Archivio
Rivista Maria Ausiliatrice: 2000-2012
| 2013...
13 febbraio: S.
Caterina de' Ricci ***
S.
Caterina de' Ricci di Firenze (1522-1590), monaca e mistica domenicana
Amore mio, rinnovaci
tutti!
"Tu vedi come noi stiamo: non ci
è più chi possa placare l'ira tua. Deh! Amore mio, tu
vedi che noi siamo duri, non temiamo nulla. Tu hai mandato tanti segni
e noi non ci muoviamo
Facci misericordia e rinnovaci..., Signore,
ché tutti ne abbiamo bisogno". Sono alcune parole di una
preghiera di Caterina de' Ricci al Signore, perché finalmente
si attuasse quel rinnovamento della vita della chiesa, in alto, cioè
nella gerarchia, e nei semplici cristiani. Questo si attuerà
con il lungo Concilio di Trento finito nel 1563 e anche con l'opera
di molti santi vissuti nel '500 e nel '600.
In questa ansia riformatrice Caterina si rifaceva al ricordo del predicatore
domenicano Gerolamo Savonarola (1452-1498) che aveva segnato la vita
ecclesiale e anche politica della Firenze degli ultimi decenni del 1400.
Figura controversa per alcuni aspetti, finito male anche per opera del
papa Alessandro VI (accusa di eresia). Questi non gradiva l'opposizione
alla sua politica non certo evangelica e, ancor più, le critiche
per il tipo di vita per niente edificante che conduceva, pur essendo
papa. Il Savonarola non solo criticava ma sollecitava fortemente, e
con un linguaggio molto personale, una riforma profonda della Chiesa.
Non era il primo e non sarà l'ultimo. Tutti sapevano in quegli
anni: il Savonarola predicava a Firenze ma, ahimè, lo sentivano
anche a Roma! E arrivò la fine il 23 maggio 1498, impiccato e
poi bruciato, ad opera degli "Arrabbiati". Solo cinque anni
più tardi, però, il nuovo papa Giulio II (1503) esprimerà
l'intenzione di farlo beato, ma i suoi successori (Leone X (1513), e
poi Clemente VII, della famiglia dei Medici) bloccarono tutto, mettendo
in tale decisione molta politica e poca teologia o amore alla verità.
Sarà infine nel 1558, con la dichiarazione di S. Filippo Neri,
che il Savonarola verrà scagionato completamente dall'accusa
di eresia.
Oggi dopo la revisione storica del suo operato e dei suoi scritti e
prediche, è stato avviato dalla Diocesi di Firenze (30 maggio
1997) il lungo iter per la beatificazione: infatti è già
Servo di Dio, il primo gradino del cammino per arrivare sugli altari.
Di questo Savonarola Caterina de' Ricci di Firenze era devota, ne condivideva
gli ideali ascetici e il desiderio di riforma ecclesiale. Cosa che le
procurerà qualche difficoltà.
Vocazione travagliata
Alessandra Lucrezia Romola nacque a Firenze
nel 1522, in un famiglia aristocratica e di notevole possibilità
finanziarie. Rimasta orfana della mamma fu accolta e ben voluta dalla
matrigna, che ne rispettò la disposizione interiore alla preghiera
e al raccoglimento. Un giorno vicino a Prato conobbe due monache del
monastero di S. Vincenzo, fondato trent'anni prima da nove giovani donne
conquistate dalla parola, dalla testimonianza e dal carisma di fra Gerolamo
Savonarola. Queste ne continuavano la memoria (possedevano anche alcune
reliquie!) e ogni anno ne commemoravano la morte (23 maggio 1498). Era
solo un culto privato, custodito gelosamente, ma sostenuto dal confessore
della comunità, zio di Caterina. Questa, dopo numerose insistenze,
data l'opposizione del padre, a soli tredici anni vestì l'abito
religioso. Iniziava così una nuova vita e con un nome nuovo:
Caterina, in onore della mamma volata in cielo prematuramente. Era il
1535.
I primi anni non furono facili, anche perché le prime manifestazioni
mistiche e i doni spirituali straordinari le procurarono non poche difficoltà
in comunità. Venne perfino giudicata non adatta alla vita religiosa.
