8 marzo: S. Caterina da Bologna
"TUTTO PER AMORE DI CRISTO MIO BELLO"


L’8 marzo viene celebrata in tutto il mondo la Festa del la Donna. Anche la Rivista Maria Ausiliatrice, indirettamente, vuole ricordare questa festa, proponendo alle proprie lettrici e lettori, una donna, una mistica e santa vissuta nel Quattrocento: Caterina da Bologna. Anche se la maggior parte della vita la passò a Ferrara è considerata “la Santa” per eccellenza dai bolognesi.
Caterina infatti nacque proprio nella città emiliana l’8 settembre del 1413 da Benvenuta Mammolini e da Giovanni Vigri. Il padre, un patrizio e un giurista ferrarese, lavorava per la corte degli Estensi.
All’età di nove anni Caterina si trasferì con la famiglia a Ferrara: una delle più giovani città d’Italia, strappata all’Adriatico dal “lavoro” del potente fiume Po. Il Carducci la definirà “ultima nata, creatura nova, dell’Apennin, del Po, del faticoso dolore umano”. Ebbe grande splendore artistico grazie agli Estensi che la governarono fino al 1597, facendone uno dei grandi centri del Rinascimento italiano.
Caterina visse per alcuni anni nella corte come piccola dama di Margherita, la figlia di Niccolò III. Qui in un ambiente sfarzoso, festaiolo, ma anche di cultura raffinata e di interessi artistici, Caterina si distinse per la sua grazia nel comportamento, per la sua gentilezza e modestia apprezzate da tutti.
Era anche di buona intelligenza, di pronta memoria, di facilità nell’apprendere: il tutto accompagnato dalla volontà e desiderio di conoscere. Imparò così il latino, l’italiano, la musica, la pittura (per questo è stata proclamata patrona dei pittori) e la scrittura calligrafica. Queste buone doti in campo letterario e artistico le coltiverà anche da monaca e ne fanno fede i suoi scritti, in particolare “Le Armi necessarie alle battaglie spirituali” e il “Breviario” che ella ornerà anche di suoi dipinti. Di queste due opere e della loro autenticità nessuno dubita.

Dalla corte degli Estensi al... monastero

Due furono gli avvenimenti che impressero alla vita di Caterina una svolta radicale e decisiva: il dolore che bussò alla porta della famiglia portandosi via il padre, e le seconde nozze della madre. Proprio dopo questi fatti nel 1427 Caterina abbandonò la corte degli Estensi e si ritirò presso Lucia Mascheroni, che da alcuni anni dirigeva una istituzione religiosa rimanendo con lei cinque anni, prima di diventare religiosa.
Può destare sorpresa la chiamata alla vita religiosa di una ragazza che vive in una corte principesca, dove certo non mancavano i divertimenti e gli stimoli per una vita mondana, senza particolari richiami al soprannaturale. Scrive M. Muccioli in una biografia su Caterina: «Sembra un anacronismo che la bimba abbia potuto raccogliere il delicato e invitante sussurro di Dio in un ambiente in cui le attrattive di una vita mondana e frivola si snodavano libere e facili, le avvincenti movenze delle feste e dei ricevimenti si susseguivano a ritmo incalzante, lo scintillio degli ori e degli arazzi deliziavano lo sguardo fuggente nell’insaziabile: e anacronismo ancor più vero appare questo, battaglie spirituali che: “in sua giovenetta etade illuminata dalla divina grazia venne al servizio de Dio in questo monastero, e con sana coscienza e bono fervore era sollecita dì e nocte alla santa orazione... e ogni virtude che essa avesse veduta o udita essere in altrui, se studiava prendere per si: e questo faceva non per invidia ma per più piacere a Dio, in cui aveva posto tutto il suo amore”».

