17 FEB.: I SETTE SANTI FONDATORI O SERVIVI:
SERVI DI MARIA AL SERVIZIO DI DIO


Facciamo un salto indietro e andiamo a Firenze, nella prima metà del secolo XIII. La città non era grande, ma aveva già una buona organizzazione. Non aveva ancora importanza politica e strategica, ma già si distingueva per l’intraprendenza dei suoi abitanti in campo industriale e commerciale. Non c’erano naturalmente i mezzi di comunicazione moderni ma le notizie riguardanti la città viaggiavano velocemente lo stesso. In fin dei conti, non si viveva in una megalopoli e tutti conoscevano tutti.

Ma questa volta la notizia, bella, aveva viaggiato più veloce del solito. E la maggior parte si stupiva e commentava positivamente: “Che coraggio!”, dicevano i più. Ma di cosa si trattava? Di una cosa molto inusuale, nella storia della Chiesa. Alcuni noti mercanti, artigiani e piccoli imprenditori della città si erano ritirati a circa 18 km da Firenze, sul monte Senario, per formare una comunità dedita alla preghiera, alla riflessione, alla penitenza e all’apostolato. Avevano molti soldi, potevano permettersi un certo lusso, godevano di amicizie altolocate, in città e fuori... Eppure avevano lasciato tutto. Un gesto che faceva riflettere.

C’erano state anche alcune voci critiche (ma quando non mancano queste, specialmente quando si tratta di cose di Chiesa?). Dicevano: “Questi si ritirano lasciando mogli e figli soli?”. Non era esatto: non si abbandona la propria famiglia (il primo prossimo) per pensare a Dio e ai propri ideali spirituali. Infatti questi sette signori erano partiti col permesso delle rispettive mogli (non tutti erano sposati, qualcuno era anche vedovo). Queste non solo approvavano la scelta dei mariti, ma li imiteranno ritirandosi in una delle comunità religiose femminili, non infrequenti già allora. Avevano anche provveduto a sistemare i loro figli (che non erano più bambini) con le eredità che lasciavano.

I nomi di questi sette signori artigiani, commercianti e piccoli mercanti erano tipici della Firenze di allora. Eccoli: Bonfiglio Monaldi, Bonagiunta Manetti, Manetto dell’Antella, Amadio Amidei, Sostegno Sostegni, Uguccione Uguccioni e ultimo Alessio Falconieri (che visse, tra una penitenza e l’altra, 110 anni).

La città di Firenze nel secolo XIII

Non fu una decisione né improvvisa nè improvvisata. Tutt’altro. I sette facevano parte di una delle confraternite laicali assai diffuse in quel tempo, in Italia, e quindi, anche a Firenze. Essi appartenevano a quella dei Fratelli della Penitenza. Un nome che era già un programma: vivere in fraternità, con l’ideale della penitenza e della povertà.
Erano gli ideali vissuti e predicati da Francesco d’Assisi che era morto nel 1226 ma il cui ricordo ed esempio erano più vivi che mai e conquistavano sempre più ammiratori e seguaci. Anche a Firenze.

La Firenze del secolo XIII era un città in grande movimento culturale, industriale e commerciale. Stava diventando ricca e politicamente importante. La vediamo infatti già alla fine del secolo XII (nel 1197) a capo della Lega di San Genesio, stretta fra i comuni toscani contro la minacciosa e aggressiva politica di Enrico VI (nel 1176 c’era stata anche la battaglia di Legnano, vinta dalla Lega Lombarda contro l’imperatore Barbarossa). Questo affrancamento politico-strategico di Firenze continuerà poi fino alla battaglia di Meloria (1284), vinta insieme all’alleata Genova, contro Pisa.

Poi nel 1289 riuscì nella battaglia di Campaldino (1289) a regolare i conti con Arezzo, che le impediva i commerci verso sud. Firenze ormai era ai vertici fra le città toscane per importanza e potenza: era diventata una città di eccellenza un po’ in tutti i campi. Stava preparandosi ad essere un faro nei campi della cultura, del commercio, della finanza (la coniazione del ‘fiorino’ è dell’anno 1252), dell’arte non solo per l’Italia intera ma anche per l’Europa. Proprio qui si stavano mettendo le premesse di quel periodo d’oro della storia dell’Italia che sarà chiamato Rinascimento: Firenze ne fu il centro propulsore. Anche in campo spirituale era una città molto vivace.

La fama di Francesco d’Assisi (ma anche di san Domenico e dei suoi frati) la sua predicazione, la sua testimonianza di povertà scelta per amore di Dio e per essere più libero di servire Lui solo, la sua dedizione alla Chiesa di Cristo e all’impegno per una sua “ricostruzione” erano arrivate anche in città. E si facevano sentire fortemente. Lo “spirito francescano” (e domenicano) quindi era vivo anche qui. La scelta dei nostri Sette non maturò in un deserto culturale e spirituale, ma dentro questo clima così fortemente impegnato e impegnativo.

Nella città e nei dintorni oltre ai conventi degli Ordini Mendicanti (francescani e domenicani principalmente) c’erano anche numerosi gruppi di Umiliati e di Penitenti, fedeli alla Chiesa, che facevano sentire, con la loro vita e testimonianza di povertà, il bisogno di riforma della Chiesa tutta e in particolare del ritorno della gerarchia ecclesiastica, spesso compromessa col potere e con le ricchezze di questo mondo, allo spirito evangelico. È interessante notare che questi Sette Santi non sono conosciuti singolarmente, ma in gruppo. Insieme facevano parte dei Fratelli e delle Sorelle della Penitenza.