Quando poi le sopraggiunse una grave malattia, furono proprio le preghiere
ed il voto rivolto al Savonarola dalle monache e dal confessore ad ottenere
della grazia. Questa le portò una improvvisa e duratura guarigione:
proprio il 22 maggio 1540, vigilia dell'anniversario della morte del
frate venerato. E i fenomeni mistici ripresero. "Nel giugno del
1541 le fu "cambiato il cuore" e dal febbraio 1542 presero
a manifestarsi in lei ogni settimana le sofferenze della Passione di
Cristo, fenomeno che durò poi per lo spazio di undici anni; nell'aprile
1542 fu sposata misticamente a Gesù da cui ebbe in dono un anello,
e infine ricevette le stimmate, che furono visibili sul corpo. Questi
fenomeni, che inscrivevano la figura della Ricci nella sequela di Caterina
da Siena e delle 'sante vive' (A. Zarri 1990), segnarono il preludio
di una grave crisi nel monastero
" (A. Scattigno, in Grande
Libro dei Santi, Paoline, vol. I, pag. 395).
Superamento dei dubbi sulle sue esperienze
mistiche
Cosa era successo? Non tutte erano convinte
delle estasi e dei fenomeni mistici di Caterina e non tutte accettavano
volentieri un certo culto al "santo martire" (il Savonarola)
che sembrava ormai provato dalla stessa guarigione improvvisa di Caterina.
Tensione non solo nel monastero, ma anche nell'ordine domenicano, perché
la memoria del frate 'ribelle' e riformatore ("profeta disarmato"
secondo il contemporaneo N. Macchiavelli) non era positiva in una parte
della Chiesa gerarchica. Ma anche la comunità, lacerata prima
dal dubbio, a poco a poco accettò, con partecipazione crescente,
la vicenda religiosa e mistica della giovane suora. E per obbedienza
al confessore, Caterina cominciò a far registrare, con l'aiuto
di alcune monache designate allo scopo, i fenomeni mistici e i contenuti
delle estasi che lei sperimentava. Le consorelle alla fine si convinsero,
avendo constato con meticolosi controlli che era tutto autentico e non
una messinscena anche se
spirituale. Buoni ultimi, come spesso
accade per eccesso di prudenza o
miopia spirituale, anche i superiori
e le autorità ecclesiastiche superarono i dubbi. Conclusione:
Caterina non fingeva assolutamente e le manifestazioni mistiche non
erano un 'santo' imbroglio. Fu esaminata attentamente anche da teologi
ed esperti: la sua semplicità disarmante, l'umiltà e la
serenità tagliarono gli artigli del dubbio, a tutti. Altro particolare:
per opera di Caterina ci furono anche miracoli e molte conversioni dei
cuori (che qualche volta sono miracoli più vistosi di quelli
fisici). La fama che ne seguì attirò numerosi visitatori
al monastero che 'disturbavano' non poco la santa quiete delle monache.
E a Caterina, eletta sottopriora, visto che era lei la 'causa' di tutto,
venne dato proprio l'incarico di ricevere, alla grata, i visitatori
che arrivavano al monastero, non solo e non tanto per curiosità,
ma soprattutto per consiglio e per un 'boccata d'aria spirituale' che
lei sapeva offrire, molto bene, sempre.
Caterina, punto di riferimento dei 'Piagnoni'
Nel 1552 Caterina venne eletta priora
del monastero, carica che, con alcune opportune alternanze, tenne fino
alla fine (1590) a riprova di quanto era stimata e benvoluta dalla comunità
delle 160 monache. In una lettera scrisse un giorno, riguardo alla vita
religiosa sua, delle consorelle e di quello che era lo spirito e la
forza spirituale che le animava: "Se bene nella religione si patisce
qualche cosa, maxime per la povertà grande del nostro monastero,
si patisce allegramente per amor di Giesù". Gesù
Cristo, e questi Crocifisso, era il suo 'motore' e la forza quotidiana
per andare avanti, con perseveranza e coraggio. Nonostante tutto.
