19 MARZO:
SAN GIUSEPPE:
SAN
GIUSEPPE, L'UOMO DEL SILENZIO
Il silenzio è
sempre stato considerato come uno dei pilastri portanti e dei
sostegni più solidi e necessari della vita spirituale.
San Bernardo dice: Il silenzio è nostro custode
e la nostra forza risiede in lui; il silenzio è il fondamento
della vita spirituale, per mezzo di esso si acquisisce la giustizia
e la virtù: parlate poco con gli uomini e sperate molto
in Dio.
Un monaco chiese al suo abate: «Padre desidero grandemente
conservare la mia anima pura, che debbo fare?». «Fratello,
rispose labate, lo potete fare col silenzio». Perché
il silenzio è la migliore disposizione alla preghiera.
Senza di esso la nostra preghiera sarà un pullulare di
distrazioni.
Il silenzio produce il raccoglimento, il raccoglimento la devozione,
la devozione la preghiera, la preghiera lunione con Dio
e lunione con Dio la santità.
Senza il silenzio non può esserci il raccoglimento: più
unanima chiacchiera e si distrae in cose del mondo più
si svuota perdendo la devozione, e lo spirito di orazione. Quindi
tornerà con molta fatica alla preghiera e alla meditazione
e allunione con Dio.
La serenità
di San Giuseppe
Il silenzio
interiore consiste nella grande pace di tutte le facoltà
dellanima, nel perfetto riposo di tutte le sue potenze
e nella tranquillità della coscienza. Esso nasce dalle
parole che Dio sussurra allorecchio del cuore: Ascolterò
che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo
popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il
cuore (Sal 85,9).
Se guardiamo alla famiglia di Nazareth, noteremo che è
proprio questo silenzio interiore che Gesù e Maria hanno
insegnato a San Giuseppe. Se il primo dono di Dio allumanità
è stata limmacolata concezione di Maria, esentandola
completamente dal peccato e dalla colpa, il primo dono che la
Vergine santissima e il suo benedetto Figlio hanno fatto alluomo
è stato quello del silenzio interiore e San Giuseppe ne
è stato il primo beneficiario.
Né la persecuzione di Erode, né la fuga in Egitto,
né le traversie di un immigrato, né le difficoltà
nella gestione della maternità di Maria, lo hanno sconvolto,
ma sempre è rimasto impassibile, confidando unicamente
in Dio. Per questo è detto il giusto, perché
nulla lo ha turbato. Sempre ha cercato Dio.
Ora, San Giuseppe ha avuto la grazia di vivere accanto al Salvatore
e a sua Madre, la Tutta Santa, e ha ascoltato dalla loro bocca
quelle soavi parole che bastarono a fargli godere il silenzio
interiore quale riflesso della celeste beatitudine.
La vita di San Giuseppe fu una continua preghiera. In compagnia
del Re del cielo non poteva che meditare e gustare le cose del
cielo. Mentre Gesù cresceva in età, sapienza e
grazia davanti a Dio e agli uomini, San Giuseppe cresceva in
raccoglimento ed unione con il Dio Salvatore; non occupandosi
delle cose esteriori se non nella misura strettamente necessaria
ai bisogni della Sacra Famiglia. San Bernardino da Siena afferma
che: «Il santo padre putativo di Gesù fu innalzato
al più alto grado di contemplazione. Egli ebbe laltissimo
favore di godere delle più intime comunicazioni dello
Spirito Santo e delle più rare grazie del Cuore divino
di Gesù».
Questo silenzio interiore è limpassibilità
davanti agli avvenimenti del mondo. Lanima immersa in Dio
conosce perfettamente tutte le tendenze dellanimo umano
e non se ne scandalizza, ma le guarda con quel sereno distacco
che proviene dallamore. Tutto avvolge nella misericordia,
sapendo che solo quando luomo si apre a Dio può
cambiare il suo cuore, cioè i suoi pensieri e le sue tendenze
e così dominare le sue passioni malvagie.
Luomo e la donna di Dio hanno una profonda commiserazione
della realtà di questo mondo, dei peccati degli uomini
e del male che vi è attorno a loro, ma tutto il peso di
questo dolore, non diventa in loro né occasione di maledizione,
né di lamento, ma solo di compassione verso un mondo che,
nonostante i progressi della tecnica, poco ha contribuito a cambiare
il cuore dei figli di Adamo.