Era una associazione laicale in cui ognuno, pur rimanendo nella propria casa e curando gli affari temporali della famiglia e della professione, si impegnava nelle opere di assistenza ai poveri e agli ammalati. Non solo. Partecipavano attivamente alla vita liturgica. Anch’essi, da laici impegnati e sensibili, desideravano la riforma della Chiesa. E la predicazione di Francesco e Domenico e dei loro frati aveva rafforzato questo loro ideale.

Era molto vivo il ricordo di questi due santi, come scrissero nel Libro delle Origini (Ordine dei Servi di Santa Maria) :

“Cristo, luce dell’umanità, incominciò a risplendere e a riscaldare più forte per mezzo di questi due luminari, e irraggiando e riscaldando il mondo con la parola della predicazione dell’uno (Domenico) e con l’esempio dell’umiltà dell’altro (Francesco), fece retrocedere il gelo dell’infedeltà e ritornare il caldo della carità quasi estinta (...)”.

Servi di Dio come Maria e con Maria

Mentre a Firenze infuriava la lotta tra guelfi e ghibellini per questioni di potere, i Sette si ritirarono (1233 circa) sul Monte Senario, su un terreno donato loro dal vescovo Ardingo, legati tra loro dalla comune volontà di comunione fraterna, di povertà accettata e cercata, e di penitenza volontaria. Stavano quindi acquistando la fisionomia di un Ordine Religioso.

Infatti adottarono la regola che si ispirava a S. Agostino, la famosa “Apostolica Vivendi Forma”.

“La loro spiritualità si stava stagliando con caratteristiche sempre più chiare. Innanzitutto il ritorno alla vita cristiana delle origini attraverso la pratica della povertà fino all’eroismo: non possedere nulla né personalmente, né come comunità.

L’attaccamento alla ricchezza aveva inficiato anche gli uomini di Chiesa, provocando movimenti religiosi spesso in lotta aperta con i vescovi e il Papa, fino alla separazione dalla Chiesa istituzionale ritenuta ormai indegna” (E. Pepe).


Oltre agli elementi della fraternità e della povertà (Conversio), caratteristico elemento dell’Ordine rimane la devozione alla Madonna, cioè la “Dedicatio Mariae”.

Contro gli eretici Albigesi che minimizzavano i misteri principali del cristianesimo, essi li riaffermarono tutti, contemplandoli dal punto di vista di Maria, sotto il titolo di Addolorata. “Si contemplava Maria soprattutto nell’annunciazione e nella passione come il tipo del cristiano che accoglie la parola di Dio e la mette in pratica.

I sette fecero propria questa visione della figura di Maria e si chiamarono appunto suoi Servi, decisi a seguirne l’esempio fino ai piedi della croce. Non si trattava di una devozione sentimentale verso la Madre di Dio, quanto piuttosto il prenderla come modello di servizio a Dio e al prossimo”. Questo elemento di devozione a Maria, e ai suoi dolori, è stata sempre la caratteristica portante e distintiva di questo piccolo ma benemerito Ordine.

“Così con il nome di Servi di Maria o Serviti, prende vita una famiglia religiosa che la fine del secondo millennio cristiano troverà sempre viva e attiva sull’indirizzo generale dei Fondatori, seguito nei modi richiesti dai tempi per uno scopo che è sempre lo stesso: arrivare a Cristo, portare altri a Cristo, seguendo Maria e imitandone in particolare la fortezza nella sofferenza: questo è un cardine della spiritualità dei Serviti, penetrata nell’intera Chiesa con varie pratiche mariane, e in particolare con la celebrazione liturgica dei dolori della Vergine Addolorata in settembre” (D. Agasso).

Questa devozione a Maria Addolorata non era quindi fine a se stessa (non dovrebbe esserlo mai, perché Maria vuole e ci deve sempre portare a Cristo), ma ha reso i suoi Servi solidali e attivi, presenti in modo fattivo e generoso tra i piccoli e i bisognosi.
Un impegno di solidarietà riaffermato nelle loro Costituzioni (1977) dove hanno scritto:

“Poiché il Figlio dell’Uomo è ancora crocifisso nei suoi fratelli, noi, Servi della Madre, vogliamo essere con Lei ai piedi delle infinite croci, per recarvi conforto e cooperazione redentrice”.

Ecco quindi il terzo elemento della loro spiritualità: dopo la Conversio Cordis, la Dedicatio Mariae, c’è il Servitium Domini, cioè il servizio di Dio attraverso il servizio ai propri fratelli e sorelle, nella professione in cui ciascuno è stato posto dalla Provvidenza, con il ricordo vivificante ed esemplare di Maria, servendo con e come lei. E non può essere diversamente. Sono tre tappe logiche del cammino spirituale cristiano. Questo può essere il messaggio di questi Sette Santi Fondatori per noi oggi cristiani e cristiane del Terzo Millennio: mettersi di nuovo al servizio di Dio con e come Maria.
                                                                                           
MARIO SCUDU SDB ***


*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
          
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino
IMMAGINE:
MATTEO ROSSELLI (1578-1650): Apparizione della Madonna ai sette santi Servi , Chiesa dei Servi di Maria, Lucca
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-2
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