E' da notare che i fenomeni mistici di compartecipazione alla Passione
di Cristo cessarono poco tempo prima che lei diventasse priora. Come
dire, una vera delicatezza da parte del Cristo Crocifisso: non voleva
far sperimentare a Caterina due 'passioni' nello stesso tempo. Bastava
una: quella di guidare la vita di un monastero con tante monache, che
comportava notevoli sofferenze e preoccupazioni, anche per l'introduzione
delle nuove regole per la clausura voluto dal Concilio di Trento (1545-1563).
Intanto attorno a lei si strinse il cosiddetto gruppo dei "Piagnoni"
(chiamati anche 'Frateschi) che erano i seguaci del Savonarola quando
era ancora vivo. Gli altri due gruppi, nemici dei Piagnoni (e di Savonarola)
che coloravano la Firenze di quel tempo erano gli "Arrabbiati"
e i "Compagnacci". I primi, amanti del potere, erano contro
di lui e pro famiglia dei Medici dai quali derivavano i privilegi che
avevano perso e che rivolevano. I "Compagnacci" invece erano
anch'essi contro il Savonarola, arrabbiatissimi per i suoi continui
inviti ad una vita più evangelica. Quel venticello moralizzatore
e quel continuo, pressante invito alla penitenza e all'ascesi di quel
diavolo d'un frate loro proprio non lo digerivano. E quindi gli remavano
contro, da cattivi.
Caterina ebbe inoltre una fitta corrispondenza non solo con i 'Piagnoni'
suoi devoti, ma anche con tante persone del suo tempo, di ogni ceto
e cultura. Seppe tessere una vera rete di apostolato epistolario, con
una grande ricaduta spirituale per tutti. Le sue lettere erano di carattere
e stile diverso a seconda dei destinatari: lettere meno spirituali quelle
per la famiglia, più profonde e stimolanti quelle per i suoi
'discepoli' che la seguivano e ascoltavano come una vera maestra.
Caterina ebbe anche corrispondenza con i santi Filippo Neri, Carlo Borromeo,
e con Maddalena de' Pazzi (monaca), e con altri, ai quali stava a cuore
il rinnovamento della Chiesa.
Tenere il Crocifisso sempre dinanzi agli
occhi
Le sue particolari devozioni erano il
Savonarola (la sua spinta ascetica e riformatrice) e la Madonna, che
nelle estasi è colei che la guida alla comprensione del significato
della Incarnazione. Ma il suo interesse assolutamente centrale era il
Cristo Crocifisso, il modello supremo, il più alto esempio di
ogni vita spirituale. Lei stessa scrisse: "Qui, o madre, sempre,
notte e giorno, deve riversarsi l'anima, col tenerlo dinanzi agli occhi
della mente, col guardare come in un specchio, col sorbirne la vita
intera
per correggere i costumi". E come scrisse la sua maestra:
"Era talmente legata alla croce del Signore, da non pensare quasi
ad altro, da non respirare d'altro
".
Caterina è una santa e nello stesso tempo una mistica, più
precisamente una mistica appartenente a quel filone chiamato "mistica
sponsale", così bene illustrato, nel campo tedesco, dalle
grandi sante del Medio Evo quali Gertrude di Hefta, Matilde di Magdeburgo,
Matilde di Hackeborn, e, da noi, tra le altre, da Angela da Foligno
(1248-1309), Caterina da Siena (1347-1380), Veronica Giuliani (1660-1727).
"II rapporto nuziale con lo Sposo è il tema centrale ed
il punto di approdo dell'esperienza mistica do Caterina de' Ricci, il
cui tratto più rilevante è in quella figura di "Sposa
di Cristo" che le consorelle riconoscevano in lei e che Caterina
proponeva come modello all'interno della comunità, traendone
autorevolezza per i suoi insegnamenti". (in A. Scattigno, op. cit.,
pag. 396). Ma con un particolare molto importante e decisivo: Caterina
era arrivata a questa mistica sponsale attraverso la meditazione e contemplazione
del Crocifisso e nella sua reale esperienza della Passione di Cristo
sul proprio corpo, fino alle stimmate, che le avevano 'guadagnato' l'appellativo
di 'Santa di Prato', nonostante le sue vivaci proteste. Da parte sua
scrivendo a Filippo Neri si definiva invece "una miserabile peccatrice".