Questa impassibilità amorosa, o apatheia, come dicevano
i Padri greci, è il silenzio interiore. Interiormente
tutto tace, non cè pathos, e lanima ricerca
solo Dio e il suo amore. Non per fuggire dal mondo, ma per guardare
ancor più il mondo e gli uomini con gli occhi di Dio.
Più tace dentro di noi il nostro io e più cresce
in noi la misericordia.
Cercando, anzi bramando, anzitutto lunione con Dio, tutto
il resto passerà in secondo piano. Si potrà anche
essere immersi in mille attività, ma lo sguardo interiore
è rivolto sempre verso Dio. Allora né onori, né
gloria, né successi, né critiche, né difficoltà
di vario tipo potranno intaccare la stabilità interiore
del cuore. Si potranno fare mille cose, o forse nessuna, ma il
cuore rimane fisso sempre in Dio e non sarà mai travolto
dagli avvenimenti esterni. Don Bosco è stato proprio uno
di questi santi; così moderno, perché profondamente
radicato in Dio.
La solitudine
interiore
In un mondo
dominato dal rumore e dallapparire, il silenzio esteriore
è assolutamente necessario per il progresso nella vita
spirituale. Tuttavia è il silenzio interiore che dà
forza al primo e ne produce gli effetti desiderati: A che
serve la solitudine del corpo se manca quella del cuore?
esclama San Gregorio. E lImitazione di Cristo: Colui
che desidera servire Dio deve cercare ed amare la solitudine
interiore, senza la quale la solitudine esteriore diventa moltitudine.
Il silenzio interiore è uno degli esercizi più
difficili ma anche uno dei più sicuri per giungere alla
santità. Con il silenzio interiore, lanima compie
grandi cose anche quando sembra che non faccia nulla; dice molto
quando tace, savvicina a Dio e si unisce profondamente
a Lui allontanandosi dalle creature. Più il suo cuore
si libera dal mondo sullesempio di San Giuseppe, più
pensa e si occupa unicamente di Dio. Ma cosè questa
liberazione dal mondo? La fuga dal peccato, certo, ma non solo.
È la fuga dalla ricerca di sé: dal voler apparire,
dallessere considerati, stimati, dalla ricerca di potere
sugli altri, dalla fama, dal voler imporre il proprio punto di
vista. Queste sono solo alcune delle cose che dobbiamo fuggire
per cercare il silenzio interiore. È la vanagloria che
ci impedisce di entrare in noi stessi e di scoprire in noi e
negli altri il volto di Dio.
Il silenzio
dellanima e quello del corpo
Il silenzio
dellanima non è quello del corpo. Il corpo non può
parlare che per mezzo della lingua; mentre lanima parla
con lintelletto, con la volontà, con limmaginazione
e con la passione. Parla con lintelletto ad una creatura
quando si ricorda di essa e nutre per essa dellaffetto;
le parla quando se la rappresenta davanti e se la immagina; le
parla ancora quando è dominata da una passione per la
medesima.
È in questo modo che lanima parla alle creature.
Lanima tace quando non fa nulla di tutto questo, e allora
si può dire libera quando si occupa di Dio solo, lo loda,
lo adora, lo benedice, lo ringrazia, gli dà gloria, e
si lancia in Lui con atti di fede, speranza e carità.
Ma alla perfezione di questo silenzio interiore lanima
vi giunge quando, non parlando più ad alcuna creatura,
non parla nemmeno a Dio, ma ascolta attentamente con grande rispetto
le mozioni della sua grazia.
Essa Lo vede in se stessa e guarda agli altri non per ciò
che essi sono, sovente randagi peccatori, ma per limmagine
di Dio che hanno in se stessi.
È in questo modo che si pratica la preghiera del silenzio,
come fece San Giuseppe che quotidianamente guardava a Gesù,
nel silenzio del mistero che si fa amore.
Il silenzio
interiore e la vita attiva
Il silenzio
interiore supera in eccellenza tutto quello che noi potremmo
dirne; esso è uno dei più grandi omaggi che possiamo
rendere a Dio.
Tibi silentium laus. Il silenzio è la tua
lode. Che può mai fare luomo davanti allinfinita
maestà di Dio? Può soltanto tacere, stupito. Dionigi
lAreopagita dice che quando una cosa oltrepassa il nostro
concetto, e non si può esprimerla in parole, si tace.
SantAmbrogio afferma che la cosa più conveniente
ai misteri della nostra fede è quella di meditarli in
silenzio. Questo silenzio interiore unisce lanima a Dio
che è lunico principio della sua purezza, santità,
forza e perfezione.
