'un frate loro proprio non lo digerivano. E quindi gli remavano contro, da cattivi.
Caterina ebbe inoltre una fitta corrispondenza non solo con i 'Piagnoni' suoi devoti, ma anche con tante persone del suo tempo, di ogni ceto e cultura. Seppe tessere una vera rete di apostolato epistolario, con una grande ricaduta spirituale per tutti. Le sue lettere erano di carattere e stile diverso a seconda dei destinatari: lettere meno spirituali quelle per la famiglia, più profonde e stimolanti quelle per i suoi 'discepoli' che la seguivano e ascoltavano come una vera maestra.
Caterina ebbe anche corrispondenza con i santi Filippo Neri, Carlo Borromeo, e con Maddalena de' Pazzi (monaca), e con altri, ai quali stava a cuore il rinnovamento della Chiesa.

Tenere il Crocifisso sempre dinanzi agli occhi

Le sue particolari devozioni erano il Savonarola (la sua spinta ascetica e riformatrice) e la Madonna, che nelle estasi è colei che la guida alla comprensione del significato della Incarnazione. Ma il suo interesse assolutamente centrale era il Cristo Crocifisso, il modello supremo, il più alto esempio di ogni vita spirituale. Lei stessa scrisse: "Qui, o madre, sempre, notte e giorno, deve riversarsi l'anima, col tenerlo dinanzi agli occhi della mente, col guardare come in un specchio, col sorbirne la vita intera… per correggere i costumi". E come scrisse la sua maestra: "Era talmente legata alla croce del Signore, da non pensare quasi ad altro, da non respirare d'altro…".
Caterina è una santa e nello stesso tempo una mistica, più precisamente una mistica appartenente a quel filone chiamato "mistica sponsale", così bene illustrato, nel campo tedesco, dalle grandi sante del Medio Evo quali Gertrude di Hefta, Matilde di Magdeburgo, Matilde di Hackeborn, e, da noi, tra le altre, da Angela da Foligno (1248-1309), Caterina da Siena (1347-1380), Veronica Giuliani (1660-1727). "II rapporto nuziale con lo Sposo è il tema centrale ed il punto di approdo dell'esperienza mistica do Caterina de' Ricci, il cui tratto più rilevante è in quella figura di "Sposa di Cristo" che le consorelle riconoscevano in lei e che Caterina proponeva come modello all'interno della comunità, traendone autorevolezza per i suoi insegnamenti". (in A. Scattigno, op. cit., pag. 396). Ma con un particolare molto importante e decisivo: Caterina era arrivata a questa mistica sponsale attraverso la meditazione e contemplazione del Crocifisso e nella sua reale esperienza della Passione di Cristo sul proprio corpo, fino alle stimmate, che le avevano 'guadagnato' l'appellativo di 'Santa di Prato', nonostante le sue vivaci proteste. Da parte sua scrivendo a Filippo Neri si definiva invece "una miserabile peccatrice". Che contrasto tra le percezione che gli altri avevano di lei, e che lei invece nutriva di sé. Il motivo è semplice: i santi si confrontano con Dio 'vedendo' la sua perfezione … e finiscono sempre per autodefinirsi i più grandi peccatori di questo mondo! E noi?

Tutto per "amor di Giesù"

Questa devozione al Crocifisso lei la trovò già nel monastero di S. Vincenzo a Prato, dove ella entrò, ed era presente ad opera di quelle monache che si riferivano spiritualmente al Savonarola e al suo messaggio spirituale, per niente dimenticato. Caterina con la sua singolare esperienza della Passione del Cristo contribuì a renderla ancora più stimolante per il cammino spirituale delle sue consorelle.
La sua parabola di vita su questa terra si concluse il 3 febbraio 1590 e venne canonizzata nel 1746.
Un'ultima annotazione che per noi moderni, è un vero 'schiaffo' spirituale. Noi, così diciamo, abbiamo così tante cose da fare, che, naturalmente, non abbiamo tempo per pregare. Caterina, quando doveva stare tutto il giorno davanti alla grata (cosa che le costava moltissimo anche fisicamente) per accogliere e aiutare quelli che cercavano Dio nel colloquio con lei, trovava lo stesso il tempo di pregare perché lo voleva, anche durante la notte, e questo con notevole sacrificio per i dolori che doveva sopportare. Obiettivi della sua preghiera: le consorelle, la propria città di Firenze, l'Italia, il rinnovamento della Chiesa. Qualche volta passava tutta la notte in preghiera, che certamente le costava, ma Caterina accettava tutto e sempre per "amor di Giesù".

Mario SCUDU sdb (Torino, 2016)

*** Testi

1 - Preghiere di sr. Caterina de' Ricci
La fiorentina Caterina de' Ricci, come la stessa Caterina da Siena, quasi due secoli prima, provava un'intensa pena nel contemplare, durante la preghiera, la resistenza all'opera dello Spirito Santo non solo in tanti semplici cristiani, ma anche dentro la gerarchia ecclesiastica che doveva essere di guida anche con l'esempio.
* O monacaccie, o fratacci, tornate, guardate el vostro creatore, convertitevi, ché né velo né benda o cappuccio vi può salvare".
"Molto amaramente pianse e disse essere andata alla città di Pisa e d'Ancona, dove il Signore le mostrava le grandi scellerità e la bruttezza di molte anime, così di religiosi e monache come di secolari, e disse: e' bisogna che Dio mandi presto el suo soccorso…

* "Piangeva la moltitudine de' peccati che si fa nella città di Firenze, dicendo : ohimé! Che io non posso sopportare che tanto Sangue sia sparso invano per loro e vorrei ch'el Signore li convertissi".

* "O Sposo mio, tu non hai negare nulla alla tua sposa. Deh! Fammi questa grazia: rinnuova un poco la tua Chiesa! Tu vedi pur come la sta, che ella non ha più forma di Chiesa. Deh! Volgi un poco l'occhio sopra di lei della tua misericordia e sopra tutti i peccatori".

* "Signor mio, io ti raccomando li poveri peccatori e fratacci e le monachaccie: le son venute alla santa religione per servire a te e così ti promessono, e tu sai come le si portano. Ancora li pretacci ti raccomando, Signore…
Oh! Quanti giuda ci sono in questa Chiesa. Rinnuova rinnuova, Signore, questa Chiesa, ché tu vedi che non ha più forma di Chiesa".

* "O Amor mio, rinnuovaci tutti! Tu vedi come noi stiamo: non ci è più chi possa placare l'ira tua.
Deh! Amor mio, tu vedi che noi siamo duri, non temiamo nulla.
Tu hai mandato tanti segni e noi non ci moviamo. O vuoi tu che noi stiamo così? Vuoi tu che quel prezioso Sangue che tu versasti da quelle preziosissime tue vene con tanto amore sia sparso invano per li miseri peccatori?
Deh! Facci misericordia e rinnuovaci e tiraci, percuotici e gira tondo, gira per tutto, Signore, ché tutti ne abbiamo bisogno".


*** Tratto dal volume:

MARIO SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 San
te e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino


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