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      05 febbario:  SANT'AGATA, martire. Patrona di Catania

      AGATA, BUONA DELLA BONTA' DI DIO


Mai come nell’anno 2007 si è avuta una proliferazione e una produzione mass mediatica che aveva come unico obiettivo quello di attaccare il Cristianesimo, e in particolar modo la Chiesa Cattolica. Libri e libercoli, giornali e riviste, programmi televisivi e su Internet, ricerche pseudo storiche e pseudo scientifiche accomunati dall’unico fine di gettare discredito sulla Chiesa.

Non è raro sentire o leggere affermazioni di questi signori che con poche battute pretendono qualchevolta di azzerare duemila anni di storia del Cristianesimo o molto spesso semplicemente di gettare fango gratuito e acritico su di esso. Dimenticano il suo apporto alla civiltà europea, il suo impulso alla proclamazione e alla difesa dei diritti umani, la spinta al progresso scientifico e artistico. E non solo.

Questi signori sembrano affermare che bisogna dubitare di tutto specialmente quando si parla di religione (e di Cristianesimo) ma non delle loro affermazioni. Solo quelle sembrano essere assolute. Un po’ di umiltà non farebbe loro del male.

Tempo fa ho letto un articolo di rivista che diceva: “Cristiani, piccolo gregge pronto anche al martirio”. Un titolo significativo e impegnativo, oltre che reale. I cristiani nel mondo non sono numericamente un piccolo gregge: hanno una dimensione planetaria, e questo dà fastidio per determinati valori da essa predicati e testimoniati anche con sangue. Per questi ben pensanti (o malpensanti?) è come fumo negli occhi.

È il solito laicismo (e massoneria) amorale, agnostico e relativista che non sopporta niente di religioso. Poi l’autore affermava: “Crediamo che debba tornare ad essere questo il triplice segno distintivo dei cristiani: annuncio, testimonianza, disposizione al martirio” (M. Narducci, giornalista). Segni distintivi difficili tutti, specialmente il terzo. Eppure nella sequela di Cristo non si può (o non si dovrebbe) escludere. Gesù Cristo è stato molto realista e molto esigente con i suoi, dicendo: “Se hanno perseguitato me...”, come dire: Non aspettavi una sorte migliore della mia, non escludete la testimonianza suprema cioè il martirio.

A noi cristiani del terzo millennio moderni (o post moderni) fa molto effetto questa affermazione: essere disposti anche al martirio. Eppure nei primi secoli era molto più presente e molto più viva tra i cristiani. Anche se poi tra loro ci furono molti che davanti alla persecuzione e ad una prospettiva di un incontro ravvicinato e perdente con la morte, si tirarono indietro (è il famoso problema dei ‘Lapsi’). È stato così per la santa che ricordiamo in questo mese: Sant’Agata, patrona di Catania. Per amore di Cristo decisa non solo a consacrargli la propria verginità ma anche disposta a pagare il prezzo più alto per la propria fede: la vita.

Iconografia esuberante, tradizione poco attendibile

Anche per Agata si è costretti a dire quello che abbiamo detto per altri santi, martiri e non, vissuti nei primi secoli, come Caterina di Alessandria, Lucia di Siracusa, Santa Barbara, San Giorgio ed altri. Un culto vastissimo in tutto il mondo, in Oriente come in Occidente, una iconografia imponente nella quantità e notevole anche nella qualità. Perplessità invece degli storici e degli studiosi sulle notizie storiche tramandate su di essi. In altre parole: santi dalla iconografia e dal culto esuberanti, ma dall’agiografia debole.

Fatta questa premessa, bisogna però aggiungere che non si tratta di santi e sante inventate di sana pianta, così per riempire il Martirologio, di per sé già nutrito. Cosa che a noi moderni, sensibili alla documentazione storica rigorosa, urterebbe parecchio. Nel caso di Agata si sono avuti reperti archeologici, naturalmente a Catania, che ne fanno risalire il culto a pochi decenni dal suo martirio, avvenuto per alcuni nel 251, per altri verso la fine dello stesso secolo sotto Diocleziano. Un nucleo serio attorno ad essa c’è ed è per questo che la ricordiamo.