Una fede robusta, una grande umiltà e un po’ di... flessibilità

Nel 1431 Caterina entrò nel monastero del Corpus Domini di Ferrara, che da poco tempo aveva assunto come guida per la vita religiosa la regola delle Clarisse, fondate da Chiara di Assisi due secoli prima. Questo monastero era famoso anche perché ospitava diverse donne, di nobile famiglia, che si erano ritirate là per vivere in povertà e penitenza.
Pur essendo anche lei di famiglia nobile e ricca, non disdegnava anzi accettava volentieri le più umili mansioni. Uno dei punti fermi della sua vita spirituale era quello di vivere in assoluta umiltà, sottomessa alla volontà di Dio in tutto, anche nelle cose più insignificanti, comandate dall’obbedienza. Caterina viveva e faceva tutto in umiltà, obbedienza e “per amore del Cristo mio bello”. E così diventò portinaia, fece la fornaia e... infine anche la maestra delle novizie. Grande esempio di flessibilità religiosa. Fu specialmente in questo ultimo incarico che rifulse la sua santità e anche la sua abilità di educatrice alla fede. “Era questo un ammaestramento che suscitava fiducia ed entusiasmo nelle allieve, affascinate dalla grazia che emanava dal comportamento e dalle parole di Caterina, che non restava mai oziosa, impiegando il tempo a filare, a cucire, a dipingere, a far versi e a suonare. Particolarmente umile, Caterina schivava uffici e onori, mettendosi in disparte e accettando basse mansioni quali quelle di lavare i piatti e i panni” (G. D. Gordini). Proprio per loro scrisse il libretto “Le armi necessarie per vincere la battaglie spirituali” che ebbe larga diffusione in Italia e all’estero.
Ma non era tanto la sua parola che trascinava le allieve e novizie al progresso nella vita spirituale: era soprattutto il suo esempio. La continua vicinanza, fisica e spirituale con Caterina, era per loro un richiamo continuo alla santità.
Un giorno le suore le chiesero: “Quanto saremmo felici se potessimo amare Dio come l’amate voi”. Caterina chiese loro con volto gioioso e sguardo innocente: “E questo da chi dipende?”. “Da noi” risposero le suore. E lei, sorridendo per non umiliarle: “Cercate, cercate con ogni studio di conoscere voi medesime, e che siete fattura di Dio; di conoscere li difetti nostri e la brevità del tempo con quale si può acquistare o perdere la vita eterna a nostro volere; dovete conoscere in voi la grande bontà di Dio e l’amore ineffabile che ci ha portate e ci porta per mezzo del Verbo, l’Unigenito suo Figlio, che ha sparso per noi il suo preziosissimo sangue di cui noi siamo i vaselli e la pietra dov’è confitta la sua santissima croce. Però, sorelle mie, né croce né chiodi sarebbero stati sufficienti a tenere confitto in croce il Verbo divino, se non vi fosse stato l’amore”.
Era sempre a disposizione della comunità, con umiltà e amore, senza ostentazione o mormorazione. Tutto questo lo fece da semplice suora e da superiora.

Caterina maestra di spiritualità

Nel 1456 Caterina insieme a diciotto sue consorelle arrivarono a Bologna, su pressante invito delle autorità della città, per fondarvi un monastero, simile a quello di Ferrara (si chiama ancora oggi del Corpus Domini). Fu nominata badessa, e lo rimase quasi ininterrottamente fino alla morte.
Come superiora Caterina continuò nel suo amore radicale alla povertà, nel continuo esercizio della umiltà e della carità verso le sue consorelle.
Caterina è considerata anche una mistica del Quattrocento: ebbe infatti il dono di numerose visioni celesti. Ma tutto questo non la distolse, anzi era uno sprone a continuare con l’amore quotidiano dimostrato verso tutte le sue consorelle, attraverso i servizi più umili che altre non gradivano fare. “Il misticismo di santa Caterina da Bologna non è statico, o semplicemente contemplativo, di una religiosa, cioè che vive nel silenzio del chiostro meditando le cose celesti del tutto assente da quelle della terra... ma tendenzialmente attivo e pratico” (M. Muccioli). A chi pensa che la vita spirituale sia una “facile passeggiata” basta la risposta che Caterina diede alla già citata suor Illuminata che le chiedeva consigli: “Mia figliola carissima, bisogna metterci del proprio; l’amore di Dio non è soltanto un dono, un regalo di preferenza, ma soprattutto una faticosa conquista, una scalata ardita”.
Una vita di santità saldamente radicata su Gesù Cristo, nella meditazione della vita ma specialmente della sua passione. Cristo fu e rimase sempre al centro dei suoi pensieri, della sua preghiera, nella sua azione come maestra ma anche come semplice fornaia o lavapiatti. Afferma suor Illuminata che per Caterina “tutto el suo portamento è stato per amare” esclamando: “Piacere e dispiacere sia uguagliato, purché io ami e piaccia a Cristo mio bello”. Scrive ancora il Muccioli: “Il suo Cristocentrismo è limpido, affiora sempre, dominando tutta la sua potente azione educativa e le vigorose ascensioni del suo spirito”.
La morte arrivò il 9 marzo del 1463. Il suo culto subito si estese ben oltre Bologna, anche per numerosi prodigi che le si attribuirono.
Caterina ci lascia un messaggio spirituale valido ancora oggi. La santità per lei si può raggiungere con lo spirito di orazione, la frequente comunione, e con la devozione a Maria Vergine. E per vincere le battaglie spirituali ella raccomanda la diffidenza di sé (oggi si direbbe una giusta valutazione di sé), la confidenza in Dio, il ricordo della Passione di Cristo e della propria morte, il tutto illuminato dal pensiero del paradiso (la speranza), sotto la guida della Parola di Dio. Armi validissime ancora oggi per noi cristiani del Terzo Millennio.

                                                                      
     MARIO SCUDU ***


*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
          
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino

IMMAGINE:
M.A. Franceschini : Santa Caterina da Bologna : Visione del Natale -
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2000-3
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