Che contrasto tra le percezione che gli altri avevano di lei, e che
lei invece nutriva di sé. Il motivo è semplice: i santi
si confrontano con Dio 'vedendo' la sua perfezione
e finiscono
sempre per autodefinirsi i più grandi peccatori di questo mondo!
E noi?
Tutto per "amor di Giesù"
Questa devozione al Crocifisso lei la
trovò già nel monastero di S. Vincenzo a Prato, dove ella
entrò, ed era presente ad opera di quelle monache che si riferivano
spiritualmente al Savonarola e al suo messaggio spirituale, per niente
dimenticato. Caterina con la sua singolare esperienza della Passione
del Cristo contribuì a renderla ancora più stimolante
per il cammino spirituale delle sue consorelle.
La sua parabola di vita su questa terra si concluse il 3 febbraio 1590
e venne canonizzata nel 1746.
Un'ultima annotazione che per noi moderni, è un vero 'schiaffo'
spirituale. Noi, così diciamo, abbiamo così tante cose
da fare, che, naturalmente, non abbiamo tempo per pregare. Caterina,
quando doveva stare tutto il giorno davanti alla grata (cosa che le
costava moltissimo anche fisicamente) per accogliere e aiutare quelli
che cercavano Dio nel colloquio con lei, trovava lo stesso il tempo
di pregare perché lo voleva, anche durante la notte, e questo
con notevole sacrificio per i dolori che doveva sopportare. Obiettivi
della sua preghiera: le consorelle, la propria città di Firenze,
l'Italia, il rinnovamento della Chiesa. Qualche volta passava tutta
la notte in preghiera, che certamente le costava, ma Caterina accettava
tutto e sempre per "amor di Giesù".
Mario
SCUDU sdb (Torino, 2016)
*** Testi
1 - Preghiere di sr. Caterina de' Ricci
La fiorentina Caterina de' Ricci, come la stessa Caterina da Siena,
quasi due secoli prima, provava un'intensa pena nel contemplare, durante
la preghiera, la resistenza all'opera dello Spirito Santo non solo in
tanti semplici cristiani, ma anche dentro la gerarchia ecclesiastica
che doveva essere di guida anche con l'esempio.
* O monacaccie, o fratacci, tornate, guardate el vostro creatore, convertitevi,
ché né velo né benda o cappuccio vi può
salvare".
"Molto amaramente pianse e disse essere andata alla città
di Pisa e d'Ancona, dove il Signore le mostrava le grandi scellerità
e la bruttezza di molte anime, così di religiosi e monache come
di secolari, e disse: e' bisogna che Dio mandi presto el suo soccorso
* "Piangeva la moltitudine de' peccati che si fa nella città
di Firenze, dicendo : ohimé! Che io non posso sopportare che
tanto Sangue sia sparso invano per loro e vorrei ch'el Signore li convertissi".
* "O Sposo mio, tu non hai negare
nulla alla tua sposa. Deh! Fammi questa grazia: rinnuova un poco la
tua Chiesa! Tu vedi pur come la sta, che ella non ha più forma
di Chiesa. Deh! Volgi un poco l'occhio sopra di lei della tua misericordia
e sopra tutti i peccatori".
* "Signor mio, io ti raccomando
li poveri peccatori e fratacci e le monachaccie: le son venute alla
santa religione per servire a te e così ti promessono, e tu sai
come le si portano. Ancora li pretacci ti raccomando, Signore
Oh! Quanti giuda ci sono in questa Chiesa. Rinnuova rinnuova, Signore,
questa Chiesa, ché tu vedi che non ha più forma di Chiesa".
* "O Amor mio, rinnuovaci tutti! Tu vedi come noi stiamo: non ci
è più chi possa placare l'ira tua.
Deh! Amor mio, tu vedi che noi siamo duri, non temiamo nulla.
Tu hai mandato tanti segni e noi non ci moviamo. O vuoi tu che noi stiamo
così? Vuoi tu che quel prezioso Sangue che tu versasti da quelle
preziosissime tue vene con tanto amore sia sparso invano per li miseri
peccatori?
Deh! Facci misericordia e rinnuovaci e tiraci, percuotici e gira tondo,
gira per tutto, Signore, ché tutti ne abbiamo bisogno".
***
Tratto dal volume:
MARIO
SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 Sante
e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino
Visita Nr.
|