Dicevo prima del culto vastissimo della Nostra. Anzitutto è un grande merito e segno di una grande stima l’essere stata inserita nel Canone Romano (ma anche ambrosiano e ravennate), in compagnia di “Felicita, Perpetua, Lucia, Agnese, Cecilia, Anastasia”. Il suo culto era già a Napoli nel secolo IV (Catacomba di San Gennaro), e a Roma il Papa Simmaco (inizio VI secolo) le intitolò una basilica sull’Aurelia. Nel 1200 la Diocesi di Milano contava ben 26 chiese a lei intitolate. Agata è la protettrice di 44 comuni italiani, e 14 di questi ne portano il nome. È stata eletta compatrona di Malta (insieme a San Paolo), così come della Repubblica di San Marino. Anche in Spagna il culto ad Agata gode di buona salute così pure in America Latina.

A Barcellona è intitolata ad Agata la cappella del palazzo reale dove i re cattolici, Isabella e Ferdinando, ricevettero l’ammiraglio genovese Cristoforo Colombo al suo primo ritorno dall’America da lui scoperta.

Sempre in terra di Spagna, un particolare interessante. A Segovia, non lontano da Madrid, secondo una tradizione curiosa e anche bella il 5 febbraio, festa della Santa (Agueda), diventa la festa delle donne: in quel giorno comandano loro, eleggono addirittura una sindachessa, mentre gli uomini sbrigano le faccende domestiche.

Nel Medio Evo infine Agata era invocata come una delle sante “ausiliatrici” da invocare in particolari calamità e difficoltà.

Fonte d’informazione sulla Nostra Santa è la Passio Sanctae Agathae (c’è anche una redazione in greco), che risale alla seconda metà del V secolo, ma che ha la struttura particolare di una narrazione edificante e parenetica, pur contenendo probabilmente anche alcuni elementi propriamente storici.

Agata (che significa Buona) apparteneva ad una ricca e nobile famiglia di Catania. Fu educata nella fede cristiana dai genitori, che ne curarono anche la preparazione e istruzione. Ancora molto giovane fece voto di verginità a Cristo, dedicando a Lui tutta se stessa, presente e avvenire, buona e cattiva sorte. Pare anche che fosse diventata diaconessa perché nel mosaico di Sant’Apollinare in Ravenna (VI sec.) appare con l’abito del suo stato. Nella stessa città c’è anche una chiesa, Sant’Agata Maggiore.

Prolungato faccia a faccia col carnefice

Il procuratore romano della Sicilia, Quintiano, funzionario imperiale potente, prepotente e arrogante, se ne era invaghito. E fin qui niente di male. Ma siccome non riusciva nel suo intento di conquistarla con mezzi e proposte non indecenti, usò anzi abusò del proprio potere politico. Forzando un editto dell’imperatore Decio l’accusò allora di vilipendio della religione dello Stato.

Era un’accusa generica e non circostanziata, che si faceva contro tutti i cristiani. Prima mossa: la fece sottoporre a custodia preventiva. Venne cioè affidata ad una “maitresse” di nome Afrodisia e alle sue figlie, di non sani costumi e dalla morale molto rilassata e andante che “lavoravano” naturalmente nel suo bordello.

La prova fu durissima. Ma Agata non cedette. Afrodisia la riconsegnò sconsolata e sconfitta, dicendo al focoso governatore: “Questa ha la testa più dura della lava dell’Etna”.

Ma il Quintiano non si arrese. E così arriviamo al processo contro di lei. Il seguente colloquio, come viene riferito dalla Passio di Sant’Agata, molto improbabilmente contiene elementi storici, ma vuole rispecchiare quale erano i sentimenti dei veri martiri dei primi secoli che affrontavano con coraggio e costanza il martirio per il nome di Cristo Signore.

Un po’ come certi discorsi, perfetti nello stile e corposi nella sostanza, che lo storico Tito Livio mette in bocca ai generali romani prima di qualche battaglia. Molto inverosimili ma teoricamente non impossibili, almeno nel pensiero. Eccone qualche passo.

Il giudice: “Di che condizione sei?”.

Agata: “Sono libera e nobile di nascita, come dimostra tutta la mia parentela”.
E lui: “Ma se sei libera e nobile, perché conduci una vita bassa come una schiava?”.
Agata: “Io sono serva di Cristo e solo per questo di condizione servile”.
“Se tu fossi libera e nobile davvero, non ti umilieresti fino a prendere il titolo di schiava”.
Agata: “È nobiltà suprema essere schiavi di Cristo”.

Tutto sembrava inutile per convincerla. Con le buone maniere. Ma con la maniera forte, condita di crudeltà raffinata? Come avrebbe resistito? E cominciarono così le varie torture, con elementi comuni e simili alla passione di altri martiri. Un particolare nella tortura di Agata è che ad un certo punto il governatore, rabbioso e spazientito per tanta resistenza, ordinò che le venissero strappati i seni.