Geremia dice che il solitario siederà in silenzio e con
questo sinnalzerà sopra di sé, delle sue
inclinazioni e della sua natura corrotta (cf 15,17 sg.).
Questa virtù ha vari gradi di perfezione, più è
perfetta e più Dio agisce nellanima con ispirazioni
così suadenti che ella si lascia condurre fiduciosamente
da Lui. E così, fissa in Dio, perde lattenzione
a se stessa; ed è come il ferro nel fuoco che si confonde
con esso.
Nel silenzio interiore lanima, anche occupata esteriormente
da mille impegni, cessa di parlare, di vedere e di udire e anche
se svolge molte opere buone è immersa in Dio e tutto opera
per Lui solo, per la sua gloria, perché il suo Amore sia
conosciuto e amato.
È questo silenzio interiore la forza segreta dei santi
e, in primo luogo, di colui che è stato santificato dalla
presenza stessa di Gesù: San Giuseppe. La sua vita ci
insegna che non è il fare che precede lessere, ma
è il come noi siamo interiormente che formerà le
nostre azioni esteriori.
Ciò che conta è come noi siamo interiormente e
non ciò che facciamo. Questo è talmente vero che
ben lo sanno tutti coloro che, pur dandosi a mille opere buone,
si sentono affaticati ed oppressi interiormente. Talvolta anche
svuotati.
Perché chi si occupa di fare molte opere buone e sante
si debilita, si svuota, se gli manca la preghiera. Ed il silenzio
interiore è la condizione della preghiera ed è
preghiera esso stesso.
Il compito
della volontà
P. Baldassare
Alvarez (maestro di Santa Teresa dAvila e del ven. Ludovico
da Puente gesuita), essendo stato interrogato da Claudio Acquaviva,
suo superiore, su come faceva orazione, rispose: Medito
talvolta ruminando nella mia mente qualche parola della Sacra
Scrittura; altre volte ragiono e non medito, oppure mi tengo
in silenzio e in riposo davanti a Dio.
Impegniamoci a non lasciarci dominare dallurgenza del fare
ma dominiamo sempre noi la situazione. Quanto è necessario
lordine nella carità! Regola aurea, ma relegata
nel dimenticatoio da molti. Soprattutto oggi, dove presi dalla
frenesia di fare del bene si dimentica che il primo
bene dobbiamo farlo a noi stessi, lasciando che sia Dio, ad amare
gli altri, attraverso di noi.
Il primo posto a Dio, poi a noi stessi e poi ai fratelli. Stiamo
in guardia che col pretesto di salvare gli altri non trascuriamo
noi stessi.
Lesagerato diffonderci di noi verso il prossimo, ci inaridisce;
la nostra preghiera diventa superficiale, e il nostro agire,
alla fine, diventa solo un ricercare noi stessi e la nostra affermazione.
Raccogliamoci, facciamo tacere le occupazioni e ascoltiamo Dio
ed una sola sua parola ci gioverà più di mille
parole che vorremmo dire a Lui. Se il Signore ci dice: Ascolta
Israele (cf Dt 6,4) rispondiamo con Samuele: Parla,
Signore, perché il tuo servo ti ascolta (1 Sam 3,9).
Il demonio, nemico acerrimo di colui che prega, fa di tutto per
immergerci in mille cose buone, in mille occasioni di apostolato,
pur di appannarci, con le eccessive occupazioni, le soavi mozioni
dello Spirito Santo; ed è sempre lui che ci disturba anche
quando partecipiamo alla Liturgia. In questi casi, chiediamo
laiuto a Dio e ritorniamo con volontà ferma allinterno
di noi stessi per adorare Dio Uno e Trino, vivente nel Tempio
della nostra anima.
Vigiliamo sulla fantasia, la matta di casa, che ci
può agitare ed inquietare con le sue chimere. Con fiducia
ferma offriamola e deponiamola ai piedi del Signore perché
la controlli e la imbrigli, e non ci ostacoli nel servizio a
Dio e ai fratelli.
San Giuseppe, il grande contemplativo, interceda presso la sua
santissima sposa ed Ella presso Dio, perché ci ottengano
il silenzio interiore, mezzo indispensabile per il nostro progresso
spirituale che lui praticò fedelmente a Nazareth nella
Sacra Famiglia.
Giovanni Sabatini ***
*** Questo e altri 120 santi e sante sono
nel volume di :
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i
suoi campioni, Editrice Elledici, Torino
IMMAGINE:
George de la Tour (1593-1852): San Giuseppe,
Louvre, Parigi
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-3
VISITA Nr.