Al che la giovane Agata rispose: “Sei un crudele tiranno, perché non ti vergogni di mutilare così una donna in quello che anche tu hai succhiato da bambino”.

Elemento questo molto presente e caratterizzante la sua iconografia. La Passio racconta inoltre che, riportata in carcere, durante la notte le apparve un angelo e San Pietro che la guarì. Quando poi il governatore le chiese come aveva fatto a guarire, Agata rispose: “Mi ha guarito Cristo”.

Quintiano ormai sconfitto da tanta resistenza, ordinò che fosse posta su un letto di carboni ardenti, con lamine e punte arroventate. Narra la tradizione, che Agata mentre bruciava, il velo che portava non bruciava affatto. È per questo che il cosiddetto “Velo di Sant’Agata” diventò da subito la reliquia più preziosa della santa di Catania. Usata anche per fermare la lava dell’Etna, quando minacciava di distruggere i paesi alle pendici.

Durante questo supplizio però ci fu un terremoto. I catanesi spaventati si ribellarono contro il governatore. Allora questi la fece togliere da quel tormento di fuoco e riportare, già agonizzante, in carcere. Dove morì poco dopo.

Le sue reliquie sono conservate nel duomo di Catania in una cassa argentea, opera di celebri artisti catanesi; vi è anche il busto argenteo della “Santuzza”, opera del 1376, che reca sul capo una corona, dono secondo la tradizione, di re Riccardo Cuor di Leone.

Proprio per questa protezione accordata da Sant’Agata alla città contro il pericolo dell’Etna, è diventata la patrona di Catania, una santa molto amata e solennemente celebrata dal 3 al 5 febbraio di ogni anno, con imponenti, prolungate e molto partecipate celebrazioni.

                                                                                                        MARIO SCUDU sdb ***


*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
          
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino

Sant’Agata è veramente buona

La commemorazione annuale di Sant’Agata ci ha qui radunati perché rendessimo onore a una martire, che è sì antica, ma anche di oggi. Sembra infatti, che anche oggi vinca il suo combattimento perché tutti i giorni viene come onorata e decorata di manifestazione della grazia divina. Sant’Agata è nata dal Verbo di Dio immortale e dall’unico suo Figlio, morto come uomo per noi. Dice infatti San Giovanni: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12).

La stola della santa porta i colori del sangue di Cristo, ma anche quelli della verginità. Quella di Sant’Agata, così, diviene una testimonianza di un’eloquenza inesauribile per tutte le generazioni seguenti.

Sant’Agata è veramente buona, perché essendo di Dio, si trova dalla parte del suo sposo per renderci partecipi di quel bene, di cui il suo nome porta il valore e il significato: agata (cioè buona) a noi data in dono dalla stessa sorgente della bontà, Dio.
Infatti, che cos’è più benefico del sommo bene? E chi potrebbe trovare qualcosa degno di esser maggiormente celebrato con lodi del bene? Ora Agata significa buona. La sua bontà corrisponde così bene al nome e alla realtà...

Agata ci attrae persino con il proprio nome, perché tutti volentieri le vadano incontro ed è d’insegnamento con il suo esempio, perché tutti, senza sosta, gareggino fra di loro per conseguire il vero bene, che è Dio solo.
                           Dal
Discorso su Sant’Agata, di San Metodio Siculo, (patriarca di                                                  Costantinopoli, ma originario di Siracusa)

                                      
 

 IMMAGINI


1 Statua del XVIII secolo raffigurante Sant’Agata sulla facciata della Cattedrale di Catania.
2
Sant’Agata, dalla predella del polittico di Sant’Antonio. Piero della Francesca (1415/20-1492)), Perugia, Galleria Nazionale.
Particolare di una tavola (prima metà del XIV secolo) di Jacopo del Casentino raffigurante Sant’Agata.
4  Il Duomo di Catania, costruito dai Normanni sui resti di antiche terme romane. Al suo interno si trova una grande cappella dove sono conservate alcune reliquie di Sant’Agata.
5 Processione per la festa di Sant’Agata per le vie di Catania. La festa della «santuzza» è considerata una delle principali feste cattoliche a livello mondiale.
Marmi e stucchi ornano la cappella intitolata a Sant’Agata nel Duomo di Catania.


       RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2008 - 2

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